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mr giambru
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martedì 13 ottobre 2015
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ottimo
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Ottimo film
Un po' crudo
Patriottico
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iuriv
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lunedì 21 settembre 2015
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l'infallibile kyle.
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Clint ci racconta la storia di Chris Kyle, il cecchino più efficace durante la seconda guerra del golfo. Lo fa alla sua maniera, cercando di spogliare il suo protagonista dalla mitologia dell'eroe e riportandolo alla cruda quotidianità.
Come spesso accade quando gira film biografici, Eastwood non risparmia allo spettatore la fase di presentazione, in cui segue Kyle nella sua formazione da cowboy texano. L'intento del regista è quello di fornire un'immagine chiara del personaggio, per contrastare da subito quella eroica che l'americano medio ha di lui.
E' una scelta che conduce alle intenzioni di Clint, il quale vuole mettere bene in chiaro la sua idea di guerra e il suo pensiero sulle distorsioni patriottiche che questa provoca nelle persone.
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Clint ci racconta la storia di Chris Kyle, il cecchino più efficace durante la seconda guerra del golfo. Lo fa alla sua maniera, cercando di spogliare il suo protagonista dalla mitologia dell'eroe e riportandolo alla cruda quotidianità.
Come spesso accade quando gira film biografici, Eastwood non risparmia allo spettatore la fase di presentazione, in cui segue Kyle nella sua formazione da cowboy texano. L'intento del regista è quello di fornire un'immagine chiara del personaggio, per contrastare da subito quella eroica che l'americano medio ha di lui.
E' una scelta che conduce alle intenzioni di Clint, il quale vuole mettere bene in chiaro la sua idea di guerra e il suo pensiero sulle distorsioni patriottiche che questa provoca nelle persone.
Quindi il regista decide di azzerare tensione e ritmo, mantenendo tutto su livelli bassi, evitando di distrarre lo spettatore con scene di azione esasperate o momenti di attesa troppo tesi. Persino il duello tra cecchini, che Kyle intraprende con Mustafà, è tenuto quasi sullo sfondo per emergere solo nel finale. Tutto ciò che è azione viene limitato al massimo per portare in superficie il disfacimento di un uomo che è intimamente convinto di ciò che fa e del perché lo fa, ma che comunque subisce la pressione del conflitto sulla sua pelle esattamente come tutti i soldati impegnati al fronte. Non stupisce che il vero sfogo emotivo si ritrovi nelle scene casalinghe, dove si incontra un Kyle lontano dal suo ambiente naturale, incapace di adattarsi a tutto ciò che non sia guerra. C'è spazio anche per una sorta di redenzione beffarda nel finale.
Tutte queste scelte portano Eastwood a mettere in scena un film piuttosto blando. Un manifesto ideologico dal quale quasi estrapola il fattore intrattenimento, evitando di concedersi troppe emozioni immediate. Inevitabilmente, questo modo di fare va a penalizzare la visione, che risulta spesso ostica e difficile da digerire. Tutto è lento e riflessivo e non sfoga quasi mai.
A me poi Cooper non è piaciuto. Sarà l'abitudine, ma vederlo interpretare un personaggio drammatico senza nessuna sfumatura ironica mi ha lasciato un po' perplesso. Il ragazzo ha un viso che sembra impossibile riuscire a mantenere serio e in questo film non sembra molto indicata come caratteristica.
Onestamente non ho amato questo lavoro, così come mi sono riuscite difficili altre pellicole analoghe del regista americano. Ma se Gran Torino mi sembrò piuttosto banale nella costruzione del suo messaggio, qui mi sono semplicemente annoiato.
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arnaco
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giovedì 27 agosto 2015
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lettere da fallujah
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Il film non mi è piaciuto e non solo per motivi ideologici; tra quelli che ho visto (tanti) è il peggiore del grande regista. Una sequela interminabile di sparatorie di cui non sentivo certamente il bisogno! E' una perfetta rappresentazione della parabola dei lupi, delle pecore e dei cani da pastore con però un'attribuzione del tutto arbitraria alle tre categorie dei personaggi della vicenda. Che i soldati americani considerino meno di bestie i loro avversari è certamente una verità che però dovrebbe essere presentata al pubblico in modo tale che gli possa rimanere un minimo dubbio che non sia così. Spero che Eastwood, nonostante l'età, abbia ancora la forza di girare "Lettere da Fallujah", così come ha gia fatto con il bellissimo "Lettere da Iwo Jima"; la capacità non gli manca senz'altro.
