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Milano ruggisce, leoni e pardi a Le vie del cinema

Un programma di 40 film, dal 19 al 27 settembre.
di Ilaria Ravarino

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Ryan Gosling (Ryan Thomas Gosling) (43 anni) 12 novembre 1980, London (Canada) - Scorpione. Interpreta Neil Armstrong nel film di Damien Chazelle First Man - Il Primo Uomo.
lunedì 17 settembre 2018 - Festival

Milano torna anche quest'anno a farsi tana per leoni e (leo)pardi cinematografici, con l'avvio (19-27 settembre) della manifestazione Le vie del Cinema a Milano: promossa da Agis Lombardia con il patrocinio del Comune di Milano, l'iniziativa porterà nella città lombarda anteprime selezionate dalla 75a Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia e dal 71o Locarno Film Festival, oltre ai film vincitori della Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro, del Bergamo Film Meeting e del Festival Mix.

Un totale di 40 lungometraggi di cui 30 dal Lido (9 film dal concorso veneziano), sette da Locarno e tre dai festival di Bergamo, Pesaro e Mix.
Ilaria Ravarino

Settanta le proiezioni in programma in 13 sale cittadine (per un totale di 19 schermi: Anteo Palazzo del Cinema, Arcobaleno, Ariosto, Arlecchino, Beltrade, Centrale, Citylife Anteo, Colosseo, Ducale, Eliseo, Mexico, Orfeo e Palestrina), introdotte di volta in volta da critici, giornalisti e protagonisti dei film in visione. Dettaglio non secondario, tutte le proiezioni saranno in lingua originale con sottotitoli in italiano: prevista anche una proiezione per disabili sensoriali, Una storia senza nome di Roberto Andò all'Anteo, in un'edizione predisposta con audio descrizione e sottotitoli (cuffie all'ingresso, prenotazione obbligatoria). Pronta ad accogliere fino a 15.000 spettatori, l'iniziativa ha un costo di 200.000 euro di cui il 40% coperto dalla vendita dei biglietti.


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Adattamento del romanzo "Black Klansman", scritto dall'ex poliziotto Ron Stallworth, il più recente film di Lee - passato a Cannes e Locarno - racconta l'incredibile storia di un detective afroamericano (John David Washington) che riesce a introdursi nella divisione locale del Ku Klux Klan, conquistando le simpatie degli accoliti fino a diventare il braccio destro del capo.
DA VEDERE PERCHÈ: Lee non era così in forma da anni, capace di innestare acido humor urbano su una storia surreale che nelle sue mani diventa profondamente politica, materiale incandescente che si fa esplosivo sul finale. Da non perdere anche per la coppia di attori: Adam Driver finalmente in parte e il figlio d'arte John David Washington, vera scoperta del film.


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Isabella (Barbora Bobulova), nei primi anni Novanta, ha diciott'anni ed è lanciata verso una dirompente carriera musicale. Trent'anni dopo è ancora sul palco, con il figlio Bruno (Alessandro Piovani) a farle da chitarrista, in giro per locali di provincia. Incapace di costruire relazioni solide, e ripiegata nel culto di se stessa, Isabella non si accorge di avere imprigionato il figlio in una gabbia dorata. Finché Bruno non sfugge, finalmente, al suo controllo...
DA VEDERE PERCHÈ: per i divertenti finti-videoclip anni Ottanta e per il sound dei tormentoni di Isabella, scritti da Matteo Buzzanca e cantati da una sorprendente Bobulova. Per la giovane rivelazione Federica Sabatini, nei panni della rockettara che strapperà Bruno dalle grinfie della madre. E per una storia di amore materno, morboso e "storto", rarissimo nel nostro cinema.


