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padly
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lunedì 3 giugno 2013
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le radici sono importanti
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La Grande Bellezza di Sorrentino piace o non piace, si ama o non si ama. Di certo non lascia indifferenti. Io l’ho amato fin dalle prime scene. Quando ho capito che dovevo essere una “spugna” per impregnarmi di immagini, musica, emozioni e parole nella rappresentazione - nella forma del “sincretismo” piuttosto che della sintesi logica- di una mondanità becera. E la “sincresi” di Sorrentino è perfetta, tecnicamente e artisticamente. Bella la galleria di personaggi: Romano (Carlo Verdone), scrittore teatrale mai realizzato dipendente da una giovane donna che lo sfrutta, Lello (Carlo Buccirosso) venditore di giocattoli triviale e marito infedele di Trumeau (Iaia Forte), Viola (Pamela Villoresi) ricca borghese con un figlio problematico, Stefania (Galatea Ranzi) cardinali (Roberto Herlitzka) che si intendono di cucina, più che di spiritualità e spogliarelliste dai segreti oscuri (Sabrina Ferilli).
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La Grande Bellezza di Sorrentino piace o non piace, si ama o non si ama. Di certo non lascia indifferenti. Io l’ho amato fin dalle prime scene. Quando ho capito che dovevo essere una “spugna” per impregnarmi di immagini, musica, emozioni e parole nella rappresentazione - nella forma del “sincretismo” piuttosto che della sintesi logica- di una mondanità becera. E la “sincresi” di Sorrentino è perfetta, tecnicamente e artisticamente. Bella la galleria di personaggi: Romano (Carlo Verdone), scrittore teatrale mai realizzato dipendente da una giovane donna che lo sfrutta, Lello (Carlo Buccirosso) venditore di giocattoli triviale e marito infedele di Trumeau (Iaia Forte), Viola (Pamela Villoresi) ricca borghese con un figlio problematico, Stefania (Galatea Ranzi) cardinali (Roberto Herlitzka) che si intendono di cucina, più che di spiritualità e spogliarelliste dai segreti oscuri (Sabrina Ferilli). Il film è un susseguirsi di situazioni in un filo forse illogico (ma, come dice Marcello Marchesi, “la logica è una forma di pigrizia mentale”) per catturare la nostra intelligenza emotiva. Ma la Grande Bellezza ci vuole anche far pensare: all’importanza delle “radici”, alla bellezza delle persone serene che “stirano, bevono un bicchiere di vino rosso e guardano la tv”. E la “spugna”, una volta piena, viene strizzata dall’irrompere di un personaggio chiave la “Santa”, prima quasi grottesca, poi seria e lapidaria: “La povertà non si racconta, si vive”, “Mangio radici perché le radici sono importanti”. Il suo soffio fa partire un gruppo di uccelli in sosta sulla terrazza di Jep Gambardella, in una scena magistrale del film. Le radici sono importanti. Alle radici del cinema italiano c’è Federico Fellini. E Sorrentino lo sa.
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enzo70
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lunedì 3 giugno 2013
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un grandissimo omaggio alla bellezza del cinema
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Sorrentino prende carta e penna, sotto forma di cinepresa e pellicola, e risponde con un fatto, un film, alla crisi concettuale del cinema italiano. E lo fa con un capolavoro, questo è il valore di questo film, dove la fanno da padroni di casa due protagonisti. Il primo è Toni Servillo che interpreta magistralmente la parte di uno scrittore giornalista cinico e disincantato alle prese con il degrado culturale ed i bla bla di un Paese alla ricerca di autore. Ed una volta trovato l’autore, uno splendido Sorrentino, torna sulle scene la seconda protagonista, Roma, la grande bellezza. Ed il degrado di cui molti, troppi, parlano andrebbe, invece, visto alla luce della storia, millenaria della caput mondi, da sempre grembo materno dei vizi umani.
