|
Ultimo aggiornamento lunedì 18 luglio 2022
La storia di Scarpetta, che fu padre naturale di Titina, Eduardo e Peppino De Filippo, e dedicò tutta la sua vita al teatro. Il film ha ottenuto 10 candidature e vinto 2 Nastri d'Argento, 14 candidature e vinto 2 David di Donatello, In Italia al Box Office Qui rido io ha incassato 1,6 milioni di euro .
CONSIGLIATO SÌ
|
Eduardo Scarpetta, popolare e smisurato capocomico, vive per il teatro e per mantenere i suoi figli. Numerosi e (il)legittimi si passano come un testimone Peppiniello, personaggio simbolico di "Miseria e nobiltà". Tra una sfogliatella e una scappatella, Scarpetta crea il moderno teatro napoletano e una famiglia allargata, un magnifico intreccio di energie e talento che cresce sul palcoscenico e incrementa nel talamo. In gioventù ha sposato Rosa De Filippo, di cui riconosce il figlio illegittimo, Domenico, e con cui concepisce Vincenzo e Maria, in segreto ha avuto una relazione con Anna, sorellastra di Rosa, da cui ha già avuto due figli. Ma è Luisa, nipote di Rosa, l'amore di cui ha più appetito e da cui nascono Titina, Eduardo e Peppino. Mattatore che non conosce limiti e creanza, scrive "Il figlio di Iorio" per burlarsi del D'Annunzio ("La figlia di Iorio") ma il poeta non apprezza e lo querela. Sulla scena del tribunale dovrà vedersela con giudici e detrattori. Parodia o plagio?
Qui rido io è una questione di paternità, biologica e artistica. È una questione di 'plagio', illegittima appropriazione della paternità di un'opera. È 'faccenda', insomma, di vincoli affettivi ed effetti legali.
Mario Martone, uomo di cinema e di teatro che si confronta ogni giorno con gli attori, i testi e le epoche, rintraccia la poesia semplice dell'opera di Eduardo Scarpetta e disegna il profilo del padre naturale e artistico di Titina, Eduardo e Peppino De Filippo, nomen nescio all'anagrafe.
Coglie l'artista agli inizi del Novecento quando la sua 'maschera' (Felice Sciosciammocca) è in crisi e il cinema brilla di mille fuochi. Ad altezza di bambino, il punto di vista è quello di Eduardo De Filippo, appena promosso al ruolo di Peppiniello, Martone osserva la sua singolare origine di figlio d'arte. Figliastro o nipote, Eduardo chiamava 'zio' Eduardo Scarpetta, che tradiva la moglie Rosa De Filippo con la nipote acquisita, Luisa De Filippo. Da questa ingarbugliata genealogia si sarebbero ramificate due famiglie parallele, tre figli legali da una parte (Domenico, Vincenzo e Maria Scarpetta) e tre figli illegali dall'altra (Titina, Eduardo e Peppino De Filippo), educate per incontrarsi a teatro.
Alla maniera di Eduardo (De Filippo), Martone sposta sul piano del 'palcoscenico' le definizioni del rapporto di Scarpetta con i suoi figli. L'artista napoletano incarna le abitudini da patriarca dentro un film che rileva l'abuso patriarcale, da cui nasce come un paradosso una bottega familiare e una quantità di testi e tessiture teatrali che si intrecciano, permangono, si ricorrono, si trasformano, si rigenerano fino a determinare nuove soluzioni.
Qui rido io tira un filo della trama misurando la propria invenzione drammatica con quel gioco combinatorio di napoletanità e respiro universale che furono le creazioni degli Scarpetta-De Filippo. A partire da Morte di un matematico napoletano, Martone crea a ritmo lento (qui vivace con brio) un'opera cinematografica ambiziosa, resistente, tragica, legata all'irredentismo della sua città natale dentro un paesaggio italiano (sempre) in ambasce.
