Titolo originale | Qingchun |
Titolo internazionale | Jeunesse (Le printemps) |
Anno | 2023 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi |
Durata | 212 minuti |
Regia di | Bing Wang |
Tag | Da vedere 2023 |
Distribuzione | Lucky Red |
MYmonetro | 3,57 su 9 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
|
Ultimo aggiornamento martedì 4 luglio 2023
La vita dei giovani ragazzi impiegati nella manifattura tessile vicino Shangai. In Italia al Box Office Youth (Spring) ha incassato 1,2 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
|
Zhili, 150 km da Shangai, sorgono centinaia di laboratori di manifattura tessile dove vengono cuciti e confezionati indumenti da esportare in tutta la Cina. Qui, accettando condizioni lavorative e di vita estreme, accorrono migliaia di giovani dalle regioni rurali attraversate dal fiume Yangtze. Hanno 20 anni, a volte meno, dormono insieme in stanze fatiscenti, mangiano nei corridoi, flirtano, scherzano, litigano, ogni tanto provano a rivendicare qualche diritto, per la maggior parte del tempo siedono alla macchina da cucire a lavorare instancabilmente. Il film segue la vita di alcuni di questi giovani, ragazzi e ragazze che accettano di farsi sfruttare con l'idea, un giorno, di comprare una casa, crescere dei figli, aprire un laboratorio...
Un documentario fluviale, a volte caotico, in cui l'apparente e quasi paradossale serenità dei protagonisti contrasta con i tempi, gli spazi e le modalità del lavoro.
Fra i massimi documentaristi in attività, Wang Bing è entrato con Jeunesse (Le printemps) nella giungla di laboratori tessili di Zhili, dove si confeziona più dell'80% degli indumenti per bambini destinati al mercato cinese. Per più di tre ore, con una appendice finale in cui uno dei tanti personaggi del film torna a casa al termine della stagione, il film s'immerge in piccoli atelier soffocanti, gestiti da padroncini che godono di una certa libertà all'interno del sistema economico cinese centralizzato. Un luogo a quanto pare unico, «un'isola», come dice lo stesso regista, «o quanto meno una direzione che la Cina potrebbe prendere e che le amministrazioni locali hanno tutto l'interesse a consolidare, perché garantisce buona parte dell'attività economica della zona». Ciò che si vede nel film, soprattutto agli occhi dello spettatore occidentale, è scioccante: ritmi di lavoro rapidissimi, spazi ridotti al minimo, disordine, sporcizia, salari bassissimi, diritti azzerati. A ribaltare la cupezza che grava sul film sono è però lo spirito vitale e forse salvifico dei lavoratori, ragazzi e ragazze stagionali di cui si conosce solamente il nome. Seduti alle macchine da cucire, ripetono alla velocità della luce le stesse azioni, tagliano, cuciono, assemblano, e nel frattempo ridono, scherzano, litigano, per poi smettere di lavorare e restare lì, nel medesimo luogo, a dormire ancora insieme, a sfottersi o aiutarsi l'un l'altro, a volte provando a imbastire una timida protesta o un maldestro tentativo di seduzione... La macchina da presa filma questo mondo pedinandolo, inseguendo i personaggi dai laboratori ai dormitori, dove divertimento, svago, a volte anche amore, formano un tutt'uno. Wang Bing divide il racconto in nove momenti, ciascuno dedicato a una coppia di ragazzi o ragazze, passando da un atelier all'altro, osservando e cogliendo ciò che vi accade: il possibile aborto di una ragazza, i tentativi di due compagni di stanza di trovare una fidanzata, le schermaglie amorose fra due impiegati.