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andrea alesci
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giovedì 27 agosto 2015
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il riflesso della guerra dentro un mirino
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La prospettiva di un cecchino che non c’è più: il mezzo con cui Clint Eastwood ci mostra la ferita aperta della guerra in Iraq. È lo sguardo di Chris Kyle (Bradley Cooper), Navy Seal della Marina degli Stati Uniti con patente da infallibile sniper (tiratore scelto), capace in sei anni di servizio di uccidere 160 bersagli, 160 vite umane che ad ogni nuova ricarica del fucile lo avvincono in una letale morsa psicologica.
Il vecchio Clint non prende posizione ma lascia a noi decidere che cosa è stato bene o male in quel conflitto in Medioriente: semplicemente ci mette accanto alla storia di Chris Kyle, cresciuto in Texas con un padre che vedeva il mondo tripartito: le indifese pecore; i lupi, che azzannano le pecore; i cani-pastore che difendono le pecore dai lupi.
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La prospettiva di un cecchino che non c’è più: il mezzo con cui Clint Eastwood ci mostra la ferita aperta della guerra in Iraq. È lo sguardo di Chris Kyle (Bradley Cooper), Navy Seal della Marina degli Stati Uniti con patente da infallibile sniper (tiratore scelto), capace in sei anni di servizio di uccidere 160 bersagli, 160 vite umane che ad ogni nuova ricarica del fucile lo avvincono in una letale morsa psicologica.
Il vecchio Clint non prende posizione ma lascia a noi decidere che cosa è stato bene o male in quel conflitto in Medioriente: semplicemente ci mette accanto alla storia di Chris Kyle, cresciuto in Texas con un padre che vedeva il mondo tripartito: le indifese pecore; i lupi, che azzannano le pecore; i cani-pastore che difendono le pecore dai lupi. Quel cane-pastore che il piccolo Chris dimostra d’essere già da bambino, quando difende il fratello Jeff dal pestaggio di un bullo.
Ed è proprio un bambino – pronto a gettare una granata addosso ai marines – che finirà nel mirino di Chris Kyle, e sarà il congegno perché noi conosciamo il suo passato: la decisione di trasformare la sua vita da cavalcatore-di-rodeo in servitore della patria con l’arruolamento nel 1999, sospinto dagli attentati alle ambasciate Usa in Tanzania e Kenya del 1998; l’amore e il matrimonio con la fascinosa Taya (Sienna Miller); l’attesa di diventare padre di un bimbo. In venti minuti tutto scorre sospeso nell’aria come il tragitto di un proiettile che da lontano fende l’aria. Quel proiettile che in un attimo ucciderà il bambino-con-la-granata, quel proiettile che per il soldato Chris Kyle sarà il principio di un futuro da “Leggenda”. E la condanna a convivere con gli spettri delle vite spezzate.
Fra macerie di abitazioni assistiamo alle brutture di un conflitto nel quale nessuno è al sicuro, nemmeno gli iracheni, che pagano le confidenze ai soldati americani con le torture del “Macellaio” (Mido Hamada), spietato assassino al servizio di Al Zarqawi e capo del cecchino Mustafa (Sammy Sheikh), il quale combatte a distanza una battaglia personale contro Chris. Questa è la storia vera di un giovane americano entrato nell’esercito del proprio Paese per difenderlo dalle minacce del terrorismo, ma poi incapace di tornare a vivere la propria vita lontano dalla guerra, intrappolato dentro quel mirino da puntare su nemici che si aggirano nelle vie distrutte dalle bombe, sopra i tetti di città decrepite. Un uomo derubato di quell’umanità che tanti troppi veterani faticano a recuperare una volta in patria.
Eppure Chris torna (illeso) negli Stati Uniti, dopo aver colpito il suo ultimo bersaglio, quel Mustafa che aveva seminato morti attraverso la precisa lente di un altro fucile da cecchino. Chris Kyle torna dalla moglie e dai figli, torna per riuscire a guarire dalle conseguenze di una guerra che Clint Eastwood ci ha mostrato con spietata lucidità al ritmo di caricatori che si scaricano su corpi di uomini. Torna a casa dopo aver ucciso 160 persone, torna e cerca di guarire dai fantasmi dell’Iraq (nel 2009 lascerà la Marina); ma nel 2013 proprio un veterano che stava aiutando a dimenticare quei traumi post-bellici lo uccide all’età di soli 38 anni.