La Napoli di Scarpetta è per Martone l'emblema di un'Italia più vasta, il repertorio di tutte le emozioni del mondo e la lente attraverso cui analizzare a fondo il rapporto tra il singolo e la società, tra genitori e figli. La parola canta e le canzoni declamano dentro uno spettacolo che celebra Napoli, il suo splendore e le sue miserie, la sua umanità irriducibile e barocca. Per una tale impresa serviva un attore-mostro, una risata enorme, rabelesiana. Toni Servillo vive da sempre nel mondo di Scarpetta e di De Filippo, è lo specchio di quel mondo, una città aperta. Come Napoli è un teatro en plein air, dove corpo e lingua vanno insieme. Dietro al trucco interpreta un predatore sessuale che possiede e disprezza le donne, un avventuriero prima che un padre e un marito. Sul palcoscenico è 'Felice', un personaggio contenitore fuori dal tempo, perché Scarpetta non concettualizzava, era un pittore di emozioni non un architetto di riflessioni.
Martone osserva il quadro d'epoca, raccoglie le prove e le lascia interagire, dando 'na voce al segreto di Eduardo De Filippo, che viveva la sua nascita come una vergogna, e alla rassegnazione muta delle donne, perennemente ingravidate, che troveranno domani la forza di Filumena Marturano. La 'prostituta' che sovverte i codici borghesi e forma una famiglia dove il principio di paternità legittima perde il suo significato.
A ossessionare lo Scarpetta di Martone è il desiderio di essere riconosciuto, la volontà che "Il figlio di Iorio", parodia della tragedia pastorale di D'Annunzio difesa in tribunale da Benedetto Croce, perito di parte, venisse 'riconosciuta'. Disattesa resta la frustrazione legittima dei figli illegittimi, invitati a partecipare soltanto a un apprendistato artistico e professionale.
Frammentato e intimo, eccessivo e ludico, il film tradisce più una sconfitta che una conquista, ribadendo una relazione padre-figlio esclusivamente scenica. Qui rido io è la storia tragicomica di un capocomico-patriarca e di una compagnia di figli-nipoti, che a turno ripetono la parte: "Scarpetta m'è pate a me".
QUI RIDO IO disponibile in DVD o BluRay |
DVD |
BLU-RAY |
||
€9,99 | – | |||
€9,99 | – |
Qui rido io, attraverso il ritratto di Eduardo Scarpetta, intende rendere omaggio a quella tradizione del teatro napoletano che fondò il suo successo sull’attorialità prorompente ed irresistibile dei suoi grandi interpreti. L’attore, in quel teatro oramai scomparso, ha il sopravvento sul testo e trasforma un canovaccio, una pochade tradotta in farsa, in un’esperienza [...] Vai alla recensione »
Martone scrive una pagina della storia del cinema, raccontando le vicende di una delle più famose famiglie del teatro italiano a cavallo tra il XIX ed il XX secolo. Nelle vicende della famiglia Scarpetta/De Filippo si intrecciano molti personaggi noti e meno noti del panorama culturale italiano e partenopeo dell'epoca, come Gabriele D'Annunzio, Benedetto Croce, Salvatore Di Giacomo, Libero Bovio.
