kimkiduk
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mercoledì 4 marzo 2015
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negativo anche cinematograficamente
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Non voglio fare un discorso politico, ma vedere Eastwood fare un film di guerra, facendone vedere solo il lato patriottico di chi uccide il cattivo, mi lascia perplesso. Dopo aver visto di lui Lettera di Iwo Jima (splendido) e Flags Of Our Fathers (buono), poteva fare di più sicuramente. Vero è che se ha scelto un biopic su Chris Kyle, La Leggenda, forse ha un pò dovuto calcare la mano sullo "sterminatore buono", ma questo non esenta critiche. Ha cercato di creare un personaggio (forse lo era) che come tutti i reduci cercano di trarre il meglio da quello che dentro hanno per forza perduto, ma con scarso risultato cinematografico. Il personaggio si racchiude (forse lo era) in un semplice esecutore di vendetta dei cattivi invasi (ops mi sono espresso), ma ha raggiunto lo scopo di essere il film sull'Iraq che ha incassato di più dopo i numerosi fallimenti commerciali degli altri.
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Non voglio fare un discorso politico, ma vedere Eastwood fare un film di guerra, facendone vedere solo il lato patriottico di chi uccide il cattivo, mi lascia perplesso. Dopo aver visto di lui Lettera di Iwo Jima (splendido) e Flags Of Our Fathers (buono), poteva fare di più sicuramente. Vero è che se ha scelto un biopic su Chris Kyle, La Leggenda, forse ha un pò dovuto calcare la mano sullo "sterminatore buono", ma questo non esenta critiche. Ha cercato di creare un personaggio (forse lo era) che come tutti i reduci cercano di trarre il meglio da quello che dentro hanno per forza perduto, ma con scarso risultato cinematografico. Il personaggio si racchiude (forse lo era) in un semplice esecutore di vendetta dei cattivi invasi (ops mi sono espresso), ma ha raggiunto lo scopo di essere il film sull'Iraq che ha incassato di più dopo i numerosi fallimenti commerciali degli altri. Ha vinto un Oscar come miglior montaggio sonoro e pur non essendo un esperto in questo per me si sentono solo molti spari. I rapporti sono vaghi, offuscati, esaltati solo dalla creazione della leggenda, del personaggio. Questo forse voleva ma a me non è piaciuto. Unico pregio notevole il finale dove esce la figura del reduce omaggiato si ma bene o male scordato. Questo si percepisce. Gli americani sono sempre pronti a partire e ripudiare poi chi è partito. Almeno il cinema è pieno di questa filosofia. Un film di cui forse non ne sentivamo il bisogno e per come è stato girato, almeno per me, meno che mai.
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mauridal
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sabato 28 febbraio 2015
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la guerra di clint
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Ci risiamo , dopo diciassette anni dal Cacciatore di Cimino reduce dal Vietnam , la coscienza americana per mano di Clint Eastwood riprova a raccontare una guerra , tramite un cacciatore che diventa cecchino stavolta , in Irak . La guerra raccontata attraverso la storia di un soldato che per fanatismo patriottico sceglie di diventare cecchino scelto, e di partecipare alla guerra come un eroe suo malgrado poichè grazie alla sua opera ucciderà tanti nemici da meritare una taglia messa sulla sua testa .
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Ci risiamo , dopo diciassette anni dal Cacciatore di Cimino reduce dal Vietnam , la coscienza americana per mano di Clint Eastwood riprova a raccontare una guerra , tramite un cacciatore che diventa cecchino stavolta , in Irak . La guerra raccontata attraverso la storia di un soldato che per fanatismo patriottico sceglie di diventare cecchino scelto, e di partecipare alla guerra come un eroe suo malgrado poichè grazie alla sua opera ucciderà tanti nemici da meritare una taglia messa sulla sua testa . Ancora un nemico come il soldato Clint ben conosce dagli indiani, ai neri, ai viet, ai terroristi, ai fuorilegge che sia nel West che a Chicago minano la tranquillità della middle class dell'America a stelle e strisce che deve difendersi, attaccando magari col cowboy di turno, sempre svelto con la pistola e preciso nella mira. Il cecchino -cacciatore, è il soldato in cui Clint si identifica, e che presenta come l'eroe americano da opporre alle bestie e macellai in guerra Il problema è che la guerra Clint sa che non la potrà vincere con gli eroi cecchini, poichè il nemico è sempre lo stesso, è l'altro da sè , fosse pure un fratello più debole che per paura scappa dalla guerra. Il regista Clint, ha però vinto sulla cinematografia di guerra con una commistione western -rambo,dai toni stemperati per la presenza di dolci spose piene di bambini . Forse il dubbio del film di Clint viene proprio dalla anomala presenza di numerosi bambini, da ambo i fronti, figli di una generazione di padri terroristi o buoni soldati ma tutti condannati ad un futuro non di pace, e già costretti a essere nemici . Questo film non apporta una visione lucida della situazione attuale tra America e resto del mondo. Il vecchio Clint ha rappresentato una guerra già persa ad opera di soldati rincoglioniti , che diventeranno reduci o eroi da commemorare. AMERICAN SNIPER film di CLINT EASTWOOD 2015
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il cinefilo
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giovedì 26 febbraio 2015
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uno dei più grandi film americani di tutti i tempi
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Clint Eastwood ha centrato il bersaglio ancora una volta: American Sniper, ispirato alla biografia di Chris Kyle, consacra il vecchio regista come una pietra miliare nell'olimpo delle vecchie glorie di Hollywood.
