|
|
michele
|
venerdì 31 maggio 2013
|
il viaggio di sorrentino
|
|
|
|
Ho impiegato quattro giorni per scrivere la recensione di questo film e ho passato questi giorni a pensare intensamente alla pellicola, a chiedermi tante, molte cose, forse alla fine perfino troppe. E' un'opera sulla quale si è scritto moltissimo, verso la quale si sono usati molti aggettivi, alcuni si sono anche sprecati. Ha diviso, chi l' ha amata, chi l'ha odiata. Su alcune frasi e certe terminologie ci ricadrò anch'io, é inevitabile, perché è vero quando si dice che "La grande bellezza" è un film ambizioso, complesso e imperfetto, ma chi ha coraggio di osare e lanciarsi in certe operazioni monumentali dal punto di vista artistico, in questo caso cinematografico, sa che la cosa più bella è proprio farsi prendere la mano e lasciarsi trasportare dalla propria immaginazione, per poter raccontare come intimamente più desidera, la sua personale visione delle cose e lo spettatore deve fare altrettanto, lasciarsi cullare, incantare, ammirare ciò che osserva con l'entusiasmo di un viaggiatore errante che lungo la sua strada ne ha viste tante e soltanto dopo, quando il viaggio è finito, riesce davvero a rendersi conto di quello che ha visto e di quello che ha apprezzato.
[+]
Ho impiegato quattro giorni per scrivere la recensione di questo film e ho passato questi giorni a pensare intensamente alla pellicola, a chiedermi tante, molte cose, forse alla fine perfino troppe. E' un'opera sulla quale si è scritto moltissimo, verso la quale si sono usati molti aggettivi, alcuni si sono anche sprecati. Ha diviso, chi l' ha amata, chi l'ha odiata. Su alcune frasi e certe terminologie ci ricadrò anch'io, é inevitabile, perché è vero quando si dice che "La grande bellezza" è un film ambizioso, complesso e imperfetto, ma chi ha coraggio di osare e lanciarsi in certe operazioni monumentali dal punto di vista artistico, in questo caso cinematografico, sa che la cosa più bella è proprio farsi prendere la mano e lasciarsi trasportare dalla propria immaginazione, per poter raccontare come intimamente più desidera, la sua personale visione delle cose e lo spettatore deve fare altrettanto, lasciarsi cullare, incantare, ammirare ciò che osserva con l'entusiasmo di un viaggiatore errante che lungo la sua strada ne ha viste tante e soltanto dopo, quando il viaggio è finito, riesce davvero a rendersi conto di quello che ha visto e di quello che ha apprezzato. Questo è l'effetto che fa questo film, lascia attoniti, pensanti, tra momenti di autentica poesia e meraviglia e altri in cui ci si perde facendo fatica a ritrovare l'orientamento e a farsi così molte domande sul perché di quella determinata scena, su cosa ci voleva dire. A distanza di giorni però, rimane assolutamente, tra dubbi e interrogativi ancora vigenti, l'incanto per una visione così ampia e poetica. Forse il primo mito da sfatare é che sia un film su Roma. Prima che un film su Roma è un film sui sentimenti, quelli veri, motore della felicità autentica. Ma dove andare a ritrovarli o a cercarli questi sentimenti? La risposta è del tutto interiore, è dentro se stessi che bisogna indagare e nelle proprie esperienze passate, le prime, perché innocenti, pure e soprattutto umili. Roma è lì, presente con tutta la sua maestosa grandezza e la sua infinita grandiosità, monumentale, a fare da termine di paragone tra la sua bellezza eterna, concreta e inamovibile nei confronti di quella effimera e quantomai finta e fine a se stessa (questi trenini non portano da nessuna parte) della gloria mondana che non lascia niente dietro di se, se non soddisfazioni puramente vacue e vuote di ogni valore e affezione emotiva, tant'é che Jep Gambardella si accorge ad un certo punto della sua vita, pur avendo vissuto per quarant'anni in mezzo alla gente, di essere solo e circondato da cadaveri viventi e da morti nel vero senso della parola che cadono uno ad uno come soldati al fronte.
