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Per tutta la prima parte del film William Lee (alter-ego di Burroughs) è proiettato in un' ambientazione messicana ai miei occhi sterile, posticcia ed avulsa da ogni contesto sociale.
In merito alle azioni compiute dal protagonista, l'unico motore sembra essere la pulsione fisica.Sebbene l'omosessualità di Lee venga descritta in modo minuzioso, manca l'aspetto dissacratore nei confronti della morale di stampo borghese.
Guadagnino mi sembra invece più desideroso di subentrare con dovizia di particolari nell'evoluzione sentimentale di un vita di coppia tra Lee ed il suo amante Allerton.
Nei punti visivamente più espliciti vengono forzatamente intercalate didascalie paesaggistiche.
Personalmente questa scelta deliberata del voler mostrare con riserva mi lascia disorientato.
Purtroppo anche il tema centrale della droga mi appare affrontato in modo superficiale e sbrigativo.
Il fisico dei Lee non mi ricorda quello di un dipendente da oppiacei. La scena madre sull'assunzione di eroina mi risulta pressapochista, digiuna di particolari e deludente per quanto riguarda l'epilogo.
Tra i numerosi passi di culto dell'universo Burroughsiano (ricordiamo la contrattazione con il medico compiacente), i più mi risultano sbiaditi ed insipidi Particolarmente spiazzante è stato l'ingresso nel secondo atto
Fuori da ogni apparente continuità narrativa, subentra un viaggio in sud- America.
E se prima il movente era la spasmodica ricerca erotico-sentimentale, ora non mi è chiaro cosa spinga Lee ad addentrasi nella giungla amazzonica privo di equipaggiamento, alla ricerca dello Yage.A confondermi le idee, entra anche in gioco una discontinuità nello stile cinematografico.
Il primo incontro notturno con il serpente guardiano mi lascia il sapore di un action movie completamente avulso dal contesto.
Anche la ghiotta occasione del confronto tra civiltà, la modernità di Lee e le tradizioni indigene, viene persa con il personaggio (mediatore?!?) della ricercatrice/neo sacerdotessa.
E chiudendo così la porta ogni dimensione mistica, lo Yage viene assunto dei protagonisti della vicenda con un rito perlopiù caricarturale.
Quello che invece riemerge ancora prepotentemente è ancora il tema del rapporto di coppia,
L'effetto dello Yage è dunque reso in terza persona mostrandoci la compenetrazione dei corpi di Alletron e Lee, come a voler rimarcare una tematica a senso unico.
Vorrei esprimere ora una mia cosiderazione sulle musiche.
Sappiamo del rapporto di stima ed amicizia repiproca intercorso tra Curt Cobain e Burroughs.
ricordiamo anche esempi ben riusciti di decontestualizzazione musicale come il fortunato “Marie Antoinette" di Sofia Coppola.
In questo caso pero' l'introduzione di alcuni pezzi dei Nirvana non mi sembra aver arricchito il vocabolario narrativo di Queer.Concludendo, entrando in sala ho vissuto quasi l'obbligo morale di rivivere sul grande schermo le critiche sociali espresse da William Burroughs nel secolo scorso.
Ai miei occhi mi sono invece imbattuto nella narrazione dell'esperienza sentimentale di una coppia omosessuale.
Se la pellicola non fosse stata un adattamento cinematografico di un'opera di Burroughs, il risultato potrebbe essere considerato senza dubbio apprezzabile.
Cosiglierei a questo punto di rispolverare il lavoro di Cronberg a cui Queer deve numerose citazioni portate pari pari ( la recitazione a memoria del passo letterario ad opera del protagonista seduto al tavolo del caffè...)
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