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cliver
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mercoledì 5 marzo 2014
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grande bellezza
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Film tipico da cineforumdialoghi poco comprensivi e avrei premiato 12anni schiavo ciao
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lucaguar
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mercoledì 5 marzo 2014
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frastuono e silenzio; un film d'altri tempi
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Il cinema italiano doveva, prima o poi, destarsi dal torpore che ormai lo affligge da moltissimi anni.
"La grande bellezza" è un ottimo modo per aprire (o meglio ri-aprire) un stagione "dorata" per il nostro cinema, da troppo tempo colpito da una grave crisi espressiva e contenutistica, che vive sulla cultura stereotipata del "cinepanettone".
Esso è forse la rampa di lancio definitiva per Sorrentino, nel quale tutta l'Italia spera di ritrovare l'estro di geni del calibro di Fellini, De Sica, Rossellini, Visconti e Bertolucci, che in passato hanno portato il nostro paese nell'elite mondiale della settima arte.
Questo film, personalmente, specialmente nella prima mezz'ora, mi ha letteralmente entusiasmato, e il primo pensiero che mi è balzato alla mente è stato:"ma possibile che sia un film italiano?" Infatti, dopo Fellini, non ho mai ritrovato, neanche lontanamente, un film italiano tanto caratteristico sia nella fotografia sia nel movimento di macchina.
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Il cinema italiano doveva, prima o poi, destarsi dal torpore che ormai lo affligge da moltissimi anni.
"La grande bellezza" è un ottimo modo per aprire (o meglio ri-aprire) un stagione "dorata" per il nostro cinema, da troppo tempo colpito da una grave crisi espressiva e contenutistica, che vive sulla cultura stereotipata del "cinepanettone".
Esso è forse la rampa di lancio definitiva per Sorrentino, nel quale tutta l'Italia spera di ritrovare l'estro di geni del calibro di Fellini, De Sica, Rossellini, Visconti e Bertolucci, che in passato hanno portato il nostro paese nell'elite mondiale della settima arte.
Questo film, personalmente, specialmente nella prima mezz'ora, mi ha letteralmente entusiasmato, e il primo pensiero che mi è balzato alla mente è stato:"ma possibile che sia un film italiano?" Infatti, dopo Fellini, non ho mai ritrovato, neanche lontanamente, un film italiano tanto caratteristico sia nella fotografia sia nel movimento di macchina.
Ci vuole coraggio a presentare un proprio stile in questi tempi così votati o al cinema "di massa" (specie nel Belpaese), o allo sperimentalismo che in realtà non è che conformismo. In questo Sorrentino mi ha sorpreso positivamente: il suo stile particolare si allontana anni luce e si eleva rispetto alla moltitudine, spesso indistinguibile (fatte pochissime eccezioni) del cinema odierno.
Un film, a mio parere non può essere un grande film senza che sia unico e irripetibile: solamente in questo modo può rimanere indelebilmente nell'anima dello spettatore e raggiungere i suoi scopi più alti: far riflettere e suscitare emozioni; "La grande bellezza", almeno in me, ce l'ha fatta.
Jep Gambardella, un ex scrittore che ha dato alla luce un solo romanzo e che vive la propria vita interamente immerso nella mondanità romana, ci porta a scoprire una Roma particolare, quasi sconosciuta ai più, attraverso due vie spazio-temporali parallele ma sempre in costante relazione tra loro: da una parte la mondanità, la confusione, la volgarità del presente e dall'altra i silenzi, la maestosità, la sacralità provenienti dal passato ma che "ospitano" anche la vita di oggi, esattamente come il presente "ospita" il passato.
A fare da "collante" di questa doppia e quasi contraddittoria via, ci sono le vicende umane di un uomo (Gambardella appunto) anche lui caratterizzato da una doppia realtà di vita: una vena mondana, ai limiti della moralità, da una parte, ma anche da una personalità colta, acuta e ricca di fascino dall'altra. Esattamente come Roma.