Il suo è un ritratto di un uomo solo, speculare a quello di una Roma deserta che vive solo di notte, ma chiusa nei palazzi e nei salotti dell'alta borghesia, Via Veneto è vuota, deserta, lasciata godere a quelli che in un futuro forse ne saranno i nuovi dominatori che vengono dall'est o dal Medio Oriente. "Mi sento vecchio" dice Jep Gambardella e insieme alla vecchiaia porta dentro di se il tremendo vuoto della solitudine di chi ha vissuto di rendita e non ha saputo arricchirsi interiormente con il frutto delle proprie capacità artistiche, se mai le abbia avute, ma solo da un punto di vista materiale e vede riflesso se stesso in tutta quella galleria di personaggi inutili, finti, falsi, privi di valori e sentimenti che frequenta.
Non ci risparmia niente Sorrentino lungo questo viaggio, è minuzioso nell'andare a descrivere tutte quelle situazioni e ambienti in cui sia i ricchi che gli arricchiti fanno sfoggio della loro maschera di personaggi importanti e possono recitare al meglio il ruolo che quel tipo di ambiente richiede. Si passa attraverso le feste chic e volgari sui terrazzi, le rappresentazioni teatrali impegnate, i funerali, dove anche lì c'é un'etichetta da seguire per imporre la propria visibilità e poi ancora l'esibizione in chiave moderna dell'arte, fino alla corruzione morale della gerarchia ecclesiastica, vista come luogo non di spiritualità, ma come una casta di potere dove vendere la propria immagine e giocare più che mai ad apparire quelli che in realtà non si é.
Ma allora dice Gambardella a Ramona, anima consapevole di essere dannata e condannata, interpretata da una sublime Sabrina Ferilli, di fronte a tanta falsità e finto splendore, vieni con me a vedere quella vera di bellezza, quella che nessuno, pur avendola sotto gli occhi tutti i giorni, nota, perché per apprezzarla è necessario essere puri e senza maschere sul volto e questa bellezza non può che essere quella di Roma e dei suoi palazzi.
Tutto questo Sorrentino ce lo racconta con il suo stile visionario, elevato all'ennesima potenza, i suoi film precedenti in confronto a questo sembrano remoti, già "Il divo" che pur contiene stilisticamente tutti i marchi di fabbrica del regista napoletano e ne sembrava risultare la sintesi perfetta del suo cinema, sembra essere un lontano ricordo, tanto si è evoluto adesso. In effetti Sorrentino estremizza al massimo qui, la sua capacità di andare oltre il dato reale e concreto delle cose per poterle immaginare secondo una sua personale visione e si lascia andare senza freni a descrivere una storia che ha tanto del fantastico e del surreale, componendo scene su scene che non seguono un filo narrativo prestabilito e consequenziale, come se poi, mischiandole tra loro, il senso del film non cambiasse poi tanto e sicuramente in tutta questa eccessiva libertà stilistica, ogni tanto si cade e ci si perde come inevitabile che sia. Ogni singola scena è uno spettacolo per gli occhi, ma andando a sommarle insieme, una accanto all'altra, non tutto torna e fila in maniera liscia e continua e il film appare così a volte un po' troppo frammentato, ma in fondo, proprio questa era l'intenzione del regista. Se infatti "La grande bellezza" è un viaggio, come preannuncia la citazione di Céline tratta dal "Viaggio al termine della notte" che apre il film, il viaggio non ha sempre elementi di contiguità, ma ogni tappa ha una sua storia, un suo effetto che si distacca da quello precedente e nell'infinito puzzle di questo spaccato sociale umano, fatto di momenti di euforia, caciara (per dirla alla romana) e poi di calma e silenzio improvviso, come una quiete dopo le tempeste musicali notturne, una visione a volte un po' confusa e spezzata fa parte del gioco. Quello che conta é quello che rimane dopo, dentro noi stessi, alla fine del viaggio.
[-]
|
|
|
[+] lascia un commento a michele »
[ - ] lascia un commento a michele »
|
|
d'accordo? |
|
|
|
giuseppedf73
|
venerdì 31 maggio 2013
|
poesia romana!
|
|
|
|
Bello! Poetico! Bella fotografia! Servillo è un fenomeno! Anche educativo! Roma è veramente bella!
|
|
|
[+] lascia un commento a giuseppedf73 »
[ - ] lascia un commento a giuseppedf73 »
|
|
d'accordo? |
|
|
|
marta scattoni
|
venerdì 31 maggio 2013
|
il naufragio della grande bellezza
|
|
|
|
Il volto gaudente e dolente, ironicamente distaccato e rassegnato del protagonista, il giornalista ed intellettuale Jep Gambardella, rimarrà a lungo scolpito nella memoria degli spettatori di quest'ultima opera di Sorrentino. Incanta la maestria di Toni Servillo nell'incarnare un personaggio che si compiace di saper cambiare maschera, consapevole di essere prigioniero indolente di un edonismo che spesso sembra più coazione a ripetere che puro godimento dell'attimo rivelatore del bello, un personaggio che senza esitazione si può indicare come uno dei più riusciti nel panorama cinematografico italiano di questi ultimi anni.
