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Wes Anderson

Wes Anderson (Wesley Wales Anderson) è un attore statunitense, regista, produttore, produttore esecutivo, scrittore, sceneggiatore, è nato il 1 maggio 1969 a Houston, Texas (USA).
Nel 2018 ha ricevuto il premio come miglior regia al Festival di Berlino per il film L'Isola dei Cani. Dal 2015 al 2018 Wes Anderson ha vinto 2 premi: BAFTA (2015), Festival di Berlino (2018). Wes Anderson ha oggi 55 anni ed è del segno zodiacale Toro.

I colori di Wes

A cura di Fabio Secchi Frau

Giallo oro, blu antico e poi rosa.
La marcata scelta cromatica fatta da Wes Anderson nei suoi film altamente stilizzati è ciò che lo ha cementato come uno dei registi statunitensi più distintivi di quest'epoca.
Considerato un autore moderno dalla specifica e riconoscibile visione artistica, Anderson (accompagnato dal fido scenografo premiato con l'Oscar Adam Stockhausen e dall'immancabile direttore della fotografia Robert Yeoman) usa colori, luci e oggetti di scena per creare effetti visivi che non solo compartecipano alla storia, ma emozionano lo spettatore percettivamente, al fine di delineare gli ambienti di una fantasia quasi infantile, per condurlo fuori dall'amarezza della dimensione adulta.
Il risultato è la creazione di importanti titoli che gli hanno fatto guadagnare un esercito di fans della generazione millennial, profondamente devoti alla sua esclusiva creatività di stampo vintage e a una narrazione fortemente intrisa di nostalgia.
Non poteva, uno stile così caratteristico, privarsi dell'onore di formare un linguaggio estetico completamente nuovo, che chiaramente ha molti debiti con alcuni dei più geniali maestri del cinema (Kubrick, Polanski, Scorsese, la triade francese Godard, Truffaut, Tati e lo spagnolo Almodóvar su tutti), ma è comunque oggi scuola e imitazione (Richard Ayoade, Rosemary Myers, Taika Waititi, Rian Johnson, Justin Simien, Edgar Wright, Marielle Heller, Boots Riley e tanti altri).
Ossessionato dai più puliti movimenti di camera, dalla perfetta composizione simmetrica Anderson cesella immagini barocco-pop ad alta qualità. Un'impronta che non lo abbandonerà mai, nemmeno quando si butterà nell'animazione in stop-motion.

La commedia
Predilige la commedia più indiavolata, sarcastica e cinica, tipica del cinema indie di fine Anni Novanta. Noccioline di amarissime disillusioni che però vengono caramellate non solo attraverso la peculiare armonia dei suoi frame e i componimenti di Alexandre Desplat, ma anche dalle originali narrazioni. Con estrema leggerezza, racconta infatti malinconiche storie popolate da personaggi eccentrici dai fiabeschi look Anni Sessanta-Settanta, che bramano gioia, ma che hanno a portata di mano solo il dolore procurato dagli amori e dalle amicizie finite. Sono uomini e donne infelici, vittime di famiglie disfunzionali, che spesso trovano nella fuga l'unica soluzione possibile. I rivali fratelli Whitman, l'insolito team sotto la guida di Steve Zissou, i piccoli innamorati del Campo Ivanhoe sono solo alcune delle sue creature filmiche più curiose. Sembrano rubate alla letteratura moderna, ma sono invece frutto di una passione smodata per tutto ciò che è stravagante, intellettuale, di una raffinata eleganza.

L'incontro con Owen Wilson
Wesley Wales Anderson, detto semplicemente Wes, nasce il primo maggio 1969 a Houston, in Texas, figlio di un'archeologa e di un pubblicitario. Secondo fra tre fratelli, è ancora un bambino quando i suoi genitori gli annunciano il divorzio. La fine del matrimonio segnerà un precedente traumantico nella sua mente e, nella sua crescita artistica, ciò si tradurrà come un tratto ricorrente delle sue future sceneggiature. Intanto, diventa adolescente e nel 1987 si diploma alla St. John's School. Il cinema comincia a essere la sua più grande passione. Trovata la Super 8 di suo padre in garage, la utilizzerà per girare dei piccoli film muti, costringendo i fratelli e gli amici a recitare, ma quando dovrà scegliere che facoltà frequentare, opterà a sorpresa per un corso di filosofia alla University of Texas, ad Austin, luogo nel quale incontrerà colui che diventerà il suo migliore amico, nonché un futuro attore hollywoodiano: Owen Wilson.

