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mauridal
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venerdì 17 gennaio 2014
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la grande bellezza the great beauty
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La GRANDE BELLEZZA THE GREAT BEAUTY
THE GREAT BEAUTY è il titolo tradotto in AMERICA del film LA GRANDE BELLEZZA di Paolo Sorrentino, è il titolo del film candidato agli Oscar per il miglior film straniero. Alla buona notizia qui in Italia , di questa candidatura vincente, almeno alle previsioni del momento, si aggiunge la riflessione sul film oltre le critiche ,oltre le polemiche, esercizio irrefrenabile nella cultura intellettuale italiana. Il film è un viaggio nella Roma interiore del protagonista/Servillo alter ego di Sorrentino . Ora un viaggio lo si può fare da soli oppure in compagnia, e questo viaggio nella Roma di oggi, è in compagnia di figure grottesche, e di personaggi rappresentanti di un mondo tragico e insieme burlesco, paradossale, strampalato .
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La GRANDE BELLEZZA THE GREAT BEAUTY
THE GREAT BEAUTY è il titolo tradotto in AMERICA del film LA GRANDE BELLEZZA di Paolo Sorrentino, è il titolo del film candidato agli Oscar per il miglior film straniero. Alla buona notizia qui in Italia , di questa candidatura vincente, almeno alle previsioni del momento, si aggiunge la riflessione sul film oltre le critiche ,oltre le polemiche, esercizio irrefrenabile nella cultura intellettuale italiana. Il film è un viaggio nella Roma interiore del protagonista/Servillo alter ego di Sorrentino . Ora un viaggio lo si può fare da soli oppure in compagnia, e questo viaggio nella Roma di oggi, è in compagnia di figure grottesche, e di personaggi rappresentanti di un mondo tragico e insieme burlesco, paradossale, strampalato . Ecco se dovessi dare una definizione , dell’Italia romana rappresentata dalla grande bellezza di Sorrentino nel film, direi proprio di una realtà strampalata, una Italia screwball tanto per restare in America. Ma la domanda invece che tutti ci stiamo facendo in attesa della premiazione è : cosa hanno capito gli americani di questo film? E’ lecito interrogarsi, in occasione di un premio importante per la cinematografia mondiale. Ora però al bando gli interrogativi e le incertezze resta il fatto che Paolo Sorrentino ha centrato un bersaglio, ha imposto al mondo una cinematografia realistica una visione della realtà attraverso lo sguardo di personaggi atipici ereditando in questo forse, una lezione felliniana. Per il resto è un film tutto d’autore dalla firma riconoscibile. Quindi una premiazione importante è un riconoscimento da parte del cinema Holliwoodiano, anche della presenza di autori che raccontano di realtà ben delimitate, ma che grazie al linguaggio dell’Arte diventano storie universali. m. dalessio
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ezioct
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venerdì 17 gennaio 2014
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magari trovassi chi mi spiega questo film
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mi sento male ha pensare di aver deciso di vedere questo film.. chi mi spiega .a trama ..sono molto ignorante molto molto ,ancora oggi cerco di capirne il senso..mettiamo da parte tutti gli intellettuali del cinema , parliamo di pellicola bella ho brutta ,,,aspetto il risultato ,,,bella ho brutta
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doni64
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giovedì 16 gennaio 2014
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che delusione
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Film...se cosi' si si puo' definire...che denota noia...incompatibilita'....inconsistente...vuoto....insomma...che non lascia niente...vorrei saper chi ha avuto il coraggio di presentarlo alle nomination e ancor piu' chi lo ha votato per farlo primeggiare...non ci sono parole...per descrivere un filmetto da 4 serie come quello che ho visto con noia...noia e....noia....proprio da abbandonarlo gia' al primo tempo.....voto 4
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(di marezia)
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marezia
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giovedì 16 gennaio 2014
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chiamatemi oscar
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Con buona pace del mondo giornalistico ACCREDITATO, io l'ho detto FIN DA QUANDO L'HO VISTO. Ho detto che AVREBBE VINTO l'OSCAR, quindi di che ci stupiamo?
