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evildevin87
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domenica 29 dicembre 2013
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cercavo la grande bellezza...
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Mostrare uno spaccato della società vuoto senza annoiare, risultare pesante e tirandone fuori bensì un capolavoro memorabile. Sorrentino sì, ne è capace. Un viaggio nell'alta borghesia dove ne viene mostrata la superficialità e il vuoto, feste per gente benestante che alla fin fine si riducono ad essere covi di lussuria e pettegolezzo. Il tutto lo vediamo attraverso gli occhi di Jep Gambardella, scrittore in gioventù, giornalista, opinionista e critico teatrale: un personaggio misantropo, senza peli sulla lingua e pungente, al quale risulta difficile non affezionarsi. Il regista comunque non ha certo tralasciato tutto il resto: sotto l'aspetto tecnico questo film risulta curatissimo e non perde certo di vista il fattore "intrattenimento" dato che, pur essendo abbastanza lento, risulta tutt'altro che stiracchiato e noioso.
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Mostrare uno spaccato della società vuoto senza annoiare, risultare pesante e tirandone fuori bensì un capolavoro memorabile. Sorrentino sì, ne è capace. Un viaggio nell'alta borghesia dove ne viene mostrata la superficialità e il vuoto, feste per gente benestante che alla fin fine si riducono ad essere covi di lussuria e pettegolezzo. Il tutto lo vediamo attraverso gli occhi di Jep Gambardella, scrittore in gioventù, giornalista, opinionista e critico teatrale: un personaggio misantropo, senza peli sulla lingua e pungente, al quale risulta difficile non affezionarsi. Il regista comunque non ha certo tralasciato tutto il resto: sotto l'aspetto tecnico questo film risulta curatissimo e non perde certo di vista il fattore "intrattenimento" dato che, pur essendo abbastanza lento, risulta tutt'altro che stiracchiato e noioso. Il film è sorretto, oltre che dal protagonista, dai dialoghi e da un'impeccabile fotografia. Un film impegnato e che tiene attivi i neuroni, senza però risultare particolarmente difficile da decifrare o non divertente. Fa piacere vedere che anche in Italia abbiamo ancora qualcosuccia da dire. Però sarebbe bello se ci fossero tanti altri, oltre al buon Sorrentino, a sfornare perle di questo livello.
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valtrocchio
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domenica 29 dicembre 2013
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surreale
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Ho visto il film e mi é piaciuto. Mi sono piaciute le ambientazioni di questa Roma barocca e notturna, di questi personaggi che sembrano uscire da un mondo di carta creato ad arte ma che non esiste. La decadenza della società romana ai nostri giorni. Ho trovato molti riferimenti Felliniani, soprattutto nella costruzione di aclune scene boccaccesche e in alcuni personaggi, caricaturali e grotteschi, come sorrentino voleva forse costruire.
Servlllo superbo, incarna splendidamente la parte di burattinaio cinico e spietato di una società malata e degradata dove il denaro si annusa e si percepisce e regola la vita notturna di uomini e donne, catapultati in un vortice di mondanità fasulla.
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Ho visto il film e mi é piaciuto. Mi sono piaciute le ambientazioni di questa Roma barocca e notturna, di questi personaggi che sembrano uscire da un mondo di carta creato ad arte ma che non esiste. La decadenza della società romana ai nostri giorni. Ho trovato molti riferimenti Felliniani, soprattutto nella costruzione di aclune scene boccaccesche e in alcuni personaggi, caricaturali e grotteschi, come sorrentino voleva forse costruire.
Servlllo superbo, incarna splendidamente la parte di burattinaio cinico e spietato di una società malata e degradata dove il denaro si annusa e si percepisce e regola la vita notturna di uomini e donne, catapultati in un vortice di mondanità fasulla.
Per me un gran bel film.
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annamaria0888
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domenica 29 dicembre 2013
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realismo credibile e cupo
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SfUmture felliniane (vedi l'attesa opera dell'artista come in otto e mezzo).... Il quadro è quello un po' tetro di una città scintillnte solo in apparenza che dietro i suoi grandi fasti nasconde squallide vivacità e perverse abituini spesso troppo mal celate. Il nonsenso è solo apparente perchè mai nessuna frase è detta casualmente. Il timbro è crudo e diretto e strizza l'occhio al realismo più moderno. Le scene più tristi lasciano subito spazio a quell più buffe e grottesce. La decadenza(della città e del potagonista) è sempre presente ma "ben portata".