Sorrentino riesce a trasportarci in una città quasi surreale, esteticamente magnifica, un po' barocca e un po' decadente, sospesa tra presente e passato nella quale si alternano la futilità e la sacralità che una vita può accogliere.
In questo contesto Jep Gambardella, un esteta quasi dannunziano, ormai giunto ai sessantacinque anni, si rende conto del nulla che la sua vita ha prodotto, pur avendo vissuto un'esistenza lontana dalla fatica e dai problemi, in una sorta di realtà parallela che "annulla il tempo" e che viene a galla quando tramonta il sole, (esattamente come in una scena di straordinario piglio inventivo, in cui si vede Jep da vecchio immergersi nel mare davanti ai suoi amici dell'adolescenza e riaffiorare giovane, in un idealistico salto temporale) ed è fatta di estetismo, volgarità, e di una felicità ricercata in modo innaturale e falso.
Ben presto però si rende conto che questa è sempre stata e forse sempre sarà la sua vita, di cui in fondo prova un doppio sentimento, di disgusto ed insieme di piacere, nonostante sia colpito dal dolore per la morte di Ramona (Sabrina Ferilli), una spogliarellsta malata di un male incurabile.
Il finale del film è forse la parte meno "appariscente" ma più decisiva per comprendere, almeno un po', ciò che Sorrentino vuole esprimere.
La visita della suora missionaria infatti, che ha fatto voto di povertà, stona volutamente con la ricca ed altezzosa realtà mondana che via via si dirama durante il film.
Infatti, nel futile ed assordante frastuono del mondo (tutto si risolve in un bla, bla, bla dirà alla fine del film Gambardella), la vecchia suora pronuncia forse le parole più semplici ma profonde di tutto il film: "Io ho sposato la povertà, e la povertà non si racconta, ma si vive", richiamando all'esigenza di tornare alla semplicità e all'umiltà come fonte vera di felicità. E' qui che forse Jep trova la speranza di una nuova vita, più sobria e più semplice, e forse anche più intima e serena, e decide di riprendere il suo lavoro di scrittore.
Insomma, sinceramente non mi sarei mai aspettato da un regista italiano un film di tale spessore, sia estetico che morale, che cade, secondo me, solamente nell'eccessiva lentezza di qualche sequenza prima della fine.
Certo, se pur molto "chiacchierato", non è certo un film per tutti, anzi, forse tutti questi proclami e il suo dirompente ingresso nell'opinione pubblica ne hanno impoverito il valore che, a parer mio è indiscutibile, soprattutto presa in esame la media dei film italiani degli ultimi anni.
Davvero un film d'altri tempi, nel vero senso della parola.
Bravo Sorretino,continua così.
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desmorob
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mercoledì 5 marzo 2014
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che cosa è la grande bellezza
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Il protagonista è uno scrittore "profondo" "vero" di talento che per aspirazione si è trasferito a Roma dopo un suo clamoroso successo letterario.
La sua intelligenza il suo conoscere approfonditamente l'animo umano le sue esperienze di vita lo fanno essere sempre lucido nelle analisi e neanche la vita "Romana" creata e voluta per narcotizzare la dura realtà hanno effetto su di lui.
Il film poi si svolge nella continua contrapposizione tra cose "falsamente belle" e cose realmente belle.
Le cose "false" sono rappresentate da finti divertimenti(feste droga sesso) finte arti (dipinto della bambina) finte amicizie, dall'altra le bellezze artistiche di Roma l'amicizia con il personaggio di Verdone (il quale riesce a capire l'inutilità di quella vita e parte) e il legame con la spogliarellista.
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Il protagonista è uno scrittore "profondo" "vero" di talento che per aspirazione si è trasferito a Roma dopo un suo clamoroso successo letterario.
La sua intelligenza il suo conoscere approfonditamente l'animo umano le sue esperienze di vita lo fanno essere sempre lucido nelle analisi e neanche la vita "Romana" creata e voluta per narcotizzare la dura realtà hanno effetto su di lui.