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Sorrentino prende carta e penna, sotto forma di cinepresa e pellicola, e risponde con un fatto, un film, alla crisi concettuale del cinema italiano. E lo fa con un capolavoro, questo è il valore di questo film, dove la fanno da padroni di casa due protagonisti. Il primo è Toni Servillo che interpreta magistralmente la parte di uno scrittore giornalista cinico e disincantato alle prese con il degrado culturale ed i bla bla di un Paese alla ricerca di autore. Ed una volta trovato l’autore, uno splendido Sorrentino, torna sulle scene la seconda protagonista, Roma, la grande bellezza. Ed il degrado di cui molti, troppi, parlano andrebbe, invece, visto alla luce della storia, millenaria della caput mondi, da sempre grembo materno dei vizi umani. E Sorrentino in maniera magistrale passa in rassegna i molti vizi molti e le poche virtù dell’eterna città del vivere per vivere, passando dall’acqua delle terme e degli acquedotti, alle mollezze della Roma papalina cui si contrappone, consueta legge del contrappasso, una vecchia suora che decanta il senso della povertà. La denuncia sociale del regista diventa essenziale quando si allontana dagli stereotipi del becero intellettualismo intriso di perbenismo che tanto male ha fatto alla cultura italiana. E la strana coppia Roma Servillo ci accompagna tra feste mondane e splendidi palazzi della nobiltà romana, squarci di albe e tramonti, il Tevere ed una Roma che sembra da bere ma è, semplicemente, da gustare estasiati. Come questo film che andrebbe accolto per quello è, un capolavoro, che va visto utilizzando tutti i sensi e con lo sguardo estasiato che solo il grande cinema può offrire anche allo spettatore più cinico e disincantato, come me.
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javert
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domenica 2 giugno 2013
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"è tutto sedimentato sotto il chiacchericcio..."
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C'è chi lo ha considerato un' inopportuna rivisitazione del capolavoro felliniano "La dolce Vita". Chi lo ha criticato perchè troppo lento e privo di originalità. Chi ha definito i personaggi caricature troppo utopistiche (o più che altro distopistiche) di un'italia post-berlusconiana, priva ormai di qualsiasi valore morale. In questa selva di opinioni "estremiste", io non ho certo paura di definire "La Grande Bellezza" un ottimo film, degno del nome di Sorrentino. C'era stata una grande attesa e la maggior parte del pubblico non è stata affatto delusa. Per prima cosa bisogna encomiare l'assoluta protagonista di questo film, Roma.
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C'è chi lo ha considerato un' inopportuna rivisitazione del capolavoro felliniano "La dolce Vita". Chi lo ha criticato perchè troppo lento e privo di originalità. Chi ha definito i personaggi caricature troppo utopistiche (o più che altro distopistiche) di un'italia post-berlusconiana, priva ormai di qualsiasi valore morale. In questa selva di opinioni "estremiste", io non ho certo paura di definire "La Grande Bellezza" un ottimo film, degno del nome di Sorrentino. C'era stata una grande attesa e la maggior parte del pubblico non è stata affatto delusa. Per prima cosa bisogna encomiare l'assoluta protagonista di questo film, Roma. "Sono l'impero alla fine della decadenza" scrive Verlaine. Ma la decadenza è un fattore tutto umano: lei resta lì, immutabile, incorrotta. La vista del Colosseo, di San Pietro, di piazza Navona ci dà conforto in un film dove la corruzione e il degrado spopolano dovunque. Per non parlare poi dell'orgoglio che ogni Italiano dovrebbe provare davanti a recitazioni di così alto livello. (mi riferisco ovviamente a Tony Servillo in primis, senza sminuire il lavoro degli altri attori) Le colonne sonore sono mitiche, sebbene a mio avviso sarebbe stato meglio non esagerare con i canti gregoriani, che hanno un pò rallentato lo scorrere del film. Due ore e mezza, e tutto finisce, resti seduto a osservare le magnifiche inquadrature della nostra capitale. Ti senti orgoglioso di abitare nel paese dove tutto è arte, ringrazi Sorrentino per aver finalmente valorizzato a dovere Roma (non come Woody Allen che ci ha provato e ne è venuto fuori un film privo di valore come "To Rome with love") Ti alzi dal sedile del cinema e vai a casa, passi la notte a pensare, a ruminare, a cercare significati nascosti. Ti è rimasto qualcosa dentro. E per questo ringrazi nuovamente Sorrentino, uno dei pochi registi italiani che portano ancora in alto la nostra bandiera nel mondo del cinema.