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SfUmture felliniane (vedi l'attesa opera dell'artista come in otto e mezzo).... Il quadro è quello un po' tetro di una città scintillnte solo in apparenza che dietro i suoi grandi fasti nasconde squallide vivacità e perverse abituini spesso troppo mal celate. Il nonsenso è solo apparente perchè mai nessuna frase è detta casualmente. Il timbro è crudo e diretto e strizza l'occhio al realismo più moderno. Le scene più tristi lasciano subito spazio a quell più buffe e grottesce. La decadenza(della città e del potagonista) è sempre presente ma "ben portata".
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annamaria0888
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domenica 29 dicembre 2013
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realismo credibile e cupo
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SfUmture felliniane (vedi l'attesa opera dell'artista come in otto e mezzo).... Il quadro è quello un po' tetro di una città scintillnte solo in apparenza che dietro i suoi grandi fasti nasconde squallide vivacità e perverse abituini spesso troppo mal celate. Il nonsenso è solo apparente perchè mai nessuna frase è detta casualmente. Il timbro è crudo e diretto e strizza l'occhio al realismo più moderno. Le scene più tristi lasciano subito spazio a quell più buffe e grottesce. La decadenza(della città e del potagonista) è sempre presente ma "ben portata".
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SfUmture felliniane (vedi l'attesa opera dell'artista come in otto e mezzo).... Il quadro è quello un po' tetro di una città scintillnte solo in apparenza che dietro i suoi grandi fasti nasconde squallide vivacità e perverse abituini spesso troppo mal celate. Il nonsenso è solo apparente perchè mai nessuna frase è detta casualmente. Il timbro è crudo e diretto e strizza l'occhio al realismo più moderno. Le scene più tristi lasciano subito spazio a quell più buffe e grottesce. La decadenza(della città e del potagonista) è sempre presente ma "ben portata".
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la druga
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sabato 28 dicembre 2013
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il grande film
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Definirei questo film come una delle punte massime raggiunte dal cinema italiano negli ultimi dieci anni almeno (seppur non sia, questo, un così difficile traguardo da raggiungere, considerando la gran parte delle pellicole che le produzioni nostrane ci riservano).
Si tratta indubbiamente di un'opera di grande potenza estetica: la regia e la fotografia sono curate nei minimi dettagli, senza sbavature, le inquadrature calcolate al centimetro.
La bravura di Toni Servillo, poi, è indubbia e ogni scena conferma la sua straordinaria naturalezza e capacità di incarnare un personaggio sino al midollo.
Sorrentino con questo film dà uno schiaffo a Hollywood e alla pretenziosa aspirazione dei registi d'oltre oceano di raccontare il cuore di una città unica, complessa, millenaria, come Roma.
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Definirei questo film come una delle punte massime raggiunte dal cinema italiano negli ultimi dieci anni almeno (seppur non sia, questo, un così difficile traguardo da raggiungere, considerando la gran parte delle pellicole che le produzioni nostrane ci riservano).
Si tratta indubbiamente di un'opera di grande potenza estetica: la regia e la fotografia sono curate nei minimi dettagli, senza sbavature, le inquadrature calcolate al centimetro.
La bravura di Toni Servillo, poi, è indubbia e ogni scena conferma la sua straordinaria naturalezza e capacità di incarnare un personaggio sino al midollo.
Sorrentino con questo film dà uno schiaffo a Hollywood e alla pretenziosa aspirazione dei registi d'oltre oceano di raccontare il cuore di una città unica, complessa, millenaria, come Roma. Accende per l'ennesima volta i riflettori sulla città eterna, ma lo fa in un modo inedito, presentandone il lato oscuro e disincantato, quello di una classe alto borghese svuotata, insensata, priva di ogni slancio verso la vita: è tutto un succedersi di personaggi, quasi figuranti, che scivolano via tra un'inquadratura e l'altra, così come scivolano, giorno dopo giorno, nel piattume della loro esistenza.
Jep, il protagonista, è uno scrittore senza ispirazione, dedito alla mondanità e al chiacchiericcio, che si muove nella notte romana tra festini, sedute di botox e locali per adulti. Ma ormai 65enne inizia ad considerare con più distacco tutto questo, diventandone passivo e disilluso spettatore.
