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Un mito che plasma le storie e le trasforma in leggende, un Eastwood patriottico, anche troppo. Il regista ci confeziona un film intenso, crudo e molto “americano”. Un imperdibile opera che ci sprona a riflettere sulla democrazia e sulla oppressione dei popoli, che sia subita o imposta. La sensazione ed il messaggio sottile che lascia questo intenso film è proprio il forte patriottismo del regista ma anche quanto gli Stati Uniti siano invischiati ormai in un conflitto dal quale non sanno più uscirne, in una guerra che seppur iniziata forse con presupposti e principi di libertà e giustizia può rischiare di diventare ormai solo una questione personale. Questo messaggio viene completamente affidato al protagonista, il cecchino americano interpretato da un gigante Bradley Cooper. Anche questa volta Eastwood infatti costruisce un personaggio forte e duro, guidato da un senso della patria forte e dal noto messaggio di democrazia americano. Questo messaggio di giustizia viene fatto innalzare durante la parte iniziale del film in cui ci vengono proposti i tremendi attentati terroristici che hanno offeso l’America. Se nella prima parte del film il tema principale sia la partecipazione e la condivisione dell’ideale di libertà ad un certo punto questo messaggio si trasforma in qualcos’altro, in una tremenda parentesi della storia americana dalla quale non si riescono più a ricordare nemmeno più quali erano i principi che la muovevano, ma questo, il personaggio centrale non riesce a capirlo. Dal quel momento in poi la condivisione lascia lo spazio invece ad una tremenda solitudine, il cecchino rimane solo, l’unico ancora a credere nei motti di democrazia americana. Tutte le altre persone intorno a lui ormai, la moglie, il fratello, gli altri soldati del gruppo e forse l’America intera, sono ormai disillusi e per loro l’obiettivo del conflitto diventa ormai solo “fare quello che dobbiamo fare e portare la pelle a casa”. Il protagonista rimane solo, come il cecchino d’altronde, sempre sopra i tetti, diviso dal resto del gruppo, un uomo solo e unico padrone delle scelte più tremende, come dover uccidere o no bambini o donne. In questo Eastwood ci sorprende, la psicologia e l’introspettivo senso di colpa dei personaggi che ci aspettavamo (già affrontato in “Flags of our fathers” e “Lettere da Iwo Jima") non viene approfondito e viene sostituito completamente invece da una totale solitudine del protagonista. Il soldato si convince di dover continuare a partecipare al conflitto per proteggere i propri cari e l’America non accorgendosi invece che ciò che lo muove ormai è divenuto solamente un fatto personale: la vendetta e il non sentirsi più vivo nella vita di tutti i giorni. Il film centra l’obiettivo, ci ricorda cosa la guerra al terrorismo sia e cosa può rischiare di diventare.
Matteo Calvesi
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sir gient
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lunedì 12 gennaio 2015
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non credo al patriottismo..
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Non credo che Eastwood abbia voluto enfatizzare il patriottismo, anzi, l'analisi profonda che fa in questo film va aldilà del sempliciotto film dove gli americani fanno i supereroi, mette a fuoco una società e i suoi ideali enfatizzati, dopati dai media che spingono giovani e anche non più giovani a confrontarsi con una realtà che è così diversa e lontana dalla quotidianità... ogni guerra lascia vittime ed eroi, eroi che sono vittime e vittime che diventano eroi, ma alla fine ciò che resta e solo la consapevolezza che ognuno di noi inevitabilmente e irrimediabilmente perde sempre qualcosa...
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