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(di diletta di donato)
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dillinger78
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giovedì 16 gennaio 2014
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ennesima bufala, questa volta doc
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Sorrentino è come quei giocatori di calcio dotati di grande tecnica, ma totalmente sterili.
[+] critica grossolana , inconsistente
(di marcobrenni)
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max.antignano
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mercoledì 15 gennaio 2014
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facciamo un gioco
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"La grande Bellezza" è un film denso, onirico e realista insieme, nel miglior stile di Sorrentino, che, sempre, prende a pugni il cuore per parlare al cervello.
Il corto circuito che ne deriva è forse il miglior effetto sullo spettatore. Lo smarrimento, il dubbio, ti spingono a ripensare a dove il filo si è interrotto, a come siamo arrivati a questo punto. A ripartire dalla nostra Bellezza.
Non ci sono eroi, non ci sono santi che possano fare il miracolo al posto nostro, dobbiamo ripartire da chiederci chi siamo noi, come persone e come Paese.
Allora facciamo un gioco. Proviamo a descrivere questo film come (forse) avrebbe fatto Jep Gambardella:
"In un altro paese, forse in questo stesso paese, popolato di intellettuali come Moravia e Pasolini, o registi come Fellini e De Sica, questo film avrebbe scatenato una ribellione, una sorta di rivolta civile contro una società e una cultura sordi, assenti, morti o in decomposizione.
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"La grande Bellezza" è un film denso, onirico e realista insieme, nel miglior stile di Sorrentino, che, sempre, prende a pugni il cuore per parlare al cervello.
Il corto circuito che ne deriva è forse il miglior effetto sullo spettatore. Lo smarrimento, il dubbio, ti spingono a ripensare a dove il filo si è interrotto, a come siamo arrivati a questo punto. A ripartire dalla nostra Bellezza.
Non ci sono eroi, non ci sono santi che possano fare il miracolo al posto nostro, dobbiamo ripartire da chiederci chi siamo noi, come persone e come Paese.
Allora facciamo un gioco. Proviamo a descrivere questo film come (forse) avrebbe fatto Jep Gambardella:
"In un altro paese, forse in questo stesso paese, popolato di intellettuali come Moravia e Pasolini, o registi come Fellini e De Sica, questo film avrebbe scatenato una ribellione, una sorta di rivolta civile contro una società e una cultura sordi, assenti, morti o in decomposizione.
Ma siccome questa non è l'Italia del boom economico, non è l'Italia della cultura, il vuoto tremendo che fa eco allo scoppio di una simile bomba, finisce con l'essere ancora più assordante del grido di dolore della bellezza che ancora pervade questo paese, e i piccoli grandi uomini che ancora lo popolano."
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tmario
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martedì 14 gennaio 2014
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un film favoloso
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Da appassionato di cinema italiano contemporaneo ed estimatore di Sorrentino, debbo proprio ammettere che con questo film ha superato se stesso,
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mirkcasapula
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martedì 14 gennaio 2014
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bellissimo
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Nulla da dire , capolavoro!
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linus2k
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martedì 14 gennaio 2014
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l'importanza delle nostre radici
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Ho visto "La grande bellezza" al cinema appena uscì, ma alla fine del film non me la sentii di scrivere niente, cosa che faccio raramente, visto che amo mettere nero su bianco osservazioni e riflessioni.
Effettivamente ero spaesato. Film complesso, visivamente importante, a volte non chiaro al primo passaggio, in cui convergeva tanto, troppo.
Mi ero quindi ripromesso di rivederlo, possibilmente in dvd, avendo quindi anche l'occasione di fermarlo, di pensarlo...
La "Grande Bellezza" è un film schizofrenico, in cui contenuto e contenitore sono spesso così in contrasto, in cui narrazione e narrato si scontrano in maniera così violenta, che non può che lasciare disorientati.
Ammetto che spesso mi viene da pensare ad una frase di Benigni che ricordava come "un popolo che non pensa più al proprio passato è pronto per la disperazione" e che "nei momenti più grandi bisogna sempre pensare da dove si viene".
