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gianleo67
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domenica 15 dicembre 2013
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cronache del basso impero
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La vita romana di Jep Gambardella, elegante e indolente firma di una rivista di costume, trascorre tra i trastulli etilici di frivole serate mondane e la frequentazione di un mondo effimero fatto di autori falliti e nobili decaduti, facoltose signore dell'alta borghesia e procaci spogliarelliste di borgata, vetuste missionarie in odore di santità e famelici prelati votati alle arti culinarie. Nell'attesa di ricominciare una carriera di scrittore interrotta con la sua prima e unica opera giovanile, favorevolmente accolta dalla critica, si divide tra le cronache di bizzarri vernissage alla moda e le peregrinazioni attraverso lo splendore effimero di una Roma notturna e surreale.
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La vita romana di Jep Gambardella, elegante e indolente firma di una rivista di costume, trascorre tra i trastulli etilici di frivole serate mondane e la frequentazione di un mondo effimero fatto di autori falliti e nobili decaduti, facoltose signore dell'alta borghesia e procaci spogliarelliste di borgata, vetuste missionarie in odore di santità e famelici prelati votati alle arti culinarie. Nell'attesa di ricominciare una carriera di scrittore interrotta con la sua prima e unica opera giovanile, favorevolmente accolta dalla critica, si divide tra le cronache di bizzarri vernissage alla moda e le peregrinazioni attraverso lo splendore effimero di una Roma notturna e surreale.
Nelle vertiginose evoluzioni dei movimenti di macchina e nella eccentrica ridondanza della messa in scena che da sempre scandiscono le forme di un cinema di feroce a amara irriverenza, Sorrentino prova a cimentarsi questa volta con l'affresco a tinte forti di una vacuità esistenziale assurta a paradigma della modernità, oscillando tra l'astrattezza della metafora sociale e la pacchiana esibizione delle miserie umane, tra le tentazioni surrealiste di citazioni felliniane e l'indiscussa abilità nella rappresentazione del vuoto pneumatico di esistenze alla deriva.
Pur riconoscendo la coerenza di un registro che difficilmente gira a vuoto o mostra segni di cedimento e pur rivelando il talento artigianale di riuscite folgorazioni visive (dalle divertite coreografie di esorbitanti (allegre) festicciole mondane all'eccentrico situazionismo di un improbabile avanguardismo, dalla ritualità confessionale della chirurgia estetica al marketing spirituale di una beatificazione secolarizzata), il limite fondamentale del film di Sorrendino risiede nella stucchevole verbosità di una sceneggiatura che sembra avvitarsi su se stessa riproducendo, nell'insistito soliloquio della voce off, l'inutile chiacchiericchio che tenta disperatamente di esorcizzare con l'ossessiva proliferazione delle immagini (142 minuti sono una misura spropositata), riducendo e banalizzando le allarmanti implicazioni di un irrimediabile nichilismo sociale ('Proust scrive che la morte potrebbe coglierci questo pomeriggio') alla sterile esibizione di un prevedibile narcisismo autoriale (Cannes, comunque, non ha gradito più di tanto). Se è vero in ogni caso che il protagonismo sopra le righe di un Servillo in versione radical chic ricorda i divertenti vezzi di un novello De Curtis (senza la tara nobiliare e la mordace autoironia di quest'ultimo) e le nevrosi di un Verdone in perenne crisi creativa hanno fatto il loro tempo, rimane apprezzabile il tentativo di animare una variegata galleria di caratteri dell'effimero che non risparmia tanto le ridicole velleità della nomenklatura intellettuale e politica tanto la boriosa spocchia di un porporato gaudente e materialista. A furia di metafore e simbolismi, di piani sequenza lungotevere e suggestioni architettoniche di una Roma da 'sindrome di Stendhal' tuttavia il nostro finisce per raschiare il fondo del barile, restituendoci l'immagine di un nulla cinematografico degno di miglior sorte. La grande bellezza, l'esperienza irripetibile di una lontana giovinezza 'che si fugge tuttavia' o di un'estasi francescana di uno stormo di cicogne svolazzanti nell'aurora di un'estate romana, almeno per il momento, può attendere.
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tonysierra
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domenica 15 dicembre 2013
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il vuoto
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A mio umile e modesto parere, il film non prende come molti altri film, sembra aver messo dentro tutta una serie di personaggi astratti "vuoti".
