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salcas
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giovedì 23 maggio 2013
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e' un amarcord amaro di una dolce vita.
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Sembra l'anti-Fellini e scimmiotta più Bellocchio che non il grande Federico. Ottima la sceneggiatura, che dir se ne voglia, si metta l'anima in pace Paolo Mereghetti. Attori buoni con un Servillo fuori classe ed un Herlitza favoloso.
Regia magistrale molto sorrentiniane, costumi e trucco superbi.
Insomma un ottimo film
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stellab
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giovedì 23 maggio 2013
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deludente
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Un deludente tentativo di raccontare le miserie dell'animo umano. Un film tutto esteticae niente cuore. Compaciuto e mai emozionante. Decisamente una noia mortale.
[+] mah de gustibus....
(di andycosworth )
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damer
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mercoledì 22 maggio 2013
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semplicemente un capolavoro
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un capolavoro di recitazione per servillo che ha superato se stesso, di fotografia, che ritrae impietosi primi piani e scorci di una roma pazzesca, di sceneggiatura e montaggio, uno trà i migliori film degli ultimi anni
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annacinzia
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mercoledì 22 maggio 2013
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le radici sono importanti.
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Scrivo sull'onda delle emozioni riportando quello che "La grande bellezza" ha scatenato nella mia mente. Il primo pensiero è andato a "Il grande Gatsby" per il clima festaiolo in cui sono calati i personaggi principali Gep e Gatsby che vivono però un grande travaglio interiore di natura sentimentale. Ma poi "La grande bellezza" svolge la matassa delle fragilità umane che nascono dai bisogni di sempre dell'uomo: il successo, il potere, apparire per non svelare il proprio essere. Ma anche solo: essere accettati dalla società, stringere e conservare dei legami di amicizia, poter contare su qualcuno. La festa servirebbe ad esorcizzare la paura della perdita che viene vista come una sorta di "possessione" e solo chi ha le risposte (o si pensa che le abbia) sulla spiritualità dell'uomo, cioè l'uomo di chiesa, avrebbe la facoltà di scacciare questo demone dall'animo umano.
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Scrivo sull'onda delle emozioni riportando quello che "La grande bellezza" ha scatenato nella mia mente. Il primo pensiero è andato a "Il grande Gatsby" per il clima festaiolo in cui sono calati i personaggi principali Gep e Gatsby che vivono però un grande travaglio interiore di natura sentimentale. Ma poi "La grande bellezza" svolge la matassa delle fragilità umane che nascono dai bisogni di sempre dell'uomo: il successo, il potere, apparire per non svelare il proprio essere. Ma anche solo: essere accettati dalla società, stringere e conservare dei legami di amicizia, poter contare su qualcuno. La festa servirebbe ad esorcizzare la paura della perdita che viene vista come una sorta di "possessione" e solo chi ha le risposte (o si pensa che le abbia) sulla spiritualità dell'uomo, cioè l'uomo di chiesa, avrebbe la facoltà di scacciare questo demone dall'animo umano. Ma, ahimè, anche l'uomo di chiesa non è altro che un uomo con le sue debolezze e le sue fragilità. Non ci resta che la santità allora ad elevare l'uomo e il suo spirito e ad avvicinarlo alla natura (bellissima e suggestiva la scena degli uccelli migratori). Ma i santi vivono una vita di povertà e sofferenze al servizio dei meno fortunati. La risposta ha a che fare con le radici e come in "This must be the place" bisogna indagare il passato e magari riuscire a tornarci in qualche modo per risolvere i propri conflitti. E il passato ha anche a che fare con la cultura e le bellezze artistiche che riportano l'uomo in una dimensione di riappacificazione con se stesso e con gli altri e per questo devono essere custodite e tutelate, affidate all'uomo stesso. Per me Paolo Sorrentino ha fatto è un capolavoro.
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sinicot@tin.it
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mercoledì 22 maggio 2013
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il realismo onirico di sorrentino
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Un intreccio destrutturato è il labile contenitore del film, un film in qualche modo altamente letterario, per l’eleganza, per i tempi della narrazione e, soprattutto, per via di una sceneggiatura antiretorica! Immagini e parole che si ammirano e si pensa, inevitabile, a La dolce vita o a 8 ½. Tuttavia Sorrentino non ‘scimmiotta’, non è preda di facili suggestioni passatiste, si cala nei tempi, penetra negli abissi della bruttezza e della decadenza, del vuoto, del niente (e si ride anche di gusto); tutti argomenti che attanagliano protagonista e spettatore, così da sembrare strano che, dopo una simile contemplazione del decadimento, del brutto o di uno splendore comunque perso o lontano, si esca con la certezza di aver osservato una “grande bellezza”.
