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L’umorismo dei cartoon Groeniani è decisamente Pirandelliano. Spesso e volentieri sospende la riflessione a vantaggio di una sghignazzata liberatoria, più che bassamente cinica... Gli episodi di Futurama e Simpson tastano spesso questioni di vita, anche brucianti. Tuttavia non temono, neanche oggi, di essere faceti. Un atteggiamento brioso può procurare inimicizie da parte di segmenti che allora sembravano sottilmente relegati dai media (v. Itchy & Scratchy & Marge. Dicembre '90). Oggi quelli, sono diventati buona parte dei media. Senza lasciare un sentore di rivoluzione, sembrerebbe. Disincanto arriva in un momento in cui serve un po' di quel faceto “barely moral”. Non raggiunge i parossismi di South Park, né il “futurismo” iper-progressista di Futurama, ma di certo ci regala un fanta medioevo spassoso e gremito di personaggi bizzarri. Il feudalesimo di Dreamland ricalca i modelli storici. Raffigura la povertà e le malattie nelle classi meno abbienti. Allo stesso tempo dipinge i “dirigenti” come una nobiltà non per forza malvagia o indifferente. I due poli coesistono e convivono in un macrocosmo che è più o meno come ai giorni nostri. Trattandosi di un cartoon commedia non c’è da stupirsi che non indugi in squarci alla The Wire. Bean, Elfo e Luci sono personaggi riusciti e piacevoli. La narrazione non è episodica ma si spalma su una storia unica che congiunge le puntate. In stile serie tv. Si chiude con la scomparsa di un protagonista e con un cliffhanger succoso. I lavori di Groening e compagni inoltre diventano sempre più gradevoli alla vista. In un certo senso, ogni episodio di Disincanto è un viaggio. La cultura d’origine dei Simpson, il fantastico, lo strambo, il satirico, procedono anche qui con uno sguardo vagamente, visivamente lisergico. Ma corporeo allo stesso tempo.
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