Il film, in cui si manifesta ad ogni attimo la magnificenza della Capitale avvolta dalle luci calde del giorno e ancora più spesso sprofondata nel buio delle notti erranti del protagonista, sembra avere una struttura più solida nella prima parte, dove viene perfettamente delineata la personalità di Jep che seduce lo spettatore rapendolo nel proprio monologo interiore, in quello straordinario sguardo partenopeo che accarezza il mondo attorno senza troppo soffermarsi, senza troppo concedere al reale, alle situazioni, alle persone che vorticosamente gli girano intorno e che sembrano prendere il sopravvento nella seconda parte del film in cui forse si perdono alcuni elementi, le storie di alcuni personaggi delineati in precedenza e poi improvvisamente svaniti, e si aggiungono forse un eccesso di tracce e storie che rendono difficoltoso sia il mantenimento della connessione tra lo spettatore e il protagonista sia la comprensione del percorso dello stesso.
[+]
Il volto gaudente e dolente, ironicamente distaccato e rassegnato del protagonista, il giornalista ed intellettuale Jep Gambardella, rimarrà a lungo scolpito nella memoria degli spettatori di quest'ultima opera di Sorrentino. Incanta la maestria di Toni Servillo nell'incarnare un personaggio che si compiace di saper cambiare maschera, consapevole di essere prigioniero indolente di un edonismo che spesso sembra più coazione a ripetere che puro godimento dell'attimo rivelatore del bello, un personaggio che senza esitazione si può indicare come uno dei più riusciti nel panorama cinematografico italiano di questi ultimi anni.
Il film, in cui si manifesta ad ogni attimo la magnificenza della Capitale avvolta dalle luci calde del giorno e ancora più spesso sprofondata nel buio delle notti erranti del protagonista, sembra avere una struttura più solida nella prima parte, dove viene perfettamente delineata la personalità di Jep che seduce lo spettatore rapendolo nel proprio monologo interiore, in quello straordinario sguardo partenopeo che accarezza il mondo attorno senza troppo soffermarsi, senza troppo concedere al reale, alle situazioni, alle persone che vorticosamente gli girano intorno e che sembrano prendere il sopravvento nella seconda parte del film in cui forse si perdono alcuni elementi, le storie di alcuni personaggi delineati in precedenza e poi improvvisamente svaniti, e si aggiungono forse un eccesso di tracce e storie che rendono difficoltoso sia il mantenimento della connessione tra lo spettatore e il protagonista sia la comprensione del percorso dello stesso. Il grande circo grottesco e tragico costruito intorno a Jep, la direttrice di giornale nana ed il suo compagno poeta muto, le amiche ricche e snob, le nobildonne eccentriche ed il loro maestro di chiavi, il collezionista d'arte egoista, il giocattolaio che ama i trans, il ragazzo ricco che odia la vita, la bambina artista e i suoi avidi genitori, il guru del botox, l'illusionista e la sua giraffa, l'artista di nicchia con le sue performance autolesioniste, il narcotrafficante insospettabile, il cardinale ex esorcista appassionato di cucina e la suora centenaria sembrano ad un certo momento oscurare le storie molto significative e sempre 'perdenti' del regista incompreso Romano, che ha il volto di Carlo Verdone e della ballerina Ramona, ben interpretata da Sabrina Ferilli. Questo grande carrozzone che si rincorre da una festa all'altra sembra persino soverchiare i ricordi giovanili del protagonista che pure chiudono in sè il mistero della grande bellezza, che certo per Jep non è quella trascendente anelata dalla surreale figura della povera religiosa centenaria. Lo sguardo pietoso di Jep sui resti della Costa Concordia non può non richiamare la fine di qualcosa, l'estrema decadenza di un epoca nella quale non è più possibile l'azione che riscatta ma solo la contemplazione rassegnata e allora non rimane che tornare a se stessi, al proprio umorismo carico di malinconia, pensando a quello che ancora di bello ci rimane da fare prima di scomparire.
