Menus Plaisirs - Les Troisgros

Roanne è una cittadina nella regione della Loira dove la famiglia Troigrois conduce da quattro generazioni un'attività di ristorazione premiata con tre stelle Michelin per più di mezzo secolo. In vacanza in Borgogna nell'estate del 2020, il regista Frederick Wiseman in compagnia di amici scopre Les Troigrois, il loro ristorante di più recente fondazione, con hotel annesso, nel piccolo comune di Ouches, in aperta campagna. Lo chef è César Troigros, che lo dirige insieme al fratello Léo, cuoco anche lui, come il padre Michel, che supervisiona. Padre e figli si consultano di continuo e scelgono con cura minuziosa, prendendosi il tempo che serve, ogni alimento che finirà nei loro menu: formaggi, vini, carni, pesci, ma anche erbe aromatiche e ortaggi, alcuni dei quali coltivati nei terreni attorno al ristorante. Alla fine del pranzo, istintivamente, il documentarista chiede a César se abbia mai considerato l'idea di un film sull'impresa di famiglia. Ottenuta l'approvazione, inizia a filmare nella primavera del 2022.

È nata quindi da una casualità l'ultima fluviale opera (240 minuti) di Frederick Wiseman, ormai colonna portante della Mostra, a Venezia 80 collocata Fuori Concorso.

Per lui "osservare César e Michel Troigros al lavoro è come stare dentro lo studio di grandi artisti". Un tipo di arte, la culinaria, che il regista trova molto affine ad altre espressioni della creatività già esplorate, come la celeberrima compagnia teatrale francese in La Comedie Française ou l'Amour Joué (1996) o il corpo di ballo di La danse - Le ballet de l'Opéra de Paris (2009).

È con lo stesso sguardo curioso e da una distanza perfetta che la sua macchina da presa - che, come sempre, già dopo pochi minuti si fa dimenticare dallo spettatore - segue ogni passaggio, anche quello apparentemente più insignificante: non solo la preparazione dei piatti, sperimentando nuove possibilità, ma ancor prima la scelta dei prodotti, i rapporti con i fornitori, la cura degli avventori e l'allestimento del locale. Fino a piazzarsi nel sancta sanctorum, la cucina: uno spazio rigorosamente organizzato, pensato per la massima funzionalità e persino aperto ai clienti che volessero visitarla.

Un ambiente di lavoro ordinatissimo ed estremamente codificato, che per miracolo è condiviso, ogni giorno, in modi diversi e senza intralci, da tante persone, impegnate in svariate operazioni, tutte manuali, di precisione, calcolate al secondo.

Divisa in zona calda e zona fredda, con vetri che danno sull'esterno, senza muri divisori, la cucina è come "un rettangolo, un campo da tennis". Dice lo chef senior Michel: "mio figlio César non ha bisogno di urlare perché tutti lo vedono, e lui vede tutti, non parla con nessuno, è come se dirigesse con gli occhi". In effetti sugli occhi e sulle mani di questo piccolo esercito gerarchicamente organizzato che la abita si concentra l'obiettivo, che indugia sui piani di cottura, le lavorazioni, i momenti cruciali come la lettura delle ordinazioni e la disposizione dei cibi nel piatto.

La regia, silenziosa e implacabile, di César, diventa così il doppio perfetto del "metodo Wiseman", sempre fedele a sé stesso di film in film: ridurre a zero ogni traccia della troupe in campo, microfonare chi parla in modo impeccabile e impercettibile agli occhi, girare in piano sequenza conversazioni anche lunghissime, e per contrasto, piccoli blocchi di dettagli colti dall'insieme, montati in rapidi blocchetti.

Il "sistema ristorante", nell'arco epico e rilassato di quattro ore, si dispiega come un grande corpo in cui ogni singola particella, da chi acquista i beni di consumo a chi compie le operazioni di pulizia, dalle conversazioni con gli avventori al più giovane degli aiuti, concorre ed è indispensabile alla realizzazione dello scopo comune: sorprendere, affascinare e accontentare il cliente, sotto ogni aspetto, offrendogli la più alta qualità e creatività disponibile.

Dal rituale del personale di sala ai gusti di Marie-Pierre, moglie di Michel, responsabile delle scelte di arredamento e decorazione, alla rassegna puntuale delle informazioni relative a ogni tavolo (le allergie alimentari, un'eventuale ricorrenza legata della prenotazione, livello di consuetudine con il ristorante, abitudini) fino ai dialoghi tra chef e clienti come momento di spiegazione e di reale scambio di saperi, Les Troigros si rivela progressivamente come un universo pulsante, una rete di relazioni e un esempio di politiche rispettose dell'ambiente e del ciclo naturale delle stagioni.

D'altra parte, anche uno spazio non alieno a difficoltà e tensioni per chi ci lavora e un'occasione di avventura per chi prenota un tavolo: bonne découverte ("buona scoperta") è l'augurio che lo chef fa ai clienti mentre presenta loro le sue ultime creazioni.

Di riflesso, il modo in cui chi siede a tavola riceve e commenta ciò che gli viene servito identifica immediatamente il tipo di aspettativa e di sensibilità rispetto all'offerta: chi parla di Balzac, chi fotografa tutto quello che arriva in tavola, chi si sdilinquisce assaggiando vini e parlando di grip tannico.

Una spettacolare commedia umana che si muove sul fondo mentre con orgoglio e serietà i Troigros, ristoratori d'eccezione, mettono in scena sé stessi, la loro storia e la passione per il loro lavoro, perché sia colta e appropriatamente valorizzata da uno scienziato dell'osservazione. 