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no_data
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lunedì 17 giugno 2013
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dovrebbero vederlo tutti.
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Pensavo di andare al cinema e vedere un gran film, ma ti rendi conto quando sta per finire di quanto sia grande.
Non per scene mozzafiato, per una storia straordinaria, ma per tutti gli spunti che offre. Secondo me è un film che sembra più bello a chi ha più cose nella testa e nel cuore; più cose hai dentro, maggiore è la tua voglia di riflessione, e più capirai che è un gran film.
Non dà niente per definito, non traccia una strada, dà delle direzioni, sta allo spettatore seguire quella più giusta per se stesso.
Servillo si conferma un grandissimo attore, anche Verdone seppure nel ruolo minore, così come la Ferilli, che incarna perfettamente lo spirito del personaggio.
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Pensavo di andare al cinema e vedere un gran film, ma ti rendi conto quando sta per finire di quanto sia grande.
Non per scene mozzafiato, per una storia straordinaria, ma per tutti gli spunti che offre. Secondo me è un film che sembra più bello a chi ha più cose nella testa e nel cuore; più cose hai dentro, maggiore è la tua voglia di riflessione, e più capirai che è un gran film.
Non dà niente per definito, non traccia una strada, dà delle direzioni, sta allo spettatore seguire quella più giusta per se stesso.
Servillo si conferma un grandissimo attore, anche Verdone seppure nel ruolo minore, così come la Ferilli, che incarna perfettamente lo spirito del personaggio.
La pellicola spinge lo spettatore ad analizzare il substrato di quello che quotidianamente abbiamo sotto gli occhi e per questo Roma è lo scenario perfetto: la vita, la gente, le luci, ma quando la giostra si ferma rimangono le radici, la storia, l'essenza.
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brunocat
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lunedì 17 giugno 2013
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ruffiano
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Un film ruffiano, artificialmente costruito per compiacere il pubblico cinematografico.
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much more
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domenica 16 giugno 2013
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molto bello
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Bella la trama, bella la fotografia, bravi gli interpreti (Servillo in primis)...mancava solo un finale ad effetto per renderlo un capalavoro...ma anche cosi' si conferma essere un ottimo film, assolutamente da consigliare.
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aliena.doc
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domenica 16 giugno 2013
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ma quale fellini, ma quale roma
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aliena.doc [16/06/2013]
Ma quale Fellini, ma quale Roma
Mi meraviglia molto che qs film venga tanto pubblicizzato, come fosse un film su Roma e come opera somma del grande Tony Servillo (sempre sullo schermo dal primo all'ultimo minuto).
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aliena.doc [16/06/2013]
Ma quale Fellini, ma quale Roma
Mi meraviglia molto che qs film venga tanto pubblicizzato, come fosse un film su Roma e come opera somma del grande Tony Servillo (sempre sullo schermo dal primo all'ultimo minuto).La Roma che descrive nessuno l'ha mai vista; le panoramiche dei monumenti e la bellezza della città non bastano a dare neanche lontanamente un'idea della Roma reale. Oggi anche i ricchi sono impoveriti e le curve della Ferilli non colmano imperdonabili lacune. Dov' è la Roma di Tony Servillo? conoscendo la città, escludo che le famiglie di antica nobiltà continuino a dilettarsi in feste e corteggiamenti. Due tocchi realistici : il cameriere filippino che porta a spasso il cagnolino al guinzaglio elastico, e un gruppo di salutisti in corsa lungo i muraglioni del Tevere. (Strano che Servillo abbia resistito alla tentazione di mostrare se stesso in corsa insieme ai salutisti). Capisco che il film è stato finanziato col Fondo Regionale per il Cinema, ma non posso fare a meno di scrivere cosa penso.E cioè: già che c'era, Servillo poteva far di meglio.
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giammy cinematografico
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domenica 16 giugno 2013
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troppe ambizioni e suggestioni, una non dolce vita
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La bellezza del titolo e appunto l'eccessiva attitudine ad essere diversi e privilegiati. Come dichiara la voce fuori campo del protagonista vuole essere il simbolo di cio che con troppe ambizioni vuole essere: la mondanita. Ma le intenzioni troppo ampollose e decisamente moraliste rovinano buona parte di questo sesto lungometraggio di Sorrentino. La rappresentazione delle cose autodichiarate strane nel racconto non solo rischiano di essere buchi di soggetto, ma anche eccessive forzature in un ritratto che non riesce fino in fondo ad essere tragico e impietoso nel suo esasperato pianto e grido di difesa da realta malata, quanto ridicolo. Non solo i principali rappresentati (Verdone, Ferilli, Buccirosso) non riescono fino in fondo a salvare con egregia personale originalita scenica l'innegabile autocompiacimento filmico ma ne risultano un po una presenza peggiorativa.