Uccide un uomo, che Eastwood ci ha fatto conoscere fra le tracce di carri armati e blindati, fra pallottole che incidono la carne, granate che esplodono, incursioni nelle case di Falluja, Ramadi, Sadr City. Lì dove c’è la storia umana di Chris Kyle, universale paradigma per le conseguenze di una guerra che sta a noi giudicare.
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mauro
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mercoledì 26 agosto 2015
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al cuore ramon
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Se vuoi uccidere un uomo devi sparargli al cuore! Clint è un cecchino delle emozioni e se vuoi avere successo devi far provare emozioni, creare l'aspettativa e la tensione dell'evento poi mantenerla con la velocità di un fulmine, Clint è tutta la vita che fa questo e lo sa fare, non importa di quale colore siano queste emozioni, la verità è tutta qui. Analizziamo il fim, cosa ci racconta in più dei telegiornali, dei dossier sui reduci ormai innumerevoli? Non è vero che si tratti di un film di denuncia della guerra, dei suoi effetti ecc... perchè in tal senso sarebbe stato inutile ce ne sono tanti ormai. Questo film è il reportage della vita di un uomo e basta.
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Se vuoi uccidere un uomo devi sparargli al cuore! Clint è un cecchino delle emozioni e se vuoi avere successo devi far provare emozioni, creare l'aspettativa e la tensione dell'evento poi mantenerla con la velocità di un fulmine, Clint è tutta la vita che fa questo e lo sa fare, non importa di quale colore siano queste emozioni, la verità è tutta qui. Analizziamo il fim, cosa ci racconta in più dei telegiornali, dei dossier sui reduci ormai innumerevoli? Non è vero che si tratti di un film di denuncia della guerra, dei suoi effetti ecc... perchè in tal senso sarebbe stato inutile ce ne sono tanti ormai. Questo film è il reportage della vita di un uomo e basta. Lo sappiamo tutti che in guerra muoiono innocenti, che la stessa sia un atto criminale e non basti l'autorizzazione umana per giustificare l'uccisione di altri individui. Qual'è allora il meccanismo psicologico messo in atto per ottenere il successo? Perchè che ci crediate o no le grandi produzioni americane non fanno film con l'obbiettivo primario d'istruire, o condannare, ma di guadagnare e tutto viene pianificato, soprattutto l'impatto sullo spettatore. Il meccanismo è in parte quello descritto all'inizio della recensione e la seconda parte fa leva sul fatto che anche l'estrema efferatezza dei gesti più crudeli si svolga in una safety box, lo spettatore lo sa e qualcuno s'illude di aver capito cosa sia la guerra, cosa voglia dire uccidere un uomo, essere feriti in battaglia e tutto il resto, mangiando il suo secchiello di pop corn al sicuro nella sala accogliente a 1km da casa. Non è vero niente, quello che manca a questo genere di film è proprio la possibilità di raccontare tutto ciò, perchè va oltre all'immaginazione di una persona cresciuta al riparo da certe situazioni, vuoi sapere cos'è la guerra? Guardati i reportage fotografici e video, quelli veri, se ce la fai. Ciò che rimane è proprio il racconto personale di un individuo attraverso le sue memorie, riadattate ed alla fine è solo cinema. E' la solita ipocrisia di una parte del mondo occidentale che a chiacchiere odia la guerra, si scandalizza per le atrocità compiute in nome di questo o quell'altro motivo, poi però non fa tante storie e non le interessa, o non vuol vedere da dove derivino la propria sicurezza e benessere e la verità è che il Kyle di turno che ci copre le spalle ad un certo punto deve saper anche morire senza far tanto rumore, per non impegnare troppo la nostra coscienza. Tolto che sono sicuro un sacco di persone siano andate al cinema col solo scopo di vedere la vita di un cecchino perchè in qualsiasi contesto il killer attira sempre! Belle le emozioni ma bisogna anche imaprare a ragionarci sopra, altrimenti si rimane fregati dall'apparenza. Sono film strani questi, di cui mi fido poco, temo che una gran parte miri solo ai soldi sfruttando ancora una volta le storie ed il dramma di gente che forse non andrebbero ridotte alla finzione del cinema.