Qui Rido Io, di Mario Martone, è una rievocazione della causa di plagio intentata da Gabriele D’Annunzio verso Eduardo Scarpetta per la parodia, da quest’ultimo messa in scena, de La Figlia di Iorio del drammaturgo. Quindi una ricostruzione storica con personaggi molto noti, oltre ai due citati anche Benedetto Croce che interviene a favore di Scarpetta, [...] Vai alla recensione »
Mario Martone realizza un delizioso omaggio alla memoria di Eduardo Scarpetta, grande protagonista e interprete del teatro popolare napoletano dell’inizio del secolo scorso. La parte del grande artista viene interpretata dal solito Toni Servillo, perfettamente a suo agio nella parte del capo comico, istrionico e trascinatore. E la storia va avanti, benissimo, sempre sul solco del divario tra [...] Vai alla recensione »
Uno straordinario Toni Servillo, nella sua forse più straordinaria interpretazione per livello di difficoltà, impersona uno dei maggiori drammaturghi del teatro italiano. Dalla vita privata controversa, passata tra più donne, molti figli (tra cui i grandi De Filippo) e una fiera consapevolezza della propria arte.Parliamo di Eduardo Scarpetta, che Mario Martone ci mostra con il suo consueto taglio. Vai alla recensione »
In un periodo di film basati su effetti speciali e su trame surrealistiche, la biografia si Eduardo Scarpetta ci riporta nel crudo e semplice mondo del teatro popolare napoletano di fine '800. Bella sceneggiatura, sapiente regia e ottima recitazione di tutti i protagonisti del film, soprattutto i bambini che recitano il ruolo dei giovani De Filippo.
Sulla bravura di Toni Servillo non ho mai avuto dubbi, ma nell’ultimo di Mario Martone, “Qui rido io”, è davvero sensazionale. Quale alternativa al cinema in un piovoso sabato sera? Direi proprio nessuna. D’altronde è da tempo che mi promettevo di andare a vedere questo ultimo lavoro, o per meglio dire, capolavoro di Martone sulla vita di Eduardo Scarpetta.
Sabato sera al cinema: un piacere ritrovato e un bel film che non volevamo perdere. La storia di una parte della vita di Eduardo Scarpetta, grande commediografo e attore, grande famiglia sia perché numerosa e mista sia per i grandi figli noti nel mondo per la loro bravura e loro opere. Un film fatto con passione, immagini dai colori stupendi, primi piani profondi, sentimenti, paure, problemi [...] Vai alla recensione »
Un nostro amico definisce “straripante” Toni Servillo, nel film Qui rido io, nel ruolo di Eduardo Scarpetta; e così doveva essere l’interpretazione dell’uomo di teatro che con le sue commedie imperniate sul personaggio Felice Sciosciammocca avrebbe dovuto cancellare la memoria di Pulcinella dalle scena teatrale comica della Napoli popolare.
Dopo un anno e mezzo torno finalmente al cinema e la paura di scegliere un film non all'altezza è svanito subito. Le vicende artistiche e familiari di Scarpetta e della sua variegata famiglia ti conquista dalle prime scene. Chi conosce un pò la storia di Scarpetta e dei De Filippo apprezzerà al meglio quanto raccontato, grazie anche ad una recitazione di Servillo e di gran parte degli attori fantastica. [...] Vai alla recensione »
QUI A NAPOLI SI RIDE ; SI PIANGE SI VIVE. Quando un regista maturo , come ormai è Mario Martone, ricordando le iniziali e seguenti sue regie teatrali, si impossessa del linguaggio cinematografico, allora diventa inevitabile ricondurre nel cinema, l’esperienza della scena teatrale, la coralità e la immediatezza della recitazione [...] Vai alla recensione »
Solo un napoletano verace può restituirci i molteplici e contradditori aspetti della sua città e Martone lo sa fare con un bell’equilibrio tra popolare e colto. Eduardo Scarpetta è il perno sul quale ruota la vita teatrale della città. Non del tutto semplice seguire le complicate vicende dei rapporti parentali frutto di esperienze di letto plurime a cui [...] Vai alla recensione »
Eccellente affresco della società napoletana a cavallo fra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, la pellicola offre la rivisitazione di un’epoca e di una vicenda che hanno lasciato un’impronta indelebile nella storia del nostro Paese. Il film va inquadrato sotto tre aspetti: il profilo storico degli avvenimenti narrati, la concezione della famiglia e la napoletanit&ag [...] Vai alla recensione »
Nel 2021 s torna alla vita. Ma in modo ingannevole. Superata la fase del “tutti a casa, guai a uscire se non per fare la spesa o andare in ospedale”, ci si ritrova a camminare per le strade guardando da sopra le mascherine gli altri con sospetto, in-consapevoli portatori di malattia, in attesa di un vaccino che appare come un salvagente a un universo di naufraghi Anche l’industria [...] Vai alla recensione »
Dopo quasi due anni varcare la soglia di un cinema è davvero emozionante ..la sala perfettamente pulita...personale gentile audio che avevo dimenticato così come lo schermo...Ancora più sconvolgente è l'assenza del pubblico.. quattro persone in sala alla prima del QUI RIDO IO di Mario Martone.
