Titolo originale | Voyage au pôle sud |
Titolo internazionale | Antartica Calling |
Anno | 2023 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Francia |
Durata | 83 minuti |
Al cinema | 1 sala cinematografica |
Regia di | Luc Jacquet |
Attori | Luc Jacquet . |
Uscita | giovedì 13 giugno 2024 |
Tag | Da vedere 2023 |
Distribuzione | Movies Inspired |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,31 su 9 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 11 giugno 2024
Il regista prova a immortalare la forza che lo attrae verso la Terra Adelia In Italia al Box Office Viaggio al Polo Sud ha incassato nelle prime 4 settimane di programmazione 17,7 mila euro e 13,1 mila euro nel primo weekend.
CONSIGLIATO SÌ
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L'Antartide, o Terra (Australis) Incognita, "si può raggiungere da quattro accessi diversi: quello dall'America del Sud è il mio preferito", dice Luc Jacquet. A trent'anni dalla sua scoperta antartica, che ha originato l'apprezzato documentario La marcia dei pinguini, premio Oscar 2006, il regista non ha più abbandonato quelle regioni polari. Con Antarctica Calling ripete quel viaggio estremo tra i ghiacci per condividere con nuovi occhi e altre lenti fotografiche la meraviglia di paesaggi inaccessibili.
Punto di partenza: Torres del Paine, le cime blu del parco naturale della Patagonia, in Cile. "Per abituarsi allo spazio e alla luce, e purificarsi l'anima".
Da quello choc cognitivo avuto nel 1991, a 23 anni, da studente francese di biologia alla Stazione scientifica Demont D'Urville, a questo nuovo film, molte cose sono cambiate: non solo lo stile documentaristico scelto, ma anche lo spirito con cui si accosta all'ambiente, a quegli spazi oltre il tempo e al loro senso di infinito, maestoso, imprevedibile che ridimensionano drasticamente il dominio umano sul pianeta.
La drammaturgia buffa e commovente che in quel premiato esordio coinvolgeva colonie di simpatici uccelli nuotatori lascia qui il passo a un'operazione di forte astrazione che è anche riflessione profondamente ecologista ed evoca chiaramente nuovi concetti connessi all'Antropocene. Come la solastalgia, stato psichico di angoscia generata dall'intervento negativo dell'uomo sull'ambiente.
L'unica presenza umana del film è proprio il regista, mai inquadrato in primo piano e spesso ai margini dell'inquadratura. Una minuscola figurina di viaggiatore, summa dei suoi predecessori, da Magellano ad Amundsen, fino ai molti sconosciuti che hanno perso la vita in quelle spericolate ricognizioni. Con le dimensioni limitate del suo corpo, Jacquet dà proporzione all'infinitamente grande che lo circonda. Si fa traghettatore anonimo nel "regno del ghiaccio", un paesaggio multiforme, abbacinante e terrificante, che non si limita ad abbagliare l'uomo con la sua primordiale bellezza, ma che lo modifica, ne ridefinisce la percezione di tempo e spazio. Lo dice bene il titolo originale francese, Continent magnétique: un continente dall'attrattiva irresistibile, che "turba le bussole e le menti".
La voce fuori campo del regista accompagna gran parte del film, forse in misura invadente, così come la colonna sonora, rispetto a immagini già stupefacenti in sé; ma è un dato inevitabile, la cifra e la firma, come la scrittura a mano sulle pagine dell'immancabile diario scritto a bordo, di un lavoro eccezionalmente personale, l'esito di una dipendenza dichiarata da un'alterazione della percezione.
Al di là di queste soluzioni narrative un po' scontate, il film si spinge oltre la mera osservazione naturalistica, in una volontà di fusione pacifica, non predatoria, con gli elementi naturali e animali di un continente minacciato: collaborando con il direttore della fotografia Christophe Graillot (Il mio amico Tempesta), sfuoca i margini del quadro, schiaccia con grandangoli foreste di vento e ghiaccio, in probabile omaggio allo stile fotografico iperdefinito e sacrale di Il sale della Terra di Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado; Jacquet vuole rappresentare visivamente il senso dell'effimero umano in rapporto a un luogo che è alla "fine del mondo".