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stavanger
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domenica 2 giugno 2013
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un pasticcio totale
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Il film, davvero, è di livello bassissimo. Il soggetto è praticamente inesistente, ( ho provato persino a cercare la trama in internet, e nessuno riesce a riassumere la storia..) la sceneggiature è confusa, retorica, allo stesso tempo ambiziosa e scontata. Sorrentino, evidentemente, costruendo una sorta di deriva notturma,voleva fare una via di mezzo tra Celine e Fellini, senza avere, però, la statura di nessuno dei due , ma anzi, perdendosi in trovate spericolate e risibili, conferendo all'opera un tono da "Voglio- ma -non -posso- anche -se -neanche -io -so -ben-cosa"
A questi incensatori del film , avrei alcune semplici domande da fare :
2)- chi è questo personaggio principale, scrittore interrotto, giornalista di basso livello, che mandano a fare un pezzo sulla Concordia, e che però ha un attico da 4 milioni mininmo, con vista colosseo, e rimorchia ogni sera a 70 anni? ha vinto il superenalotto??
2) Che cosa lo muove, cosa pensa tutto il film? non si capisce mai, se sognava di diventare il re dei salotti e ora ne è schifato e fa pure la morale agli altri, perchè non se va in Tirolo?
2) che c'entra la storia dell'amica morta che nel diario ha scritto che lui era il suo vero amore? che accidenti significa nella narrazione?
4)che significa il personaggio di Verdone??? inconsistente totale, buttato là a caso
5) di che si cura la Ferilli ( pur brava) ???
6) che cosa prova Jim a vedere le foto del fotografo??? non si capisce
7) perchè va a chiedere al monsignore Herlizka se era davvero esorcista? ma che battuta è?
8) che c'entra la santa che mangia solo radici???
9) e la metafora delle oche me la spiegate? se mi dite che rappresentano il volo della libertà però me ne vado.
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Il film, davvero, è di livello bassissimo. Il soggetto è praticamente inesistente, ( ho provato persino a cercare la trama in internet, e nessuno riesce a riassumere la storia..) la sceneggiature è confusa, retorica, allo stesso tempo ambiziosa e scontata. Sorrentino, evidentemente, costruendo una sorta di deriva notturma,voleva fare una via di mezzo tra Celine e Fellini, senza avere, però, la statura di nessuno dei due , ma anzi, perdendosi in trovate spericolate e risibili, conferendo all'opera un tono da "Voglio- ma -non -posso- anche -se -neanche -io -so -ben-cosa"
A questi incensatori del film , avrei alcune semplici domande da fare :
2)- chi è questo personaggio principale, scrittore interrotto, giornalista di basso livello, che mandano a fare un pezzo sulla Concordia, e che però ha un attico da 4 milioni mininmo, con vista colosseo, e rimorchia ogni sera a 70 anni? ha vinto il superenalotto??
2) Che cosa lo muove, cosa pensa tutto il film? non si capisce mai, se sognava di diventare il re dei salotti e ora ne è schifato e fa pure la morale agli altri, perchè non se va in Tirolo?
2) che c'entra la storia dell'amica morta che nel diario ha scritto che lui era il suo vero amore? che accidenti significa nella narrazione?
4)che significa il personaggio di Verdone??? inconsistente totale, buttato là a caso
5) di che si cura la Ferilli ( pur brava) ???
6) che cosa prova Jim a vedere le foto del fotografo??? non si capisce
7) perchè va a chiedere al monsignore Herlizka se era davvero esorcista? ma che battuta è?
8) che c'entra la santa che mangia solo radici???
9) e la metafora delle oche me la spiegate? se mi dite che rappresentano il volo della libertà però me ne vado...
10) dulcis in fundo, la genialata del film sarebbe lui che , nella noia romana , si ricorda l'emozione della prima findanzatina al mare??? la vera bellezza perduta ? ahi.....
a me pare tutto pastrocchiato...e col fiato corto..
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[+] divertente eppure...
(di kaipy)
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55sergio
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domenica 2 giugno 2013
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e' gep, non jep!