Qui Rido Io trasporta sullo schermo l’epopea di Eduardo Scarpetta. Un’opera che inquadratura, dopo inquadratura, mette in scena la vita e gli amori del più importante commediografo partenopeo. Tra compagne, amanti, colleghi, amici, nemici, figli legittimi e illegittimi, la vita di Eduardo Scarpetta è un’epifania di volti.
Siamo dalle parti dello sceneggiato Rai 1. Così si disabitua lo spettatore al vero cinema.
Mi ha incollato al video: grazie Martone! Toni Servillo: sei un mostro sacro della recitazione! Da vedere assolutamente!
Sicuramente Servillo, che anche a me piace tantissimo, è (ormai) diventaato un nuovo mostro sacro dell'italico cinema. E questo non si discute. Ma non tutte le ciambelle riescono sempre col buco e non sempre i mostri sacri azzeccano i lavori adatti a loro. Certo, anche in questo "Qui rido io" Servillo da sfoggio di tutta la sua potenzialità, ma è come dare ad un [...] Vai alla recensione »
Un film che ben ripresenta la vita geniale e travagliata del grande attore teatrale Eduardo Scarpetta e della Napoli del tempo, richiamando alle simpatiche espressioni tipiche napoletane e alla musica e canzoni partenopee. Utile la traduzione in italiano. Nota dolente: alcune scene scabrose che ne sconsigliano la sua visione al pubblico.
Film ben fatto anche se un po' lungo e bravissimi tutti gli attori. Racconto che vuol essere celebrativo del teatro e di una certa identità napoletana, ma cupo perché acritico rispetto alla crudeltà e profonda violenza insite nella "napoletanità" che è il focus del film. Le mostra ma si limita a farlo in modo ambiguo, rendendole in fondo accettabili come parte inevitabile della tradizione.
Non solo la storia di Scarpetta, ma una immersione nell’anima profonda di Napoli che ti lascia la nostalgia e il desiderio di tornarci al più presto.
Martone ci dona un altro bel film, serio e necessario come sempre è nelle sue corde. La sceneggiatura, volendo raccontare troppo, finisce per risultare un po' indecisa e dispersiva. Recitazione diseguale ed è proprio Servillo, alla prova che più sembrerebbe ritagliata su di lui, che mostra il suo limite: bravissimo attore, non grande.
Un film che insegna. Non tutti conoscono il grande Eduardo Scarpetta, soprattutto fuori Napoli. Questo film, con uno splendido cast, in primis Servillo, racconta storia, cultura, letteratura.
Sarà un mio limite ma non ho compreso le intenzioni dell'autore: la ricostruzione storica che ostenta, fa a pugni con una colonna sonora che attinge al repertorio canzonettistico anni '50. Il linguaggio tra il vomerese e il casertano fa sbellicare dalle risa chi ha memoria dei suoni autentici. La mia non è nostalgia né rigore filologico, per carità, ma allora perché non usare l'italiano, piuttosto [...] Vai alla recensione »
Bella rievocazione storica del teatro e della Napoli ottocentesca. Attorno alla figura di Scarpetta uomo/artista/imprenditore ruota tanto del teatro napoletano e non solo. L'affresco è senza dubbio godibile e riuscito. A tratti si avverte qualche lungagine, compensata da dialoghi memorabili come quello tra Scarpetta e Benedetto Croce.
