Titolo originale | Un autre monde |
Anno | 2021 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Francia |
Durata | 96 minuti |
Regia di | Stéphane Brizé |
Attori | Vincent Lindon, Sandrine Kiberlain, Anthony Bajon, Marie Drucker, Guillaume Draux Olivier Lemaire, Christophe Rossignon, Valérie Lamond, Jérôme Soufflet, Isabelle Rufin. |
Uscita | venerdì 1 aprile 2022 |
Tag | Da vedere 2021 |
Distribuzione | Movies Inspired |
MYmonetro | 3,66 su 24 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 28 marzo 2022
Un uomo a capo di un'industria comincia a mettere in discussione il suo lavoro e la sua intera vita. In Italia al Box Office Un altro mondo ha incassato 2,6 milioni di euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Philippe Lemesle dirige nella provincia francese un'azienda di elettrodomestici appartenente a un gruppo internazionale. Per far fronte alla concorrenza, all'ennesima crisi e alle esigenze dei suoi superiori, che vorrebbero sul tavolo un piano di licenziamento impossibile da attuare, manda a rotoli la sua vita. La moglie, trascurata, vuole il divorzio, il figlio, ossessivo compulsivo, ha bisogno di cure psichiatriche. Tirato da ogni parte, Philippe non sa più come soddisfare gli affetti e assolvere i doveri. Tra incudine e martello, dovrà decidere se eseguire il piano di mobilità o trovare una maniera di aggirare l'obbligo. Dovrà decidere se adeguarsi o fare la differenza.
C'è una storia vecchia come l'ineguaglianza, quella dell'uomo comune costretto a lottare contro un potere più grande di lui.
Di nuovo in guerra, di nuovo al fianco di Vincent Lindon, questa volta accomodato alla scrivania e dall'altra parte della barricata, Stéphane Brizé evoca il reale con la potenza drammaturgica del cinema. Lo sguardo generico dell'informazione sui lavoratori si trasforma nei suoi film in interesse per gli individui e per le loro ragioni. Sindacalista ieri, dirigente oggi, Vincent Lindon deve trovare il modo di spiegare ai suoi dipendenti la legge del mercato e ai suoi superiori la paura legittima dei lavoratori, perché è il loro avvenire a essere in gioco. Avvenire ridotto alle sue componenti più elementari: dove vivranno, di cosa vivranno, come alleveranno i loro bambini... Fuori dall'azienda intanto il mondo, il suo, sta implodendo. Philippe Lemesle prova a tenere tutto insieme, prova soprattutto a usare una lingua più umana contro il linguaggio del fatalismo e della matematica. Ma non basta. Attaccato dai suoi collaboratori, che chiedono a gran voce la sua protezione, e minacciato dai suoi superiori, che esigono subito dei risultati, si ritrova solo e al centro di una lotta impari. Le truppe intanto si dispongono intorno a lui per le grandi manovre: offensiva o controffensiva che sia. Non ha l'aria di un dibattito Un autre monde ma di una guerra. Piantato in una terra di nessuno senza più parole e senso dell'altro, il personaggio di Vincent Lindon incarna una crisi intima e mette in evidenza le ferite che provoca la logica del capitalismo, le cicatrici che lascia, anche sull'avversario.