Solo la nostalgia del passato sembra essere la cura all'inedia del presente: è da lì che si deve ripartire, per raggiungere la Grande bellezza.
In breve, un film che merita e che forse sarebbe stato perfetto tralasciando qualche riferimento di troppo al cinema felliniano, unica nota un pò stonata e ridondante che mi sento in vena di sottolineare.
Per il resto, che Oscar sia.
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essepì
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venerdì 27 dicembre 2013
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noiosissimo, ridondante, inutile
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150 minunti difficilmente sopportabili. Questo è il cinema italiano che portiamo agli Oscar??!!!
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onufrio
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venerdì 27 dicembre 2013
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la dolce vita 2.0
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Dalle angeliche voci mattutine di un coro di donne, si passa alla sera sotto le note di una Carrà remixata in una festa di compleanno per il 65esimo anno dello scrittore Jap Gambardella, in cui gli ospiti sono una macedonia, un miscuglio di gente da giovani a vecchi, in cui trionfa il grottesco, la provocazione, il frivolo. Passano così le giornate di Jap, impegnato nelle sue feste mondane e nei salotti in discussioni con falsi intellettuali, andando a dormire quando gli altri si alzano. Sorrentino ci descrive la Roma del nuovo millennio, che ha ormai dimenticato la Dolce Vita felliniana, che parla parla ma non ascolta, e sopratutto non capisce e non risponde ai problemi della nostra umanità, come il cardinale che alla fede preferisce la cucina, genitori che non capiscono i propri figli ignorando il più delle volte la serietà della questione, una classe sociale che non vede gli evidenti problemi che ha davanti ai propri occhi, passandoci sopra con aria stralunata; e se nello sguardo della bambina di Fellini sul finale della Dolce Vita, c'era uno spiraglio di speranza nel futuro, ebbene quella stessa bambina la potremmo ritrovare già donna matura in questo ambiente Sorrentiniano, mescolata tra quella gente quasi a testimoniare un fallimento di una intera generazione.
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Dalle angeliche voci mattutine di un coro di donne, si passa alla sera sotto le note di una Carrà remixata in una festa di compleanno per il 65esimo anno dello scrittore Jap Gambardella, in cui gli ospiti sono una macedonia, un miscuglio di gente da giovani a vecchi, in cui trionfa il grottesco, la provocazione, il frivolo. Passano così le giornate di Jap, impegnato nelle sue feste mondane e nei salotti in discussioni con falsi intellettuali, andando a dormire quando gli altri si alzano. Sorrentino ci descrive la Roma del nuovo millennio, che ha ormai dimenticato la Dolce Vita felliniana, che parla parla ma non ascolta, e sopratutto non capisce e non risponde ai problemi della nostra umanità, come il cardinale che alla fede preferisce la cucina, genitori che non capiscono i propri figli ignorando il più delle volte la serietà della questione, una classe sociale che non vede gli evidenti problemi che ha davanti ai propri occhi, passandoci sopra con aria stralunata; e se nello sguardo della bambina di Fellini sul finale della Dolce Vita, c'era uno spiraglio di speranza nel futuro, ebbene quella stessa bambina la potremmo ritrovare già donna matura in questo ambiente Sorrentiniano, mescolata tra quella gente quasi a testimoniare un fallimento di una intera generazione. Non c'è dubbio, il film è da Oscar.
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davide lr
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giovedì 26 dicembre 2013
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senza audio diventa uno spot di d&g lungo 2 ore...
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Con i dialoghi, ci troviamo a guardare un film che non ha contenuto. Un involucro che riveste il nulla; composto dalla ricerca di una pura estetica a tratti onirica e a tratti satanica. La vanità è il peccato preferito di John Milton-Satana-Al Pacino non a caso. Putroppo alla vanità non corrisponde sempre la bellezza, anzi...
La grande bellezza sono gli esseri umani vivi, non questa élite decandente di persone morte dentro. Dei cessi con i loro vizi, sfarzi e lussi fini a se stessi. Sorrentino ha cercato il bello nel posto sbagliato.