Regalare allo spettatore l'esperienza dell'avventura, del sogno, dell'immaginazione, anche allucinata, tramite l'orizzonte infinito e inconoscibile e dettagli affascinanti ripresi in ogni momento di luce, tra tempeste di neve, immersioni, attese pazienti nella banchisa, camminate solitarie in una massa bianca intatta. Grazie alla domanda che lo assilla e lo tiene in vita ("cosa mi porta qui?"), possiamo illuderci di sentire la pressione del vento sulle ali di un albatross, percepire il gocciolare degli iceberg nell'oceano, intravedere forme antropomorfe nei tronchi di una foresta distrutta, ascoltare il richiamo d'amore delle foche sotto il ghiaccio, immaginare il volo dei condor sopra la testa. Incontrare di nuovo e all'improvviso, una colonia di pinguini: unica forma di vita in uno spazio lunare e spietato. Stavolta sono loro a guardare noi, ospiti imprevisti e irriconoscenti. In silenzio.
L'Antartide rappresenta per Luc Jacquet un polo attrattivo irresistibile. Da studioso di biologia animale ha trascorso quattordici mesi nel 1991 presso la base francese Dumont d'Urville per una missione ornitologico-ecologica, cui hanno fatto seguito ripetuti viaggi in Antartide e nelle isole dell'emisfero australe non più come studioso ma in qualità di regista.
"La sensazione di essere colmati dallo splendore del mondo": è questo ciò che sostanzia Viaggio al Polo Sud di Luc Jacquet (visto a Locarno e poi al CinemAmbiente di Torino) che è l'ennesimo viaggio dell'autore al Polo Sud nell'arco di trent'anni di attività, prima come biologo e studioso del comportamento animale, poi come fotografo e regista; ed è quello che lui si augura per "i nostri figli", le [...] Vai alla recensione »
L'Antartide è la grande passione di Luc Jacquet, biologo oltreché regista. L'ha visitata per la prima volta all'inizio degli anni Novanta, quindi ha raccontato "La marcia dei pinguini", doc da Oscar, piacque a tutti, mentre "La marcia dei pinguini - II richiamo" non sembrò così necessario. In Antartide si arriva da «quattro accessi diversi», spiega il regista che parte dalla Patagonia.
Prima biologo e successivamente documentarista francese nato nel 1967, Luc Jacquet deve la sua notorietà a un film che vinse l'Oscar nel 2006 intitolato in italiano La marcia dei pinguini (di cui parlò in toni estremamente laudativi Matteo Botrugno dalle colonne di questa rivista). Il documentario che ho visto solamente in quest'occasione è il racconto accorato ma a tratti anche divertente della vita [...] Vai alla recensione »
Dal regista che vinse un Oscar con "La marcia dei Pinguini". Tutti si intenerirono, a noi sembrò un film dell'orrore: possibile che il disegno intelligente dell'universo non abbia immaginato per i poveri pinguini un modo meno faticoso di riprodursi? Uova da covare in gruppo mentre soffia il gelido blizzard, guai a chi si allontana dal gruppo, è morte sicura (le pinguine intanto sono stremate per la [...] Vai alla recensione »
Per il biologo divenuto filmmaker, Luc Jacquet, il Viaggio al Polo Sud si configura alla stregua di un incontro con l'inimmaginabile, capace di rinnovare la coscienza stessa di chi vi si immerge nel profondo, al punto da segnare, per sempre, l'esistenza dell'esploratore. E non è un caso che a 20 anni di distanza da La marcia dei pinguini, il film che gli ha permesso di compiere un vero e proprio salto [...] Vai alla recensione »
Una nave in viaggio tra ghiacci sovrumani; un biologo da Oscar come timoniere; una rotta estrema che va dal cuore del parco naturale della Patagonia fino al Polo Sud; condor, pinguini e foche come compagni di viaggio; sullo sfondo, sempre, l'immensità minacciosa e glaciale dell'Antartide. È l'ennesimo Viaggio al Polo Sud dell'ormai cinquantacinquenne Luke Jacquet che rimane fedele a sé stesso e al [...] Vai alla recensione »
«Il richiamo dell'ignoto» ulula forte nel cuore del regista naturalista (con formazione da biologo) Luc Jacquet, attratto dal «respiro del ghiacciaio», irretito da quel «mondo antico» che è l'Antartide - raccontato già nel doc premio Oscar La marcia dei pinguini (2005) -, luogo dove l'incivile impronta umana pare ancora lontana, nonostante gli effetti del cambiamento climatico siano fin troppo visibili [...] Vai alla recensione »