L'indimenticabile interpretazione di Bradley Cooper lascerà un segno indelebile nella memoria cinematografica moderna tanto è profondo il "magnetismo psicologico" irradiato dal suo ruolo...fin da bambino il padre ha insegnato lui il senso dell'onore e della famiglia, e da adulto è pronto trapiantare questi principi nella propria anima, corteggiando, in un locale, la donna destinata a diventare sua moglie e madre dei suoi figli.
La guerra in Iraq infonde in Chris la determinazione necessaria nel costruire il sogno americano: quel sogno che il regista insegue da una vita intera e che prende forma per bocca del suo protagonista, ma è un conflitto destinato anche a scavare un solco nella sua vita e nella sua coscienza più tragico di qualunque altro.
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Clint Eastwood ha centrato il bersaglio ancora una volta: American Sniper, ispirato alla biografia di Chris Kyle, consacra il vecchio regista come una pietra miliare nell'olimpo delle vecchie glorie di Hollywood.
L'indimenticabile interpretazione di Bradley Cooper lascerà un segno indelebile nella memoria cinematografica moderna tanto è profondo il "magnetismo psicologico" irradiato dal suo ruolo...fin da bambino il padre ha insegnato lui il senso dell'onore e della famiglia, e da adulto è pronto trapiantare questi principi nella propria anima, corteggiando, in un locale, la donna destinata a diventare sua moglie e madre dei suoi figli.
La guerra in Iraq infonde in Chris la determinazione necessaria nel costruire il sogno americano: quel sogno che il regista insegue da una vita intera e che prende forma per bocca del suo protagonista, ma è un conflitto destinato anche a scavare un solco nella sua vita e nella sua coscienza più tragico di qualunque altro.
Bradley si immerge nel suo ruolo con impegno febbricitante, surclassando qualsiasi altra interpretazione maschile portata sugli schermi nell'ultimo decennio e oltrepassando addirittura la bravura delle più vecchie glorie americane, da Humphrey Bogart a Cary Grant: da questo momento Bradley Cooper si merita un posto d'onore al fianco dei più grandi mentre l'intramontabile Clint sarà da considerare uno dei massimi cineasti della storia del cinema.
Se quando viene sparato un proiettile se ne va via anche un pezzo dell'anima di colui che preme il grilletto allora l'eroe di questo film è fatalmente destinato alla distruzione...ma cosa rende un uomo un VERO uomo? la risposta di Eastwood non si trova nei fucili e nelle bombe bensì nella capacità di assumersi le proprie responsabilità e, in questo, il film riesce anche in un impresa finora ritenuta impossibile ovvero inaugurare un nuovo filone del genere di guerra al cinema, nuovo e libero da ogni stereotipo della categoria...non sembrava possibile, non dopo che Stanley Kubrick e F.F.Coppola erano riusciti a stampare nella memoria collettiva titoli come Full Metal Jacket e Apocalypse Now, ma Clint Eastwood c'è riuscito: onore e gloria, non resta che chinare il capo al suo genio.
Questo film meraviglioso ha incassato oltre 320 milioni di dollari, osannato in tutto il mondo per la sua perfezione e palesandoci una realtà oggettiva e cioè che, da adesso in avanti, chiunque vorrà cimentarsi in questo filone dovrà fare i conti con il capolavoro di Eastwood.
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(di parieaa)
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matteoph
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domenica 22 febbraio 2015
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complimenti
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Finalmente un film ben riuscito, attore principale a mio parere perfetto, non potevano scegliere di meglio.
Ci sono attimi in cui ti aspetti che il film prenda una strada logica, invece ti spiazza in maniera positiva.