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Quando vado a vedere un film di Sorrentino, penso sempre a "Le conseguenze dell'amore", uno delle pellicole italiane più belli di questi ultimi anni, con un Servillo monumentale. "La grande bellezza" non è da meno, anzi...L'incipit del film è straordinario, con la visione di una Roma che troppo spesso dimentichiamo, di una bellezza folgorante e consapevole, davanti alla quale il turista asiatico crolla, inondato dalla sindrome di Stendhal da cui noi italiani siamo evidentemente immuni, come i fedeli indiani che si bagnano in massa, estatici ed indifferenti ad infezioni e quant'altro, nelle acque melmose del Gange. Gep - che non potrà mai essere Jep, se non forse per la fauna che frequenta, poichè la napoletanità disincantata che lo permea si manifesta ineludibilmente nel suo nome, Geppino (diminutivo-vezzeggiativo di Giuseppe), quasi più partenopeo di Gennaro - è un perfetto uomo inutile.
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Quando vado a vedere un film di Sorrentino, penso sempre a "Le conseguenze dell'amore", uno delle pellicole italiane più belli di questi ultimi anni, con un Servillo monumentale. "La grande bellezza" non è da meno, anzi...L'incipit del film è straordinario, con la visione di una Roma che troppo spesso dimentichiamo, di una bellezza folgorante e consapevole, davanti alla quale il turista asiatico crolla, inondato dalla sindrome di Stendhal da cui noi italiani siamo evidentemente immuni, come i fedeli indiani che si bagnano in massa, estatici ed indifferenti ad infezioni e quant'altro, nelle acque melmose del Gange. Gep - che non potrà mai essere Jep, se non forse per la fauna che frequenta, poichè la napoletanità disincantata che lo permea si manifesta ineludibilmente nel suo nome, Geppino (diminutivo-vezzeggiativo di Giuseppe), quasi più partenopeo di Gennaro - è un perfetto uomo inutile. Scrittore di talento, ha incassato il primo facile successo ed ha fondato la sua esistenza successiva sulla rincorsa vaqua verso una mondanità fine a sè stessa che si nutre di mero presenzialismo, di pettegolezzo, di miseria spirituale. I personaggi del film si ispirano certo ad una visione della umanità felliniana, ma meno dolente di quest'ultima, perchè figlia di un tempo caratterizzato dall' implosione dei valori. I due co-protagonisti, seppure in evidenza minimale rispetto a Servillo, hanno saputo ritagliarsi uno spazio ben definito, non frustrato da un'esposizione limitata. Davvero brava la Ferilli, che in pochi minuti ha saputo condire una cospicua parte del film, regalando una presenza che resta tale anche quando la trama la fa scomparire d'improvviso, nel flash del paparazzo che immortala la disperazione del padre, seduto al tavolino del locale che gestisce. Verdone è attore consumato, che interpreta il più classico dei falliti, Romano, succubo di una donna detestabile, che vive nel cono d'ombra di Gep, suo idolo e mentore e che sparirà come Ramona-Ferilli, ma senza l'eroismo implicito della morte "giovane" di questa, ma nell' inglorioso ritorno al paese, sconfitto da una Roma, meglio da una romanità, che non è stato capace di interpretare, forse perchè privo della necessaria dose di distratto, indolente fatalismo. Servillo è una maschera straordinaria, un attore che non ricorda nessun altro nel panorama presente, ma anche passato, del cinema italiano, elegante, raffinato perfino quando interpreta il cialtronesco bon vivant, con la cadenza strascicata da snob pseudo-posillipino. I numerosissimi personaggi sono quasi sempre fortemente caratterizzati, fatta salva, forse, la Ferrari (ma ho il sospetto che parli per me la scarsa simpatia che provo nei suoi confronti) in una particina che nulla aggiunge. Sufficientemente luciferino Herlitzka-cardinale in quel suo bene(male?)dire Gep, sorpreso da uno sbocco di spiritualità, ma che lo ha umiliato davanti alla "santa", dal finestrino di un'immorale Rolls-Royce. Su tutto, la sontuosità assoluta della Roma barocca e dei suoi palazzi, unici al mondo. E alcune immagini memorabili, come il volo dei fenicotteri dalla terrazza sul Colosseo, al soffio della "santa". Capolavoro? Chissà, ai posteri l'ardua sentenza; ma un gran bel film, certamente si, più di due ore che volano via senza lasciare traccia di impazienza, allietati da immagini evocative e dialoghi a volte apparentemente banali ma seducenti ed incisivi, senza sfoggi dialettici da "filmimpegnato".