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La bellezza del titolo e appunto l'eccessiva attitudine ad essere diversi e privilegiati. Come dichiara la voce fuori campo del protagonista vuole essere il simbolo di cio che con troppe ambizioni vuole essere: la mondanita. Ma le intenzioni troppo ampollose e decisamente moraliste rovinano buona parte di questo sesto lungometraggio di Sorrentino. La rappresentazione delle cose autodichiarate strane nel racconto non solo rischiano di essere buchi di soggetto, ma anche eccessive forzature in un ritratto che non riesce fino in fondo ad essere tragico e impietoso nel suo esasperato pianto e grido di difesa da realta malata, quanto ridicolo. Non solo i principali rappresentati (Verdone, Ferilli, Buccirosso) non riescono fino in fondo a salvare con egregia personale originalita scenica l'innegabile autocompiacimento filmico ma ne risultano un po una presenza peggiorativa. Ok, 'La dolce vita' era il modello di riferimento, ma i virtuosismi goffamente modernistici come il mare sul tetto, l'inizio sul Gianicolo e altro si dimostrano sin troppo scopiazzature e accaniti attaccamenti morbosi al capolavoro felliniano. E se il film di Fellini nel 1960 aveva avuto il pregio di narrare senza compiacimento un decadentismo urbano della diversita in vari aspetti della vita quotidiana del tutto inedito (almeno attraverso il cinema) al ceto medio, qui si dimostra un mondo notturno un po troppo conosciuto, gia assaporato nella vita reale da qualsiasi spettatore comune, e gia previsto e assolutamente non sorprendente. Ad ogni modo restano degne di nota le buone sfumature di disillusione in alcuni personaggi malati di diversita e di logorroica anzianita interiore e la bella colonna sonora. Al Festival di Cannes non ha vinto un singolo premio, forse una lieve ma giusta punizione per epigonicita ad un indiscutibile capolavoro cinematografico la cui aura di mito non puo prescindere da un rinnovamento in epoca diversificata dagli uomini. Che siano cinquanta che duemilacinquecento anni dopo.
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lidiasartori
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sabato 15 giugno 2013
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dopo il noioso "this must be the place"...
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Resto davvero perplessa quando leggo recensioni entusiastiche per quest'opera. Comincio a credere che la produzione del film abbia ingaggiato una schiera di troll per aumentare la valutazione di questo prodotto che, giustamente, nei primi giorni di programmazione mymovies nemmeno consigliava. C'era scritto NI. E a ragione direi!! Al di là della confezione patinata, il film non è granchè. è come se il regista fosse costantemente alla ricerca dell'effetto. costantemente impegnato a suscitare meraviglia nello spettatore. ma ciò che suscita è solo noia mortale. e rabbia anche. rabbia perchè sorrentino avrebbe potuto infondere le sue energie per costruire una sceneggiatura migliore, invece di costellare il film di onnipresenti battutine a effetto, sufficienti per 10 film!!! è come se a ogni scena, a ogni dialogo, sorrentino volesse dire: "io sono il migliore di tutti, non avrete altro regista all'infuori di me.
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Resto davvero perplessa quando leggo recensioni entusiastiche per quest'opera. Comincio a credere che la produzione del film abbia ingaggiato una schiera di troll per aumentare la valutazione di questo prodotto che, giustamente, nei primi giorni di programmazione mymovies nemmeno consigliava. C'era scritto NI. E a ragione direi!! Al di là della confezione patinata, il film non è granchè. è come se il regista fosse costantemente alla ricerca dell'effetto. costantemente impegnato a suscitare meraviglia nello spettatore. ma ciò che suscita è solo noia mortale. e rabbia anche. rabbia perchè sorrentino avrebbe potuto infondere le sue energie per costruire una sceneggiatura migliore, invece di costellare il film di onnipresenti battutine a effetto, sufficienti per 10 film!!! è come se a ogni scena, a ogni dialogo, sorrentino volesse dire: "io sono il migliore di tutti, non avrete altro regista all'infuori di me. Ammiratemi". Ma non credo che questo sia l'atteggiamento migliore per dialogare con un pubblico. Il pubblico vuole essere emozionato, coinvolto. Ma il film è troppo arido, e soprattutto evidenzia una costante, infantile e malcelata esigenza di approvazione. E per ottenere quest'approvazione/ammirazione del pubblico, il regista esagera, e perde il senso della misura. Quando cominci ad ascoltare personaggi che monologano a un certo punto non ce la fai più. Vuoi uscire dal cinema. Lo stesso impellente desiderio che mi ha colto nella visione della bufala precedente "this must be the place".