Ho trovato Qui rido io di Martone un film straordinario. Dove tutto é liquido e assume forme originali scorrendo liberamente da una categoria all'altra: dalla vita al palcoscenico, dalla famiglia al tradimento, da Pulcinella a Sciosciammocca, dalla contraffazione alla parodia, dall'arte alla filosofia, dal teatro al cinematografo, dallo schermo alla platea.
È come se Martone avesse predisposto un museo, non classico o normale, ma ideato da un genio visionario come Antoni Gaudì. Disponendo gli ambienti per ospitare la Commedia, che non sarà divina, ma non è neppure del tutto terrena, è napoletana, con tutto ciò che può significare se esplori in profondità quella foresta. E Mario non ha neppure bisogno di un Virgilio accompagnatore, gli basta Martone, perché nessuno conosce quel mondo come lui. Nella vicenda di Eduardo Scarpetta, avvolta nella napoletanità più completa, il regista ha potuto esprimere tutte le sue attitudini, che sono, oltre al cinema, il teatro, la scrittura, e una visione estetica che ha espresso in un sortilegio che accorpa la Napoli dei rioni, delle magioni borghesi, degli sprazzi di mare, degli interni urlanti, soprattutto dei palcoscenici delle stagioni incantate del divo Scarpetta, verso la fine dell’ottocento.
E Martone si concede un promemoria quasi completo, proprio all’inizio, quando rappresenta "Miseria e nobiltà", il titolo-mito del comico, nei panni di Felice Sciosciammocca, il suo alter ego.
Un ambiente del museo Gaudì può ospitare la famiglia di Scarpetta, mogli, amanti, figliolanza più che allargata: da neonati a giovanotti. Tutti tenuti d’occhio e indirizzati. Scarpetta era il padre dei De Filippo, che comunque non riconobbe mai. I 133 minuti del film danno molte possibilità all’autore. Il tema centrale è il famoso processo che D’Annunzio intentò a Scarpetta per il plagio della sua opera "La figlia di Iorio". Il processo diventa un caso-pretesto per contrapporre due culture opposte. Si schierano “contro” giganti dello spettacolo e della scrittura come Salvatore Di Giacomo, Libero Bovio e Roberto Bracco, fautori di un’arte napoletana popolana ma seria, mentre Scarpetta è solo un attore che fa ridere. Ma col comico si schiera Benedetto Croce, nientemeno, che proprio perché Scarpetta fa ridere su un testo nato drammatico, non è dunque condannabile. L’imputato, in tribunale, si difende alla sua maniera, da attore comico, è intelligente e travolgente. Fa ridere tutti i presenti, giudice compreso, riuscendo persino a mettere in ridicolo il grande vate D’Annunzio. E viene assolto.
La musica, il canto, la parola. Martone usa la musica come un attore protagonista, che non si limita al normale tappeto di sostegno delle colonne classiche. La musica sono le grandi canzoni napoletane che accompagnano il racconto integrate come una chimica. Ce ne sono molte inserite, puntuali, aderenti al momento del racconto. Sì, c’è anche della scaltrezza. Un momento esemplare: Scarpetta cammina nel buio nei vicoli e arriva la voce di Murolo che canta "Voce ’e notte". Quanti punti portano allo spettacolo, e al cuore, questi versi di Salvatore Di Giacomo? "Si 'sta voce te scéta 'int' 'a nuttata. Mentre t'astrigne 'o sposo tujo vicino... Statte scetata, si vuó' stá scetata, Ma fa' vedé ca duorme a suonno chino".
E poi la lingua napoletana, attraverso quelle voci di attori, che sono a loro volta strumenti musicali come gli archi e gli ottoni. Il tutto in quel paese delle meraviglie, figuriamoci per un Martone, che sa sistemare ogni cosa.