Sempre in scena, sempre incollato alla scrivania, il protagonista non riesce a uscire dallo spazio confinato che ha creato il conflitto sociale. Sull'altare dell'azienda ha sacrificato tutto quello che gli era più caro e adesso non ha modo di fuggire lo scacco, deve incassare lo choc e attenersi ai suoi obiettivi. Sul corpo di Lindon, che ama abitare le storie rivelatrici di una realtà sociale, pesa un'altra volta la legge del mercato. Chiuso dentro l'ufficio e il sistema, il protagonista non riesce più a ritagliarsi margini di libertà. L'intimo è divorato tutto intero dal mercato. Tuttavia, se le opere precedenti mostravano che non viviamo affatto in un mondo ideale, il nuovo film di Brizé dimostra che un altro mondo è possibile. Philippe Lemesle, integrato nel sistema, riafferma dentro al sistema la sua singolarità. Certo l'autore mette in difficoltà il suo protagonista, che parla poco e ascolta tanto. Possiamo sentire il problema di coscienza che lo rode e che il ruolo di leader gli impone. Perché il capitalismo spreme anche la dirigenza come limone. Dopo la violenza inflitta ai poveri dentro un supermercato (La legge del mercato) e dopo quella fatta ai dipendenti (In guerra), Brizé esce dalla dialettica capi crudeli e lavoratori gentili per indagare qualcosa di più grande, per osservare il sistema dal di dentro, nello spazio in cui convivono operai e dirigenti. E in quello spazio la vita sembra perdere il suo senso, perde senso il lavoro, perdono senso le relazioni. Brizé descrive il lato perverso di una liberalizzazione ultraliberale che rende impossibile vivere agli operai come ai dirigenti, spinti a eseguire piani economici di cui conoscono in anticipo l'impraticabilità. Tutto in nome della redditività a breve termine degli azionisti che rifiutano di vedere l'uomo dietro i fogli Excel. Un autre monde è praticamente il controcampo di In guerra, abitato da un Vincent Lindon sindacalista che si oppone alla chiusura della sua fabbrica. Brizé termina probabilmente qui il suo viaggio nel mondo del lavoro, disegnato come una Passione contemporanea. Un autre monde fa provare fisicamente quel calvario, prendendo le misure dell'indifferente crudeltà del sistema e di una società che si accomoda su quella tragedia. E di quella tragedia, il regista ascolta le parti in causa, gli uomini e le donne, le vittime e i carnefici, i pro e i contro. I suoi ultimi titoli finiscono per costituire una trilogia ideale. Ogni film sembra essersi costruito sul precedente, e grazie al precedente, attraverso gli incontri e alle (tante) domande sollevate. Mostrare e analizzare è il metodo di Stéphane Brizé. Fedele alle sue abitudini, inscrive nell'intrigo un dilemma morale e assolda intorno al corpo di Vincent Lindon un cast amatoriale, rinforzando la coerenza dei suoi propositi e creando interstizi per i suoi personaggi al di là dello schermo. Nel mondo altro del regista, reagiscono due corpi a priori estranei: la fiction e la dura realtà sociale. Ed è il personaggio finzionale a portare più libertà e a sbloccare l'impasse, sottolineando il potere del cinema di condurci a quella libertà.
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Film drammaticamente esemplare sulle aberrazioni della rincorsa al profitto, all'"efficienza aziendale", sull'asservimento schiavizzante al totem del "mercato" che calpesta esistenze e dignità. La grandezza sta nel raccontare tutto ciò non con il format della denuncia sociale, ma seguendo il tormentato percorso personale di chi realizza poco alla volta la necessit&a [...] Vai alla recensione »
Il film UN ALTRO MONDO di Stéphan Brizé può lasciare lo spettatore interdetto e confuso, a tal punto dal risolverlo rapidamente commentando che si tratta della battaglia, perdente, del singolo, troppo buono, contro il sistema (un calvario). Philippe Lemesle (uno splendido Vincent Lindon), direttore di una fabbrica di elettrodomestici appartenente a una multinazionale, dovrebbe [...] Vai alla recensione »
un attore sempre centrato nella parte , gran bel film su un argomento quanto mai reale ,molto cerebrale mai banale...
Il dirigente di stabilimento Philippe Lemesle si trova davanti a un bivio personale e professionale. Il suo matrimonio è ormai al capolinea e il figlio è ricoverato in una struttura a causa di numerosi problemi psichici, mentre la multinazionale per la quale lavora vuole che in breve tempo presenti una ristrutturazione aziendale che riduca il personale di 58 unità.
Stéphane Brizé, con la chiusura del trittico sul lavoro, esegue un'operazione peculiare e unica nel cinema del nostro tempo, che appare più nitida arrivati alla fine del percorso. Ed è un'operazione che acquista senso da una contraddizione fertile, ovvero dalla coincidenza tra due spinte contrarie che in teoria sarebbero inconciliabili: l'astrazione e l'umanità.
"Un altro mondo" non è un film spettacolare o di grandi star, ma un film francese sul mondo del lavoro, con un grandissimo interprete come Vincent Lindon e un regista come Stéphan Brizé che ci ha abituati ad analisi spietate sul mondo del lavoro contemporaneo. Ma a differenza dei precedenti "La legge del mercato" e "In guerra", "Un altro mondo" non dirige il focus sulla classe operaia o sugli emarginati, [...] Vai alla recensione »
La libertà ha un costo, e ha un prezzo. Lo sa Philippe Lemesle (Vincent Lindon), che in sette anni ha passato solo due fine settimana con Anne (Sandrine Kiberlain) e con i loro due figli. Glielo rinfaccia lei, seduta di fianco al suo avvocato. Forse ancora lo ama, ma a cinquant'anni gliene restano da-vanti meno di quanti ne ha alle spalle. Vuole il divorzio.