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Ho visto "La grande bellezza" al cinema appena uscì, ma alla fine del film non me la sentii di scrivere niente, cosa che faccio raramente, visto che amo mettere nero su bianco osservazioni e riflessioni.
Effettivamente ero spaesato. Film complesso, visivamente importante, a volte non chiaro al primo passaggio, in cui convergeva tanto, troppo.
Mi ero quindi ripromesso di rivederlo, possibilmente in dvd, avendo quindi anche l'occasione di fermarlo, di pensarlo...
La "Grande Bellezza" è un film schizofrenico, in cui contenuto e contenitore sono spesso così in contrasto, in cui narrazione e narrato si scontrano in maniera così violenta, che non può che lasciare disorientati.
Ammetto che spesso mi viene da pensare ad una frase di Benigni che ricordava come "un popolo che non pensa più al proprio passato è pronto per la disperazione" e che "nei momenti più grandi bisogna sempre pensare da dove si viene". E penso a come non si stanchi mai di celebrare il nostro glorioso passato culturale, artistico, umanistico, il grande contributo che il nostro Paese ha dato alla bellezza mondiale.
Ed è così che Roma diventa simbolo di tutto ciò che di bello, immutabile, eterno il nostro passato ci ha trasmesso, cornice imperturbabile del passare di piccoli uomini, di piccole storie e miserie. I tanti secoli di Storia e arte accolgono quasi beffardi questo momento storico critico, e diventano splendida cornice di una realtà priva di eguale bellezza.
E' ovvio che la decadenza e la follia di questo momento storico italiano, la perdita di prospettive, di valori, la miopia verso il futuro, e la scarsa attenzione verso il passato, è il tema di fondo del film di Sorrentino che continua, dopo "Il divo" a raccontare il nostro Paese.
Anche lo stesso linguaggio cinematografico usato sembra voler ricercare la benevolenza del nostro passato, ricercando atmosfere care a Fellini e Pasolini, con un onirismo che fece sognare il mondo intero nel secondo dopoguerra.
Ho letto diverse critiche in merito, ma credo che tutti gli artisti debbano guardare i grandi Maestri del passato per andare avanti. E probabilmente il regista in prima persona accetta umilmente la loro lezione e ci suggerisce come non si possa fare a meno delle nostre radici per creare nuova (vera) bellezza.
Il messaggio è chiaro, di sicuro parziale (sarebbe assurdo tentare di raccontare approfonditamente tutto ciò che sta succedendo in Italia), legato più alla volontà di regalare emotivamente una suggestione, e ci mostra in un certo senso una possibile uscita dall'empasse in cui ci troviamo: nelle radici, nella nostra Storia, in tutto ciò che di bello abbiamo fatto c'è anche il nostro futuro, e la strada per uscire da questa situazione si trova tornando indietro, fin dove abbiamo dimenticato chi siamo, recuperando quella grande bellezza che ci circonda e ci avvolge e che Sorrentino ha provato a ricordarci.
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[+] e' la migliore interpretazione del film fin'ora
(di ricky darko)
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massi(mo)rdini
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martedì 14 gennaio 2014
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operazione mediatica a regola d'arte
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La vittoria de “La grande bellezza” ai Golden Globe mi fornisce finalmente il pretesto per discutere, e mettere in discussione, il tanto osannato film di Sorrentino.
Premetto che erano anni che non vedevo una regia, un montaggio e una fotografia così riuscite (e gli anni diventa decenni pensando all'Italia); bisogna indubbiamente avere del talento e una notevole perizia tecnica per rendere sfavillante una realtà che si presenta squallida e desolata. In questo senso l'ultima fatica del regista napoletano è un gioiellino di cui andar fieri, una pellicola che rappresenta un salto di qualità se non altro nel nostro odierno panorama nazionale.
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La vittoria de “La grande bellezza” ai Golden Globe mi fornisce finalmente il pretesto per discutere, e mettere in discussione, il tanto osannato film di Sorrentino.
