Suburra - La serie

Film 2017 | Thriller,

Regia di Michele Placido, Andrea Molaioli, Giuseppe Capotondi. Una serie con Eduardo Valdarnini, Claudia Gerini, Giacomo Ferrara, Adamo Dionisi, Francesco Acquaroli. Cast completo Genere Thriller, - Italia, 2017, distribuito da Netflix. STAGIONI: 3 - EPISODI: 24

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Ultimo aggiornamento martedì 13 ottobre 2020

La Chiesa, lo Stato e la criminalità organizzata si scontrano, confondendo i limiti della legalità e dell'illecito nella loro feroce ricerca del potere.

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L'ascesa di tre giovani in una Roma nuda e dissoluta, culla di inconfessabili segreti.

La serie tv è ambientata alcuni anni prima lo scandalo politico realmente accaduto a Roma. Si intrecciano gli interessi della Chiesa, della politica corrotta e della criminalità organizzata, oltre che con le ambizioni degli imprenditori edili.

Episodi: 8
Regia di Andrea Molaioli, Giuseppe Capotondi, Piero Messina, Michele Placido.

Lunghezza azzeccata, volti giusti, tutto realistico. Eppure (anche) alla stagione finale manca qualcosa, e Suburra riesce a metà

Recensione di Ilaria Ravarino

Un grosso affare risveglia la criminalità romana, ansiosa di mettere le mani sul denaro in arrivo per un nuovo Giubileo. L'alleanza fra Aureliano Adami e Spadino Anacleti minaccia da vicino il favorito nella partita, il temibile Samurai, ma l'ingresso in campo del politico Amedeo Cinaglia cambia drammaticamente le carte in tavola. A complicare la spartizione del territorio, già problematica, c'è il ritorno di Manfredi, fratello di Spadino, in apparenza disposto a sottostare alla nuova gerarchia familiare, ma segretamente desideroso di vendetta.

Suburra chiude la sua storia criminale allontanandosi nettamente dal film che la precede, con una terza stagione frettolosa ma densa di contenuti.

La lunghezza, azzeccata. I volti, sempre giusti. Gli ambienti, i costumi, tutto fotorealisticamente aderente alla realtà. Eppure Suburra riesce a metà. Come quel compagno di classe intelligente che non si applica, la terza stagione della serie passa l'esame ma lo fa con riserva, ingrossando le fila dei prodotti d'aurea mediocritas - una categoria talmente nutrita che meriterebbe un posto a parte nei cataloghi delle piattaforme.

Ispirata al romanzo omonimo di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini, e infedele prequel del Suburra di Stefano Sollima, la stagione finale di Suburra non riesce a superare i limiti che fin dall'esordio nel 2017 l'hanno fatta procedere col freno tirato, invece di ingranare la quarta (stagione): grande soggetto e piccole sceneggiature, ottime idee che si perdono per strada, spunti geniali che inciampano nella fretta di chiudere, di svoltare, di spiegare. Suburra passa agli orali - anche il pitch di questa stagione, a raccontarlo a voce, è pieno di belle occasioni - ma sullo scritto arranca. Perde centralità e ambizioni il personaggio di Aureliano Adami, qui in balia degli eventi fino all'imprevedibile scarto finale, ma è l'Amedeo Cinaglia di Filippo Nigro che scippa alla serie la sua occasione d'immortalità. Un personaggio potente, quello del politico che gioca al gioco dei grandi (criminali), con il disagio stampato sulla faccia da vinto che gli offre Nigro: quella sensazione che sia sempre fuori posto, un passo dal commettere l'errore fatale, che sia una gaffe o la sua stessa hubris. Un Walter White che perde il controllo, dicendo di "far tutto per la famiglia" quando è chiaro che fa tutto per sé, una figura la cui drammaticità rimane - purtroppo - solo su carta. La sua discesa agli inferi è calcolata, cadenzata da svolte più che telefonate: la trasformazione di Cinaglia in Heisenberg non è epica alla Breaking Bad, ma retorica da fiction generalista.