Il film poi si svolge nella continua contrapposizione tra cose "falsamente belle" e cose realmente belle.
Le cose "false" sono rappresentate da finti divertimenti(feste droga sesso) finte arti (dipinto della bambina) finte amicizie, dall'altra le bellezze artistiche di Roma l'amicizia con il personaggio di Verdone (il quale riesce a capire l'inutilità di quella vita e parte) e il legame con la spogliarellista.
Il suo tormento è la volontà di voler tornare a scrivere e l'impossibilità di farlo perché non riesce ad avere ispirazione a causa del mondo vuoto senza verità Falso (apparentemente bello ma profondamente brutto) che frequenta.
Il finale del film è caratterizzato da un incontro con "santa" una persona apparentemente brutta ma profondamente bella reale concreta, al contrario del cardinale. Lei lo vuole incontrare perché ha capito che Gabardella non è un uomo qualunque ma uno profondo intelligente concreto. La grande bellezza (Santa) si esprime con tre gesti, uno le poche ma grandissime parole dette a tavola (sulla povertà) e dopo sulle radici (che è la scintilla per Gambardella), l'immagine degli Aironi ed infine quella struggente "scalata" di Santa in ginocchio che esprime dolore devozione e sacrificio un'immagine apparentemente brutta ma profondamente bella.
Il film si chiude con Gambardella che parte per andare sull'isola dove ha avuto la sua prima esperienza quindi le sue radici ed incominciare a scrivere
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johnford
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mercoledì 5 marzo 2014
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penso proprio sia un grande film
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FILM DA VEDERE ASSOLUTAMENTE MA SOLO SU GRANDE SCHERMO. GRAVISSIMO ERRORE QUELLO DI PASSARLO IN TV IMPONENDOLO A PERSONE CHE, DOPO UNA DURA GIORNATA DI LAVORO, RIUSCIREBBERO SOLO A DIGERIRE UN FILM DI CHECCO ZALONE CON DOSE INDUSTRIALE DI PAROLACCE O UNA PELLICOLA TUTTA SPARI, CAZZOTTI E MORTI AMMAZZATI. PARECCHI MI HANNO CONFESSATO DI AVER CAMBIATO CANALE DOPO POCHI MINUTI MA, CONSIDERATO CHI ME LO HA DETTO, LA COSA NON MI HA STUPITO ANZI HA RAFFORZATO IN ME LA CONVINZIONE CHE CI TROVIAMO DI FRONTE AD UNA GRANDE OPERA. ANCORA PIU' SORPRENDENTE CHE, PROPRIO LA PERSONA CHE HA RINGRAZIATO MARADONA PER L'INFLUENZA CHE HA AVUTO SU DI LUI, ABBIA REALIZZATO UNA PELLICOLA TANTO POETICA ED ESTETICAMENTE COINVOLGENTE.
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FILM DA VEDERE ASSOLUTAMENTE MA SOLO SU GRANDE SCHERMO. GRAVISSIMO ERRORE QUELLO DI PASSARLO IN TV IMPONENDOLO A PERSONE CHE, DOPO UNA DURA GIORNATA DI LAVORO, RIUSCIREBBERO SOLO A DIGERIRE UN FILM DI CHECCO ZALONE CON DOSE INDUSTRIALE DI PAROLACCE O UNA PELLICOLA TUTTA SPARI, CAZZOTTI E MORTI AMMAZZATI. PARECCHI MI HANNO CONFESSATO DI AVER CAMBIATO CANALE DOPO POCHI MINUTI MA, CONSIDERATO CHI ME LO HA DETTO, LA COSA NON MI HA STUPITO ANZI HA RAFFORZATO IN ME LA CONVINZIONE CHE CI TROVIAMO DI FRONTE AD UNA GRANDE OPERA. ANCORA PIU' SORPRENDENTE CHE, PROPRIO LA PERSONA CHE HA RINGRAZIATO MARADONA PER L'INFLUENZA CHE HA AVUTO SU DI LUI, ABBIA REALIZZATO UNA PELLICOLA TANTO POETICA ED ESTETICAMENTE COINVOLGENTE. ANCHE QUESTI SONO I MISTERI DEL CINEMA!
