La grande bellezza |
||||||||||||||
Un film di Paolo Sorrentino.
Con Pamela Villoresi, Franco Graziosi, Pasquale Petrolo, Serena Grandi, Maria Laura Rondanini.
continua»
Drammatico,
durata 150 min.
- Italia, Francia 2013.
- Medusa
uscita martedì 21 maggio 2013.
MYMONETRO
La grande bellezza
valutazione media:
3,36
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
|
||||||||||||||
|
||||||||||||||
|
|
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||
La dolce (e terribile) vita del Nuovo Millennio.di Great StevenFeedback: 70023 | altri commenti e recensioni di Great Steven |
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||
giovedì 20 aprile 2017 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
LA GRANDE BELLEZZA (IT, 2013) diretto da PAOLO SORRENTINO. Interpretato da TONI SERVILLO, CARLO VERDONE, SABRINA FERILLI, CARLO BUCCIROSSO, IAIA FORTE, ROBERTO HERLITZKA, SERENA GRANDI, ISABELLA FERRARI, PAMELA VILLORESI, GALATEA RENZI, FRANCO GRAZIOSI, GIORGIO PASOTTI, MASSIMO POPOLIZIO, SONIA GESSNER, ANNA DELLA ROSA, LUCA MARINELLI, IVAN FRANEK, VERNON DOBTCHEFF, LUCIANO VIRGILIO, GIUSI MERLI, ANITA KRAVOS, MASSIMO DE FRANCOVICH La Roma degli anni 2010, quella raccontata dagli occhi di Sorrentino, rispecchia molto da vicino la capitale festaiola e decadente che aveva osservato Fellini mezzo secolo prima ne La dolce vita. Con La grande bellezza, il regista premio Oscar (molto regalato) per questa pellicola non adotta il registro onirico del grande maestro del cinema riminese, ma preferisce consegnare un ritratto della povertà intellettuale e dello squallore umano che alberga negli animi dei piccoli uomini e delle piccole donne che popolano una città apparentemente ricchissima di fervore artistico, ma a conti fatti scevra di quella creatività fantasiosa che ci si aspetterebbe a giudicare il suo glorioso passato. Fra nobili decaduti, artisti concettuali, chirurghi plastici ricchi sfondati, latitanti in incognito, attori frustrati, commediografi senza più ispirazione, dame annoiate dell’alta borghesia, vescovi, politici e intellettuali autentici o presunti, c’è il sessantacinquenne Jep Gambardella, giornalista adorato dalla direttrice nana del suo quotidiano ed ex scrittore che ha abbandonato la penna dopo un romanzo giovanile, ritenuto un capolavoro, pubblicato quarant’anni prima rispetto al tempo della storia. Jep è talentuoso, misantropo, cinico, dalla parlantina loquace, visionario e ancorato ad un passato abbastanza doloroso, ma attaccato in modo ancor più viscerale alla mondanità romana, di cui egli stesso s’è detto desideroso di diventarne il re. Un quarantennio trascorso fra festini notturni nelle discoteche, drink tracannati a iosa, colloqui sterili con amici e colleghi e il lavoro di reporter che però non gli frutta le soddisfazioni ottenute con la sua prima e unica opera, L’apparato umano. Gli è amico Romano, il suo editore, uomo mammone, sentimentalmente fragile e con una storia d’amore sospesa fra tiremmolla, con aspirazioni deluse di drammaturgo e una fiducia incrollabile nel suo cliente principale. L’amicizia amorosa, ma platonica, che Jep stringe con Ramona, spogliarellista quarantenne che continua il suo lavoro malgrado la spietata e procace concorrenza, conosciuta mediante il padre di lei, suo amico di vecchia data, spingerà lo scrittore a riprendere in mano la penna e ultimare lo spasmodico secondo libro che non vede l’ora di venire alla luce. Il film ha suscitato forti critiche, molte di più da quando è stato premiato con l’Academy Award, e il paragone col capolavoro felliniano è saltato subito agli occhi dei critici più irriducibili. Un salto di cinquant’anni ha fatto però sentire il suo peso, questo è inevitabile. Sorrentino non mette troppa carne al fuoco e, con la complicità in sceneggiatura di Umberto Contarello, mette a nudo i mali italiani mediante il racconto della vacuità morale e della frivola inconsistenza che hanno iniettato nella cultura nostrana il germe della pigrizia, contribuendo al suo impoverimento e precipitandoci nell’abisso della noia e soprattutto della vita di rendita. I piccoli, numerosi personaggi di questo racconto (corale, il che gli conferisce una magnifica intelligenza) non producono più nulla e cercano di riagganciarsi ai fasti del passato, lodando le qualità dei giganti o, tutt’al più, tentando di emularne le gesta con sordide imitazioni. L’unico ad avere talento è, naturalmente, Jep (un T. Servillo con spiccato accento partenopeo, che recita splendidamente sia sopra che sotto le righe e regala al pubblico un personaggio profondo e contraddittorio), ma i suoi interlocutori spesso non sono da meno, salvo sprecare le doti innate con la ricerca di una felicità inesistente, l’approdo a gioie fugaci e insoddisfacenti, il divertimento fine a sé stesso e il senso comune di inutilità e desolazione. Spiccano, per come son riusciti a delineare due caratteri molto al di fuori delle loro corde abituali, l’editore di Verdone (finalmente non nelle vesti di una macchietta e libero dalla sua abituale nevrosi prorompente quando è attore-regista) e la disillusa streap-teaser della Ferilli, ancora un po’ troppo bambolona ma più brava del solito, e molto migliorata nella definizione psicologica. I contributi tecnici completano un quadro che finisce per diventare un affresco caleidoscopico di un intero modus operandi che nasconde la fatica e il successo attraverso il velo del disfacimento e della capziosità: la fotografia dell’infallibile Luca Bigazzi bacia i panorami del lungotevere con una leggerezza meravigliosa; il montaggio di Cristiano Travaglioli alterna il tempo presente con brevi ma intensi scorci nei trascorsi dei personaggi, anche e innanzitutto Jep; la scenografia di Stefania Cella rappresenta, tramite i luoghi rumorosi e spersonalizzanti, il riflesso esterno di un’incolmabile disperazione interiore; e, un ultimo elogio, in tal senso esplicativo e pure doveroso, va al trucco di Maurizio Silvi, alle acconciature di Aldo Signoretti e ai costumi di Daniela Ciancio. La mano di Sorrentino è comunque molto presente, e il sodalizio col suo attore-feticcio dà qui un esito mirabolante, permettendo ad entrambi di alzare il tiro alleggerendo l’atmosfera cupa del film con un gioco di squadra (coppia) che rispetta gli spazi di entrambi e stabilisce il più alto, sebbene non l’unico, punto a vantaggio dell’opera.
[+] lascia un commento a great steven »
|
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||
|
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Ultimi commenti e recensioni di Great Steven :
|
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||