Fatto davvero bene, anche se leggendo le critiche da diverse fonti, non parlano affatto bene riguardo il soprannome che gli viene assegnato e il motivo per cui lo chiamano Leggenda. A mio parere va benissimo cosi, è una storia vera riadattata non vedo perchè cambiarla, e devo ammettere che è un film che riguardere più e più volte.
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barone di firenze
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domenica 22 febbraio 2015
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grazie clint
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100 è lode con abbraccio accademico a Clint Estawood, per la regia, per la fotografia, per il montaggio, inoltre Bradeley Coopere gli altri tutti bravi per cui tutto perfetto, ma sono prevenuto, odio la guerra, quindi, non posso dire che mi abbia entusiasmato.
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epassp
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giovedì 19 febbraio 2015
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crudo ma realista
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Storia di un cecchino nel paese della guerra. Un po' "americano", ma indubbiamente realista (e forse la realtà è assai più cruda)
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vanessatalanta
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martedì 17 febbraio 2015
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un uomo tormentato
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I Film di Eastwood sono caratterizzati secondo me da un'esemplare asciuttezza di toni e prese di posizione. Il film tratta soprattutto dell'uomo Kyle, del suo bisogno di mettersi "al servizio" della sua terra dopo l'11 settembre, un bisogno incoercibile al punto da fargli rischiare gli affetti e la vita, da fargli affrontare non più giovane e superare una selezione quasi disumana come quella dei navy seals. Un uomo tormentato, che non accetta di star solo al sicuro sui tetti a sparare ma vuole mettersi in gioco al 100%, un uomo dilaniato tra sofferenza per quel che fa e un senso del dovere che non gli permette di "sgarrare" mai, una granitica convinzione di aver fatto fino in fondo ciò che doveva, ma che tuttavia non riesce a cancellare la sua umanità.
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I Film di Eastwood sono caratterizzati secondo me da un'esemplare asciuttezza di toni e prese di posizione. Il film tratta soprattutto dell'uomo Kyle, del suo bisogno di mettersi "al servizio" della sua terra dopo l'11 settembre, un bisogno incoercibile al punto da fargli rischiare gli affetti e la vita, da fargli affrontare non più giovane e superare una selezione quasi disumana come quella dei navy seals. Un uomo tormentato, che non accetta di star solo al sicuro sui tetti a sparare ma vuole mettersi in gioco al 100%, un uomo dilaniato tra sofferenza per quel che fa e un senso del dovere che non gli permette di "sgarrare" mai, una granitica convinzione di aver fatto fino in fondo ciò che doveva, ma che tuttavia non riesce a cancellare la sua umanità. Il regista riesce secondo me a mantenere un certo equilibrio morale: condanna silenziosamente chi manda bambini e donne a farsi uccidere e fa capire perché chi li manda lo fa, il dilemma terribile di chi deve scegliere tra uccidere un ragazzino o salvare molti suoi compagni, che non riesce a sottrarsi all'orrore, malgrado le sue profonde convinzioni e il suo addestramento. E ancor più ci induce a soffermarci sull'umanità che Kyle è riuscito a mantenere viva in sé, la sua scelta di aiutare gli altri reduci, invece di adagiarsi in una tiepida pozza di lacrime di autocommiserazione o rimorso, proprio la determinazione e la generosità che alla fine pagherà con la vita. Bradley Cooper riesce con estrema misura e sobrietà di gesti ed espressioni a dar vita ad un personaggio controverso, che mi è difficile decidere se degno di disprezzo o rispetto. Un essere umano insomma.
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writer58
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domenica 15 febbraio 2015
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il cecchino delle emozioni
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Vedo molti più film di quanti ne riesco a recensire. Solo negli ultimi mesi, per esempio, "Storie pazzesche" (mi è parso molto buono e crudelmente divertente), "Interstellar" (molto al di sotto di "Inception"), "Magic on the moonlight" (ormai Woody Allen gira da 20 anni sempre lo stesso film),"Diplomacy, una notte per salvare Parigi" (film solido, dall'impianto tradizionale, ma non entusiasmante), "Pride" (carino, politicamente corretto, convenzionale), "Birdman" (buon film, forse l'unico tra tutti quelli citati che mi motiva a scrivere un commento),
"American Sniper" mi ha lasciato freddo, mi è parso che Eastwood lo abbia costruito per raccontare la vicenda di una persona incapace di emozioni e sentimenti autentici, più che per narrare una storia di guerra.
