La grande bellezza |
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Un film di Paolo Sorrentino.
Con Pamela Villoresi, Franco Graziosi, Pasquale Petrolo, Serena Grandi, Maria Laura Rondanini.
continua»
Drammatico,
durata 150 min.
- Italia, Francia 2013.
- Medusa
uscita martedì 21 maggio 2013.
MYMONETRO
La grande bellezza
valutazione media:
3,36
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Agrodolce Romadi Dave SanFeedback: 5626 | altri commenti e recensioni di Dave San |
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venerdì 6 giugno 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Jep Gambardella (Servillo) è un giornalista disilluso che vive e lavora a Roma. In giovinezza, scrive un romanzo divenuto cult nel circuito. Oggi, è diventato un mondano e partecipa alle feste più scatenate che impazzano nella città eterna. Si dice un misantropo, una sorta di misantropo conviviale. Durante i salotti con i suoi amici e colleghi, imbarazza l’uditorio spiattellando le verità di fronte a chi si celebra troppo. L’incedere della trama sembra intenzionalmente lento, così come flemmatica è la voce di Gambardella, in e fuori campo. Visivamente la pellicola indugia sui monumenti, sulle ombre, sui volti, combinando questi componenti poeticamente. Le scene dei party, poi, hanno vita propria. Scenari che catturano inevitabilmente. Grotteschi quanto sfarzosi e sincronizzati. Non è sicuramente un film convulso e le immagini si susseguono spesso in ordine estetico più che temporale. A volte paludato, come l’Italia che sembra voler raffigurare il regista. Paradossalmente però, l’umanità ritratta da Sorrentino è spiritosa e non sempre sgradevole. Decadente ma a suo modo solare. Eccetto il fantomatico Giulio Moneta, gli altri non sono criminali. Vivono nel privilegio di una classe in crisi, nei valori più che nell’effettivo stile di vita. Non sembrano effettivamente dei rapaci. Dal canto loro, Jep in primis, tendono a compiangersi/re intensamente. Se i panni sporchi si lavano in famiglia, il cineasta ne mostra un po’ al mondo. Parlando a porte aperte, da Italiano, ad un’Italia non propriamente suburbana. Non mancano poi le gag facete. Suor Maria ispira la presa in giro e l’ammirazione allo stesso tempo. Comica e sublime, perché potente. Non poteva che ritirarsi in raccoglimento nelle stanze di Jep. Azzardando un paragone tra icone mediatiche nostrane, la Vita è Bella aveva un piglio patriota e partigiano. La Grande Bellezza è un ritratto languido e barocco della nostra borghesia. Un baluardo kitsch a fronte di un diffuso pragmatismo seriale probabilmente più praticabile. Motteggiando: se la processione di Sorrentino annaspa, il resto d’Italia non sembra un collettivo di Suor Marie.
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