Sarebbe stato forse più giusto sacrificare un mondo, quello ecclesiastico che pure di questa stagione è la (corta) miccia, per concentrarsi sugli altri due: l'arco politico del nuovo Cinaglia, appunto, o lo scontro fratricida tra Spadino e Manfredi, il segmento più riuscito della terza stagione, con i personaggi di Giacomo Ferrara e Adamo Dionisi - esagerati ed estremi, sempre al limite della caricatura - a tenere viva la linea criminale, letteralmente morta al primo episodio.

Eppure il problema della terza stagione non è nella contrazione degli episodi, passati da dieci a sei. La misura anzi è quella giusta per non disperdere contenuto, mantenere il ritmo, concentrarsi sui fondamentali. La terza stagione di Suburra paga piuttosto gli eccessi delle precedenti, i tanti personaggi messi in campo, i troppi rubinetti rimasti aperti. Primo esperimento di Netflix in Italia, Suburra paga lo scotto del prototipo. Ma come accade a tutte le prime volte, è un esperimento destinato a restare nella storia. E magari a fare scuola.

Regia di Andrea Molaioli, Piero Messina.

La serie mantiene il suo fulcro ma diventa meno esplicita

Recensione di Andrea Fornasiero

Ritornano i nemici-amici Aureliano, Spadino e Gabriele, rispettivamente un malavitoso di Ostia, un membro di punta del clan degli zingari Anacleti e un ragazzo della Roma bene, figlio di un poliziotto, che alla fine della scorsa stagione è entrato in polizia a sua volta. Sulla capitale, nonostante i loro sforzi, continua però a regnare il Samurai, che cerca di manovrare il politico rampante Amedeo Cinaglia, candidato indipendente alle comunali e potenziale ago della bilancia in caso di ballottaggio. C'è poi Sara Monaschi, con i suoi agganci in Vaticano, interessata alla questione degli immigrati intesa anche come business del futuro. Manfredi, il fratello maggiore di Spadino è invece ancora in coma e così gli Anacleti sono governati da sua madre, inoltre entrano nella vicenda la poliziotta Cristiana, Nadia, figlia di un criminale di Ostia, e lo speaker radiofonico Adriano, che parla a un pubblico di sportivi e quindi popolare e trasversale.

L'affresco si allarga ed entrano temi tutt'ora caldissimi come la questione dei migranti e il suo rapporto con la sicurezza, ma al centro di Suburra - La serie rimane l'intrigo di potere tra malavita e politica, dove tutti i personaggi sono costretti a cinici compromessi.

È soprattutto questo ritratto disilluso e senza speranza a colpire di Suburra, sebbene la serie si sia fatta - senza più la regia di Placido - meno aggressiva, tanto che solo una scena di sesso è un po' esplicita e gli ammazzamenti sono meno brutali che in passato, quasi che la coproduzione di Rai Fiction questa volta abbia voluto farsi sentire di più.

Purtroppo la regia, soprattutto negli episodi di Andrea Molaioli, è spesso statica e scolastica, con una sequela di piani d'ambiente seguiti da campi e controcampi che mettono meccanicamente in sequenza le varie scene di dialogo fino ad arrivare a fine puntata. C'è del resto meno azione in questa nuova Suburra e più introspezione, cosa evidente fin dalla rinnovata struttura delle puntate: se nella scorsa annata gli episodi si aprivano con un flashforward che mostrava un momento critico e ineluttabile, per innescare la tensione, ora si inizia invece con un flashback, che svela il passato e cerca di dare profondità ai personaggi. Non mancano a tal proposito le ingenuità, per esempio quando un flashback viene dedicato a un personaggio secondario potete mettere la mano sul fuoco che proprio a quel personaggio succederà qualcosa di irreparabile verso la fine della puntata.

Inoltre la spietatezza del Samurai si attenua quando fa comodo alla trama, per evitare o per lo meno ritardare lo scontro con i giovani protagonisti. È però efficace e interessante come il rapporto tra malavita e politica si faccia ancora più intrecciato, in modo oltretutto piuttosto inedito: non è più questione solo di affari sporchi e corruzione, bensì dell'uso della criminalità a fini di propaganda, per diffondere un senso di insicurezza nell'elettorato e spingerlo verso posizioni più reazionarie. Il tutto, trattandosi di un prequel del film, avviene in un'era in cui i candidati ancora non passavano largo tempo sui social network o comunque i giornali non stavano a inseguire i loro tweet, quindi il ruolo della radio romana dove lavora Adriano è piuttosto cruciale in questo spaccato.

