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Robert Redford

Robert Redford (Charles Robert Redford Jr.) è un attore statunitense, regista, produttore, produttore esecutivo, è nato il 18 agosto 1936 a Santa Monica, California (USA).
Nel 1996 ha ricevuto il premio alla carriera al SAG Awards. Dal 1974 al 1996 Robert Redford ha vinto 4 premi: David di Donatello (1974), Golden Globes (1981), Premio Oscar (1981), SAG Awards (1996). Robert Redford ha oggi 88 anni ed è del segno zodiacale Leone.

Sussurri ai cavalli per il ragazzo d'oro di Hollywood

A cura di Fabio Secchi Frau

Potrebbe essere come Clint Eastwood, ci avete mai pensato? Invece, è semplicemente Robert Redford.
Attore e regista che ha fatto della sua persona qualcosa che nemmeno lo Star System può abbattere. Non è uno dei re Mida di Hollywood, non è uno conosciuto da tutte le generazioni, non si considera il numero uno sulla piazza - o almeno sa di esserlo, ma non lo ammetterà mai - è invece il cantore ipnotizzato della natura, elemento chiave delle sue pellicole che, da interprete e autore, vuole decantare con estrema poesia. Da sempre realizzatore di film di qualità, è lontano anni luce da tutte quelle pellicole con scene di sparatorie a raffica e macchine trita sangue. Le uniche incursioni con la pistola che è riuscito a fare sono quelle nel passato, per approfondire alcuni temi importanti o per calzare i panni di personaggi umani che stringevano un'arma da fuoco per difendersi dal cattivo di turno.
Oggi gode di un potere supremo sulla sua vita da artista, grazie alla quale domina con energia vitale la macchina da presa - dietro o davanti a essa - ben sapendo che possederla con un solo primo piano significa vincere la guerra e distruggere quel muro di indifferenza fra lui e lo spettatore.
Lo abbiamo conosciuto accanto a una Jane Fonda in reggiseno con A piedi nudi nel parco, poi è passato a una bruttina Barbra Streisand per ricordarci Come eravamo e a una Faye Dunaway piena di freddo ne I tre giorni del Condor, ma forse la migliore partner non è mai stata una donna, ma un uomo: Paul Newman, con cui ha fatto scintille sul set de La stangata. Poi ha interrotto il suo percorso, preferendo descrivere certe situazioni, certi sentimenti, certe conseguenze e certi drammi con la lingua di un regista. La famiglia, i suoi rapporti con l'esterno, la forza emotiva e costruttiva che aleggia attorno a un gruppo di persone ne hanno fatto un autore delicato, psicologico e problematico, in grado di aggiungere nuovi meriti alla sua già appariscente carriera di attore. La voglia di volersi bene, l'incapacità di conoscersi e di aiutarsi gli uni con gli altri, la religione e lo sport sono diventati i punti di forza dei suoi gradevoli racconti che strizzano l'occhio al cinema vecchia maniera (le commedie sociali di Frank Capra) pur non perdendo quel tocco personale e demodè che ne fa un prodotto ben confezionato e che, al di là, dello spettacolo, gioca costantemente sui binomi uomo-natura e città-campagna.
Così, dopo aver dimostrato pienamente di essere un regista di polso e coraggioso - in grado cioè di comandare su personaggi, ambienti e fatti -, continua a scegliere incisività e polemica su tutti i fronti. Autodefinitosi liberal, attualmente però è meno avvincente del solito: tutto il suo stile sommesso, introverso e sottile - che a volte vira verso l'autoironico e il nostalgico - improvvisamente sembra essere scomparso. Non c'è più l'attore di un tempo, quello antimodernista, quello che fa coincidere vita e arte. Rimane l'autore, i cui film più importanti sono direttamente collegati al suo impegno sociale. Forse è una scelta drastica: trascurare la carriera di interprete, accettando anche film mediocri accanto a Jennifer Lopez, per farsi narratore e promotore di un cinema indipendente e "terzomondista".