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dark is white
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mercoledì 5 marzo 2014
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l'arte delle riscoperta
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Quando decidi di raccontare una storia, devi anche decidere come raccontarla e cosa vuoi comunicare a chi ti ascolta. Paolo Sorrentino in quanto a modalità narrative e messaggi da recapitare a suoi spettatori, lo si potrebbe paragonare ad un convinto scienziato in preda alla sua vena più creativa e sperimentale, in grado di restituire risultati dal carattere deciso, affascinante e al limite del surreale.
E' il caso di "La grande bellezza", creazione di cui si è parlato tanto e che conferma lo stile eclettico e sperimentale dell'audace Sorrentino. Un film che punta sull'anti-narrazione, affidando a: monologhi, musiche e fotografia il suo tentativo di raccontare una Roma degli alti borghi colma di: voluttuosità, frivolezze, ambizioni mondane e un'attrazione letale per la mondanità e la mancanza di prese di posizione.
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Quando decidi di raccontare una storia, devi anche decidere come raccontarla e cosa vuoi comunicare a chi ti ascolta. Paolo Sorrentino in quanto a modalità narrative e messaggi da recapitare a suoi spettatori, lo si potrebbe paragonare ad un convinto scienziato in preda alla sua vena più creativa e sperimentale, in grado di restituire risultati dal carattere deciso, affascinante e al limite del surreale.
E' il caso di "La grande bellezza", creazione di cui si è parlato tanto e che conferma lo stile eclettico e sperimentale dell'audace Sorrentino. Un film che punta sull'anti-narrazione, affidando a: monologhi, musiche e fotografia il suo tentativo di raccontare una Roma degli alti borghi colma di: voluttuosità, frivolezze, ambizioni mondane e un'attrazione letale per la mondanità e la mancanza di prese di posizione.
Jep Gambardella, interpretato da un superbo Toni Servillo, è uno scrittore che non scrive più da molto tempo, si dedica ad un giornale che tratta di tendenze e costume; la sua vita è un continuo rifugiarsi in feste che organizza nel suo attico a due passi dal Colosseo circondato da personaggi benestanti, ma anch'essi travolti dalla noia e i piaceri asfissianti dell'agiatezza, privi di ardore per un ideale, per la semplicità o per l'eccezionale bellezza e fortuna che gli circonda.
La narrazione, tra scenari e situazioni che sfiorano il surreale, si impunta sull'asetticità dei suoi personaggi alla Vera Bellezza della Vita, sembra quasi che essi abbiano dimenticato il significato dell'ingenuità, della Semplicità , un dramma che si consuma al di fuor della vita comune della Capitale, all'interno di palazzi e feste private in cui si manifesta tutta la "perversione" se l'ipocrisia dei suoi partecipanti.
A manforte di tutto, ritroviamo un cast d'eccezione completamente italiano: Carlo Verdone nei panni di uno "scrittore" in cerca di successo non delude minimamente nella sua interpretazione, così come una Sabrina Ferilli nei panni di una spogliarellista, che incarna bene l'ideale della bellezza italiana senza tempo.
Il tentativo-esperimento è quello di portare sullo schermo la crisi di valori, il falso moralismo che affligge i tempi nostri; sullo sfondo una Roma valorizzata in maniera artificiosa e forzata, tralasciando del tutto una visione più realistica e a tutto campo.
Sorrentino ci lascia dinnanzi alla prova di un'esperimento travolgente e sottile allo stesso tempo, in cui ci si divide tra forti consensi e forti dissensi.
Il messaggio che ne deriva in conclusione, è quello di un ritorno alle radici, un ritorno all'innocenza che nel personaggio di Jep Gambardella si concretizza con il ricordo forte e ricorrente del primo primo amore di quell'intimità pura e bellissima che oggi è ricoperta dalle parole, dai sentimenti da emozioni che svaniscono troppo presto facendo perdere il verso senso della Grande Bellezza in cui si è immersi.