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Fratelli coltelli, amici e poi nemici, Manuel (Matthias Schoenaerts) e Driss (Reda Kateb) sono nati nella stessa banlieu, ma il destino li ha separati per sempre: Driss è diventato un poliziotto, Manuel è un piccolo trafficante di cocaina. Quando la consegna di una partita di droga si trasforma inaspettatamente in una strage, Manuel è costretto a ricorrere all'aiuto di Driss per salvarsi la vita e scoprire il mandante degli assassinii. Ma la collaborazione con il vecchio amico ha un costo. Molto alto.
DA VEDERE PERCHÈ: Ha l'ineluttabile malinconia de L'odio, quel senso di ingiustizia sociale e rabbia perfettamente incarnato dal corpo di Kateb - il suo Driss mai abbastanza bianco, mai abbastanza arabo - e dall'energia nervosa di Schoenaerts - ragazzone perduto, che nessun buon proposito riesce a riportare in carreggiata. Uno dei migliori film dal concorso di Venezia.


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Ambientato nella Tasmania del 1820, The Nightingale è la storia di Clare (Aisling Franciosi), che dopo aver trascorso tre anni di agonia al servizio del tenente Hawkins (Sam Claflin), tra abusi e crudeltà psicologiche, decide di vendicarsi. Data per morta, la donna si mette in segreto sulle tracce del militare. Ma stavolta non è più sola: con lei c'è Billy (Baykali Ganambarr), aborigeno tasmano che ha perso le sue terre ed è a sua volta in credito con il destino.
DA VEDERE PERCHÈ: Premio speciale della giuria di Venezia, The Nightingale è un film di empowerment femminile che imbraccia come un fucile il classico genere rape and revenge, mirando senza tanti complimenti al maschio carnefice e aguzzino. Film schierato, cattivissimo, dalla regista di Babadook Jennifer Kent: è stato il film delle polemiche a Venezia, farà discutere ancora.


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Anna (Valeria Bruni Tedeschi), da poco separata dal marito - che l'ha lasciata per una donna più giovane - decide di trascorrere qualche giorno di vacanza con la figlia nella casa di famiglia in Costa Azzurra, sperando di trovare l'ispirazione per il suo nuovo film. Ma quella villa è un microcosmo affollato di persone che tutto vogliono, tranne che la realtà "vera" penetri tra le mura di casa: un insieme di solitudini di cui Anna, che lo voglia o no, è figlia ed erede.
DA VEDERE PERCHÈ: Per avere un'idea di quel che passa nella mente di Valeria Bruni Tedeschi, che si mette in scena qui senza pudori, allestendo un cast magnifico (tra gli altri Valeria Golino, Vincent Perez, Riccardo Scamarcio e Frederick Wiseman in un cameo) in un film autenticamente autobiografico. Storia dolce-amara, a tratti esilarante, feroce nel mettere alla berlina lo spleen borghese: fuori concorso a Venezia, colpisce al cuore per onestà e purezza.


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First Man - Il primo uomo di Damien Chazelle Adattamento della biografia ufficiale di Neil Armstrong (Ryan Gosling), è la storia del primo uomo a mettere piede sulla Luna e di come sia riuscito a tagliare quel traguardo. Un percorso colmo di difficoltà: dal lutto per la perdita della figlia a quello per i tanti amici morti in missione, attraversando feroci critiche e clamorosi fallimenti, la strada per lo spazio è stata per Armstrong un'interminabile salita. Ne è valsa la pena?
DA VEDERE PERCHÈ: Per ritrovare la compostezza di Ryan Gosling, perfetto nel centellinare le emozioni di un Armstrong che interiorizza tutto ed esteriorizza ben poco. Per Chazelle, che si diverte a mescolare i generi senza paura del confronto con La La Land (guarda la video recensione). E per una storia d'amore spaziale, dal sapore melò, che a Venezia - dove è stato mostrato come film d'apertura - ha commosso il pubblico.