[-]
|
|
|
[+] lascia un commento a marta scattoni »
[ - ] lascia un commento a marta scattoni »
|
|
d'accordo? |
|
|
|
paride86
|
giovedì 30 maggio 2013
|
così così
|
|
|
|
Ho trovato "La grande bellezza" un film né bello né brutto.
Dopo il risultato non troppo entusiasmante di "This must be the place" Sorrentino ritorna con un film più italiano, tutto rimandi alla Dolce Vita ma, stavolta, in versione trash.
Fondamentalmente il film gira a vuoto ed è più descrittivo che narrativo; ci ho trovato una sottile vena misogina - i personaggi che il protagonista umilia sono sempre donne: prima quella ricca, poi l'artista concettuale, poi la radical chic; gli unici personaggi femminili ben tollerati sono la santa e la bigotta (la Ferilli che dice "se vuoi una ******* ci sono le polacche").
Parzialmente deludente anche il reparto degli attori: se da un lato Toni Servillo gigioneggia col suo indiscutibile talento, dall'altro ci sono la Ferilli che non sa fare nemmeno la burina e Verdone che da un po' fa sempre lo stesso personaggio.
[+]
Ho trovato "La grande bellezza" un film né bello né brutto.
Dopo il risultato non troppo entusiasmante di "This must be the place" Sorrentino ritorna con un film più italiano, tutto rimandi alla Dolce Vita ma, stavolta, in versione trash.
Fondamentalmente il film gira a vuoto ed è più descrittivo che narrativo; ci ho trovato una sottile vena misogina - i personaggi che il protagonista umilia sono sempre donne: prima quella ricca, poi l'artista concettuale, poi la radical chic; gli unici personaggi femminili ben tollerati sono la santa e la bigotta (la Ferilli che dice "se vuoi una ******* ci sono le polacche").
Parzialmente deludente anche il reparto degli attori: se da un lato Toni Servillo gigioneggia col suo indiscutibile talento, dall'altro ci sono la Ferilli che non sa fare nemmeno la burina e Verdone che da un po' fa sempre lo stesso personaggio. Il resto sono macchiette, così come dovevano essere.
Particolarmente deludenti i titoli di coda, che sembrano rubati ad una fiction italiana di serie B. Non ho apprezzato nemmeno la scelta di alcune canzoni, come quella di Venditti.
Insomma, questo "La Grande Bellezza" è un film che ha dei momenti molto divertenti e altri molto significativi, una bella fotografia e delle idee interessanti; tuttavia non riesce a mettere a fuoco ciò che davvero intende dire, e questo è un difetto non da poco.
Non ai livelli dei primi film di Sorrentino.
[-]
|
|
|
[+] lascia un commento a paride86 »
[ - ] lascia un commento a paride86 »
|
|
d'accordo? |
|
|
|
lorenzorusso1993
|
giovedì 30 maggio 2013
|
film stupendo
|
|
|
|
perche quei dieci minuti alla fine del film? a cosa vete pensato?
|
|
|
[+] lascia un commento a lorenzorusso1993 »
[ - ] lascia un commento a lorenzorusso1993 »
|
|
d'accordo? |
|
|
|
starbuck
|
giovedì 30 maggio 2013
|
"la grande bellezza"ovvero il cinema di sorrentino
|
|
|
|
Paolo Sorrentino fa parte di quella benedetta categoria di artisti che usano il cinema per esprimere la propria arte esttamente come farebbero un pittore o un poeta. La sua opera diventa così il contenitore della visione che l'autore ha della realtà attraverso l'uso di strumenti estetici di eccezionale valore. In questo ennesimo capolavoro la città di Roma rispolvera la sua veste da basso impero, caricando sulle sue stanche spalle millenarie la decadenza morale di un intero paese, di un'intera società, di un intero mondo. In questa cornice Sorrentino sembra ancora una volta parlarci di se, della sua esperienza individuale attraverso la quale ci regala un lucido, drammatico e commuovente spaccato della realtà.
