La grande bellezza |
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Un film di Paolo Sorrentino.
Con Pamela Villoresi, Franco Graziosi, Pasquale Petrolo, Serena Grandi, Maria Laura Rondanini.
continua»
Drammatico,
durata 150 min.
- Italia, Francia 2013.
- Medusa
uscita martedì 21 maggio 2013.
MYMONETRO
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Parthenope, 11 anni prima
di Fulvio WetzlFeedback: 939 | altri commenti e recensioni di Fulvio Wetzl |
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martedì 5 novembre 2024 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Il film è bello e importante, figurativamente strepitoso. ambiziosissimo e presuntuoso, con un flusso di immagini ammaliante e stordente. Ma l'oggetto della sua indagine non è Roma, ma i grandi film su Roma, e il titolo è una parafrasi de La dolce vita, dove a "dolce" che è un sentimento, si sostituisce "grande" che è una quantificazione, come dire passare da qualità a quantità, e a "vita" si sostituisce "bellezza", cioè dalla sostanza intima e profonda, alla superficie estetica, dall'essere all'apparire. E tutto è, detto in premessa citando O'Neill, è falso, rappresentazione non reale, per cui in questo vero bagno termale "romano" che è la visione del film, con calidaria (Ferilli), tepidaria (Verdone), frigidaria (Gambardella e il suo salotto delle cere) ti immergi come un senatore o come in un flusso di coscienza proustiano (non yoiciano), che non devi mai fare l'errore di interrompere, perché poi alla ripresa tutto ti suonerà falso. Ieri sera ho rivisto il film per la seconda volta e dannatamente la proiezione è stata di nuovo interrotta per l'intervallo. Alla ripresa tutto suonava falso e stridente, declamatorio, onanistico e disordinatamente accumulatorio. Parlo della sequenza del funerale, quella con la pittrice bambina, il fotografo di se stesso ogni giorno sin da bambino, la giraffa a Caracalla, la santa e il cardinale culinario... Ma la colpa è della proiezione, "non si interrompe un emozione" citando Veltroni. I debiti, che in realtà sono veri e propri omaggi, calchi come quelli di Gus Van Sant nel remake di Psycho, sono innumerevoli. Di Fellini s'è detto (stessi movimenti di macchina, stesse suorine saltellanti, stesso mostro marino annunciato (ma Sabrina non farà in tempo a vederlo - geniale la sua morte fuori dallo schermo, se ne è andata come ha vissuto, in silenzio, ma un personaggio meraviglioso il suo che è il principale motivo che mi ha portato a rivedere il film, e stupendo "E' stato bello non fare l'amore con te- è stato bello volesse bbene") spiaggiato come nel finale de La dolce vita. Stesso primo piano finale sul candore di un' adolescente (Valeria Ciangottini- indimenticabile ma dimenticata). Stessa Saraghina-Serena Grandi. Ma debiti anche di scrittura: la distruzione venefica della creatività "di partito" di Galatea Ranzi da parte di Jep, presa di peso da La terrazza di Scola, l'editrice nana-stilista spaziale presa addirittura da Gli Incredibili della Pixar (là era doppiata da Amanda Lear...). Tutto quello che è raccontato nel film è letterario, volutamente, non c'è niente di socio-antropologico - a cominciare dall'enorme insegna, vero Saturno ravvicinato posticcio al neon del Martini (product placement non del liquore ma direttamente degli anni sessanta) Roma di oggi non è così, il cafonal non ha questo stile questa patina letteraria che lo nobilita. O forse Roma e il "generone" nobiltà nera- commercianti di pezze è un'entità cristallizzata fuori dal tempo che viaggia inconsapevole come il gattopardismo, dai tempi di Satyricon, passando per la Venezia casanoviana ricostruita nella piscina di Cinecittà per arrivare all'oggi. La lezione profonda del film è che Roma può essere solo rappresentata non vissuta, come forse si poteva fare ai tempi di Fellini, Flaiano, Pinelli. Bravi Contarello, Sorrentino. Bravi e e coraggiosi. "Più bella e più splendente che pria" "bravo" "grazie"
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