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Un intreccio destrutturato è il labile contenitore del film, un film in qualche modo altamente letterario, per l’eleganza, per i tempi della narrazione e, soprattutto, per via di una sceneggiatura antiretorica! Immagini e parole che si ammirano e si pensa, inevitabile, a La dolce vita o a 8 ½. Tuttavia Sorrentino non ‘scimmiotta’, non è preda di facili suggestioni passatiste, si cala nei tempi, penetra negli abissi della bruttezza e della decadenza, del vuoto, del niente (e si ride anche di gusto); tutti argomenti che attanagliano protagonista e spettatore, così da sembrare strano che, dopo una simile contemplazione del decadimento, del brutto o di uno splendore comunque perso o lontano, si esca con la certezza di aver osservato una “grande bellezza”. Se qualcuno sa ancora raccontarci, vuol dire che siamo ancora vivi! Grazie Sorrentino.
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glyn mclyntock
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mercoledì 22 maggio 2013
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una malinconia patinata e poco sincera
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Anche secondo me siamo di fronte a un passo indietro di Sorrentino, per quanto i pregi non manchino.
Eterna bellezza di Roma, cui fa fronte il suo disfacimento umano: un mondo senza dialogo, in cui il tuo vicino è un latitante e non te ne accorgi, popolato da uno stuolo di ricchi annoiati. Di contro, c'è il barlume d'umanità del protagonista Jep Gambardella, incapace di reggere il galateo del funerale (piange, laddove, come aveva istruito la brava Ferilli, a un funerale gli invitati non devono).
Gli unici Personaggi sono proprio la spogliarellista della Sabrina nazionale e il disincantato cardinale di Herlitzka, presunto esorcista in realtà unicamente appassionato di cucina.
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Anche secondo me siamo di fronte a un passo indietro di Sorrentino, per quanto i pregi non manchino.
Eterna bellezza di Roma, cui fa fronte il suo disfacimento umano: un mondo senza dialogo, in cui il tuo vicino è un latitante e non te ne accorgi, popolato da uno stuolo di ricchi annoiati. Di contro, c'è il barlume d'umanità del protagonista Jep Gambardella, incapace di reggere il galateo del funerale (piange, laddove, come aveva istruito la brava Ferilli, a un funerale gli invitati non devono).
Gli unici Personaggi sono proprio la spogliarellista della Sabrina nazionale e il disincantato cardinale di Herlitzka, presunto esorcista in realtà unicamente appassionato di cucina. Tutti gli altri sono Tipi, non Personaggi: Sorrentino vuole raccontare il nulla, ma - sarà che detesto il nichilismo - il nulla dura fin troppo, con metafore alquanto banali come quella della Costa Concordia spiaggiata davanti al Giglio (proprio nel luogo in cui il protagonista, giovanissimo, aveva conosciuto il suo unico vero amore).
In tal senso, mi pare del tutto impietoso il confronto con "La dolce vita", le cui figure, pur in un mondo evanescente, presentano una profonda umanità. Fellini - richiamato anche nelle sequenze surreali, tipiche del maestro romagnolo - raccontava un mondo freddo col suo calore, Sorrentino mi pare si sia messo sulla stessa lunghezza d'onda dei suoi tipi.
Di notevole ci sono i movimenti di macchina repentini - con il mare che diventa cielo e viceversa - a rendere il disorientamento del comunque ottimo Servillo.
Non basta. "Le conseguenze dell'amore" è di tutt'altra pasta.
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vincenzo valorani
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mercoledì 22 maggio 2013
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nel film la chiesa è imbalsamata
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« Questa visione della Chiesa, poiché tende a porre il bene e il male su un piano di parità (v. religioni di alcune civiltà pre-cristiane), impedisce all’uomo di far leva sul bene, per vincere il male.
« Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male », Rm 12, 21.
La più radicale delle rivoluzioni è quella che nei cuori e nella società sostituisce col bene, il male.
Dare al bene e al male pari dignità offre sostegno al vizio e genera sfiducia nel futuro dell’uomo perché, seguendo questa interpretazione, la lotta tra il bene e il male ha esiti alterni e casuali.
Al contrario, il serpente simbolo del male, è una creatura (l’Arcangelo Michele grida a Satana: “Chi è come Dio ?”).