Origini borghesi, voglia di imparare
Figlio di un contabile della Standard Oil, Redford trascorre la sua infanzia nel quartiere borghese di San Fernando Valley. Perde sua madre - alla quale era stato diagnosticato un cancro - l'anno stesso in cui si diploma alla Van Nuys High School (la sua compagna di classe era Natalie Wood che poi diverrà una delle sue più care amiche). È il lontano 1956. Definito da tutti "il ragazzo d'oro" per via della sua chioma biondissima, riesce a entrare all'University of Colorado per meriti sportivi, che però andranno a farsi benedire per via del suo carattere troppo vivace e ribelle e a causa di numerose sbronze, prima delle partite, che lo vedranno in campo ridotto in un modo tale da non essere di nessun aiuto alla propria squadra di baseball.
Si dice che fu dopo un'escursione al Parco Nazionale di Yosemite che decise di darsi all'arte e più precisamente alla pittura naturalistica, così da abbandonare gli studi e cominciare a viaggiare per l'Europa, principalmente Italia e Francia. Torna però prestissimo in America, dove inizia a studiare arti sceniche al Pratt Institute of Arts. Concluso il suo corso di studi, si trasferisce a New York, dove tenta anche la strada della recitazione, ma prima di compiere qualsiasi passo, cerca di crearsi un'istruzione anche in quel campo, iscrivendosi all'Accademia Americana di Arti Drammatiche.
Il 12 settembre del 1958, sposa l'attivista Lola Van Wagenen che, per lui, lascerà il college. I due avranno ben quattro figli (fra i quali lo sceneggiatore James Redford e l'attrice Amy Redford), ma uno di questi muore poco dopo la nascita. Il loro legame non durerà in eterno, infatti, già nel 1985, i due prenderanno strade diverse con il divorzio.

Debutto e successo in tv
È il 1959 quando Redford debutta come attore a Broadway nello spettacolo "Tall Story", ottenendo, fra il 1961 e il 1962, il suo primo ruolo da protagonista nella piece "Sunday in New York" e in "A piedi nudi nel parco" di Neil Simon: due successi che lo condurranno prima nel piccolo schermo per brevi apparizioni in telefilm - Maverick (1960) di Roy Huggins con James Garner e Rescue 8 (1960) di Dann Cahn e William Witney - e poi nel grande schermo per portare proprio la prima piece che lo ha visto affacciarsi al teatro, vale a dire "Tall Story" che da noi ha il titolo di In punta di piedi (1960) di Joshua Logan con Anthony Perkins e Jane Fonda.
Sarà ancora televisione: The Deputy (1960) con Henry Fonda, Playhouse 90 (1960) con Peter Lorre, James Mason e Boris Karloff, Play for the Week (1960-1961) con Walter Matthau, The New Breed (1961) dove avrà occasione di conoscere Sydney Pollack, Alfred Hitchcock presenta... (1961) e Ai confini della realtà (1962). Ed è proprio con Pollack che stringerà una particolare amicizia, che si rinsalderà sul set de Caccia di guerra (1961). Ma il grande cinema, quello con la A maiuscola, è ancora lontano per Redford, che deve fare ancora tanta gavetta. Così, il bell'attore, continua a passare da un serial all'altro: Dr. Kildare (1962) con Fred Astaire, James Mason, Jack Nicholson e Alida Valli, Alcoa Premiere (1962) sempre con Astaire, Il virginiano (1963) e The Defenders (1964) con Robert Duvall, Gene Hackman, Dustin Hoffman, Lillian Gish e Dennis Hopper.

