La vita dei giovani ragazzi impiegati nella manifattura tessile vicino Shangai. Espandi ▽
Un documentario fluviale, a volte caotico, in cui l’apparente e quasi paradossale serenità dei protagonisti contrasta con i tempi, gli spazi e le modalità del lavoro. Fra i massimi documentaristi in attività, Wang Bing è entrato con
Jeunesse (Le printemps) nella giungla di laboratori tessili di Zhili, dove si confeziona più dell’80% degli indumenti per bambini destinati al mercato cinese. Ciò che si vede nel film, soprattutto agli occhi dello spettatore occidentale, è scioccante: ritmi di lavoro rapidissimi, spazi ridotti al minimo, disordine, sporcizia, salari bassissimi, diritti azzerati. A ribaltare la cupezza che grava sul film sono è però lo spirito vitale e forse salvifico dei lavoratori, ragazzi e ragazze stagionali di cui si conosce solamente il nome. Il ritratto collettivo che scorre volutamente in maniera indistinta, senza una vera e propria struttura, come se le immagini fossero i
rough cut di un film ancora da girare. I momenti migliori sono quelli in cui il film esce dalla logica del lavoro e della velocità e si incontra lo sguardo attento della finzione. O quanto meno, la capacità del cinema di giocare con la consapevolezza delle persone filmate, donando loro, nello spazio di un’inquadratura, quella bellezza e quella libertà negate dal lavoro.