Qui però emergono anche alcuni limiti della serie, in particolare se la si confronta per esempio a Dogs of Berlin che non nascondeva certo la destra estrema. In Suburra invece c'è una radio sportiva che cerca di sollevare il popolino ma non ci sono gli ultras e anche il fascismo di Aureliano e del mondo di Ostia non viene nominato in questa nuova stagione, ridotto a una semplice inimicizia verso gli zingari e gli extracomunitari. Il romanzo di De Cataldo e Bonini da cui tutto ha avuto origine aveva tra i personaggi lo speaker di una radio sportiva come Adriano, ma il suo ruolo era organico a tutto un sistema di potere che legava malavita a estremismo di destra, mentre qui sembra trattarsi di un lupo solitario che ha un difficile legame quasi filiale con il Samurai. Quel che è peggio è come Adriano, che non si definisce mai fascista ma chiaramente sta in quell'area per le sue idee e pure per il suo look, finisce per essere il personaggio con il maggior slancio ideale di tutta la serie, tanto che parla proprio di Ideale con la maiuscola in più occasioni.

L'entrata di Gabriele nella polizia a sua volta avvicinerebbe la serie più al romanzo che non al film, ma è solo una cortina di fumo perché il ragazzo, che fa per altro una carriera lampo, rimane invischiato nella criminalità e non diventa una nemesi del Samurai all'interno della legge, com'era invece il protagonista del romanzo. Si tratta piuttosto di dare un ruolo più significativo a Gabriele senza però stravolgerne la funzione.

Lo stesso vale per la rappresentazione del potere ecclesiastico che continua a essere troppo in balia del primo teppista armato di coltellino. Se già nella scorsa stagione i ricatti al monsignor Teodosio risultavano un po' troppo facili, ora che si ripetono su cardinali, che non partecipano a orge nei quartieri popolari, lasciano ancora più perplessi. Quasi ci si dimenticasse che il Vaticano è uno Stato nello Stato, dai cancelli chiusi e sorvegliati e con il proprio corpo di polizia, dove un cardinale può facilmente mettersi al sicuro dagli intraprendenti teppisti di Roma. A loro volta anche i ricchi borghesi sembrano bersagli troppo alla portata di tutti: perché per esempio l'anziana contessa che tanto tiene ad apparire in pubblico come una maestra di cerimonie si reca a una importante messa in ritardo e da sola in un sentiero poco illuminato? Improbabile e troppo comodo. Come del resto sono svogliate certe sue battute che si vorrebbero melliflue e argute: «Mi creda, il suo tesoretto, con il mio aiuto, può diventare un tesoro».

Per quanto si sia cercato di dare una strada diversa alla serie e rinnovarla, nella struttura, nel tono e con tematiche importanti e attuali, Suburra finisce per essere ancora troppo spesso sopra le righe e non all'altezza della sua ambizione. Gomorra, anche nei suoi momenti meno felici, ha tutta un'altra caratura come produzione, regia, scrittura e spesso anche come cast - tolto ovviamente Alessandro Borghi che rimane il fuoriclasse di Suburra, con il suo sguardo sempre intenso e una recitazione che si esprime anche senza parole.

Regia di Andrea Molaioli, Piero Messina.

Nessuno scampo e nessuna redenzione sono possibili nella giungla umana di Suburra

Overview di Claudia Catalli

Tre mesi dopo averli lasciati nella prima stagione, i protagonisti di Suburra - La Serie tornano con nuove storie e nuove sfide. Il potere aleggia di nuovo come un'ombra cannibale e onnipervasiva: tutti ne sono assetati, tutti cedono a ricatti e compromessi pur di ottenerlo.

Nessuno si salva nel primo crime italiano originale Netflix, prodotto da Cattleya in collaborazione con Rai Fiction. Nessuno scampo e nessuna redenzione sono possibili nella giungla umana di chi brama di diventare capo a tutti i costi.