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Vedo molti più film di quanti ne riesco a recensire. Solo negli ultimi mesi, per esempio, "Storie pazzesche" (mi è parso molto buono e crudelmente divertente), "Interstellar" (molto al di sotto di "Inception"), "Magic on the moonlight" (ormai Woody Allen gira da 20 anni sempre lo stesso film),"Diplomacy, una notte per salvare Parigi" (film solido, dall'impianto tradizionale, ma non entusiasmante), "Pride" (carino, politicamente corretto, convenzionale), "Birdman" (buon film, forse l'unico tra tutti quelli citati che mi motiva a scrivere un commento),
"American Sniper" mi ha lasciato freddo, mi è parso che Eastwood lo abbia costruito per raccontare la vicenda di una persona incapace di emozioni e sentimenti autentici, più che per narrare una storia di guerra. Il protagonista, Chris Kyle, è un tiratore scelto, un cecchino che nel corso di 4 missioni in Iraq, riuscirà ad abbattere 160 bersagli, diventando una leggenda per commilitoni e nemici. Ho letto che il film ha suscitato grandi polemiche negli Usa (ma non solo): alcuni lo leggono come un film "bellicista" che giustifica la logica dell'intervento militare americano; altri lo considerano come un apologo antimilitarista.
Mi pare che la polemica sia fuori fuoco. Il film non è una dichiarazione a favore o contro la guerra, è centrato sul percorso di un reduce che s'arruola per incarnare il ruolo di "protettore del gregge" (seguendo gli insegnamenti paterni), trova in Iraq una dimensione di vita atroce, ma adrenalinica che lo attrae come un gorgo, gestisce a fatica i rapporti con la famiglia (la moglie, conosciuta durante la fase dell'arruolamento e due figli nati tra una missione e l'altra) e finalmente rientra in patria dopo sei anni cercando di supportare i militari traumatizzati dal conflitto.
Ora, puo' darsi che io proietti sul personaggio la mancanza di coinvolgimento emotivo che il film mi ha provocato, ma il personaggio di Kyle mi è parso, al di là delle sue dichiarazioni verbali, anaffettivo, indifferente, emotivamente piatto, padre e marito mediocre, come se raggiungesse la pienezza esistenziale solo nel momento in cui inquadra i suoi target nel mirino del suo fucile di precisione, come se la ripetizione di quel gesto avesse risucchiato gran parte della sua energia vitale e ne restasse poca per dedicarsi agli affetti e alla vita quotidiana.
Allo stesso tempo, Eastwood narra un paese sostanzialmente indifferente, che dimentica i suoi figli per strada e confina i reduci (le persone a cui ha chiesto di esporsi in prima linea) in una sorta di "non vita", tra reparti di riabilitazione, sindromi post traumatiche, disoccupazione. Un paese che, al di là della retorica patriottica, conserva un nucleo duro, feroce. Un paese in cui un giorno sei una leggenda e il giorno dopo sei spazzatura da rimuovere, da dimenticare, da espellere dai ricordi.
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angelo umana
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mercoledì 11 febbraio 2015
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e guerra sia!
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Guerra quanta ne vuoi (a “strafottere”, si dice in siciliano volgare): tecnologica; di precisione; di caccia all’uomo casa per casa; regionale per le scene di distruzione che sono mostrate; planetaria, perché i moderni mezzi militari e non, di cui nel film c’è grande dispiego, permettono pure di sentire dagli USA il proprio marito combattere o di vedere le bombe in diretta e il conteggio aggiornato dei morti in televisione.
Questo American Sniper è l’elegia della “leggenda” Chris Kyle, tiratore scelto dei “seals” in Iraq, 160 prede al suo attivo (!) ma morto 39enne nel 2013 vicino al suo focolare domestico, ucciso da fuoco amico o più precisamente da un reduce deluso dalla presunta utilità delle guerre (utilità per chi?).
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Guerra quanta ne vuoi (a “strafottere”, si dice in siciliano volgare): tecnologica; di precisione; di caccia all’uomo casa per casa; regionale per le scene di distruzione che sono mostrate; planetaria, perché i moderni mezzi militari e non, di cui nel film c’è grande dispiego, permettono pure di sentire dagli USA il proprio marito combattere o di vedere le bombe in diretta e il conteggio aggiornato dei morti in televisione.
Questo American Sniper è l’elegia della “leggenda” Chris Kyle, tiratore scelto dei “seals” in Iraq, 160 prede al suo attivo (!) ma morto 39enne nel 2013 vicino al suo focolare domestico, ucciso da fuoco amico o più precisamente da un reduce deluso dalla presunta utilità delle guerre (utilità per chi?). Uno snip, dice l’Oxford Dictionary, è un “fire shot from a hiding-place, usually at long range”, uno sparo a lunga distanza da un posto nascosto, lo sniper è praticamente un cecchino, quasi infallibile nel caso di Kyle. Una “leggenda” c’è anche tra gli iracheni, comunemente visti come terroristi, chissà poi perché, pare che si trattasse in realtà di un siriano che vinse la medaglia del tiro a segno in qualche olimpiade. Ma questo muore, colto dalla distanza di quasi due chilometri proprio da Kyle, la leggenda americana. I “nostri” vincono, pure se in mezzo a tante perdite.