E mi pare di aver visto, nella “pittura” del regista qualche richiamo alla magnifica Scuola napoletana di due secoli prima. Con contrasti cromatici e momenti di espressione che dettarono pittura in quelle stagioni. Certo con costumi e scenari diversi. I nomi sono quelli di un Fabrizio Santafede, o di un Massimo Stanzione. Ma forse è una mia suggestione, non so se lo è anche di Martone. Glielo chiederò.
Titina, Eduardo e Peppino, li vediamo bambini e ragazzi. Peppino è il più ribelle, percepisce di non essere amato come gli altri. Scarpetta cerca di farlo recitare ma lui salta giù dal palcoscenico, scappa. Vuole la libertà, lo dice. Lo blocca Eduardo, gli dice: “Quella è là la tua libertà! “E gli indica il palcoscenico. “I tre fratelli” raccontato i titoli di coda “furono la compagnia più popolare d’Italia, mentre Eduardo è stato uno dei più grandi autori di teatro del mondo”. Ma lo sapevamo.
E poi Toni Servillo. La mano magica del regista. Non ci sono aggettivi per lui. Occorre inventarne.
Per l’istantanea della poesia, del sentimento, della cultura, dello sberleffo, della morale-amorale, del colore, del folclore, dell’antropologia, Scarpetta e il suo mondo sono lo strumento perfetto. Nelle mani dello strumentista migliore. Qui rido io. Capolavoro.
«Com'è la sala?», chiede Eduardo Scarpetta (Toni Servillo) prima di entrare in scena. «Come sempre, piena», gli viene risposto nella prima sequenza di Qui rido io, il film di Mario Martone in concorso a Venezia 78 e dal 9 settembre in sala per 01 Distribution. Siamo nell'Italia di inizio Novecento, e il grande commediografo, capocomico, patriarca partenopeo è al culmine del successo.
Prima di avvicinarsi all'ultima opera di Martone, è utile ricordare due cose di uno dei suoi film precedenti, Noi credevamo. Una ha a che fare con la forma, l'altra col contenuto. Il lungometraggio del 2010 sposava l'opinione diffusa secondo cui l'unificazione sia stata una sorta di colonizzazione del Sud, da parte del Nord. Lo stesso presupposto informa Qui rido io.
"Non mi sono mai piaciuti gli attori che si divertono più fuori del palco che sul palco", dice il grande capocomico napoletano Eduardo Scarpetta, interpretato da Toni Servillo, in Qui rido io. Se Scarpetta l'avesse pensata veramente così avrebbe approvato senz'altro la grande, sfacciata e sgargiante biografia che gli ha dedicato Mario Martone. Tutti i personaggi infatti sembrano divertirsi molto trasferendo [...] Vai alla recensione »
Non si può dire che, nell'ultimo decennio, la filmografia di Mario Martone non possieda una profonda coerenza interna, la quale si articola su alcuni temi precisi - direi, per esempio, il rapporto tra arte e politica o l'interesse per la biografia/psicologia degli artisti come Leopardi ne Il giovane favoloso (2014, https://www.closeup-archivio.it/venezia-71-il-giovane-favoloso), osservati e scrutati [...] Vai alla recensione »
Il cinema di Mario Martone è attraversato da costanti che, pur evolvendo, di film in film riemergono, tanto da poter costituire un temario di impressionante coerenza. Pensiamo al rapporto padre/figlio che da L'amore molesto passando per Noi credevamo e Il giovane favoloso arriva fino al recente dittico eduardiano composto da Il sindaco del rione Sanità e Qui rido io: in ciascuna di queste tappe (di [...] Vai alla recensione »
Va visto. Va assolutamente visto Qui rido io di Mario Martone, il primo film italiano in concorso a Venezia a essere distribuito nelle sale. Va visto perché dà la temperatura estetica ed emotiva di una cinematografia italiana che si è presentata al Lido in stato di grazia e con tutte le carte in regola per far ritrovare a tutti noi il piacere e l'incanto del cinema.