È il caso di Aureliano, che ritroviamo cresciuto, forse maturato, di certo con un look più sobrio rispetto a quello della prima serie. È in piena fase di elaborazione del lutto della donna di cui era innamorato, uccisa nella prima stagione da sua sorella Livia, e intanto mira al dominio incontrastato su Ostia. È il caso di Spadino, che con il fratello in ospedale vuole diventare il nuovo capo clan degli Anacleti, e dimostrare finalmente a tutta la famiglia - sua madre in primis - di poter essere lui il nuovo leader. È il caso di Lele, che seguendo l'esempio paterno ci tiene a dimostrare di poter guidare al meglio la sua squadra di poliziotti. È altresì il caso del politico Cinaglia, che dovrà far vedere il suo valore nel bel mezzo delle elezioni (Roma sta per eleggere il nuovo Sindaco), appoggiato come abbiamo visto nella prima serie dalla mafia siciliana e da Samurai. È il caso, infine, di Samurai stesso, vero burattinaio e deus ex machina che tutto sa, di tutti dispone, chiunque ricatta e ovunque riesce ad arrivare.

Nel bel mezzo di feroci scontri tra bande criminali e generazioni diverse, i personaggi femminili continuano a conquistare spazio: oltre alla sorella di Aureliano, Livia, ritroviamo l'intraprendente Sara Monaschi - sempre alle prese con accordi ben poco chiari e con le mani in pasta tra chiesa e politica - e la giovane Angelica, moglie di Spadino, tesa più che mai ad ottenere un ruolo tutto suo nel clan.

Se da un punto di vista narrativo gli spunti non mancano, tanto meno le introspezioni possibili delle molteplici sfaccettature dei personaggi, al contempo il reparto artistico di questa seconda stagione non lascia certo a desiderare. Torna dietro la macchina da presa il regista Andrea Molaioli, affiancato questa volta da Piero Messina. E ritroviamo l'ormai affiatato cast, guidato dal trio Alessandro Borghi, Giacomo Ferrara e Edoardo Valdarnini accanto ai notevoli Francesco Acquaroli, Claudia Gerini, Filippo Nigro e le new entries Federica Sabatini, Cristina Pelliccia e Jacopo Venturiero. La prima interpreta la testarda figlia di un boss di Ostia che smania di diventare capobanda, la seconda un'agente di polizia scaltra che darà del filo da torcere a Lele, il terzo uno speaker radiofonico che sin dalla prima puntata vedremo interessarsi di politica.

Episodi: 10
Regia di Giuseppe Capotondi, Andrea Molaioli, Michele Placido.

Un affresco a tinte forti che provoca con liberatoria scioltezza

Overview di Ilaria Ravarino

Roma, primi anni 2000. Il mondo di sopra, quello dei politici e della "casta", è in fermento: il sindaco ha appena dato le dimissioni, in tanti vorrebbero approfittare del vuoto di potere e tra loro c'è chi spinge per chiudere il più velocemente possibile alcuni affari rimasti in sospeso in città. Nel radar degli imprenditori c'è il territorio di Ostia, lo storico litorale di Roma che fa gola ai "palazzinari" e per il quale la politica sta per assegnare preziose concessioni. Ma Ostia, come tutte le periferie di questa città grande e corrotta, non è facile da "conquistare": ad abitarla c'è il mondo di sotto, quello fatto di traffichini e malviventi, di famiglie mafiose e delinquenti occasionali, di pischelli con la pistola, pusher improvvisati, prostitute e sfruttatori.

Prima serie televisiva italiana prodotta da Netflix (in coproduzione con Cattleya e in collaborazione con Rai Fiction), Suburra - La serie è il prequel dell'omonimo film del 2015 diretto da Stefano Sollima e tratto dal romanzo di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini.

Due mondi rapaci, quello di sopra e quello di sotto, saltuariamente in accordo ma destinati a scontrarsi fin dal primo episodio, a partire da un incidente fatale: un video hard girato all'insaputa di un uomo molto potente. Un video finito nelle mani di tre ragazzetti - un sinti malvisto dalla sua stessa gente, una testa calda di Ostia, uno spacciatore di piccolo taglio - che rischia di mettere nei guai un esponente della casta più casta che c'è: un uomo del Vaticano, nelle cui mani si sono concentrati interessi variegati, pericolosi, importanti.