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dark is white
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mercoledì 5 marzo 2014
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l'arte delle riscoperta
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Quando decidi di raccontare una storia, devi anche decidere come raccontarla e cosa vuoi comunicare a chi ti ascolta. Paolo Sorrentino in quanto a modalità narrative e messaggi da recapitare a suoi spettatori, lo si potrebbe paragonare ad un convinto scienziato in preda alla sua vena più creativa e sperimentale, in grado di restituire risultati dal carattere deciso, affascinante e al limite del surreale.
E' il caso di "La grande bellezza", creazione di cui si è parlato tanto e che conferma lo stile eclettico e sperimentale dell'audace Sorrentino. Un film che punta sull'anti-narrazione, affidando a: monologhi, musiche e fotografia il suo tentativo di raccontare una Roma degli alti borghi colma di: voluttuosità, frivolezze, ambizioni mondane e un'attrazione letale per la mondanità e la mancanza di prese di posizione.
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Quando decidi di raccontare una storia, devi anche decidere come raccontarla e cosa vuoi comunicare a chi ti ascolta. Paolo Sorrentino in quanto a modalità narrative e messaggi da recapitare a suoi spettatori, lo si potrebbe paragonare ad un convinto scienziato in preda alla sua vena più creativa e sperimentale, in grado di restituire risultati dal carattere deciso, affascinante e al limite del surreale.
E' il caso di "La grande bellezza", creazione di cui si è parlato tanto e che conferma lo stile eclettico e sperimentale dell'audace Sorrentino. Un film che punta sull'anti-narrazione, affidando a: monologhi, musiche e fotografia il suo tentativo di raccontare una Roma degli alti borghi colma di: voluttuosità, frivolezze, ambizioni mondane e un'attrazione letale per la mondanità e la mancanza di prese di posizione.
Jep Gambardella, interpretato da un superbo Toni Servillo, è uno scrittore che non scrive più da molto tempo, si dedica ad un giornale che tratta di tendenze e costume; la sua vita è un continuo rifugiarsi in feste che organizza nel suo attico a due passi dal Colosseo circondato da personaggi benestanti, ma anch'essi travolti dalla noia e i piaceri asfissianti dell'agiatezza, privi di ardore per un ideale, per la semplicità o per l'eccezionale bellezza e fortuna che gli circonda.
La narrazione, tra scenari e situazioni che sfiorano il surreale, si impunta sull'asetticità dei suoi personaggi alla Vera Bellezza della Vita, sembra quasi che essi abbiano dimenticato il significato dell'ingenuità, della Semplicità , un dramma che si consuma al di fuor della vita comune della Capitale, all'interno di palazzi e feste private in cui si manifesta tutta la "perversione" se l'ipocrisia dei suoi partecipanti.
A manforte di tutto, ritroviamo un cast d'eccezione completamente italiano: Carlo Verdone nei panni di uno "scrittore" in cerca di successo non delude minimamente nella sua interpretazione, così come una Sabrina Ferilli nei panni di una spogliarellista, che incarna bene l'ideale della bellezza italiana senza tempo.
Il tentativo-esperimento è quello di portare sullo schermo la crisi di valori, il falso moralismo che affligge i tempi nostri; sullo sfondo una Roma valorizzata in maniera artificiosa e forzata, tralasciando del tutto una visione più realistica e a tutto campo.
Sorrentino ci lascia dinnanzi alla prova di un'esperimento travolgente e sottile allo stesso tempo, in cui ci si divide tra forti consensi e forti dissensi.
Il messaggio che ne deriva in conclusione, è quello di un ritorno alle radici, un ritorno all'innocenza che nel personaggio di Jep Gambardella si concretizza con il ricordo forte e ricorrente del primo primo amore di quell'intimità pura e bellissima che oggi è ricoperta dalle parole, dai sentimenti da emozioni che svaniscono troppo presto facendo perdere il verso senso della Grande Bellezza in cui si è immersi.