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mariamel
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domenica 2 giugno 2013
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la grande bellezza è "il senso della vita"
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Credo che questo film non sia stato capito pienamente, specie dalla grande critica. Non è Roma "la grande bellezza" e non è Roma la protagonista del film. Ho sentito parlare di similitudini con la Roma felliniana ecc. Non c'entra nulla Roma. Questo film poteva essere ambientato in qualsiasi altra grande città italiana dei nostri tempi. Il film è incentrato sul personaggio principale Gambardella e gli altri personaggi che sono tutti alla ricerca del "senso della vita" . Uno scopo da dare alla propria esistenza fatta di cose futili e inutili, che vengono offerte da una grande città che li rende automi inutili che corrono dietro modelli sociali deteriori e decadenti piuttosto che persone sensibili.
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Credo che questo film non sia stato capito pienamente, specie dalla grande critica. Non è Roma "la grande bellezza" e non è Roma la protagonista del film. Ho sentito parlare di similitudini con la Roma felliniana ecc. Non c'entra nulla Roma. Questo film poteva essere ambientato in qualsiasi altra grande città italiana dei nostri tempi. Il film è incentrato sul personaggio principale Gambardella e gli altri personaggi che sono tutti alla ricerca del "senso della vita" . Uno scopo da dare alla propria esistenza fatta di cose futili e inutili, che vengono offerte da una grande città che li rende automi inutili che corrono dietro modelli sociali deteriori e decadenti piuttosto che persone sensibili. Ma la spiritualità viene fuori in alcuni passi ed è proprio la "santa" che suggerisce al protagonista Gambardella che esistono cose più importanti delle feste ricche e sguaiate, dell'opulenza nel mangiare nel vestire, nel cazzeggiare, nel vivere disordinatamente senza porsi obiettivi e finalità. Dorme in terra, anzichè all'Hassler, e mangia radici perchè queste sono "il senso della vita". E' il passato, è la semplicità, è la spiritualità, è l'amore. "La grande bellezza" è il significato più profondo del vivere. La donna bella e sensibile, la Ferilli, il giovane di cui ci si fida e a cui si danno le chiavi, il bel ragazzo malato e schizoide, la bambina che piange mentre viene violentata a "dipingere" sul muro. E le opere d'arte e i palazzi principeschi di Roma, perchè no! La bellezza è nelle cose, è nelle persone, è nella giovinezza, è nella purezza, è nell'arte, è nella semplicità. il protagonista alla fine se ne rende conto e torna indietro, fa il viaggio di ritorno, come le cicogne soffiate via dalla santa che tornano al loro paese d'origine... le radice...Anche Verdone torna alle sue radici, al suo paese, perchè Roma l'ha deluso. Roma non è il loro spazio, non è il loro ambiente, non è la loro vita, non è la felicità. La grande bellezza viene "capita" quando viene disvelata al protagonista, allorquando si commuove veramente al funerale del ragazzo, quando invidia il marito della donna amata insieme alla nuova compagna che si contenta di una cena frugale e di andare a letto presto, quando chiede al cardinale di spiegargli la spiritualità... Ricomincia a scrivere alla fine del film, quando ricomincia la sua nuova vita inseguendo il suo passato che gli fa male e lo rende consapevole del suo essere uomo sensibile e capace di commuoversi e di soffrire. Ecco qui finisce il film e comincia la nuova vita del protagonista. E' questa la grande bellezza.
Mariamel
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(di starbuck)
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stefanosessa
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domenica 2 giugno 2013
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irrecensibile
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''Ho fatto questo film non per puntare il dito, ma per cercare la bellezza e il sentimento dappertutto.''(Paolo Sorrentino)
Gli odiosi trailer che precedono la proiezione sono terminati,il film sembra iniziato.Non vi sono titoli di testa: non sembra neppure un vero e proprio principio, piuttosto sembra che la pellicola si inserisca in un solco già tracciato, agganciandosi ad un discorso già iniziato. Lo sguardo di una telecamera curiosa e fluttuante vaga su paesaggi cittadini per poi spostarsi in una della tante zone archeologiche della capitale.Immancabili giapponesi, guide turistiche e stranieri di ogni dove,una Babele etnico-linguistica in una cosmopoli dalla storia millenaria.
