The Deuce

   
   
   

Quella NY non per turisti Valutazione 4 stelle su cinque

di Dave San


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martedì 9 febbraio 2021

David Simon e James Franco (alias Vince & Frank Martino) generano una veduta in stile ‘Ventre di città’ sulla Time Square anni ’70-’80. La New York d’interesse però non richiama il romanzo Parigino. Né la NY di Clockers o la Wall Street di The Wolf, se pensiamo al cinema. Giocando e azzardando, si potrebbe immaginare un sodalizio tra queste pellicole e uno Showgirls, scritto da Pasolini.
Similmente ai lavori precedenti di Simon, le vicende dei personaggi e le loro anime s’intuiscono da sguardi, da gesti o frasi. Dalla situazione. Difficile trovare didascalie affianco alle scene. Si racconta la Deuce che cresce, matura e declina sotto i colpi della rivalutazione urbana. La visuale è dall’interno e gli intrecci svincolati da scene madri. Apparentemente...
Nell’ultimo episodio della seconda, Vincent entra nel suo club, sale le scale e attraversa la pista da ballo per accedere al bancone. Mentre osserva la folla danzante, la visuale si stacca verso l’alto regalandoci una panoramica “totale”. In chiusura della terza, Eileen (Maggie Gyllenhaal) interrompe le riprese sul set per commemorare l’assenza di Lori (Emily Meade). La telecamera si sposta a ritroso attorniandola della luce che arriva dai finestroni. A seguire la sigla di chiusura ci saluta in entrambe le scene. Si tratta di sequenze che elevano. Senza contare un set naturale qual è la Grande Mela. Il suo scenario urbano rende ‘mainstream’ anche un progetto audace e così approfondito.
Tornando alla trama, gli sfruttatori (i pappa) figurano come parte dell’ambiente, esercitando l’attività con le “loro” donne. I più inflessibili tra quelli, saranno presto spazzati dal tempo. La criminalità organizzata amministra come un’istituzione traversa, coordinandosi con i gestori (i Martino, Bobby “Bauer” e compagni). Tutto sotto il controllo di una polizia variegata e complicata. Eileen rappresenta forse l’evoluzione che s’insinua nelle dinamiche discriminatorie del business. Compie un passo avanti, attorniandosi di collaboratori preziosi (Harvey “Krumholtz”) e autogestendo la propria carriera.
The Deuce si unisce decisamente alle migliori serie del XXI. Mantiene un piglio “B side” improntato alle viscere dei fatti e limita all’essenziale gli artifici. Valorizzando anzi la vitalità congenita di una città pulsante. Fortunatamente le città d’America sono numerose. Ognuna con la sua storia…
 

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