L'esordio con Un colpo da dilettanti
Wilson gli presenterà suo fratello Luke e il trio, che si ritrova molto spesso a parlare di cinema, comincia a pensare di poter realizzare qualcosa di significativo. Le tre menti partoriscono un cortometraggio (Bottle Rocket) che, nel 1996, si allungherà fino a diventare l'opera di debutto di Wes Anderson: Un colpo da dilettanti. Si tratta di una commedia poliziesca, ambientata a Dallas, su un gruppo di giovani criminali che aspirano a compiere grandi rapine. Nonostante la critica sia rimasta favorevolmente colpita da questo esordio, il box-office rimane vuoto.

I primi riconoscimenti: Rushmore
Due anni dopo, co-scrive e dirige Rushmore, storia di un quindicenne straordinario che si infila in un improbabile triangolo amoroso. Siamo ancora lontani dall'estetica che lo avrebbe reso celebre, ma si possono già notare le prime preferenze per il monocromo e la prospettiva. È un Anderson meno stilizzato, più realistico, che comincia a legarsi a quelli che saranno i suoi primi attori feticcio: Jason Schwartzman e Bill Murray. E se proprio quest'ultimo beneficerà dei risultati del titolo per lanciare il suo "second act" come interprete ideale di film indie, Anderson sarà celebrato come miglior regista ottenendo un Indipendent Spirit Awards. Molto apprezzato da Martin Scorsese, Rushmore è oggi considerato un divertentissimo cult.

Il grande successo: I Tenenbaum
Ci vuole qualcosa di grottesco e di surreale, che comprende fra l'altro un intelligentissimo e ottimo cast di stelle (Gene Hackman, Gwyneth Paltrow, Anjelica Huston, Danny Glover, i fratelli Wilson, Ben Stiller, di nuovo Murray, Seymour Cassel, Alec Baldwin) per permettere a Anderson di fare bingo. Ambientato a New York City, I Tenenbaum si rivela essere uno dei suoi film più importanti. Storia e immagini, accuratamente costruite, definiscono definitivamente quello specifico stile nella disposizione cromatica che, da quel momento in poi, sarà sempre presente in tutti i suoi futuri lavori. Una tavolozza di colori che comprende sfumature di marrone, rosso, blu e giallo, coerentemente legati ai dettagli e ai costumi dei personaggi nel prescrivere e descrivere le loro emozioni in ogni scena. Un'evocazione emotivo-visiva che si fa sonora con la meticolosa scelta musicale. Un approccio registico minuzioso in quella che è una cattivissima commedia drammatica su tre fratelli, ex bambini prodigio, che sono costretti a riunirsi quando l'ostracizzato padre annuncerà loro la sua morte ormai prossima.
Il film, pop, colorato, irresistibile per inventiva, è un enorme successo di critica e pubblico e viene nominato agli Oscar per la migliore sceneggiatura originale, scandita in capitoli come fosse un romanzo e che ben descrive rimpianti e speranze di una strana famiglia nata da un'unione sbagliata. Non c'è passaggio che non sia splendido e non c'è comportamento che non venga etichettato come scellerato. E forse I Tenenbaum brilla soprattutto per questo: per l'amarezza con la quale si può passare dalle stelle alle stalle, dalla genialità alla superficialità, dalla bontà alla slealtà.