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''Ho fatto questo film non per puntare il dito, ma per cercare la bellezza e il sentimento dappertutto.''(Paolo Sorrentino)
Gli odiosi trailer che precedono la proiezione sono terminati,il film sembra iniziato.Non vi sono titoli di testa: non sembra neppure un vero e proprio principio, piuttosto sembra che la pellicola si inserisca in un solco già tracciato, agganciandosi ad un discorso già iniziato. Lo sguardo di una telecamera curiosa e fluttuante vaga su paesaggi cittadini per poi spostarsi in una della tante zone archeologiche della capitale.Immancabili giapponesi, guide turistiche e stranieri di ogni dove,una Babele etnico-linguistica in una cosmopoli dalla storia millenaria.Un canto gregoriano di voci femminili pare accompagnare le immagini.E invece no, la musica non accompagna nulla;l'inquadratura si sposta in un'antica chiesa dove un coro di giovani donne in tailleur sta intonando quel canto,che non è sovrapposto alle immagini ma costituisce il vero e proprio epicentro emotivo di queste. Uno dei tanti giapponesi prima di scattare l'ennesima fotografia stramazza al suolo.Un malore qualsiasi,dovuto al troppo caldo o forse alla troppa bellezza che gli si para davanti.
Dopo questi primi suggestivi minuti la scena cambia,addirittura si capovolge. Festa in discoteca: corpi sudati e sovraeccitati ballano e si avvinghiano,sexy cubiste ingarbugliano i pensieri di un Carlo Buccirosso ingrifatissimo.(Sua la prima vera battuta del film:''T'chiavass'').Dalle casse rimbomba il remix di Far l'amore di Raffaella Carrà.
Due scene così opposte e complementari: la prima sacrale,quasi soprannaturale.Nelle sue forme misurate(le architetture romane) e nella linea melodica solista del canto è del tutto apollinea. Pagana e chiassosa,a tratti coatta la seconda.E' un necessario contraltare:terrigeno ed eccessivo,dionisiaco nella danza sfrenata e sessuale,tre millenni dopo non più sul suono dell'aulos ma su quello della consolle elettronica.Un mare di individui fusi tra loro.Entrambe le sequenze avvengono nel raggio di pochi chilometri:il mistico ed il godereccio sono partoriti nella stessa città,opposti ma giustapposti in una inconcepibile coerenza. Il primo quarto d'ora vale già il prezzo del biglietto, tutto quello che viene dopo è un plusvalore che Sorrentino ci dona gratuitamente.
Il film pullula di citazioni e riferimenti a volte caricaturali senza mai scadere in una vacua erudizione accademica.Ogni personaggio reale o fittizio tirato in ballo è funzionale al carettere della pellicola. Flaubert e il romanzo su nulla,Dostoevski e la Polina de Il giocatore,il ritratto canzonatorio di una performer contemporanea tra arte e stupidità evidentemente ricalcato su Marina Abramovich,una ex-soubrette in disfacimento psico-fisico interpretata da Serena Grandi(un autorichiamo). Jep Gambardella si presenta come una doppia citazione:autore di un romanzo di successo(L'apparato umano) scritto quarant'anni prima,non scriverà mai un'opera seconda:impossibile non pensare a J.D.Salinger che dopo The Catcher in the Rye si ritirerà a vita privata fino alla morte. Il napoletano verace Gambardella non si farà da parte,ma sarà piacevolmente risucchiato da quel vortice di mondanità di cui diventerà sovrano indiscusso(perché lui ha il potere di farle fallire le feste),passando dall'essere scrittore a giornalista di cultura e di critica teatrale.Il rimpianto di essere stato deludente,per sé più che per gli altri,lo accompagnerà come un'ombra per sempre.E qui si palesa il secondo riferimento: il Marcello Rubini de La dolce vita,dilaniato tra l'ambizione letteraria e la perenne ricerca di piacere,costretto per tirare a campare a scrivere articoli di costume e gossip,animale sociale allergico alla forma borghese della famiglia.
Il debito con la grande opera di Fellini,tuttavia, non si riduce a questo.Stesse atmosfere,anche se in Sorrentino più cafone e burine; stesso imbarazzo dell'esistere,identico bisogno di vivere la notte tutte le notti;simile ricerca di sfogo sessuale,più agognato che realizzato.E poi c'è una Roma di rara bellezza:inferno e paradiso, amica puttana fonte di godimento e distrazione,madre matrona dall'abbraccio soffocante;descritta realmente attraverso occhiali immaginifici che riportano ad un grottesco mai banale.E' lei l'effettiva protagonista.