Il tanto fragore bellico nel film richiama alla mente le sparatorie del wild-west a cui prendeva parte, vincente, Clint Eastwood, oggi anziano, saggio, conclamato e celebrato regista. Qualche commentatore ha detto che da parte di Eastwood ci sia approvazione dell’intervento americano in Iraq, pare che al regista questo non sia importato, lui sembra compiacersi del crepitare delle armi e dell’azione, senza alcuna valutazione morale di quella guerra. Ingentilisce il film però con il travaglio interiore della “leggenda” a far saltare un bambino a distanza e con l’immancabile sindrome del reduce che fatica a riambientarsi nella società.
Kyle decise di arruolarsi in quel corpo dei seals, che si dice nel film superiore ai marines, con annesso addestramento simil- Full Metal Jacket, perché papà gli aveva insegnato che esistono tre categorie di uomini: le pecore, i lupi e i cani pastore. Lui scelse di preservare e difendere la virtù dei “giusti” e le immagini dell’attentato a Nairobi e delle Twin Towers che crollano lo convinsero ancora di più del suo ruolo nel “servire il mio Paese”. In uno dei suoi ritorni dai tour in Iraq – i viaggi verso il territorio bellico nel film si chiamano tour – dice alla moglie che lo vede assente, quasi un pesce fuor d’acqua quando è lontano dalle operazioni militari, pronto a vedere nemici ovunque, fortemente compreso nel suo ruolo di cane pastore: “Siamo attaccati al cellulare a vivere le nostre vite superficiali, c’è una guerra e io vado al centro commerciale…”. Immancabile anche il fragore del film in campo mediatico, nell’imminente festa degli Oscar: incredibile come i film candidati all’Oscar si nutrano soprattutto di grandi nomi e di grossi budget, oltreché di gran
pubblicità.
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(di angelo umana)
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[+] immagini, contenuto e sostanza
(di hollyver07)
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bericopredieri
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mercoledì 11 febbraio 2015
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cani contro lupi, l'america che ti aspetti.
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L'America che inculca la violenza nei suoi figli fin da ragazzini convincendoli che loro sono i "buoni" i cani pastore e tutto il resto del mondo sono i lupi da cui dovranno difendere se stessi e i loro cari. L'America che quando questi bambini iniziano a crescere fa si che si autoconvincano di essere tutti Rambo pronti a dare il sangue per difendere la patria dai lupi, siano questi lupi i pellerossa nativi che minacciavano i coloni, siano i kmer rossi che in Vietnam minacciavano la popolazione, siano più vicino ai tempi nostri i vari dittatori che l'America si è trovata sulla strada, Saddam, Gheddafi e via discorrendo. Non importa se poi si lasciano alle spalle in queste guerre difensive migliaia di morti, che non avevano chiesto di essere salvati.
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L'America che inculca la violenza nei suoi figli fin da ragazzini convincendoli che loro sono i "buoni" i cani pastore e tutto il resto del mondo sono i lupi da cui dovranno difendere se stessi e i loro cari. L'America che quando questi bambini iniziano a crescere fa si che si autoconvincano di essere tutti Rambo pronti a dare il sangue per difendere la patria dai lupi, siano questi lupi i pellerossa nativi che minacciavano i coloni, siano i kmer rossi che in Vietnam minacciavano la popolazione, siano più vicino ai tempi nostri i vari dittatori che l'America si è trovata sulla strada, Saddam, Gheddafi e via discorrendo. Non importa se poi si lasciano alle spalle in queste guerre difensive migliaia di morti, che non avevano chiesto di essere salvati. E quindi non meraviglia che alla fine si autocelebri promuovendo funerali quasi di Stato a chi? Non a un Ghandi o a una Madre Teresa di Calcutta, veri alfieri della pace, ma a un cecchino, un killer prezzolato il cui merito è di aver ucciso tra i 160 e 200 iracheni (le statistiche discordano), tra cui donne e bambini, ben riparato dietro un muretto. Quel Chris mi ha suscitato una profonda antipatia, fino al punto di simpatizzare quasi più col suo avversario, il cecchino iracheno, il quale almeno ha la scusante di sparare da casa sua, di essere l'occupato e non l'occupante. Ma d'altronde da Eastwood, l'uomo che incarna il mito americano non ci si poteva aspettare altro.
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