La mastodontica collezione di pietre di Luigi Lineri e la sua visionaria indagine sulla condizione umana come manifesto di speranza per il futuro. Espandi ▽
L'Adige, dopo esser stato pigiato tra gli argini di Verona, ritrova slancio e orizzonte nella Bassa. Nato sul Passo di Resia, va a morire alle spalle della Laguna Veneta, dopo quattrocento chilometri di erranza. A poco più di metà strada accarezza Zevio, Perzacco, Ronco all'Adige. Qui, ad aspettarlo da sessant'anni, c'è Luigi Lineri.
Segaligno, con passo felpato, Lineri scivola sulle sponde del fiume. Poi d'improvviso si ingobbisce, rovista tra i sassi, ne sceglie uno, ne scarta altri, e ricomincia. Lo fa da metà anni '60, quando ancora lavorava come infermiere, e ha continuato a farlo da metà '80, quando gli ha dedicato ogni giorno della sua vita. A cosa? Alla ricerca, alla scoperta, alla catalogazione di centinaia, migliaia, decine di migliaia, di selci, pietre, ciottoli che possono avere forma di uomo, donna, capra, pesce. Un poeta della preistoria forse li ha incisi, Lineri li declama.
Otto anni di lavoro per Giuseppe Petruzzellis, produttore e regista, otto anni di andirivieni tra la campagna veneta e i laboratori di sviluppo del Milano film Network, il fienile-litoteca e i festival di Visions du Réel, Biografilm, Le FIFA. Otto anni a camminare assieme a Luigi Lineri per filmare la sua fatica, impresa, ricerca. La ricerca.