[+]
Paolo Sorrentino fa parte di quella benedetta categoria di artisti che usano il cinema per esprimere la propria arte esttamente come farebbero un pittore o un poeta. La sua opera diventa così il contenitore della visione che l'autore ha della realtà attraverso l'uso di strumenti estetici di eccezionale valore. In questo ennesimo capolavoro la città di Roma rispolvera la sua veste da basso impero, caricando sulle sue stanche spalle millenarie la decadenza morale di un intero paese, di un'intera società, di un intero mondo. In questa cornice Sorrentino sembra ancora una volta parlarci di se, della sua esperienza individuale attraverso la quale ci regala un lucido, drammatico e commuovente spaccato della realtà. Jap Gambardella, il protagonista, non sembra in fondo essere reale al pari dei personaggi che lo circondano: egli è una sorta di narratore ma anche un alter ego utilizzato dall'autore per raccontare se stesso. Ma cos'è che lo rende così diverso, così particolare? Già quello spiccato accento napoletano conservato anche dopo quarant'anni di permanenza a Roma lo rende sospetto; inoltre, Jap è completamente privo di ipocrisia e volgarità, solo un leggero velo di elegante snobismo lo accomuna alle sue frequentazioni. Jap possiede la determinazione necessaria a smascherare l'umanità spudoratamente snob, decadente e corrota con la quale ha condiviso primeggiando gran parte della sua vita senza rimanerne veramente contaminato. Jap arriva a Roma in giovane età, è sensibile, intelligente; scrive un romanzo di successo, quindi rimane invischiato nella mondanità in cui sguazza felicemente grazie al suo talento culturale diventandone l'indiscusso dominatore. Tuttavia non sarà più in grado di scrivere un'altro romanzo, fatto che raggiunta ormai l'età di sessantacinque anni, lascia un retrogusto di incompiuto alla sua esistenza. Ora Jap si barcamena da un evento mondano all'altro, da una donna all'altra senza più slancio, sopraffatto dalla noia; fa il giornalista ed il critico d'arte con un disincantato cinismo. Indimenticabile la scena della'artista d'avanguardia che in un parco si presenta in pubblico nuda con il pube tinto di rosso con scolpita una falce e martello e che prendendo la rincorsa va a battere violentemente la testa contro una specie di menir e sanguinando grida al pubblico: "io non vi amo!" ed intervistata da Jap dichiara di vivere di vibrazioni e quando lui continua a chiedergli cosa diavolo sono queste vinrazioni crolla in lacrime. Jap si lascia intenerire dal personaggio interpretato da Sabrina Ferilli, Sorrentino lascia sapientemente alla Ferilli la sua ben nota romanità un pò volgarotta addolcendola con una vena di ingenua tristezza, riservandole poi un tragico destino che contribuirà ad accentuare il "distacco" del protagonista. Anche Carlo Verdone veste panni inconsueti: a sottrarlo dalla sua inconfondibile maschera ironica sono due sottili baffetti e la malinconia generata dalla grande delusione per una città che prometteve molto e che ora lo vede, amareggiato e sconfitto, tornare "al paese" privando della sua presenza sinceramente amica il sempre più solo Jap. Poi ci sono il cardinale che parla solo di cucina e che si defila quando si parla di spiritualità; i conti che si fanno noleggiare per interpretare altri conti e via declamando un pò tutte le miserie di una borghesia giunta ormai al capolinea. Roma in realtà mostra poco di se: qualche prestigioso attico, Il Lungo Tevere e qualche paesaggio la mattina presto, poco altro. Forse l'autore vuole solo incuriosirci, invitarci a scoprirla nonostante l'impietoso spaccato umano che il film ci racconta. Saranno il ricordo e la nostalgia del primo amore, consumato in gioventù sulla scogliera di un azzurro mare del sud a redistribuire le carte: forse Jap scriverà finalmente un altro romanzo.
[-]
[+] ed un film stupendo
(di cartolante)
[ - ] ed un film stupendo
|
|
|
[+] lascia un commento a starbuck »
[ - ] lascia un commento a starbuck »
|
|
d'accordo? |
|
|
|
zanze61
|
giovedì 30 maggio 2013
|
un'occasione in parte sprecata
|
|
|
|
Peccato che un film visivamente molto bello, con location straordinarie, con alcune scene di gruppo eccellenti (la festa iniziale ad esempio, che lasciava sperare molto), con una straordinaria galleria di facce e di corpi, con un'idea di fondo che poteva essere interessante, non riesca poi a decollare, e si risolva nel solito prodotto italiano con dialoghi finti, mal scritti, vecchi e scontati come contenuti, che enunciano le tesi di fondo anziché riuscire a metterle in scena, e che di conseguenza vengono troppo 'recitati', perché semplicemente non sono credibili! Nel caso specifico, si veda la scena dell'intervista all'artista contemporanea, oppure quella della critica all'amica di sinistra: un campionario di banalità trite e ritrite.
