
I film della selezione ufficiale (sulla carta) fanno gioire i cinefili e dimostrano che il cinema è in ottima salute. Soprattutto quello italiano.
di Paola Casella
È un programma bomba, quello della 78esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, al Lido dal dall’1 all’11 settembre: quantomeno sulla carta, farà tremare i polsi a Cannes e gioire i cinefili di tutto il mondo. “Ci ha sorpreso la qualità media complessivamente più alta del solito, come se la pandemia fosse serviti a stimolare la creatività di tutti”, ha osservato il Direttore Artistico Alberto Barbera. “Questo mi fa sentire ottimista sullo stato di salute generale del cinema, nonostante le obiettive difficoltà”.
GLI ITALIANI DELLA MOSTRA
In concorso ben cinque italiani, ma di un livello così elevato che la loro presenza appare giustificata non dall’emergenza Covid ma dalla qualità degli autori e delle proposte. Più sei titoli fuori concorso (La scuola cattolica di Stefano Mordini; il terzo film di Leonardo Di Costanzo Ariaferma, in chiusura della Mostra, Il bambino nascosto di Roberto Andò; Viaggio nel crepuscolo di Augusto Contento; i due documentari musicali DeAndré#DeAndré di Roberta Lena ed Ezio Bosso: le cose che restano di Giorgio Verdelli); quattro fra Orizzonti e la sua nuova “espansione” Orizzonti Extra (Atlantide italiano di Yuri Ancarani, Il paradiso del pavone di Laura Bispuri, La ragazza ha volato di Wilma Labate, e La macchina delle immagini di Roland Sejko) e due Eventi Speciali: Le 7 giornate di Bergamo di Simona Ventura e Il cinema al tempo del Covid, video diario commissionato dalla Biennale ad Andrea Segre per raccontare l’edizione 2020 della Mostra.
“È la fotografia di un momento di grazia in cui cineasti già affermati sembrano in grado di esprimersi al meglio, altri si annunciano punti di riferimento sicuri per il cinema di domani”.
I titoli italiani in concorso sono l’attesissimo Freaks Out di Gabriele Mainetti che secondo Barbera “omaggia grandi autori come Fellini, Leone e Spielberg rimanendo personalissimo e originale”; È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino, prodotto da Netflix, che “ricostruisce i tragici eventi che hanno portato alla morte dei genitori del regista e l’elaborazione del lutto che ne è seguita, spingendolo a trasferirsi a Roma”.
Nel cast anche Toni Servillo, che sarà a Venezia con ben tre film, fra cui Qui rido io di Mario Martone, che mette in scena la figura di Eduardo Scarpetta, capostipite dei comici napoletani di inizio secolo scorso, dove “Servillo giganteggia in mezzo a un cast di caratteristi straordinari”; America Latina dei fratelli D’Innocenzo, che “stanno scalando le vette del cinema italiano collocandosi fra gli autori più discussi in assoluto”, con protagonista unico Elio Germano; e Il buco di Michelangelo Frammartino, a 11 anni da Le quattro volte, un film che per Barbera ha “la purezza di un diamante, e una cura maniacale del suono e delle immagini straordinaria”.
I GRANDI RITORNI
Gli altri titoli in concorso sono il preannunciato Madres Paralelas di Pedro Almodovar al suo grande ritorno dopo l’ultima sua presenza in concorso nel 1988, una storia tutta al femminile con superprotagonista Pénélope Cruz, che aprirà la Mostra; Mona Lisa and the Blood Moon di Ana Lily Amirpour, la regista di The Bad Batch che qui “gioca con i codici di più generi, offrendo il ritratto coloratissimo e funky ambientato a New Orleans di una ragazza dagli strani poteri fuggita da una clinica per malattie mentali”; Stéphane Brizé torna a Venezia con Un Autre Monde, terzo capitolo della sua trilogia sul mondo del lavoro - il migliore secondo Barbera - offrendo un ribaltamento di prospettiva: “le difficoltà di operai e sindacalisti alle prese con un mercato cinico e brutale vengono rappresentate dal punto di vista del direttore di un’impresa costretto dalla nuova proprietà a scelte drammatiche”. Protagonista è l’attore feticcio di Brizé, Vincent Lindon.
DALLA LETTERATURA AL CINEMA
Molti i film in concorso tratti da testi letterari: The Power of the Dog di Jane Campion dal romanzo di Thomas Savage, “duro e spiazzante, con un grande cast compreso Benedict Cumberbatch in un ruolo complesso e anche ingrato”; L'événement di Audrey Diwan, giovane regista francese di origine libanese, da "L’evento" di Annie Ernaux, in cui l’autrice ha raccontato in prima persona il suo aborto clandestino nella Francia anni Sessanta , “un film a volte anche sgradevole con una grande attrice protagonista, Ana Maria Vartolomei; Illusions Perdues di Xavier Giannoli, basato su "Illusioni perdute" di Balzac che narra le vicende di un aspirante scrittore in cerca di successo a Parigi, con un cast che che comprende Gérard Depardieu, Cécile de France, Xavier Dolan e Vincent Lacoste; e The Lost Daughter, esordio alla regia dell’attrice Maggie Gyllenhaal, fresca dell’esperienza di giuria a Cannes, tratto dal romanzo di Elena Ferrante "Storia della bambina perduta", con Olivia Colman alle prese con i fantasmi del passato e un cast fra cui Dakota Johnson, Peter Sarsgaard e la nostra Alba Rohrwacher.