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mercoledì 5 marzo 2014
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l'arte delle riscoperta
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E' il caso di "La grande bellezza", creazione di cui si è parlato tanto e che conferma lo stile eclettico e sperimentale dell'audace Sorrentino. Un film che punta sull'anti-narrazione, affidando a: monologhi, musiche e fotografia il suo tentativo di raccontare una Roma degli alti borghi colma di: voluttuosità, frivolezze, ambizioni mondane e un'attrazione letale per la mondanità e la mancanza di prese di posizione.
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Quando decidi di raccontare una storia, devi anche decidere come raccontarla e cosa vuoi comunicare a chi ti ascolta. Paolo Sorrentino in quanto a modalità narrative e messaggi da recapitare a suoi spettatori, lo si potrebbe paragonare ad un convinto scienziato in preda alla sua vena più creativa e sperimentale, in grado di restituire risultati dal carattere deciso, affascinante e al limite del surreale.
E' il caso di "La grande bellezza", creazione di cui si è parlato tanto e che conferma lo stile eclettico e sperimentale dell'audace Sorrentino. Un film che punta sull'anti-narrazione, affidando a: monologhi, musiche e fotografia il suo tentativo di raccontare una Roma degli alti borghi colma di: voluttuosità, frivolezze, ambizioni mondane e un'attrazione letale per la mondanità e la mancanza di prese di posizione.
Jep Gambardella, interpretato da un superbo Toni Servillo, è uno scrittore che non scrive più da molto tempo, si dedica ad un giornale che tratta di tendenze e costume; la sua vita è un continuo rifugiarsi in feste che organizza nel suo attico a due passi dal Colosseo circondato da personaggi benestanti, ma anch'essi travolti dalla noia e i piaceri asfissianti dell'agiatezza, privi di ardore per un ideale, per la semplicità o per l'eccezionale bellezza e fortuna che gli circonda.
La narrazione, tra scenari e situazioni che sfiorano il surreale, si impunta sull'asetticità dei suoi personaggi alla Vera Bellezza della Vita, sembra quasi che essi abbiano dimenticato il significato dell'ingenuità, della Semplicità , un dramma che si consuma al di fuor della vita comune della Capitale, all'interno di palazzi e feste private in cui si manifesta tutta la "perversione" se l'ipocrisia dei suoi partecipanti.
A manforte di tutto, ritroviamo un cast d'eccezione completamente italiano: Carlo Verdone nei panni di uno "scrittore" in cerca di successo non delude minimamente nella sua interpretazione, così come una Sabrina Ferilli nei panni di una spogliarellista, che incarna bene l'ideale della bellezza italiana senza tempo.
Il tentativo-esperimento è quello di portare sullo schermo la crisi di valori, il falso moralismo che affligge i tempi nostri; sullo sfondo una Roma valorizzata in maniera artificiosa e forzata, tralasciando del tutto una visione più realistica e a tutto campo.
Sorrentino ci lascia dinnanzi alla prova di un'esperimento travolgente e sottile allo stesso tempo, in cui ci si divide tra forti consensi e forti dissensi.
Il messaggio che ne deriva in conclusione, è quello di un ritorno alle radici, un ritorno all'innocenza che nel personaggio di Jep Gambardella si concretizza con il ricordo forte e ricorrente del primo primo amore di quell'intimità pura e bellissima che oggi è ricoperta dalle parole, dai sentimenti da emozioni che svaniscono troppo presto facendo perdere il verso senso della Grande Bellezza in cui si è immersi.
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maxseven
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mercoledì 5 marzo 2014
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troppo sorrentino
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MAh,..... sinceramente sono rimasto molto deluso, e non lo dico perchè Sorrentino non mi piace , altri Film dello stesso regista meritano molto di più, in questo film si è voluto straformare lo stile originale del regista....
[+] giusto
(di stefano mantini)
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