E finalmente cinema!
Finalmente, nel 1965, una parte che lo faccia notare al grande pubblico delle sale cinematografiche: quello accanto all'amica Natalie Wood ne Lo strano mondo di Daisy Clover e il suo ruolo va così bene che viene premiato con il Golden Globe come nuova promessa maschile. Da quel momento in poi, piovono su di lui una valanga di proposte dagli Studios: Il laureato (1967), Chi ha paura di Virginia Woolf? (1966), Rosemary's Baby (1968), Bob & Carol & Ted & Alice(1969), Love story (1970) e Il giorno dello sciacallo (1973). Tutte pellicole che lui rifiuterà, scegliendo invece di essere diretto dal suo migliore amico: Pollack in Questa ragazza è di tutti (1966) ancora una volta con l'amica Wood, il western Corvo rosso non avrai il mio scalpo (1972), la commedia Come eravamo (1973) con Barbra Streisand, I tre giorni del Condor (1975) con Max von Sydow e Faye Dunaway, l'atipico Il cavaliere elettrico con Jane Fonda (1976), il capolavoro La mia Africa (1985) con Meryl Streep e Havana (1990).
Pollack, insomma, consolida il volto polveroso e biondo di Redford nello Star System e lo introduce alla corte di Arthur Penn, che lo dirige nel dramma civile La caccia (1966), dove dividerà il set - ancora una volta - con la Fonda (con la quale recita anche nella trasposizione cinematografica di A piedi nudi nel parco) e Duvall, ma anche con Marlon Brando.
Non basta. A mettere la ciliegina sulla torta arriva George Roy Hill, adoratore di Redford, che lo vuole come assolutamente come protagonista in Butch Cassidy (1969) con Paul Newman. La sua parte, vale a dire quella di Sundance Kid, doveva andare invece proprio a Newman che avrebbe girato il film in coppia con Jack Lemmon che avrebbe recitato il ruolo di Butch, ma la produzione poi intervenne per sostituirli con Marlon Brando e Warren Beatty. Fu solo per merito e per l'ostinazione di George Roy Hill che si impose Redford, che infatti, stravinse un BAFTA come miglior attore.
Nel 1972, fu anche considerato per il ruolo di Michael Corleone in Il padrino, dopo che furono scartati Warren Beatty, Alain Delon e Burt Reynolds, ma Francis Ford Coppola e il produttore capo della Paramount, Robert Evans, si opposero, scegliendo Al Pacino. Poco male per Redford che si riprese con La stangata (1973) - sempre firmata da Hill e sempre accanto a Newman - e che gli permise di ottenere la sua prima nomination all'Oscar come miglior attore protagonista (poi vinta da Jack Lemmon per Salvate la tigre) e un David di Donatello come miglior attore straniero. Dopo Il temerario (1975) con Susan Sarandon, gli venne proposto il remake de La fiamma del peccato (1944), nel ruolo che fu di Fred MacMurray, ma lui rifiutò categoricamente, scegliendo invece Gli spericolati (1969) accanto all'amico Hackman e Tutti gli uomini del presidente (1976) con Dustin Hoffman. Fu proprio Redford ad acquistare per 450 mila dollari, prima dell'esplosione dello scandalo Watergate, i diritti del libro da cui era stata tratta la pellicola, impegnandosi anche come produttore.

