Trasposizione di un romanzo breve di William Burroughs dei primi anni Cinquanta, "Queer" riesce ad essere contemporaneamente un ottimo film 'letterario' (capace di recuperare non la lettera del testo, ma la sua aura più intima) e una storia di viaggio. Singolare viaggio, quello di un uomo (Lee, scrittore americano, omosessuale, alcoolizzato, drogato) che nel primo capitolo è un girovagare continuo fra i bar della capitale messicana a ripetere coattivamente la sua ricerca di stordirsi con sesso e alcool, nel secondo capitolo diventa viaggio arioso alla ricerca di un tesoro nascosto e nel terzo capitolo si fa avventura surreal-lisergica alla conquista della droga introvabile che sviluppa poteri telepatici e che ti fa uscire da te ed entrare nell'altro.
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Trasposizione di un romanzo breve di William Burroughs dei primi anni Cinquanta, "Queer" riesce ad essere contemporaneamente un ottimo film 'letterario' (capace di recuperare non la lettera del testo, ma la sua aura più intima) e una storia di viaggio. Singolare viaggio, quello di un uomo (Lee, scrittore americano, omosessuale, alcoolizzato, drogato) che nel primo capitolo è un girovagare continuo fra i bar della capitale messicana a ripetere coattivamente la sua ricerca di stordirsi con sesso e alcool, nel secondo capitolo diventa viaggio arioso alla ricerca di un tesoro nascosto e nel terzo capitolo si fa avventura surreal-lisergica alla conquista della droga introvabile che sviluppa poteri telepatici e che ti fa uscire da te ed entrare nell'altro. Sospeso fra Hopper (il pittore) e Lynch (il regista), Guadagnino riesce a fare cinema con le sue ossessioni, citando altre storie e altre immagini ma riuscendo ad essere, qui molto più che nei suoi film precedenti, autore con uno stile. E il finale cosmico chiude bene un film difficile ma riuscito.
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