Il tentativo di replica: Le avventure acquatiche di Steve Zissou
Nel 2004, Anderson gira Le avventure acquatiche di Steve Zissou e pare ormai evidente la sua predisposizione a lavorare con lo stesso cast, composto da attori ricorrenti più qualche aggiunta (Cate Blanchett, Willem Dafoe, Jeff Goldblum e Michael Gambon). Murray interpreta il protagonista, un oceanografo (omaggio a Jacques Cousteau) deciso a vendicarsi di uno squalo giaguaro che gli ha ucciso l'amico. Sceglie primissimi piani di modo che lo spettatore possa ritrovarsi faccia a faccia con gli attori, ma si apre a riprese in cui il singolo personaggio è solo o al centro dell'inquadratura per meglio rappresentare il suo senso d'isolamento. Cromaticamente, incorpora alle magnifiche composizioni scenografiche e fotografiche colori che ricordano l'acqua, sfruttando varie sfumature di blu lungo tutto il film.
Non riesce però a replicare il successo del suo lavoro precedente, malgrado l'opera sia comunque di altissimo livello. Anche da un punto di vista narrativo (dove si inserisce un altro importante regista indie, Noah Baumbach), c'è quella nota ironica e scanzonata (e ancora una volta triste) che caratterizza i suoi script, ricchi di sottotesti qui elevati dalle scelte musicali di Mark Mothersbaugh, cantante di Devo.
Qualcuno comincia a gridare erroneamente che Anderson è rimasto prigioniero del proprio mondo e che la bellezza della parte visiva ha come unico scopo quello di oscurare la vuota inconsistenza dei contenuti, in realtà l'iconografia del regista texano è ben più complessa e la creazione di un'impronta autoriale necessita per il suo stesso sviluppo di regole artistiche ferree sulle quali fondare il proprio marchio di fabbrica.

Il racconto di famiglia: Il treno per il Darjeeling
Tre fratelli americani viaggiano attraverso l'India alla ricerca di se stessi, ma anche della madre missionaria che si era volutamente staccata da loro per andare a vivere in un convento. Rileggendo la vita di Anderson è quasi impossibile non rendersi conto che Il treno per il Darjeeling sia largamente ispirato alla sua biografia.
Anche qui, si usa il medesimo codice cromatico, ma declinandolo allo stile indiano. Caldi e vivaci colori (il rosso e l'arancione su tutti) e notevoli fantasie (appartenenti spesso ad abiti tradizionali) sono in netto contrasto con freddi grigi e accesi celesti.
Un tributo a Satyajit Ray (cui il film è dedicato), che è stato introdotto a Venezia con la proiezione di un simmetrico cortometraggio con le funzioni di prologo, di produzione franco-americana, dal titolo Hotel Chevalier, interpretato da Natalie Portman e da Schwartzman, coautore della sceneggiatura assieme al regista e a Roman Coppola.
Nuovamente qualcuno strilla all'autoreferenzialità, altri al genio anticonvenzionale e alla poesia. I primi non riescono evidentemente a comprendere che sotto l'eccentrica ed eccessiva rilettura psichedelica del mondo, vi siano intime storie cupe, personali, coerentemente legate ad altri titoli e che rappresentino continue espiazioni e riconciliazioni d'affetti, quasi disperate in quel sublime tendersi, seppur virilmente, l'uno verso l'altro.

La virata in stop-motion: Fantastic Mr. Fox
Dopo numerosi spot commerciali, Anderson decide di adattare per il grande schermo l'omonimo libro per bambini di Roald Dahl "Fantastic Mr. Fox", che segna il suo debutto nell'animazione. Optando per uno stop-motion indorato dai colori autunnali (fulvo, miele, oro), l'autore sceglie di far doppiare i suoi personaggi dai più grandi interpreti hollywoodiani del momento (habitué a parte ci sono George Clooney e Meryl Streep) in quella che una storia anticapitalistica su una furba e ironica volpe che lotta contro tre fattori per difendere la sua vita basata sulla catena alimentare.
Un progetto a lungo covato che, una volta uscito nelle sale, viene nominato agli Academy Awards come miglior lungometraggio animato. Forse, come hanno scritto alcuni, scontenta i più piccoli, ma è pur vero che rallegra gli adulti. Dopotutto, dove è mai stato dichiarato che i cartoni animati debbano essere appannaggio della sola ed esclusiva infanzia?
Elegante, manierato, sorprendentemente geometrico, sorretto da una sceneggiatura all'altezza del celato umorismo di Dahl, Fantastic Mr. Fox è puro piacere.