[+]
Peccato che un film visivamente molto bello, con location straordinarie, con alcune scene di gruppo eccellenti (la festa iniziale ad esempio, che lasciava sperare molto), con una straordinaria galleria di facce e di corpi, con un'idea di fondo che poteva essere interessante, non riesca poi a decollare, e si risolva nel solito prodotto italiano con dialoghi finti, mal scritti, vecchi e scontati come contenuti, che enunciano le tesi di fondo anziché riuscire a metterle in scena, e che di conseguenza vengono troppo 'recitati', perché semplicemente non sono credibili! Nel caso specifico, si veda la scena dell'intervista all'artista contemporanea, oppure quella della critica all'amica di sinistra: un campionario di banalità trite e ritrite. Per non parlare delle maldigerite citazioni cinematografiche, da Nanni Moretti (l'arresto del vicino, il nuovo legame di coppia del marito del primo amore del protagonista) all'ovvio Fellini (ma il grottesco purtroppo bisogna saperlo fare) al cinema americano dei vari Coen e simili (la scena al rallentatore, ecc.). Insomma, come quasi sempre nei film italiani degli ultimi decenni, manca principalmente la sceneggiatura: qualcuno cioè che sappia scrivere i dialoghi, descrivere situazioni, sbozzare in poche linee e con scioltezza le psicologie dei personaggi, senza far percepire lungo tutto il film lo sforzo delle idee e della scrittura. Anche la storia (speranze di gloria e ricordi del primo amore disilluse dall'età e dalla dissipazione della vita) poteva essere delineata in modo meno scontato, forse accentuando ancora di più il bla-bla, il turbinio di rapporti del protagonista, ma con un occhio più nuovo, più fresco, più immediato. Buono Servillo (ma quante faccine!) e i personaggi di contorno (ammirevoli per aver accettato di essere ripresi in tutta la crudezza della loro età e del loro disfacimento fisico), inutile il cameo di Verdone. Spicca fra tutti a un livello notevolmente superiore per la capacità di rendere credibile con pochi tocchi il suo personaggio la Ferilli. Nel complesso dunque, un film che si può vedere, e che, grazie anche ai numerosi cliché introdotti in favore del pubblico non italiano e soprattutto americano, avrà sicuramente un buon successo internazionale.
[-]
[+] parliamoci chiaro...
(di derriev)
[ - ] parliamoci chiaro...
[+] per derriev
(di stefanosessa)
[ - ] per derriev
|
|
|
[+] lascia un commento a zanze61 »
[ - ] lascia un commento a zanze61 »
|
|
d'accordo? |
|
|
|
taniam
|
giovedì 30 maggio 2013
|
la triste vita!
|
|
|
|
Un film BELLISSIMO nonostante tutta la tristezza che ti lascia dentro. Non lo si può spiegare ,bisogna assulutamente vederlo!.
|
|
|
[+] lascia un commento a taniam »
[ - ] lascia un commento a taniam »
|
|
d'accordo? |
|
|
|
la nibelunga
|
giovedì 30 maggio 2013
|
senza tema di smentite, un capolavoro
|
|
|
|
Non devo aggiungere nulla rispetto agli utenti che hanno mirabilmente recensito il film.Sarei inutilmente ridondante.
Mi limito a chiedermi come Cannes abbia potuto non premiare Sorrentino o quel mostro di bravura, di Servillo, qui in un vero e proprio stato di grazia.
Kechiche è un regista che non conosco e non voglio esprimere giudizi in ordine a "la vie d'Adele", che non ho visto, ma è mai possibile che neanche uno dei giudici blasonati chiamati per il prestigioso festival francese, abbia colto la grandezza della pellicola italiana e dei suoi attori?
|
|
|
[+] lascia un commento a la nibelunga »
[ - ] lascia un commento a la nibelunga »
|
|
d'accordo? |
|
|
|