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matrixlele
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lunedì 24 agosto 2015
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bello ma non autobiografico
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Se dovessi dare una definizione originale ai film di Clint, la prima parola che mi viene in mente è : dei film potenti.
Maestria nelle inquadrature la giusta tensione, il giusto dramma interiore del protagonista. Ogni film di Eastwood lascia il segno nel bene e nel male.
Nel bene perché si parla dell'eccellenza nella direzione cinematografica e nel dare i giusti tempi al film,le giuste luci e un mirabile fotografia, nel male perché la biografia del protagonista è stata ammorbidita a piene mani. Il finale toglie quella ventata di conservatorismo repubblicano per cui Eastwood ha sempre simpatizzato ma messo in discussione in quasi ogni suo film. In cui ti viene da dire: "ma tutto questo alla fine,che senso ha avuto"? ma resta comunque il fatto che il protagonista nella sua autobiografia non ha rimesso in discussione assolutamente niente di cio che ha fatto,anzi dichiarando di trarre gusto da ciò che faceva.
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Se dovessi dare una definizione originale ai film di Clint, la prima parola che mi viene in mente è : dei film potenti.
Maestria nelle inquadrature la giusta tensione, il giusto dramma interiore del protagonista. Ogni film di Eastwood lascia il segno nel bene e nel male.
Nel bene perché si parla dell'eccellenza nella direzione cinematografica e nel dare i giusti tempi al film,le giuste luci e un mirabile fotografia, nel male perché la biografia del protagonista è stata ammorbidita a piene mani. Il finale toglie quella ventata di conservatorismo repubblicano per cui Eastwood ha sempre simpatizzato ma messo in discussione in quasi ogni suo film. In cui ti viene da dire: "ma tutto questo alla fine,che senso ha avuto"? ma resta comunque il fatto che il protagonista nella sua autobiografia non ha rimesso in discussione assolutamente niente di cio che ha fatto,anzi dichiarando di trarre gusto da ciò che faceva. Questo Clint per onestà intellettuale avrebbe dovuto "dirlo". O forse non l'ha volutamente sottolineato perché non lo condivideva, ma facendo così ha dato al protagonista,un bravissimo Brad Cooper un'immagine molto più umana di quella emersa dal suo libro. Mitizzzandolo forse più di quello che meritava.
Comunque sia come dicevo all'inizio un film bello,potente, basta non prenderlo per vero.
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stefano capasso
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lunedì 13 luglio 2015
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l'attaccamento che annienta
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Chris è un giovane texano che passa il tempo tra rodei e tiro al bersaglio. Un cow boy della provincia che trova il suo motivo di vita quado gli Stati Uniti subiscono l’attacco alle torri gemelle. Decide di entrare nell’esercito per difendere la patria e dopo aver sposato Taya parte per il primo turno di guerra in Iraq. La sua straordinaria abilità di cecchino fa di lui ben presto una leggenda. Cosi per dieci anni Chris si divide tra gli scenari di guerra dell’Iraq dove può mettersi al servizio degli altri e della patria e i periodi di riposo a casa dove il ricordo delle battaglie non gli permette più di vivere serenamente con la famiglia. Quando qualche suo commilitoni muore comincia a capire che è tempo di smettere con la guerra, e il ritorno alla vita normale non sarà affatto semplice.
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Chris è un giovane texano che passa il tempo tra rodei e tiro al bersaglio. Un cow boy della provincia che trova il suo motivo di vita quado gli Stati Uniti subiscono l’attacco alle torri gemelle. Decide di entrare nell’esercito per difendere la patria e dopo aver sposato Taya parte per il primo turno di guerra in Iraq. La sua straordinaria abilità di cecchino fa di lui ben presto una leggenda. Cosi per dieci anni Chris si divide tra gli scenari di guerra dell’Iraq dove può mettersi al servizio degli altri e della patria e i periodi di riposo a casa dove il ricordo delle battaglie non gli permette più di vivere serenamente con la famiglia. Quando qualche suo commilitoni muore comincia a capire che è tempo di smettere con la guerra, e il ritorno alla vita normale non sarà affatto semplice.