Il successo numero due: Moonrise Kingdom - Una fuga d'amore
Seguendo la fuga d'amore di due bambini degli Anni Sessanta, l'orfano Sam e l'afflitta Suzy, Anderson ci porta dentro uno dei suoi film di maggiore successo: Moonrise Kingdom - Una fuga d'amore.
Lo fa annettendo alla grande famiglia di attori di cui si circonda le new entry Edward Norton, Bruce Willis, Frances McDormand e Tilda Swinton. L'opera è fra le più emblematiche della sua filmografia, anche dal punto di vista dello script che si guadagna una candidatura agli Oscar. Non sfugge, ancora una volta, come al centro del conflitto ci siano sempre i turbamenti tra genitori e figli che, in qualche maniera, non sono mai complementari, ma si ridefiniscono garbatamente come "altri" e "diversi".
Il consueto gusto per la messa in scena esplode in un concerto maniacalmente eseguito, in cui spazio e punti di vista (spesso inquadrature fisse) sono ampiamente utilizzati come modi per influenzare un ulteriore tono della scena. Ci si concentra sui colori primari, usati per evocare bontà od ostilità.
Ottimo riscontro con il pubblico, ancora meglio quello con la critica. Entrambi rivedono in questa leggerezza pre-adolescenziale una curiosa sensibilità all'amore, dimenticata perché incompresa o perché vergognosamente tenera. Materia che avrebbe fatto gola a Louis Malle e ai suoi enfants.

La perfezione: Grand Budapest Hotel
Nel 2014, si sfiora la perfezione. In Grand Budapest Hotel, l'affascinante portiere di un suggestivo hotel mitteleuropeo (Ralph Fiennes) e il suo cameriere devono dimostrare l'innocenza del primo di fronte a un'accusa di omicidio. In mezzo ci sono la guerra, l'oppressione del fascismo, l'immancabile senso della tragedia, l'amicizia e l'onore della lealtà scanditi in tre differenti momenti, denotati da tre diversi approcci stilistici.
Siamo di fronte al film di Anderson con il maggior incasso e vincitore di innumerevoli premi (fra i quali spiccano i quattro Oscar per scenografia, costumi, make up e colonna sonora). Tutto meritevole di fronte alla perfetta coralità del cast, alla cura maniacale dei dettagli che richiamano gli Anni Trenta, al grande rigore formale costituito da inquadrature simmetriche e senso della composizione, allo squisito ritmo dell'ironico racconto che tutto deve allo scrittore Stefan Zweig e a Ernst Lubitsch.
Convincente e divertente, Grand Budapest Hotel è la definitiva conferma del talento del regista texano.

Il ritorno all'animazione: L'isola dei cani
Nel 2018, si ritorna allo stop-motion con una banda di cani disadattati che accompagnano il giovane Atari alla ricerca del suo adorato cane in un'isola sperduta nel Mar del Giappone e, nel frattempo, devono anche sventare un perfido piano dei cattivi. Con bellissimi set costruiti a mano e un cameo nientemeno che di Yoko Ono, L'isola dei cani rende omaggio al cinema nipponico ed esalta quelli che sono i temi propri di questa filmografia nazionale: l'importanza dell'amicizia, il determinato coraggio, il senso del sacrificio, la profonda serietà e compostezza di fronte alle immani tragedie della vita.

The French Dispatch e Asteroid City
Arriva poi The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun, noto semplicemente come The French Dispatch, l'arguta narrazione di tre storie, ambientate in una immaginaria città francese del XX secolo, che vogliono celebrare il mestiere del giornalista.
Anche qui non mancano set da sogno, personaggi bizzarri e trame bislacche, miscelate in quel DNA filmico che è insito nelle riconoscibili e accattivanti caratteristiche del cinema di Wes Anderson.
Come pure nel successivo Asteroid City, che racconta un raduno astronomico nel deserto ed è interpretato da Tom Hanks, Scarlett Johansson, Margot Robbie, Jason Schwartzman, Adrien Brody, Tilda Swinton, Bryan Cranston, Jeff Goldblum, Liev Schreiber, Jeffrey Wright e Matt Dillon.

Vita privata
Wes Anderson è il compagno della sceneggiatrice, costumista e doppiatrice Juman Malouf. La coppia ha avuto una figlia nel 2016, Freya. Si è definitivamente stabilito a Parigi.

Ultimi film

Commedia, Sentimentale - (USA - 2023), 104 min.
Documentario, (USA - 2015), 79 min.
Commedia, (USA - 2014), 100 min.

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