Stéphane Brizé è recidivo. Nel 2015 ha diretto "La legge del mercato ", raro film sui precari che si poteva vedere senza noia. Era cinema, ben scritto e magnificamente recitato da Vincent Lindon, cinquantenne senza lavoro che trova un posto da guardia giurata, e deve denunciare le cassiere che fanno la cresta sui buoni sconto. Nel 2018 ha diretto "In guerra ", esperimento di cinema-verità con lavoratori [...] Vai alla recensione »
Dirige una fabbrica di elettrodomestici nella provincia francese; Philippe Lemesle deve però rendere conto a una multinazionale che, nonostante i proclami, pensa solo al profitto. Anche a costo di tagliare il personale, con l'alibi perenne della crisi. Philippe cerca un compromesso, perché sa che il personale è già ridotto all'osso, dati i ritmi di lavoro e gli obiettivi ambiziosi imposti dall'alto. [...] Vai alla recensione »
Terzo episodio della trilogia del lavoro secondo Brizé autore e Lindon mattatore, dopo La legge del mercato (2015), dove si facevano i conti con la fatica di trovarlo il lavoro, e In guerra (2018), cronaca di difesa del posto tra striscioni cortei e scioperi. Qui Lindon mette giacca e cravatta e, con quella faccia un po' così, da duro con le rughe, pare già un manager d'azienda (elettrodomestici) [...] Vai alla recensione »
Philippe Lemesle e la moglie stanno per separarsi perché il loro matrimonio è irrimediabilmente logorato dalle pressioni del lavoro di lui, mentre lei ha già fatto pesanti rinunce. Dirigente di un grande gruppo industriale, l'uomo non sa più come soddisfare le richieste incoerenti e disumane dei suoi superiori: ieri lo hanno assunto per essere un manager, oggi lo vogliono tagliatore di teste.
Il festival "Rendez Vous", dedicato al nuovo cinema francese, è ormai una tradizione consolidata. Iniziato il 30 marzo a Roma, dove ha messo radici nel morettiano cinema Nuovo Sacher, farà tappa anche alla Cineteca di Bologna, a Torino e a Napoli. Mai come quest'anno la rassegna evidenzia, per contrappunto, la carestia di nuovo cinema italiano. Non c'è traccia da noi ad esempio di quella ricerca [...] Vai alla recensione »
Inutile girarci intorno. Dalla Francia del grande schermo, al momento, abbiamo solo da imparare. Non a caso, siamo sempre costretti a rincorrere, spesso facendo remake di loro film. Con risultati spesso brutti, pallide fotocopie degli originali. Ecco, il futuro meglio evitare di rifare questo Un altro mondo, da domani nelle sale. Innanzi tutto perché non abbiamo uno Stéphane Brizé, capace di raccontare [...] Vai alla recensione »
In concorso a Venezia, Un autre monde completa la trilogia di Stéphane Brizé (La legge del mercato, In guerra) sulla disumanizzazione del lavoro in era neoliberista. Dopo il disoccupato e il sindacalista, Vincent Lindon presta il suo talento e la sua faccia stanca a Philippe Lemesle, quadro di un'impresa affiliata a un grosso gruppo americano. Benché abbia mantenuto alti produttività e profitti come [...] Vai alla recensione »
Con Vincent Lindon nei ruoli di operaio e sindacalista, Stephane Brize aveva già realizzato due ottime pellicole - La legge del mercato (2015) e In guerra - che con piglio di verità affrontavano il tema dello sfruttamento della classe lavoratrice da parte di un capitalismo globalizzato sempre più spietato. In Un altro mondo, ultimo capitolo di un'ideale trilogia, il punto di vista si sposta sul lato [...] Vai alla recensione »
Foto appese su una parete che rimandano a felicità perdute e a sorrisi che ora si sono trasformati in espressioni contratte, imbarazzate, incredule. Già, perché il passato di Anne e Philippe si è congelato. Non è più materia fluida che scorre nel presente, ma solo un oggetto cristallizzato da usare per recriminazioni e accuse. In uno studio di avvocati si parla di proprietà e redditi, di rivendicazioni [...] Vai alla recensione »
Oltre lo specchio. Sul fronte opposto. In guerra, dunque, ma non negli occhi e sui corpi degli operai. In Un altro mondo. Quello di un manager locale di una multinazionale (ancora un Vincent Lindon che è il film, il quinto con Stéphane Brizé), che riceve il mandato, dai suoi superiori, di tagliare il personale, per assecondare un disegno produttivo troppo grande, troppo globale per fottersene del piccolo, [...] Vai alla recensione »