Il film racconta la vita reale...le feste mondane....il divertimento vuoto...ma rattrista lo spettatore facendo passare in secondo piano lo stesso film
L'unica nota positiva è la ripresa di una città meravigliosa quale Roma.
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liuk!
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sabato 14 dicembre 2013
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opera d'arte
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Non mi piace usare la parola "bello" in un commento perchè vuole dire tutto e niente, non è specifica e spesso può confondere, ma, in questo caso non si può farne a meno in quanto "La grande bellezza" lo è di nome e di fatto. Un film bellissimo sotto tutti i punti di vista. Una commedia profonda, dolce e amara, grottesca e drammatica, una satira feroce al futile mondo romano, alla chiesa, alla politica a tutto.. ma che lascia speranza, che intrattiene, che emoziona con una fotografia superlativa.
Sicuramente non può piacere a tutti, il grottesco, che io stesso non amo, è un genere difficile che spesso scade nell'onirico e nel visionario, ma in questo caso è usato nel migliore dei modi, senza eccessi e senza lasciare nulla al caso, ma spiegando e motivando le scene in modo che lo spettatore possa riflettere, se è in grado di farlo, e possa capira la satira, ferocissima dall'inizio alla fine.
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Non mi piace usare la parola "bello" in un commento perchè vuole dire tutto e niente, non è specifica e spesso può confondere, ma, in questo caso non si può farne a meno in quanto "La grande bellezza" lo è di nome e di fatto. Un film bellissimo sotto tutti i punti di vista. Una commedia profonda, dolce e amara, grottesca e drammatica, una satira feroce al futile mondo romano, alla chiesa, alla politica a tutto.. ma che lascia speranza, che intrattiene, che emoziona con una fotografia superlativa.
Sicuramente non può piacere a tutti, il grottesco, che io stesso non amo, è un genere difficile che spesso scade nell'onirico e nel visionario, ma in questo caso è usato nel migliore dei modi, senza eccessi e senza lasciare nulla al caso, ma spiegando e motivando le scene in modo che lo spettatore possa riflettere, se è in grado di farlo, e possa capira la satira, ferocissima dall'inizio alla fine.
Chapeau.
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peterangel
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sabato 14 dicembre 2013
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un principe dannunziano tra i cafonal di dagospia
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Bentornato, cinema italiano. O meglio ancora: bentornato cinema! Cinema fatto non solo di dialoghi ma di inquadrature inedite dei mille tesori di una Roma sconosciuta, chiusa tra antichi palazzi e inaccessibili conventi. E tanta eterna bellezza si scontra sin dalle prime scene col turpiloquio della plebe e l'orrore esteriore e interiore di una classe dirigente marcia, dal clero puttaniere, all'aristocrazia "da noleggio" a una borghesia sconfitta: lupi senza più appetiti, dunque senza più alcuna ragione d'esistere.
Da questo girone infernale, di cui Jep Gambardella è l'onnisciente cicerone, si salvano solo i puri di cuore: il marito tradito in gioventù, l'amico che abbandona la scena, e sceglie di tornare al suo paese.
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Bentornato, cinema italiano. O meglio ancora: bentornato cinema! Cinema fatto non solo di dialoghi ma di inquadrature inedite dei mille tesori di una Roma sconosciuta, chiusa tra antichi palazzi e inaccessibili conventi. E tanta eterna bellezza si scontra sin dalle prime scene col turpiloquio della plebe e l'orrore esteriore e interiore di una classe dirigente marcia, dal clero puttaniere, all'aristocrazia "da noleggio" a una borghesia sconfitta: lupi senza più appetiti, dunque senza più alcuna ragione d'esistere.
Da questo girone infernale, di cui Jep Gambardella è l'onnisciente cicerone, si salvano solo i puri di cuore: il marito tradito in gioventù, l'amico che abbandona la scena, e sceglie di tornare al suo paese.
Ma sull'indiscussa bravura degli attori, domina la straordinaria regia, capace di posizionare la MdP là dove nessuno aveva mai osato prima: la fontana del Gianicolo in perfetta mappatura verticale, che poi ritorna nel "mare sul soffitto", ossessione che riporta Jep ai tempi del suo primo amore. E poi le architetture romane, esplorate con la minuzia di un disegnatore, e i volti così ben narrati, da quelli innocenti dei bimbi alle orride maschere che animano la feste e i salotti in terrazza. Solo Dagospia aveva finora raccontato, con l'occhio di Pizzi, le brutture umane delle notti romane. La bravura e l'originalità di Sorrentino sta nell'abile e preciso contrappunto tra la bruttezza delle persone e la "grande bellezza" delle architetture dentro le quali esse inconsapevolmente si muovono.