Una storia vera questa raccontata in questo film di Clint Eastwood, avvincente e che suscita emozioni e interrogativi. L’idea del racconto almeno per una buona parte è quella di una rappresentazione distaccata, come il protagonista appostato sui tetti vede e uccide i suoi bersagli a centinaia di metri di distanza. La distanza rende il compito quasi un videogioco, non si è sul territorio. Ma quando decide di entrare in prima linea allora la guerra si manifesta in tutto il suo orrore confermando che non esiste una guerra “pulita”.
Il tema che accompagna il racconto delle atrocità dei combattimento è quello del conflitto tra Chris e la moglie, che sembrano avere scopi diversi. Lui combatte per gli Stati Uniti e lei per il loro matrimonio e non riescono più trovare per diversi anni il senso della loro unione.
L’epilogo del film mi ha fatto pensare all’attaccamento. Il protagonista pur avendo il suo compito in Iraq che gli permetteva di svolgere al meglio il suo “ruolo” di salvatore, di colui che aiuta chi è in difficoltà, non riesce a crearsi un altro compito nella vita. Ormai reduce, rimanen attaccato all’unico ruolo che conosce e finisce per esserne annientato
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floyd80
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lunedì 22 giugno 2015
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non ne riesci più a fare a meno?
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Una pellicola divisa tra un film di guerra e un film drammatico.
Tra la voglia di non scombussolare troppo con effetti shock ma portando lo spettatore all'interno dell'inferno dell'Iraq quasi con leggerezza.
Ottima regia senza fronzoli particolari a servizio della storia, che ha dell'incredibile e che è tratta da una storia vera. Bravi gli attori, secondo me non eccelsi, ma bravi.
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Una pellicola divisa tra un film di guerra e un film drammatico.
Tra la voglia di non scombussolare troppo con effetti shock ma portando lo spettatore all'interno dell'inferno dell'Iraq quasi con leggerezza.
Ottima regia senza fronzoli particolari a servizio della storia, che ha dell'incredibile e che è tratta da una storia vera. Bravi gli attori, secondo me non eccelsi, ma bravi.
Insomma una pellicola che gioca sull'animo più nascosto di quello umano, l'animale, la belva, una visione se si vuole andare a vedere quasi pessimista. Una volta assaggiato il sangue, la violenza non se ne riesce più a fare a meno? Ne vogliamo sempre di più?
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giorpost
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venerdì 12 giugno 2015
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film lento e prevedibile sul peggior patriottismo
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Chris Kyle è un texano che cresce col mito dei cowboys e la sua vita inizialmente è fatta di rodei e alcool, con un padre severo, una madre inerme ed un fratello timido. Ma quando un giorno decide di dare una svolta alla sua vita, dopo aver trovato la fidanzata a letto con un altro, si imbatte nel peggiore degli inferni possibili su questo pianeta: la guerra. Si scopre infallibile cecchino ed entra a far parte dei Seals dell’ esercito terra-mare-aria americano e partecipa da volontario al conflitto in Iraq in ben 4 diverse ondate (turni). La sua ascesa lo farà diventare leggenda per i colleghi ma al contempo gli provocherà non pochi problemi psicologici e di disadattamento comuni a tutti i reduci, specialmente se a stelle e strisce.
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Chris Kyle è un texano che cresce col mito dei cowboys e la sua vita inizialmente è fatta di rodei e alcool, con un padre severo, una madre inerme ed un fratello timido. Ma quando un giorno decide di dare una svolta alla sua vita, dopo aver trovato la fidanzata a letto con un altro, si imbatte nel peggiore degli inferni possibili su questo pianeta: la guerra. Si scopre infallibile cecchino ed entra a far parte dei Seals dell’ esercito terra-mare-aria americano e partecipa da volontario al conflitto in Iraq in ben 4 diverse ondate (turni). La sua ascesa lo farà diventare leggenda per i colleghi ma al contempo gli provocherà non pochi problemi psicologici e di disadattamento comuni a tutti i reduci, specialmente se a stelle e strisce.