Alla regia si avvicendano tre autori, Michele Placido (già regista di Romanzo Criminale, film trasmigrato con successo nel 2008 in serie tv), Andrea Molaioli e Giuseppe Capotondi, e anche il comparto sceneggiatura si rinnova nel passaggio al piccolo schermo, con Ezio Abbate, Daniele Cesarano e Barbara Petronio al posto del duo di cinescrittori Stefano Rulli e Sandro Petraglia.

Molti i personaggi che ricorrono tra film e serie, ambientata qualche anno prima delle vicende raccontate al cinema. Torna "il Samurai" (qui interpretato da Francesco Acquaroli), intento a tessere tele malavitose puntualmente smontate dall'irruenza di Numero 8 (Alessandro Borghi, eccezionalmente nei panni di se stesso più giovane) e torna il sinti Spadino, insieme alla sua famiglia terribile, ramificata e potente, e tuttavia mal tollerata dalla criminalità più autenticamente romana.

Sono però le numerose new entry a dare il senso dell'approfondimento narrativo richiesto dal passaggio al format "lungo" televisivo: scopriamo così il ruolo fondamentale giocato nella formazione di Numero 8/Aureliano dalla sorella Livia (un'incredibilmente in parte Barbara Chichiarelli), squarciamo il velo degli interessi tra politica e Vaticano grazie al personaggio del revisore di conti Sara Monaschi (Claudia Gerini), e seguiamo il processo che condurrà all'abisso un politico apparentemente incorruttibile e "dalla parte della gente", l'Amedeo Cinaglia di Filippo Nigro.

Al cuore della vicenda due location simmetricamente distanti: il Vaticano, con la cupola di San Pietro che apre le puntate iniziali, simbolo di un potere antico e immutabile, e le spiagge sdrucite di Ostia, con i suoi ristoranti di lusso inondati di luce e le baracche abbandonate sul litorale. Nel mezzo una città stanca e strafatta, attraversata da ponti che offrono rifugio a delinquenti e senzatetto, da covi e garage, e osservata con sufficienza dalle terrazze luminose di Prati affacciate sul Vaticano.

Violento e sincopato come il suo gemello cinematografico, Suburra - la serie è un affresco a tinte forti che provoca con liberatoria scioltezza, spingendo forte sul pedale del sesso, delle tentazioni e delle relazioni pericolose.

Raffinata la scelta musicale con divertenti incursioni nel pop (nella colonna sonora anche Pop Porno de Il Genio) e una soundtrack completamente rinnovata rispetto al film originale, curata dal canadese Loscil: sui titoli di coda, destinata a diventare tormentone, "Sette vizi Capitale" di Piotta feat. Muro del Canto.

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RECENSIONI DALLA PARTE DEL PUBBLICO
sabato 11 giugno 2022
ScipioVUF

Ho agognato questa serie per mesi, dopo aver visto il Film di Stefano Sollima (che aveva le sue pecche, ma Sollima non rende bene sul "corto").La Serie poteva essere qualcosa di Epico, con un potenziale superiore a quello di Romanzo Criminale e Gomorra.E invece "Suburra - La Serie" sta al Film e a "Mafia Capitale" esattamente come le ragazzine, nei primi anni 2000, scrivevano le proprie "fanfiction" [...] Vai alla recensione »

domenica 15 ottobre 2017
mauri67

Nella cornice di un intreccio affascinante, che alla fine si rivela assai ben congegnato (ogni puntata parte con un flash-forward), si ha sempre l’impressione della sovrabbondanza. Sì, Suburra è una storia di disagio e malavita ma l’interesse dello spettatore risiede sempre da un’altra parte. Gli intrighi mafiosi che originano da Samurai, il personaggio più [...] Vai alla recensione »

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Roma non si governa… al massimo si amministra!
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dalla serie Suburra - La serie - a cura di Orlando
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