Un film da vedere e rivedere. Certamente la dolcevita del terzo millennio, spogliarelli inclusi. Certamente un'opera di eccezionale spettacolarità. Dopo decenni di pippe autoreferenziali, slegate dalla storia e dal mondo, finalmente un film italiano che solleva lo sguardo dal proprio ombelico e restituisce Roma all'attenzione di quanti da millenni si sforzano di comprenderla.
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jean remi
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giovedì 12 dicembre 2013
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la grande bellezza: di roma e dell’arte di fellini
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Film pretenzioso che attraverso una stupenda fotografia di Luca Bigazzi (lo stesso di L’Amico di Famiglia) e sfruttando luoghi di Roma, un po’ sconosciuti ma a dir poco magnifici, imbastisce una storia di critica ed autocritica a tutto un ceto sociale che vive nei salotti romani, non si capisce bene attraverso quali sostegni economici (ma forse non importa) passando da un appuntamento notturno all’altro dove si beve, si balla e si sballa, ci si spoglia e si spettegola.
Jep Gambardella (Toni Servillo) , il protagonista, “che non può più perdere tempo a fare cose che non gli va di fare” è stanco e deluso di questa sua dissipata vita dalla quale, nel contempo, non riesce a fuggire per tornare alle origini di scrittore creativo e di successo con speranza di vivere un amore vero e non falso come quello propostogli dalla spogliarellista con cui si accompagna (Sabrina Ferilli verbalmente più popolana e coatta che mai) in cambio di una vita lussuosa in un appartamento fantastico “vista Colosseo” circondata di oggetti e vestita di abiti per lei impensabili.
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Film pretenzioso che attraverso una stupenda fotografia di Luca Bigazzi (lo stesso di L’Amico di Famiglia) e sfruttando luoghi di Roma, un po’ sconosciuti ma a dir poco magnifici, imbastisce una storia di critica ed autocritica a tutto un ceto sociale che vive nei salotti romani, non si capisce bene attraverso quali sostegni economici (ma forse non importa) passando da un appuntamento notturno all’altro dove si beve, si balla e si sballa, ci si spoglia e si spettegola.
Jep Gambardella (Toni Servillo) , il protagonista, “che non può più perdere tempo a fare cose che non gli va di fare” è stanco e deluso di questa sua dissipata vita dalla quale, nel contempo, non riesce a fuggire per tornare alle origini di scrittore creativo e di successo con speranza di vivere un amore vero e non falso come quello propostogli dalla spogliarellista con cui si accompagna (Sabrina Ferilli verbalmente più popolana e coatta che mai) in cambio di una vita lussuosa in un appartamento fantastico “vista Colosseo” circondata di oggetti e vestita di abiti per lei impensabili.
Film che prende a piene mani da “Fellini” nell’atmosfera generale, innanzitutto, ma anche attraverso precise simbologie: la presenza di persone esteticamente estreme ( la nana, la grassa sfatta, la ultracentenaria, l’esotica giraffa nel contesto romano) e chissà quant’altri che non ho colto. Peraltro già nel 2005, con il succitato “L’Amico di Famiglia” Sorrentino aveva riproposto in modo eccessivo tali simbologie “Felliniane”. In taluni scorci della pellicola mi sembra di scorgere persino nostalgie del Grand Hotel di Rimini di cui Fellini diceva:“delitti, rapimenti, notti di folle amore, ricatti, suicidi… Le sere d’estate Il Grand Hotel diventava Istanbul, Bagdad e Hollywood…”.
L’interpretazione, da alcuni tanto enfatizzata, di Toni Servillo, non mi è sembrata eccezionale; ho colto un senso di piattezza espressiva (forse appositamente usata per esprimere l’insoddisfazione del protagonista rispetto alle proprie aspettative) tant’è che mi ha fatto pensare che Servillo cambia più spesso il colore della giacca che non l’atteggiamento interpretativo.
Un lungo film (quasi due ore e mezzo) che ripropone con continuità immagini ed atmosfere stupende, ma che già dopo 30-40 minuti ha esaurito la vena narrativa e nulla aggiunge, nella sceneggiatura, a quanto espresso e colto dallo spettatore. Un film con punte di eccellenza in un tracciato complessivo medio e piatto.