Clint Eastwood ha tutta la mia stima come attore, avendo contribuito al mito di Sergio Leone e dei suoi spaghetti western ma come regista, pur apprezzando Mystic River, Million Dollar Baby ed Hereafter, non sono ancora riuscito ad inquadrarlo del tutto. Gira quest’ opera in un modo che definire lento è un eufemismo, con mancanza totale di ritmo e assenza insopportabile di una vera e propria colonna sonora. I dialoghi sono scarni, banali, quasi inutili perché scontati e l’ ambientazione poi, già vista e rivista come del resto tutto il pacchetto completo, ha del ridicolo. Non c’è enfasi in quelle scene che avrebbero dovuto creare pathos, non c’è tensione laddove lo spettatore ‘ attendeva, manca del tutto o quasi un filo diretto tra le due vite parallele che Kyle persegue (la famiglia da un lato, il servire il paese dall’ altro) e l’ unico reale scopo di quest’ opera è, a mio avviso, un tentativo velato e non troppo enfatizzato di re-inculcare nell’ americano medio quella forma di patriottismo che è andata via via scemando negli ultimi anni a causa delle assurde scelte illogiche ed unilaterali dei governi USA che si sono succeduti nell’ ultimo trentennio. Inutile spiegarvi come finisce non solo per non rovinare la sorpresa ma anche e soprattutto perché la storia è vera e facilmente fruibile. L’ assuefazione al fucile, la facilità ad uccidere senza se e senza ma e la distanza che Kyle crea da una moglie fin troppo paziente, sono gli unici tratti da salvare. La prova del pur bravissimo e brillante Cooper non rispecchia altro che il carattere cupo, burbero e tarato di un regista troppo acclamato e sopravvalutato. Un lungometraggio prevedibile, freddo, conseguenza del peggior patriottismo.
Voto: 5
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enrico danelli
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domenica 31 maggio 2015
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dio non gioca a dadi con il mondo. gli uomini sì.
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Se non fosse Clint Eastwood il regsita, si potrebbe pensare che il film sia un necrologio di Chris Kyle con ovvii e rimarcati accenti patrottici all'ombra della bandiera a stelle e strisce. Sicuramente, per buona parte del film, il dipanarsi di una trama molto semplice e l'estrema e asettica obiettività del regista possono dare l'impressione sbagliata che si voglia veramente proporre la filosofia assurda de "il mondo si divide in pecore, lupi e cani da pastore". Invece, e per fortuna, l'aver scelto per la trasposizione cinematografica (e quindi per la fama imperitura) la vita di Kyle (prima ai più sconosciuto), vita vissuta in un certo modo e conlcusa in un altro, fa di Clint Eastwood un gigantesco interprete della nostra epoca.
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Se non fosse Clint Eastwood il regsita, si potrebbe pensare che il film sia un necrologio di Chris Kyle con ovvii e rimarcati accenti patrottici all'ombra della bandiera a stelle e strisce. Sicuramente, per buona parte del film, il dipanarsi di una trama molto semplice e l'estrema e asettica obiettività del regista possono dare l'impressione sbagliata che si voglia veramente proporre la filosofia assurda de "il mondo si divide in pecore, lupi e cani da pastore". Invece, e per fortuna, l'aver scelto per la trasposizione cinematografica (e quindi per la fama imperitura) la vita di Kyle (prima ai più sconosciuto), vita vissuta in un certo modo e conlcusa in un altro, fa di Clint Eastwood un gigantesco interprete della nostra epoca. Il messaggio è chiaro: l'indottrinamento neo-manicheo che divide il mondo in pecore e lupi è falso e pericoloso. Un ragazzotto semplice del Texas, cresciuto dal padre a pane e fucili, è la vittima sacrificale di questo sistema : nonostante i rischi corsi in Iraq in mezzo ai "lupi", il nostro "cane da pastore" verrà ucciso in patria da una "pecora". Purtroppo quello che manca in questo film è il ritmo, un ridimensionamento delle pur efficaci scene di guerra a favore delle vicende "umane" del protagonista, svolte in modo piuttosto banale. Manca insomma una scenografia più adeguata, più profonda, tanto che la bibbia che Kyle porta sempre con sè da tenera età sembra più un talismano portafortuna che l'insieme di valori a cui credere. Dopo le vette di Gran Torino e Million Dollar Baby, film perfetti sotto ogni aspetto, Eastwood ci consegna un film eseguito in modo un po' scolastico e talvolta banale, nonostante il signiificato universale che da esso promana : gli uomini, nonostante le loro false certezze, sono soggetti al caso.
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