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« Questa visione della Chiesa, poiché tende a porre il bene e il male su un piano di parità (v. religioni di alcune civiltà pre-cristiane), impedisce all’uomo di far leva sul bene, per vincere il male.
« Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male », Rm 12, 21.
La più radicale delle rivoluzioni è quella che nei cuori e nella società sostituisce col bene, il male.
Dare al bene e al male pari dignità offre sostegno al vizio e genera sfiducia nel futuro dell’uomo perché, seguendo questa interpretazione, la lotta tra il bene e il male ha esiti alterni e casuali.
Al contrario, il serpente simbolo del male, è una creatura (l’Arcangelo Michele grida a Satana: “Chi è come Dio ?”). Dio tutela la libertà dell'uomo; questi, rifiutando la Grazia dei Sacramenti, può anche compiere il male. Cristo, che ha vinto il male risorgendo, ha fondato la Chiesa. Tale istituzione è perciò segno di salvezza, nonostante i suoi membri siano, dopo Adamo, sfigurati dal peccato (Cristo innocente è tradito da Pietro e crocifisso dagli uomini).
Il film ha forti reminiscenze Felliniane: "Roma" (v. in quel film la sfilata degli abiti liturgici, e qui, la cerimonia di saluto alla “santa”), e soprattutto "Otto e mezzo" (tra l’altro, Servillo, come Mastroianni, lega tra loro le varie sequenze). Poi "I vitelloni" con Sordi, e il tema dell’incomunicabilità di Antonioni.
Da questo punto di vista sembra che gli sceneggiatori vivano di rendita, non aggiungendo niente di nuovo ».
Vincenzo Valorani
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[+] da cattolico
(di andycosworth )
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ruspa machete
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mercoledì 22 maggio 2013
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filmone
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Film maestoso visivamente e pieno di significato, anche se mai esplicito. Ovviamente piacerà a pochissimi essendo un film lento e per nulla avvincente.
Sorrentino, Servillo e la Ferilli si sono superati.
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goldy
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mercoledì 22 maggio 2013
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ripetitivo
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Di tutti i monologhi che costruiscono i dialoghi, il più significativo è quello in chiusura. Una sintesi di considerazioni assolutamente condivisibili ancorchè inevitabili per chi sia disposto a guardare senza illusioni nell'abisso della vita. Il film per due ore ribadisce, dilata, rappresenta sempre lo stesso concetto e qui, mi spiace, ma intravedo un grande limite narrativo che rende il film tra i meno memorabili di Sorrentino.
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kim.s
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mercoledì 22 maggio 2013
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roma la grande???
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Paragonarlo alla dolce vita di Fellini non è giusto perchè epoche diverse, anche se gli animi sono gli stessi.
Film bello e intenso dove ogni discorso diventa monologo sulla vita che fugge via, in una Roma decadente dove la cosa più giusta viene fatta da chi sa che i sogni hanno la scadenza e torna a casa (vedi Verdone alias Romano) in preda ad un attimo di lucida consapevolezza.
Sens'altro un film che divide tra osannatori e detrattori e per questo credo che vado visto e digerito....
Accusato di essere freddo, ma è proprio in questa sua freddezza il suo grande fascino, tutti sono consapevoli (chi più chi meno) del loro fallimento e alcuni personaggi sono capaci di suscitare emozioni, l'approccio narrativo ti fa sbandare, ma non c'è niente di più efficace di qualcosa che spiazza l'immaginazione, a volte è come un diario dove si legge l'animo umano che copre e si scopre in certe occasioni.
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Paragonarlo alla dolce vita di Fellini non è giusto perchè epoche diverse, anche se gli animi sono gli stessi.
Film bello e intenso dove ogni discorso diventa monologo sulla vita che fugge via, in una Roma decadente dove la cosa più giusta viene fatta da chi sa che i sogni hanno la scadenza e torna a casa (vedi Verdone alias Romano) in preda ad un attimo di lucida consapevolezza.
Sens'altro un film che divide tra osannatori e detrattori e per questo credo che vado visto e digerito....
Accusato di essere freddo, ma è proprio in questa sua freddezza il suo grande fascino, tutti sono consapevoli (chi più chi meno) del loro fallimento e alcuni personaggi sono capaci di suscitare emozioni, l'approccio narrativo ti fa sbandare, ma non c'è niente di più efficace di qualcosa che spiazza l'immaginazione, a volte è come un diario dove si legge l'animo umano che copre e si scopre in certe occasioni.
Film da vedere o da dimenticare, da parte mia visto e ricordato per l'impronta che lascia... "la povertà va vissuta".....
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