Ma dopo e dentro Roma c'è lui, Jep.Non è un personaggio,è un mondo nel mondo: è la maschera ambigua,dal fascino costruito ed effeminato.Può criticare e ridicolizzare tutti,ma solo perché ha già da sempre deriso se stesso.Mai prendere sul serio nulla, neanche Proust.
Sorrentino è un regista,ma soprattutto è un autore:la filosofia del suo cinema è unitaria e gnomica.Quindi nelle parole e nel modo di fare di Gambardella riecheggia l'apoftegma di Tony Pisapia ne L'uomo in più:''La vita è 'na strunzat''.Leggerezza e frivolezza(nel film si ride spesso),il bla-blaterare sotto cui si nascondono meschinità ed insicurezze,sotto cui si cela la voglia e la fatica di vivere.Questa è la grande bellezza:è il Tutto. Ogni luogo è bello,ogni persona è bella,ogni cosa è bella.Anche quelle brutte,ignobili,patetiche,squallide:bisogna solo saperle guardare.Se solo tutti avessimo gli occhi e le orecchie di Jep...
Tutti i personaggi sullo sfondo sono questo insieme di aspetti,in cui si instaura un ''rapporto non dialettico tra peccato e innocenza (dico non dialettico perché regolato dalla grazia)''.Interpretati da attori al meglio:Verdone,Herlitzka,Ferrari,Buccirosso,addirittura Lillo Petrolo ed una Ferilli mozzafiato(ma questo lo sapevamo) che regala una quantomai inaspettata interpretazione di grande livello.E' necessario dire,però,che in ogni personaggio traspare la magistrale direzione di Sorrentino.Nel 1960 Pasolini scrisse una importante analisi de La dolce vita che si concludeva con una descrizione complessiva dei personaggi del film,a mio parere valida anche per quelli de La grande bellezza.
''Guardate la Roma che egli descrive: è difficile immaginare un mondo più perfettamente arido. Un’aridità che toglie vita, che angoscia. Vediamo passare davanti ai nostri occhi un fiume di personaggi umilianti, in un umiliante spaccato della capitale: tutti cinici, tutti meschini, tutti egoisti, tutti viziati, tutti presuntuosi, tutti vigliacchi, tutti servili, tutti impauriti, tutti sciocchi, tutti miserabili, tutti qualunquisti[...]Eppure non c’è nessuno di questi personaggi che non risulti puro e vitale, presentato sempre in un momento di energia quasi sacra.
Osservate: non c’è un personaggio triste, che muova a compassione: a tutti tutto va bene, anche se va malissimo: vitale è ognuno nell’arrangiarsi a vivere, pur col suo carico di morte e di incoscienza.
Non ho mai visto un film in cui tutti i personaggi siano così pieni di felicità di essere: anche le cose dolorose, le tragedie, si configurano come fenomeni carichi di vitalità, come spettacoli.''
Nel personaggio di Jep l'approccio alla vita di Sorrentino è facilmente riscontrabile, ma Servillo ci mette la faccia.Il suo viso è un capolavoro,ogni espressione ti resta impressa per giorni, e la vigorosa voce da attore teatrale ti scava nel di dentro.E' recitazione alle stelle,indefinibile ed incommentabile.
Le immagini. Ogni definizione è una riduzione,ma potremmo dire che il cinema sia un pensare in immagini.E le immagini de La grande bellezza pensano.Sono sovraccaricche,barocche,scintillanti;si tramutano sempre in immaginazione(tema che nelle parole di Cèline apre il film ).Un muro bianco diventa il mare e si può immaginare di essere felici, nonostante tutto.
La musica.Come già detto è emblematica nelle prime due scene,ma riveste un ruolo decisivo anche nel resto(è proprio lei il trucco per dimenticarsi di sé e sparire,come la giraffa).Gli accostamenti sono assurdi:canti gregoriani e remix da discoteca, Arvo Part e La colita,Zbigniew Preisner(il compositore di Kieslowski) e Bruno Lauzi, Gorecki e Venditti. Soprattutto la musica non è mai didascalica,mai serva di qualcos'altro:si impone insieme all'immagine con pari dignità.