Unico spiraglio genuino: il pianto di Gambardella al funerale (riferito all'amica prossima alla morte, per chi non l'avesse capito) e il sentimento sincero di Alfredo con la donna polacca; così' come il primo amore di Gambardella, il cui ricordo gli consente di iniziare a scrivere il nuovo libro.
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Con i dialoghi, ci troviamo a guardare un film che non ha contenuto. Un involucro che riveste il nulla; composto dalla ricerca di una pura estetica a tratti onirica e a tratti satanica. La vanità è il peccato preferito di John Milton-Satana-Al Pacino non a caso. Putroppo alla vanità non corrisponde sempre la bellezza, anzi...
La grande bellezza sono gli esseri umani vivi, non questa élite decandente di persone morte dentro. Dei cessi con i loro vizi, sfarzi e lussi fini a se stessi. Sorrentino ha cercato il bello nel posto sbagliato.
Unico spiraglio genuino: il pianto di Gambardella al funerale (riferito all'amica prossima alla morte, per chi non l'avesse capito) e il sentimento sincero di Alfredo con la donna polacca; così' come il primo amore di Gambardella, il cui ricordo gli consente di iniziare a scrivere il nuovo libro.
Questo film è come un'opera d'arte contemporanea.
Vi siete mai chiesti perchè alle mostre di arte contemporanea troviamo solo borghesotti e patrizi nullafacenti che si atteggiano a grandi conoscitori dello scibile?
In buona sostanza non mi ha trasmesso nessuna emozione.
Prodotto appena corretto, 2 stelle: una per Toni Servillo e una per la bella fotografia di Roma.
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chiattillo
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giovedì 26 dicembre 2013
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2 ore di emozioni
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Questo é un film che merita di essere visto e rivisto, per assaporarne le sfumature, lo straordinario talento di Toni Servillo, la poesia delle immagini di una Roma capace di far morire di bellezza, l'incanto della musica che non riesci piú a fare a meno di ascoltare... In una parola "superlativo".
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intothewild4ever
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sabato 21 dicembre 2013
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la grande bravura...di un attore
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"La Grande Bellezza" descrive la solitaria vita di un giornalista, famoso per aver scritto un unico libro di successo anni addietro, e che ora vive la sua amorfa vita "patinata", circondato da falsi amici ed immerso in quella vecchia ed immortale madre sconcia, che è la città di Roma.
Inutile cercare una vera e propria trama in questo film, perché non ne ha. Sorrentino fa una sorta di omaggio non omaggio (stili simili ma molto differenti) a Federico Fellini ed il suo "La Dolce Vita", trasponendo la surreale e Fellininana Roma degli anni '60 al giorno d'oggi, facendone una altrettando surreale ma stavolta "Sorrentiniana" Roma contemporanea.
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"La Grande Bellezza" descrive la solitaria vita di un giornalista, famoso per aver scritto un unico libro di successo anni addietro, e che ora vive la sua amorfa vita "patinata", circondato da falsi amici ed immerso in quella vecchia ed immortale madre sconcia, che è la città di Roma.
Inutile cercare una vera e propria trama in questo film, perché non ne ha. Sorrentino fa una sorta di omaggio non omaggio (stili simili ma molto differenti) a Federico Fellini ed il suo "La Dolce Vita", trasponendo la surreale e Fellininana Roma degli anni '60 al giorno d'oggi, facendone una altrettando surreale ma stavolta "Sorrentiniana" Roma contemporanea.
Il film ha due grossi pregi, ovvero quello di mostrare allo spettatore i luoghi forse meno conosciuti di Roma (ma non per questo meno belli rispetto ad altri), ed il pregio di regalarci una sontuosa performance attoriale da parte del solito Toni Servillo, la quale vale da sola il prezzo del biglietto (e chissà, magari un Oscar?); per quanto riguarda i difetti, si riscontra qualche piccolo eccesso di eccentricità in alcune scene e magari la mancanza di una più strutturata trama.
Ottima la recitazione generale degli altri attori (persino da parte della Ferilli, complice forse anche il personaggio particolarmente adatto alle sue corde), e buona anche la prova di Verdone, che dopo decenni si sgancia finalmente dai soliti personaggi stereotipati e ripetitivi che si affibia nei suoi film.
Probabile protagonista alla notte degli Oscar, un film da godersi senza aspettarsi finali a sorpresa o una storia indimenticabile.
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