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(di robert1948)
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(di brunocat)
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lupoautarchico
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sabato 15 giugno 2013
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davvero è bellezza.
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Capita difficilmente di essere colpiti dall'altro.La suggestione,l'impressionabilità sono condizioni che raramente si rendono protagoniste
delle nostre moderne e disilluse vite.
La Grande Bellezza ci ricorda cosa siamo, a quali fermate dovremmo sostare per rammentare la nostra destinazione.
Dietro un iniziale critica sociale ad una collettività umana verso il baratro singolare e comune, il regista porterà lo spettatore
dritto all'analisi più complessa,quella inerente la ragione dei nostri respiri.
Toni Servillo,nuovamente,spezza il fiato portando sullo schermo un protagonista capace di ergersi al di là dell'immagine discorsiva
ponendosi come paradigma di un insoluto dilemma metafisico ancestrale.
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Capita difficilmente di essere colpiti dall'altro.La suggestione,l'impressionabilità sono condizioni che raramente si rendono protagoniste
delle nostre moderne e disilluse vite.
La Grande Bellezza ci ricorda cosa siamo, a quali fermate dovremmo sostare per rammentare la nostra destinazione.
Dietro un iniziale critica sociale ad una collettività umana verso il baratro singolare e comune, il regista porterà lo spettatore
dritto all'analisi più complessa,quella inerente la ragione dei nostri respiri.
Toni Servillo,nuovamente,spezza il fiato portando sullo schermo un protagonista capace di ergersi al di là dell'immagine discorsiva
ponendosi come paradigma di un insoluto dilemma metafisico ancestrale.Qual'è la Bellezza?
Numerosi profili si presenteranno nel corso della narrazione,come pezzi di un mosaico completo e finalizzato a ritrarre bassezze e virtù
a cui si è insieme condannati senza averne colpa.Forse, nella nostalgia e nelle radici che identificano,l'uomo può ritrovere se stesso
accorgendosi degli sporadici attimi di felicità donatigli da non si sa bene quale Virtù divina.Il cinema Italiano ritorna a sorprendere,finalmente.
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(di barone di firenze)
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francesco sentieri
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venerdì 14 giugno 2013
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viaggio memorabile dentro una roma falsa e amorale
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Il pregio maggiore de La Grande Bellezza è quello di coinvolgere fin dai primi minuti lo spettatore, che può così vivere il film dall'interno. La maestria del regista sta nel farci entrare gradualmente nella sua opera, e questo riesce grazie alle atmosfere ovattate di una Roma inizialmente sonnolenta, assopita nel nitido sole delle prime ore del giorno, e introdotta dalle musiche corali che le conferiscono una sacralità apparentemente inviolabile. Sacralità che viene però brutalmente spazzata via dal contrasto con un'altra Roma: quella notturna, sfavillante in superficie ma sudicia e vuota una volta che rivela la sua identità sommersa.
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Il pregio maggiore de La Grande Bellezza è quello di coinvolgere fin dai primi minuti lo spettatore, che può così vivere il film dall'interno. La maestria del regista sta nel farci entrare gradualmente nella sua opera, e questo riesce grazie alle atmosfere ovattate di una Roma inizialmente sonnolenta, assopita nel nitido sole delle prime ore del giorno, e introdotta dalle musiche corali che le conferiscono una sacralità apparentemente inviolabile. Sacralità che viene però brutalmente spazzata via dal contrasto con un'altra Roma: quella notturna, sfavillante in superficie ma sudicia e vuota una volta che rivela la sua identità sommersa. Jap Gambardella ne è il re: giornalista con un passato da scrittore, divenuto per sua volontà "il re dei mondani", ci guida in questo viaggio all'interno di un mondo privo di morale, popolato da ricchi borghesi, persone "che contano" e che basano le loro vite sull'apparenza, ma che in realtà vivono "sull'orlo della disperazione", senza un vero scopo da perseguire, così come "i trenini delle feste, che sono belli perché non vanno da nessuna parte". Attraverso gli occhi di Jap conosciamo questa realtà ed i suoi principali interpreti con le loro vicissitudini, tra vacuità e presunti intrecci amorosi. La festa viene interrotta solamente dagli intermezzi luttuosi, affrontati anch'essi con falsità e gesti calcolati, funzionali al mantenimento di un carattere che non può mutare all'interno di un mondo che non lo concederebbe. Nonostante ciò, Jap non riesce a non far trasparire attimi di estemporanea "umanità", commuovendosi nella perdita improvvisa della donna che aveva amato, ed in seguito nella morte di un ragazzo vittima della propria follia, assai più "umana" e viva della fatiscente realtà che ci viene narrata. Se ne va "in silenzio" anche Ramona, ultima donna della sua vita. Sono gli emblemi della solitudine interiore alla quale è condannato Jap, che deve ritrovare le sue radici per arrivare a conoscere la "Grande Bellezza", identificabile con la purezza ed il candore del suo primo amore.