L' ultimo re di Napoli non si chiamava Borbone ma Eduardo Scarpetta (1853-1925). I suoi spettacoli facevano il tutto esaurito e avevano ammiratori illustri come Gorkij e Croce. Alcuni suoi testi, "Un turco napoletano", "Miseria e nobiltà", "Il medico dei pazzi", sarebbero diventati film con Totò. La sua villa sopra Napoli, con la celebre scritta "Qui rido io", era celebre per il lusso e le feste. Vai alla recensione »
La Napoli di Paolo Sorrentino - pittoresco parentado, baronesse, Luisa Ranieri che si spoglia sulla barca irritando il marito e attirando gli sguardi, Maradona e il suo culto - appare silenziosa e cartesiana rispetto alla ricchezza ( quasi bulimica) di insistita napolitudine accumulata da Mario Martone in "Qui rido io". Eduardo Scarpetta aveva fatto scrivere la frase su Villa Santarella, così battezzata [...] Vai alla recensione »
Ci sono le quinte del teatro e ci sono le quinte di una famiglia. Col suo nuovo film, in anteprima a Venezia e ora in sala, Qui rido io!, Mario Martone unisce in un abbraccio queste due quinte, con i loro misteri, e dirige un film tradizionale mai digitale ma coi soli effetti speciali dei sentimenti e del teatro. Qui rido io!, frase che svetta dal 1889 sulla villa al Vomero del popolarissimo artista [...] Vai alla recensione »
È un film obliquo, Qui rido io. Un'opera che trova il suo vero respiro più nella sua declinazione trasversale che in quella diretta. D'accordo, è un film su Eduardo Scarpetta, sul suo astro nell'olimpo partenopeo e anche nazionale d'inizio Novecento. Ma è anche un film su molte altre cose, che hanno a che fare immancabilmente con tutto il cinema di Mario Martone e dunque con questioni che riguardano [...] Vai alla recensione »
Mario Martone torna, dopo Il sindaco del Rione Sanità, in Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia e questa volta lo fa con un'opera in cui ancora più profondamente cinema e teatro si sfiorano e intrecciano fino a fondersi, coerentemente con la storia che ha scelto di raccontare. Qui rido io prende il via da un filmato in bianco e nero del 1898 di Louis e Auguste Lumière, il cinematografo era stato [...] Vai alla recensione »
La storia di Eduardo Scarpetta, il grande attore comico che, ad inizio del secolo scorso, con il personaggio di Felice Sciosciammocca, fece la sua fortuna, rivive nel biopic di Martone. Interessante che lo faccia raccontando le sue vicissitudini personali più di quelle artistiche, tra figli riconosciuti e non, compresi i tre De Filippo. Sullo sfondo, anche la memorabile causa intentatagli da D' Annunzio. [...] Vai alla recensione »
Eduardo Scarpetta, le sue due famiglie, i figli legittimi e illegittimi (cioè Eduardo, Peppino e Titina), la causa per plagio intentatagli da D' annunzio. Il teatro e la famiglia che si specchiano l' uno nell' altra. Martone racconta questa storia ricostruendo perfettamente le dinamiche teatrali e raccontando il privato come se fosse, a sua volta, una eduardiana "cantata dei giorni dispari".