TANTI TITOLI DALL'AMERICA LATINA
Dall’America Latina arrivano Sundown di Michel Franco con Tim Roth e Charlotte Gainsbourg, “un racconto che fa perno sull’inquieta visione del mondo del regista e produttore messicano; Spencer del cileno Pablo Larrain che qui naviga ancora in territorio anglosassone ricostruendo il weekend in cui la Principessa Diana decise di divorziare da una famiglia che non sopportava più. Il film viene presentato nell’anno dell’anniversario di nascita della principessa e vede protagonista annunciatissima Kristen Stewart; Competencia Oficial, terzo passaggio al Lido per i registi argentini Gaston Duprat e Mariano Cohn il cui ultimo titolo in concorso, Cittadino illustre, valse la Coppa Volpi a Oscar Martinez. Questa volta il film sarà “una presa in giro del narcisismo di attori e regista, con la sceneggiatura brillante e irresistibile del fratello di Gaston, Andrés, e un trio di star in stato di grazia: Penelope Cruz, Antonio Banderas e lo stesso Martinez”; infine La Caja segna il ritorno al Lido del venezuelano Lorenzo Vigas, vincitore del Leone d’oro alcuni anni fa con il suo film di esordio, Ti guardo.
I FILM DELL'EST EUROPA
Dall’Est Europa arriva invece il polacco Leave No Traces di Jan P. Matuszynski che “prova che il cinema politico non è defunto, raccontando la morte di un giovane in seguito alle percosse subite dopo un ingiusto arresto da parte delle forze di polizia comuniste”; mentre “il regime stalinista fa da sfondo alla vicenda in Captain Volkonogov Escaped, i cui registi Natasha Merkulova e Aleksey Chupov “erano nel 2018 a Orizzonti con The Man Who Surprised Everyone; infine Reflection dell’ucraino Valentyn Vasyanovych, il cui esordio, Atlantis, vinse la sezione Orizzonti nel 2019 e fu candidato agli Oscar per il suo Paese, analizza “con grande potenza e intensità dello sguardo l’orrore della violenza della guerra con scene che disturberanno qualche spettatore - ed è bene che siano avvertiti”.
DAL RESTO DEL MONDO
On The Job 2 è il film con cui il filippino Erik Matti, che “viene dalla serie B soft core, dalle parodie dei film di supereroi, l’horror e il poliziesco compie in concorso il salto verso serie A, con una denuncia della corruzione che dilaga nel suo Paese. Un film barocco ed eccessivo che ci ha divertiti e conquistati, a cavallo fra cinema di genere e d’autore”; infine il ritorno alla Mostra di Paul Schrader con The Card Counter, che tratterà si suoi consueti temi - colpa, redenzione e desiderio di vendetta - con Oscar Isaac al vertice di un triangolo morale sullo sfondo del campo di prigionia di Guantanamo.
LE GRANDI MAJOR FUORI CONCORSO
Se Schrader è l’unico regista statunitense nel Concorso ufficiale, la presenza dei film americani nel Fuori concorso è massiccia. “Major come Warner Bros, Disney e Universal ci hanno affidato alcune loro grandi anteprime mondiali”. A cominciare dal titolo di apertura, Dune, “nuovo capitolo filmografia entusiasmante di Denis Villeneuve, un superspettacolo con un cast stellare ed effetti speciali mai visti”; per proseguire con Old Henry, “un western classico ma non nostalgico con Tim Blake Nelson, rielaborazione del mito non troppo lontana dal Clint Eastwood di Unforgiven”; The Last Duel di Ridley Scott con Matt Damon, Adam Driver e Jodie Comer nel ruolo della vittima di una violenza sessuale nel Medioevo, “una storia raccontata da tre punti di vista, come in Rashomon; Last Night in Soho di Edgar Wright, “un musical con scene oniriche coreografate e musicate in maniera travolgente e una rivisitazione del lato oscuro della Swinging London che sfocia in un finale da film horror”, con due grandi protagoniste: la “regina degli scacchi” Anya Taylor-Joy e Thomasin McKenzie, già apprezzata in Senza lasciare traccia (guarda la video recensione) e Old; infine Halloween Kills, 13esimo episodio della saga horror, diretto come il precedente da David Gordon Green che sta già girando anche il capitolo successivo, vedrà come al solito protagonista quella Jamie Lee Curtis che riceverà al Lido il Leone d’Oro alla carriera.
I NUMERI DI QUESTA EDIZIONE
Miste le notizie riguardo alla presenza femminile nel cinema: le registe nel concorso principale sono cinque contro le otto dello scorso anno. “Nel 2020 erano il 28% delle presenze registiche totali alla Mostra, quest’ anno il 26%, a conferma che il lungo periodo di rallentamento produttivo dettato dalla pandemia ha pesato più sulla componente femminile”, ha osservato Barbera, mantenendo fermo l’impegno della Mostra “verso una parificazione di genere che tutti auspichiamo”. In compenso imperversano le storie tutte al femminile e le tematiche relative alla violenza contro le donne e alla discriminazione di genere, segno che questi temi di grande attualità si confermano centrali nell’agenda dei selezionatori (e delle selezionatrici) della Mostra.
Moltissimi infine i film che superano le due o anche le tre ore: “Sarà forse l’influenza delle serie: dovrò farci qualche riflessione”, conclude Barbera.
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