L'inconfondibile tocco di Sorrentino dà "vita" ad un mondo morto ed amorale, svelando ciò che si cela al di là alle apparenze; le musiche ed il montaggio sono perfettamente funzionali alla narrazione, guidando l'alternanza tra le atmosfere oniriche delle strade di Roma e il violento impatto delle feste notturne, chiassose e ridondanti.
Encomiabile è l'interpretazione di Toni Servillo, grazie ad una recitazione meravigliosamente sotto le righe. Il suo Jap Gambardella è memorabile: vive nella piena consapevolezza di ciò che è e di ciò che il suo mondo rappresenta, e accetta lucidamente ciò che questo "vivere" comporta, pur concedendosi degli sprazzi di umanità, tra affetti del passato e del presente; fino alla rivelazione finale della "Grande Bellezza", ottenuta grazie al ritorno concreto alle origini, mai dimenticate e spesso ricordate e rivissute attraverso l'immaginazione. Un punto da cui ripartire, una realtà incontaminata appartenente al passato che funge da ancora di salvezza per il presente.
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(di marcobrenni)
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(di senand)
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andi66
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giovedì 13 giugno 2013
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gep lo scrivano
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Partendo prevenuto sia su Paolo Sorrentino che su Toni Servillo, ero avvantaggiato. Sono rimasto piacevolmente sorpreso.
Un susseguirsi di paradossi e dialoghi tagliati con il diamante.
Non è la fotografia (bella, troppo bella). Non è la recitazione di Servillo (perfetta, troppo perfetta). A reggere il film sono i dialoghi nati dalla testa di Sorrentino.
Uno scrittore, un provocatore che si ostina a fare il regista, a fingere di ispirarsi a Fellini senza averne la vocazione alla favola.
In Sorrentino c’è molto di più. C’è rabbia. Un limite e un vantaggio.
Un limite in apertura. La lentezza esasperante. Il turista giapponese folgorato dal panorama del Gianicolo. L’accanimento di un quarto d’ora a colpi di Raffaella Carrà in una discoteca satura di vecchi e di donne svuotate.
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Partendo prevenuto sia su Paolo Sorrentino che su Toni Servillo, ero avvantaggiato. Sono rimasto piacevolmente sorpreso.
Un susseguirsi di paradossi e dialoghi tagliati con il diamante.
Non è la fotografia (bella, troppo bella). Non è la recitazione di Servillo (perfetta, troppo perfetta). A reggere il film sono i dialoghi nati dalla testa di Sorrentino.
Uno scrittore, un provocatore che si ostina a fare il regista, a fingere di ispirarsi a Fellini senza averne la vocazione alla favola.
In Sorrentino c’è molto di più. C’è rabbia. Un limite e un vantaggio.
Un limite in apertura. La lentezza esasperante. Il turista giapponese folgorato dal panorama del Gianicolo. L’accanimento di un quarto d’ora a colpi di Raffaella Carrà in una discoteca satura di vecchi e di donne svuotate. La tendenza di Servillo a recitarsi addosso, a “disturbare” il film giocando con la bravura.
Un vantaggio nel sarcasmo dello stesso Gep–Servillo. Finto cinico. Pigro. Romantico. Il più romantico e il più fragile. L’indolenza di Mastroianni assecondava la città. La rinuncia aggressiva di Servillo viene rigettata, si rigetta da sé.
“Quand’ero ragazzo, più del sesso, amavo l’odore nelle case dei vecchi…”. “A 65 anni non posso perdere tempo con quello che non mi piace…”. “È stato bello non farlo…”. Ogni frase, una perla.
Un Bartleby paradossale, che si circonda di bellezza e squallore per ridicolizzarli. Per ridicolizzarsi. Per raschiare il fondo e arrivare al nulla, al “preferirei di no”.
Tutto quello che viene ostentato viene al tempo stesso negato.
Roma è questo. Bellezza che si nega.
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(di andi66)
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lolligno69
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giovedì 13 giugno 2013
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il miglior regista italiano (con bellocchio)
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La Grande Bellezza ****
Tra le matasse più difficili da sbrogliare va messa la recensione di questo filmone. Urticante quindi apprezzato.