Premetto che erano anni che non vedevo una regia, un montaggio e una fotografia così riuscite (e gli anni diventa decenni pensando all'Italia); bisogna indubbiamente avere del talento e una notevole perizia tecnica per rendere sfavillante una realtà che si presenta squallida e desolata. In questo senso l'ultima fatica del regista napoletano è un gioiellino di cui andar fieri, una pellicola che rappresenta un salto di qualità se non altro nel nostro odierno panorama nazionale.
Purtroppo quello di Sorrentino è però un film, non un'opera di video-art, e in quanto tale necessita anche di una sceneggiatura che, quando si rivela totalmente fuori controllo come in questo caso, non può che intaccare il risultato finale...
Per chi non l'avesse ancora visto il film narra la storia di Jep Gambardella, arrivato a Roma come scrittore ambizioso e uscitone come giornalista disincantato ma dalla grande popolarità. La metamorfosi è da imputare a Roma e alla vita che vi si conduce, alla costante ricerca di piaceri sfrenati quanto fugaci e a frequentazioni frivole e superficiali. O almeno questo è quello che Sorrentino sembra maliziosamente suggerirci. Personalmente trovo alquanto inverosimile che il protagonista, che ha intitolato il suo unico libro “L'apparto umano”, si dimostri così insensibile verso gli stessi umani che lo circondano. Gli unici a suscitare simpatia in lui sono, guarda caso, coloro che vivono ai margini della società e che, in quanto tali, non sono contagiati dal vizio perché tutelati dal loro sobrio stile di vita; questa sorta di classismo al contrario, in cui una donna delle pulizie è da preferire a tutti costi a una soubrette cocainomane o un rampollo suicida, è qualcosa di imbarazzante nella sua demagogia. Non capisco proprio come si possa ritenere graffiante un film del genere, in cui si preferisce lo sterile cinismo a una critica che avrebbe potuto dimostrarsi caustica e irriverente. Sorrentino sfrutta suo vantaggio i più abusati luoghi comuni, catturandosi il favore dello spettatore medio e accontentando la critica benpensante: la sua è quindi un'operazione disonesta, aggravata dalla consapevolezza con cui è perseguita, che si compiace nel cavalcare l'onda del malcontento popolare. Ne esce fuori una realtà falsata, dove l'arte contemporanea è fatta da bambine tristi perché non possono giocare, dove persiste il mito idealizzato della campagna virtuosa e della metropoli corrotta (sarebbero passati duemila anni da Giovenale...), dove i palazzi barocchi diventano il baluardo di una società un tempo grandiosa, nella quale ovviamente non si facevano orge e non si tessevano intrighi e dove le opere d'arte era collezionate per mecenatismo e non per dar sfoggio al proprio potere (sì, come no).
Una visione così candida sfiorerebbe l'ingenuità ma Sorrentino è tutt'altro che ingenuo, sa benissimo che cosa vuole sentirsi raccontare il pubblico. Preferisce attingere dal repertorio delle nefandezze da rotocalco anziché sondarne i moventi: siamo lontani anni luce dai capolavori di Fellini in cui disagio esistenziale e critica sociale si sostenevano l'un l'altro in un equilibrio perfetto e inimitabile. Nessuno più di me avrebbe preferito evitare di parlare di Fellini ma certi debiti, specie se così espliciti, vanno denunciati e non nascosti sotto false modestie. Lo stesso vale per Gustave Flaubert, che Sorrentino nomina per mettere furbescamente le mani avanti: dichiara infatti che nemmeno lo scrittore francese è riuscito a parlare del nulla, figuriamoci lui. Su questo non posso che dargli ragione: è infatti difficile, nonché parecchio ambizioso, parlare di una società noiosa e annoiata come la nostra (molto più facile è invece puntarle il dito contro e condannarla senza assoluzione). In definitiva l'incapacità di analisi e la faciloneria con cui sono trattati i temi rendono l'opera, per non dire operazione, più vuota della realtà che pretende di immortalare. Se infatti venisse fuori che la meschinità risiede in noi e non nei soliti ricconi mafiosi forse il film non ci piacerebbe così tanto... Ma in fondo un'ipocrita indignazione mette tutti d'accordo ed è garanzia di successo e proventi, che faranno la gioia delle case di produzione e di chi le possiede.
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