Redford regista
Determinato e politicizzato (infatti, è autore del libro "The Outlaw Trail" contro l'espansione americana verso ovest), firma una clausola del suo contratto di attore dove si rifiuta tassativamente di interpretare film di genere fantascientifico, fantasy o horror, preferendo invece pellicole più serie e profonde. Ma quello che nessuno si aspettava da lui era che prendesse il romanzo di Judith Guest Gente comune (1980) e ne facesse un film omonimo dove lui stesso firmava la regia. Redford diventa inaspettatamente un autore e dirige i colleghi Donald Sutherland, Mary Tyler Moore, Timothy Hutton e Elizabeth McGovern in una pellicola preziosa, socievole e in grado di comunicare, il più fedelmente possibile al testo, l'idea di un dolore e di una rottura familiare. Tanta è la bravura che Redford conquista due statuette, quella come miglior regista e quella per il miglior film, nonché i Golden Globe.
Nel 1982, rifiuta il ruolo di protagonista de Il verdetto che andrà poi a Newman e, in vista del divorzio con la moglie, intreccerà delle relazioni amorose con Sonia Braga e Kathy O'Rear.
Nel 1984 affianca Glenn Close ne Il migliore e quattro anni dopo dirige Christopher Walken in Milagro (1988), seguito dalla trasposizione sul grande schermo del romanzo di Norman MacLean In mezzo scorre il fiume (1992) con Brad Pitt. Lo stesso anno, è accanto a Sidney Poitier ne I signori della truffa (1992) e dal libro omonimo di Richard N. Goodwin firma un altro piccolo gioiello del cinema: Quiz Show (1994) con Martin Scorsese in veste di attore, che lo travolgerà con un'ondata di nomination agli Oscar e ai BAFTA. Vincitore del premio Cecil B. DeMille, continua a recitare in commedie sentimentali (Qualcosa di personale, 1996, con Michelle Pfeiffer), lasciandosi travolgere dall'amore per la pittrice tedesca Sibille Szaggars.
Nel 1998, arriva il suo capolavoro. Nel doppio ruolo di attore e regista, da un best seller romantico di Nicolas Evans, arriva L'uomo che sussurrava ai cavalli con Sam Neill, Kristin Scott Thomas, Scarlett Johansson e Chris Cooper che Redford, ormai alla sua quinta regia, dirige con estrema facilità, andando però a sbattere ripetutamente contro gli scogli del melodramma facile. Ma il film rimane comunque campione di incassi. Dopo Spy Game (2001) ancora con Pitt e accanto a Charlotte Rampling, riceve un Oscar onorario come fondatore e creatore del Sundance Film Festival che promuove e ispira il cinema indipendente e innovativo. Redford raccoglie il premio e gli applausi e si prepara per il suo ritorno ruggente, sempre come regista in Leoni per agnelli (2007) con la Streep e Tom Cruise.
Nel 2011 torna dirigendo un altro film sulla storia d'America e i suoi tradimenti, senza effetti speciali, ma con bravissimi attori e un'intensità straordinaria: The Conspirator e l'anno successivo presenta in Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia The Company You Keep, da lui diretto e interpretato. Nel 2013 è inoltre unico protagonista alla deriva nel film di J.C. Chandor ambientato in mare aperto dal titolo All is Lost. Nel 2016 sarà al fianco di Cate Blanchett e John Benjamin Hickey nel solido e coinvolgente dramma che esplora i rapporti tra politica e giornalismo, Truth - Il prezzo della verità.
Oggi più che mai, Robert Redford ha letteralmente aperto una strada per tutti quegli attori e autori indipendenti che non vogliono stare sotto le rigide schermaglie di Hollywood e del suo Star System imperante. Non esistono più gli attori ingenui di una volta che facevano tutto quello che gli Studios comandavano e non si nascondevano di fronte a niente - neppure di fronte a tutti quegli orribili ruoli stereotipati -. Oggi, anche grazie a Redford, un'infinità di attori statunitensi sanno che, anche con dei piccoli film fuori circuito, riusciranno a suscitare un grande effetto nel cuore del pubblico e allo stesso tempo a rendersi appetibili agli occhi di qualche altro regista. Sfidiamo chiunque ad aprire la strada del cinema-con-contenuto in mezzo a una valanga di pellicole di-puro-divertissement come ha irresistibilmente fatto lui. Per fortuna tutti quegli eroi che ha interpretato nel grande schermo - dal ragazzo che corre dietro alle gambe di Jane Fonda all'aviatore che lava la testa alla Streep in una dorata Africa, dal baffuto Sundance Kid ai barbuti pistoleri di Sidney Pollack - gli hanno lasciato un impegno immane: non lasciare che giovani menti esili e piccole come quelli degli artisti che si affacciano alla settima arte siano stritolati, spolpati fino al midollo, da un sistema che punta sul denaro e non sulla qualità del prodotto.
Piacevole, convenzionale per alcune idee, schematico, visivamente accurato, bello, religioso, sociale, sportivo e morale. Questo è Robert Redford in una valanga di aggettivi più o meno virili che volano intorno al suo nome. Impegnato e anticonformista, questo individuo diviso fra regie e recitazione, è considerato attualmente un divo intellettuale ed ecologicamente impegnato. Emblema di un nuovo tipo di uomo che fra il sensibile e il problematico, si impegna visceralmente in un suo percorso esistenziale da anti-star.

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