Il premio ricevuto a Berlino 2013 come miglior film, miglior regista e miglior attore protagonista credo sia un omaggio alla meravigliosa Roma, al fascino dei suoi luoghi e della sua arte ed al cinema Felliniano. Vedremo agli Oscar 2014, ove il film è candidato, se verranno bissati i successi ottenuti in Europa.
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marco8
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domenica 8 dicembre 2013
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grazie sorrentino!
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Visto oggi per la quarta volta...e ancora lacrime, sorrisi, incanto ma anche fastidio e compatimento.
GRANDIOSO!
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dillinger78
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sabato 7 dicembre 2013
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visione adatta a un pubblico colto... e fighetto
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Mai visto un film presentare una così netta differenza tra bravura tecnica e povertà di idee.
E' difficile essere politicamente corretti di fronte a tale visione, ed è difficile che un regista non riesca a dire nulla, ma proprio nulla, con tutto quel budget a disposizione. Il film piace a tutti coloro che amano il vuoto, l'assenza di senso, attribuendogli per questo significati personali che non hanno alcun fondamento. Questo è il motivo per cui lo trovano affascinante, brillante, accattivante, addirittura un capolavoro. Follia...
Dato che Sorrentino cita (o scopiazza?)quattro film di Federico Fellini, sarebbe opportuno ricordare che uno il vuoto l'ha saputo affrontare raccontandolo e rappresentandolo con immagini, suoni e rumori, l'altro invece, non affrontando alcuna questione, incarna il vuoto, cercando peraltro di coprirlo con leziosi monologhi e sterili voci fuori campo.
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Mai visto un film presentare una così netta differenza tra bravura tecnica e povertà di idee.
E' difficile essere politicamente corretti di fronte a tale visione, ed è difficile che un regista non riesca a dire nulla, ma proprio nulla, con tutto quel budget a disposizione. Il film piace a tutti coloro che amano il vuoto, l'assenza di senso, attribuendogli per questo significati personali che non hanno alcun fondamento. Questo è il motivo per cui lo trovano affascinante, brillante, accattivante, addirittura un capolavoro. Follia...
Dato che Sorrentino cita (o scopiazza?)quattro film di Federico Fellini, sarebbe opportuno ricordare che uno il vuoto l'ha saputo affrontare raccontandolo e rappresentandolo con immagini, suoni e rumori, l'altro invece, non affrontando alcuna questione, incarna il vuoto, cercando peraltro di coprirlo con leziosi monologhi e sterili voci fuori campo.
Puro narcisismo stilistico buono a far soldi e a ricevere il plauso del pubblico "colto"... e "fighetto".
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giorgiolaporta
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lunedì 2 dicembre 2013
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pessimo film per una roma che non è così.
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Hanno voluto raccontare il volto della Roma squallida, malata e finta, usando la cornice magica di una città che ha altre sfaccettature bellissime. E' un pessimismo che non mi piace e che rende il film una vera angoscia. Bella la fotografia, incomprensibile il protagonista quando parla in napoletano. Mi piacerebbe vederlo doppiato per capire che pasticcio è venuto fuori. Non è paragonabile con i capolavori quali Vacanze Romane perché lì veniva raccontata la magia di questa città e non le depravazioni di una borghesia decaduta e decadente. L'unica cosa bella è la fotografia, ma anche in questo caso è troppo artificiosa. Proverò a rivederlo senza audio.
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Hanno voluto raccontare il volto della Roma squallida, malata e finta, usando la cornice magica di una città che ha altre sfaccettature bellissime. E' un pessimismo che non mi piace e che rende il film una vera angoscia. Bella la fotografia, incomprensibile il protagonista quando parla in napoletano. Mi piacerebbe vederlo doppiato per capire che pasticcio è venuto fuori. Non è paragonabile con i capolavori quali Vacanze Romane perché lì veniva raccontata la magia di questa città e non le depravazioni di una borghesia decaduta e decadente. L'unica cosa bella è la fotografia, ma anche in questo caso è troppo artificiosa. Proverò a rivederlo senza audio. Difficilmente sarà peggiore.
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[+] caro giorgiolaporta
(di dillinger78)
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kronos
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domenica 24 novembre 2013
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comunque...
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le "enormi lacune di fotografia" le hai viste solo tu!
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marco8
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sabato 23 novembre 2013
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sorrentino, grazie di esistere!!!
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Film memorabile e grandioso. Occhi lucidi in alcuni momenti, amaro in bocca in altri, spesso stupore.
Il cimena italiano può ancora produrre film indimenticabili.
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