In conclusione:seppur è un'opera che sfrutta stilemi del linguaggio cinematografico di tipo felliniano con un modo di raccontare che non scade mai nella mera narrazione evemenenziale(possiamo dire che non esiste una trama) si tratta di un film che si impone con prepotenza nella storia del cinema italiano e mondiale.Sorrentino racconta, o meglio il suo cinema non si riduce ad una sequenza di fatti,ma ad una serie di interpretazioni.La sua ultima fatica è un lavoro che non si può ignorare e dal quale non si può prescindere, soprattutto è un film ''irrecensibile'' da non liquidare con poche parole.E' una pellicola che va studiata in tutti i suoi aspetti.(Ovviamente tale analisi non può che essere parziale ed incompleta).
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luigi mmogavero
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domenica 2 giugno 2013
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non è la roma in cui vivo
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Probabilmente nelle intenzioni del regista doveva essere un film dai contrasti stridenti tra una Roma bella e splendida nella sua cornice artistica e la volgarità di certi personaggi volgari e grossolani che sembrano più usciti da film di Tinto Brass che dalla Dolce vita di Fellini. Nel complesso è risultato un film lento e noioso nel suo svolgimento, nonostante la bravura immensa di Toni Servillo che a mio avviso è attualmente il più bravo attore che il cinema italiano possiede. Le sue espressioni mimiche che secondo me appartengono alla migliore tradizione teatrale italiana non bastano a salvare un film che io ho trovato a tratti anche presuntuoso e pieno di luoghi comuni, come quello di attribuire la volgarità spiccatamente ad una certa società borghese e intellettualoide.
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Probabilmente nelle intenzioni del regista doveva essere un film dai contrasti stridenti tra una Roma bella e splendida nella sua cornice artistica e la volgarità di certi personaggi volgari e grossolani che sembrano più usciti da film di Tinto Brass che dalla Dolce vita di Fellini. Nel complesso è risultato un film lento e noioso nel suo svolgimento, nonostante la bravura immensa di Toni Servillo che a mio avviso è attualmente il più bravo attore che il cinema italiano possiede. Le sue espressioni mimiche che secondo me appartengono alla migliore tradizione teatrale italiana non bastano a salvare un film che io ho trovato a tratti anche presuntuoso e pieno di luoghi comuni, come quello di attribuire la volgarità spiccatamente ad una certa società borghese e intellettualoide. Quando a mio avviso e a detta di molte persone che abitano come me a roma, è diffusa in tutti i ceti sociali. E le immagini di Roma all'alba o al tramonto anzichè dare ancora più valore alla bellezza della città, infondevano ancora più tristezza. Poco convincente la prova di verdone nonostante i suoi sforzi
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roberta sanna
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domenica 2 giugno 2013
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l'impermanenza
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In questo film ho trovato il terrore dell'uomo per l'impermanenza della vita, la sofferenza per l'attaccamento alla giovinezza e per non riuscire a mettere da parte il proprio ego!!! La vera bellezza? Credo che la risposta sia nelle parole della suora.
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In questo film ho trovato il terrore dell'uomo per l'impermanenza della vita, la sofferenza per l'attaccamento alla giovinezza e per non riuscire a mettere da parte il proprio ego!!! La vera bellezza? Credo che la risposta sia nelle parole della suora... "sai perché mangio solo radici? Perché le radici sono importanti!!!" ... ho letto un messaggio buddista in questo gran bel film...
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(di mauricass)
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zanzarombante
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domenica 2 giugno 2013
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profondo!
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. In questo film ho trovato il terrore dell'uomo per l'impermanenza della vita, la sofferenza per l'attaccamento alla giovinezza e per non riuscire a mettere da parte il proprio ego!!! La vera bellezza? Credo che la risposta sia nelle parole della suora.
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. In questo film ho trovato il terrore dell'uomo per l'impermanenza della vita, la sofferenza per l'attaccamento alla giovinezza e per non riuscire a mettere da parte il proprio ego!!! La vera bellezza? Credo che la risposta sia nelle parole della suora... "sai perché mangio solo radici? Perché le radici sono importanti!!!" ... ho letto un messaggio buddista in questo gran bel film...
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