"Per tutta la vita il grande Eduardo De Filippo non volle mai parlare di Scarpetta come padre ma solo come autore teatrale. Quando suo fratello Peppino lo ritrasse spietatamente in un libro autobiografico, Eduardo gli levo` il saluto per sempre. Venne intervistato poco tempo prima di morire da un amico scrittore: "Ormai siamo vecchi, e` il momento di poterne parlare, Scarpetta era un padre severo o [...] Vai alla recensione »
Positiva giornata, si torna al sereno. Due film in Concorso convincenti, uno di derivazione partenopea, tra teatro e vita; l'altro incastrato tra le crudeltà della guerra del Donbass, teatro di morte. E fuori concorso un B-movie che si permette di rimescolare la storia di Billy the Kid. "Qui rido io" trova ancora Mario Martone sulle giuste e accordate sonorità del rapporto tra teatro e cinema, teatro [...] Vai alla recensione »
Siamo al principio del '900, anno più anno meno, e il re di Napoli si chiama Eduardo Scarpetta (Toni Servillo). Patrono dei botteghini, icona più che consapevole di un teatro popolare, verace e divertito, l'alto e il basso insieme, un gusto per la messa in scena che ben conosce la parentela scandalosa tra risata e sofferenza. Miseria e nobiltà è una buona sintesi di quest'arte, Scarpetta lo sa bene [...] Vai alla recensione »
La vita è teatro, un'estensione della scena, la Commedia Umana di cui parlava Balzac : è la chiave stilistica con cui Mario Martone affronta l'archetipo del teatro popolare italiano, Eduardo Scarpetta, nel suo "Qui rido io", in concorso a Venezia. E' il coraggio di misurarsi con i padri, quelli reali - come fa Sorrentino - e quelli artistici -come fa Martone - il vero segnale di svolta che arriva dai [...] Vai alla recensione »
All'apice del successo, Eduardo Scarpetta si muove a Napoli come una specie di sultano. Carrozze, gioielli, lussuose case di proprietà, fino alla villa "monumento" La Santarella, a via Vittorio Colonna, nel quartiere Chiaia. Un palazzo liberty sulla cui facciata sorge la scritta irriverente "Qui rido io". E poi i nove figli, nati da differenti relazioni, tre donne condivise in un regime di poligamia [...] Vai alla recensione »
Dietro la maschera. Ad inizio '900 il re incontrastato del teatro napoletano (e italiano) è Eduardo Scarpetta. Inventore del teatro dialettale, attore e commediografo, sbanca il botteghino grazie al personaggio di Felice Sciosciammocca (Miseria e nobiltà), personaggio capace di far dimenticare Pulcinella al pubblico partenopeo. Arrivista e ambizioso, il successo lo ha trasformato in un uomo ricchissimo: [...] Vai alla recensione »
Teatro e cinema. Storia e commedia umana. Musica... e Napoli. Qui rido io, «romanzo immaginario di Scarpetta e della sua tribù» è una colorata, umorosa e ben sorvegliata sintesi degli interessi e del mestiere di un cineasta colto, polivalente e soprattutto in ancor costante evoluzione. Con la biografia di Eduardo Scarpetta, miscela di cronache vere e di fatti immaginari ma possibili, Mario Martone [...] Vai alla recensione »
Ci si approcciava un po' come degli amanti delusi al cospetto del nuovo film di Mario Martone, Qui rido io, presentato in concorso a Venezia 78. Delusi prima dall'eccessivo didascalismo de Il giovane favoloso, poi dall'ambizione non risolta di Capri-Revolution, quindi dall'operazione cheap e sbrigativa de Il sindaco del rione Sanità. Delusione forse dovuta ad aspettative troppo alte, nate in seguito [...] Vai alla recensione »
Vero, Mario Martone è un habitué della Mostra, alla voce concorso. Solo per restare ad anni recenti: "Capri Revolution" nel 2018, "Il sindaco del rione Sanità" nel 2019, adesso "Qui rido io". Ma è anche vero che il regista napoletano costruisce film non prevedibili, spesso in bilico tra storia e arte, cinema e teatro; e questo nuovo, incentrato sulla figura di Eduardo Scarpetta (1853-1925), in qualche [...] Vai alla recensione »
Al Festival di Venezia oggi è sbarcato Qui rido io di Mario Martone, terzo titolo dei cinque italiani in concorso. A distanza di due anni dalla rilettura per il cinema de "Il sindaco del Rione Sanità", portato anch'esso al Lido, il regista prosegue con un altro omaggio alla tradizione teatrale partenopea. Ad aiutarlo nell'impresa, un Toni Servillo più in forma che mai, nei panni del grande attore [...] Vai alla recensione »