Il ritratto collettivo che scorre volutamente in maniera indistinta, senza una vera e propria struttura, come se le immagini fossero i rough cut di un film ancora da girare. Magari un film di Jia Zhangke, che rispetto a Wang Bing non si è mai limitato a osservare ma ha sempre provato a raccontare le logiche strutturali del lavoro e del capitalismo. Wang Bing preferisce invece puntare sull'osservazione, incerto se rendere esplicita o meno la sua presenza, a volte svelata dai protagonisti che si rivolgono in camera, altre volte nascosta, altre ancora resa evidente dalla sottile messinscena di alcuni episodi spacciati per spontanei. Non è un caso, del resto, che i momenti migliori siano quelli in cui il film esce dalla logica del lavoro e della velocità (l'episodio più bello è quello in cui il ragazzino un po' goffo cerca di conquistare la vicina di macchina da cucire) e si incontra lo sguardo attento della finzione. O quanto meno, la capacità del cinema di giocare con la consapevolezza delle persone filmate, donando loro, nello spazio di un'inquadratura, quella bellezza e quella libertà negate dal lavoro.
"Abortire è come quando un cane ti morde e tu lo mordi a tua volta, non è una tragedia": una freddura che dà il tono generale di questo nuovo tour de force targato Wang Bing. Stavolta la camera del cecchino cinese s'intrufola tra gli ingranaggi primigeni della vulcanica economia nazionale: i laboratori tessili da battaglia che sfornano tarocchi a tutto spiano, repliche deformi delle nostre startup [...] Vai alla recensione »
Era dalla Palma d'oro a Fahrenheit 9/11 che un doc non era in Concorso a Cannes. Cioè dal premio alla base dello sdoganamento odierno del documentario. 19 anni dopo, Wang Bing: il regista (con Jia Zhang-ke) a cui gli storici dovranno tornare per capire il mutamento antropologico della Cina di oggi. I temi e le figure sono quelli già al centro di Bitter Money (2016): lo stato degli operai tessili immigrati [...] Vai alla recensione »
Resta soprattutto il livellamento, la dimensione piana delle geometrie esistenziali che Wang Bing mostra in Youth (Spring), in Concorso a Cannes76. Siamo a Zhili, 150 chilometri a ovest di Shanghai, centro di un'industria tessile che nutre poi il sistema globale partendo dai laboratori in cui truppe di ragazzi e di ragazze passano le loro giornate alla macchina da cucire, unendo porzioni di abiti che [...] Vai alla recensione »
È interessante notare come Youth (Spring), vale a dire Qingchun, approdi in concorso al Festival di Cannes venti anni dopo l'irruzione di Wang Bing sul proscenio internazionale: era infatti l'estate 2003 quando a Marsiglia venne presentata finalmente la versione integrale di Tiexi Qu, Il distretto di Tiexi, che in nove ore e un quarto suddivise in tre capitoli - Ruggine, Vestigia, e Rotaie - documentava [...] Vai alla recensione »
Con la sua nuova opera, Youth (Spring) (il titolo originale cinese gioca sull'equivalente termine chun a significare sia gioventù che primavera), approdata in concorso a Cannes 2023, il documentarista Wang Bing sembra confermare un ritorno alle durate fiume degli inizi della sua carriera. Già il precedente Dead Souls, sempre a Cannes nel 2018 come proiezione speciale, superava le otto ore.
Tre anni di lavorazione, più di 2600 ore di girato all'interno di un distretto industriale che conta circa 20000 officine tessili, per un film di oltre tre ore e mezza che è solo il primo episodio di un progetto in quattro capitoli. Questi sono alcuni dei numeri del nuovo documentario di Wang Bing, uno che da sempre lavora per accumulo, creando opere che affastellano immagini in maniera estenuante [...] Vai alla recensione »
La città di Zhili, a poco più di 100 km da Shanghai, è uno dei poli principali dell'industria tessile cinese, che accoglie ogni anno almeno trecentomila lavoratori stagionali da tutte le provincie della zona. Si tratta, molto spesso, di intere famiglie, di gruppi che provengono dallo stesso villaggio. Ma soprattutto di ventenni che si trasferiscono dai loro luoghi d'origine secondo le esigenze del [...] Vai alla recensione »
Cinque anni di riprese, tre ore e mezza di durata - e a venire altre cinque e più ore che in dittico o trittico chiuderanno il progetto - dedicati ai giovani operai provenienti da zone rurali del distretto tessile di Zhili. È Qingchun, ovvero Youth (Primavera), del cinese Wang Bing, unico e fluviale documentario in Concorso a Cannes 76. Wang Bing lo conosciamo, dai veneziani The Ditch (2010) e Bitter [...] Vai alla recensione »