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Biopic del pittore olandese Vincent Van Gogh (Willem Dafoe), dalla giovinezza fino al suicidio (omicidio?) a 37 anni: tra capolavori, litigi e discussioni - le più famose quelle con Gaugin (Oscar Isaac) - Schnabel racconta il periodo più tormentato e produttivo dell'artista, che morì lasciando quasi 1000 dipinti e altrettanti disegni, nella totale indifferenza della critica.
DA VEDERE PERCHÈ: Coppa Volpi a Venezia per la migliore interpretazione maschile, Dafoe (già Cristo per Scorsese e Pasolini per Ferrara) aggiunge al suo carnet un'altra interpretazione iconica, nei panni di Van Gogh. Julian Schnabel, regista anche di Basquiat e a sua volta ex pittore, messi da parte i pennelli si conferma il miglior ritrattista di ritrattisti.


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Alain (Guillaume Canet), editore vecchio stile messo in crisi dai nuovi media, ha un problema con uno dei suoi migliori autori, Léonard (Vincent Macaigne). Il nuovo libro dello scrittore, infatti, non lo convince per niente. Quel che Alain non sa è che Léonard gli nasconde qualcosa: da sei anni ha una relazione con sua moglie, Selena (Juliette Binoche), che lo stesso Alain tradisce con la sua assistente...
DA VEDERE PERCHÈ: divertito racconto delle contraddizioni della società moderna, tra doppie vite, inganni e dialoghi fulminanti sulla tecnocrazia che regola le nostre vite, Non-Fiction è un gioiello d'intelligenza antropologica, che riflette su come virtualità e nuove tecnologie stiano cambiando il nostro approccio all'arte, alla vita. E all'amore.


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Wang (Liu Xiaoyi), operaio edile cinese, scompare nel nulla a Singapore dopo aver stretto amicizia in chat con un misterioso giocatore d'azzardo. Di Wang si sa pochissimo: che era venuto a Singapore per cercare lavoro, che era molto ansioso, e che di recente aveva subito un infortunio in cantiere. Sulle sue tracce si mette il detective Lok (Peter Yu) poliziotto dall'intuito assai sviluppato che sfrutta i suoi stessi sogni per ricavare indizi sull'indagine in corso.
DA VEDERE PERCHÈ: per la luce (sinistra) che il film getta sulla realtà di Singapore, hub per migranti in cerca di lavoro, anche in nero, nei tantissimi cantieri aperti in città. Per quel detective Lok che ricorda da vicino - metodo onirico e passione per l'irrazionale - il Dale Cooper di Twin Peaks. E per l'alternanza tra realismo sociale nel racconto della città e libertà creativa nelle sequenze dei sogni, che è valsa al film il Pardo d'oro a Locarno.


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È il tramonto dell'era dei samurai e il generoso Mokunoshin Tsuzuki (Sôsuke Ikematsu), combattente di talento, è costretto ad accettare la proposta del ronin Jirozaemon Sawamura (Shinya Tsukamoto), diretto in capitale per offrire i propri servigi di guerra allo Shogun. Ma l'incontro con il ronin è destinato a sconvolgere la vita di Mokunoshin, e con essa anche il fato del villaggio di contadini in cui vive.
DA VEDERE PERCHÈ: primo lungometraggio in costume del regista di culto giapponese, Killing è un film sui samurai che ne smonta crudelmente mito ed epica. Cupo e nichilista, cita i classici del cappa e spada nipponico per demolirli, restituendo il senso di un mondo impietoso in cui non c'è spazio per l'onore o per l'amore. Tra le sorprese più gradite di Venezia.


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Tra gli altri titoli in arrivo a Milano anche M di Yolande Zauberman, premio speciale della Giuria a Locarno, Sunset di László Nemes, da Venezia già sulla via dell'Oscar, e ancora What You Gonna Do When the World's On Fire? dell'italoamericano Roberto Minervini, già in concorso al Lido. Sulle vie del cinema anche Ricordi? di Valerio Mieli, con Luca Marinelli, presentato alle scorse Giornate degli Autori, Arrivederci Saigon di Wilma Labate, il leggendario ultimo film di Orson Welles The Other Side of the Wind e la dichiarazione d'amore di Emir Kusturica a José Mujica, nel documentario "veneziano" El Pepe, una vida suprema.


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