Senza scomodare Fellini : il mondo di Sorrentino e' popolato di ossessioni e di maschere come quello del Maestro ma - diverso- si nutre di un osservazione parzialissima della realtà quotidiana mentre l'altro prendeva forma da sogni, bugie e desideri del Genio. Questo punto di vista così ludico,tipico della commedia all'italiana, incolla i miei occhi infantili allo schermo in attesa del sorriso,della lacrima ,del colpo di teatro. La dissacrazione delle suore,della sinistra finto-impegnata,della chirurgia estetica(tremenda)dei salotti buoni,della citta,dei bambini prodigio(tremendissima),dell'arte,dei preti e del giornalismo valgono più di dieci anni di cinema italiano mucciniano.
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La Grande Bellezza ****
Tra le matasse più difficili da sbrogliare va messa la recensione di questo filmone. Urticante quindi apprezzato.
Senza scomodare Fellini : il mondo di Sorrentino e' popolato di ossessioni e di maschere come quello del Maestro ma - diverso- si nutre di un osservazione parzialissima della realtà quotidiana mentre l'altro prendeva forma da sogni, bugie e desideri del Genio. Questo punto di vista così ludico,tipico della commedia all'italiana, incolla i miei occhi infantili allo schermo in attesa del sorriso,della lacrima ,del colpo di teatro. La dissacrazione delle suore,della sinistra finto-impegnata,della chirurgia estetica(tremenda)dei salotti buoni,della citta,dei bambini prodigio(tremendissima),dell'arte,dei preti e del giornalismo valgono più di dieci anni di cinema italiano mucciniano. Manca totalmente l'impegno sociale (quello trito e serioso) e questo mi piace anche di più. Protagonista del film la città di Roma : micidiale potenza capace dopo 3000 anni di annientare ogni velleità artistica dei suoi sudditi. Con la sete di potere(il divo,film sulla romanità),con la misera ambizione(l'amico di famiglia) e con la routine del vacuum. Riciclando la battuta di De Niro/Proust : ' sono andato a letto presto negli ultimi 20 anni 'Jep va a letto tardi ma regala chicche come 'un amico ha il dovere di farti sentire almeno ancora una volta bambino' e altre , almeno 5/6. Il cast e' un'invenzione pirotecnica : alcuni sembrano presenziare come presenziano alle serate ,sgomitando per esserci. Il monologo stronca-radicalchic :Tu esci anche il lunedì sera ...che neanche gli spacciatori di Popper. È stato quello il (mio)momento in cui si sente di essere sorrentiniani : il monologo sulla madre pseudoimpegnata che per riprendersi non si butta dal terrazzo ma in piscina. Acqua purificatrice. Come se nulla fosse nel finale si concedono un ballo insieme :Non siamo stati mai insieme io e te ? Vedi che ci resta ancora qualcosa di bello da fare ? E qui si potrebbe scomodare l'alta letteratura...
E c'entra pure Scola ma incidentalmente : la terrazza e'sfoggio di romanità , grandissimi attori , alcuni inarrivabili, schiavi della fama e stanchi. Anche il regista se ne compiace e il film e' autoreferenziale. Qui invece è il mulinare della nullità , la spinta artificiale (coca) e artefatta (botulino) di questo attuale mix di cocciuti presenzialisti di cattivo gusto. Il distacco del regista e'spietato,freddo,lucido.
Semmai ho trovato come elemento di novità una certa eco cappelliana, di parenti lucani etc...chissà che dal personaggio di Verdone non nasca una collaborazione futura...
Sulla fotografia e la perizia del McEnroe della macchina da presa mi pare superfluo dire. Toni Servillo crea un'intimita' stile Paul Auster e prima di dormire te lo senti ancora vicino. Rimane nelle membra un film possente,barocco,quasi indigeribile. Cosa volere di più ? Un po' di meno forse. Ma ormai abbiamo capito che Sorrentino e' questo : un vulcano in eruzione schiavo dell'eleganza che lo rallenta. A me piace così. Si attendono derive, speriamo in senso monicelliano e non formale.
La folle corsa deve essere senza tregua ma Jep la tregua, la pausa , la riflessione ce l'ha nel sangue; ama confidarsi con l'asiatica colf e guarda il mare(che non c'è'); adora l'odore delle case dei vecchi e piange ,maturo,al funerale. Chiede conforto ad un cardinale ma per risposta otterrà la ricetta del coniglio alla ligure. Italia 2013. La Grande Bellezza fa molto male.
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[+] il fattore background culturale
(di max.antignano)
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[+] salve una persona spaccia per sua una tua recensio
(di ricordi)
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