Philippe Lemesle (Vincent Lindon) è un dirigente. La cinepresa ce lo presenta in grande stile, ovvero: in piena seduta di divorzio. La roulette gira vorticosamente, generando senza tregua immagini ridotte a numeri ormai privi di valore. Nel giro dei primi dieci minuti, le tessere del domino si susseguono con velocità inaudita, lasciando cadere una moglie distrutta, due avvocati agguerriti, un marito [...] Vai alla recensione »
In guerra, oltre lo specchio. Non a partire da un fatto di cronaca, ma comunque dentro la realtà del lavoro. Un film di fiction basato su ricerca documentaria. E dunque: un manager locale di una multinazionale, il mandato di tagliare il personale, i corpi dei dipendenti come numeri, una proposta per essere sul serio, in quella cantilena neoliberista, «sulla stessa barca»: tagliare i bonus dei dirigenti, [...] Vai alla recensione »
Ancora una volta Brizé e Vincent Lindon ci catapultano nel mondo del lavoro, non tanto per un'ossessione visiva o politica, quanto piuttosto per ascoltare le voci che da questo mondo provengono, come momenti essenziali dentro la vita di ognuno di noi o effetti collaterali di un sistema sempre più pervasivo e via via sempre più spietato che non permette alle nostre vite di funzionare a dovere, ormai [...] Vai alla recensione »
È noto che il cinema di Stéphane Brizé sia un cinema d'attori. Perciò, per alcuni irriducibili, "vecchio stile". È un po' meno noto invece che questo stesso cinema, così attoriale e così irriducibilmente d'attori, acquisti una posizione d'immagini e anche morale proprio grazie agli attori. Perché è a partire dall'attore che Brizé cerca il suo punto di vista, suo cioè in quanto autore.
Ultima giornata del Concorso, che va a chiudersi con un caotico e fluviale poliziesco asiatico e la nuova puntata, rigorosa e convincente, di Stéphane Brizé sul mondo del lavoro, con l'ennesima prova monumentale di Vincent Lindon, al quale speriamo non scippino la Coppa Volpi, dopo aver vinto il premio attoriale cannense sei anni fa per "La legge del mercato".
Il lavoratore, il sindacalista, ora il dirigente d'azienda: Vincent Lindon completa il trittico di personaggi del mondo del lavoro e Stéphane Brizé (regista capace di tutto, anche di "fughe" nella letteratura classica, come Una vita da Guy de Maupassant, sempre a Venezia qualche anno fa) inserisce a pieno diritto la sua opera all'interno del sottogenere di riferimento, che da I compagni di Monicelli [...] Vai alla recensione »
C'è l'inferno nella testa di Vincent Lindon. Il suo volto si stacca da tutto il resto: la famiglia, il lavoro, i dipendenti. Resta lì, da solo, anche quando si trova con gli altri o nei momenti in macchina. Che rumore hanno i suoi pensieri? Sono gli stessi di Thierry, la guardia giurata di La legge del mercato? Quando si astrae, entra nell'altro mondo del titolo.
Il manager di uno stabilimento si trova a dover gestire le richieste del quartier generale di licenziare il 10% dei suoi lavoratori. In precario equilibrio a causa di tensioni lavorative e familiari, cerca di trovare un punto di equilibrio per salvare i suoi impiegati, ma trova di fronte a sé un muro nei suoi superiori. Stéphane Brizé realizza il terzo film della sua trilogia di critica alla disumanità [...] Vai alla recensione »
Dopo La legge del mercato (2015) e In guerra (2018), il regista francese Stéphane Brizé conclude la trilogia sul mondo del lavoro con protagonista Vincent Lindon: se i primi due sono passati in Concorso a Cannes, Un autre monde trova la competizione a Venezia 78. A parte la collocazione, il terzo capitolo muta la prospettiva, ovvero inquadra il lato padronale della barricata: guardia giurata nel primo, [...] Vai alla recensione »
A parte l'inglese Ken Loach, solo i francesi sanno parlare così bene al cinema del lavoro. La tradizione è antica, ma direi che la conferma, l'ennesima, venga dall'ultimo titolo in concorso alla Mostra: "Un autre monde" di Stéphane Brizé, e per fortuna uscirà in Italia con Movies Inspired. È il terzo capitolo di un'ideale trilogia sui temi del lavoro, tra precarietà e sfruttamento, delocalizzazioni [...] Vai alla recensione »