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joker 91
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martedì 4 marzo 2014
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capolavoro
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Paolo Sorrentino dirige un film grandioso,il regista che già aveva convinto con il divo e le conseguenze dell'amore ci parla a suo modo della nostra bella e dannata Italia. Un film chiaramente non per tutti con un lato tecnico studiato nel millimetro e con una storia bellissima-parlare del nulla non è facile ed infondo la nostra Italia del maledetto ventennio berlusconiano è relegata a livello storico al nulla,un film dove viene rappresentata sin troppo bene la nostra classe dirigente e il nostro popolo comprese le sue metaforfosi del maledetto ventennio Berlusconiano. Sorrentino richiama Fellini in talune musiche e sequenze,Servillo magistrale mentre il personaggio di Verdone rappresenta il chiaro esempio di che cosa potrebbe capitare all'uomo introverso e di cultura nella nostra società.
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Paolo Sorrentino dirige un film grandioso,il regista che già aveva convinto con il divo e le conseguenze dell'amore ci parla a suo modo della nostra bella e dannata Italia. Un film chiaramente non per tutti con un lato tecnico studiato nel millimetro e con una storia bellissima-parlare del nulla non è facile ed infondo la nostra Italia del maledetto ventennio berlusconiano è relegata a livello storico al nulla,un film dove viene rappresentata sin troppo bene la nostra classe dirigente e il nostro popolo comprese le sue metaforfosi del maledetto ventennio Berlusconiano. Sorrentino richiama Fellini in talune musiche e sequenze,Servillo magistrale mentre il personaggio di Verdone rappresenta il chiaro esempio di che cosa potrebbe capitare all'uomo introverso e di cultura nella nostra società. Un film non per tutti,sociologico e storico con significati profondi nella rappresentazione di un popolo disgraziato ma circondato da una bellezza immensa che altre civiltà ci hanno lasciato e per il quale forse sarebbe bello lottare. Oscar meritato,non per tutti
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marezia
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lunedì 3 marzo 2014
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2 stelle e mezzo di gradimento?
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Mi complimento con il critico Dario Zonta per il suo acume.... Complimenti vivissimi! E a me che fin dall'uscita della sala era sembrato da Oscar! Pensa tu che cretina!
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uppercut
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lunedì 3 marzo 2014
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come quando sul treno
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Come quando, sul treno, ti si siede vicino uno che non la finisce più di parlarti con tono saccente di imbarazzanti ovvietà. Allora cominci a calcolare quanto manca alla tua stazione e ti chiedi se, magari, la sua è quella ancora più vicina. Ma le tue speranze naufragano quando al cellulare lo senti simpaticamente rassicurare: "Tra tre ore sono lì." E allora, se ti vuoi bene davvero, ti alzi, prendi la tua valigia e ti inventi qualcosa come: "Scendo alla prossima..." e lui, con sorriso ironico e compiaciuto: "Ma, cara mia, guardi che è tra più di un'ora..." e allora tu: "Sì ma...meglio portarsi avanti.
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Come quando, sul treno, ti si siede vicino uno che non la finisce più di parlarti con tono saccente di imbarazzanti ovvietà. Allora cominci a calcolare quanto manca alla tua stazione e ti chiedi se, magari, la sua è quella ancora più vicina. Ma le tue speranze naufragano quando al cellulare lo senti simpaticamente rassicurare: "Tra tre ore sono lì." E allora, se ti vuoi bene davvero, ti alzi, prendi la tua valigia e ti inventi qualcosa come: "Scendo alla prossima..." e lui, con sorriso ironico e compiaciuto: "Ma, cara mia, guardi che è tra più di un'ora..." e allora tu: "Sì ma...meglio portarsi avanti...". Se riesci a schivare anche la mano che prova a trattenerti accampando: "Guardi che faccio l'odioso solo per rappresentare l'Italia orrenda di oggi!", puoi dirti salvo. E felice, anche se in corridoio e con la valigia sui piedi. Ultima raccomandazione: lo sentirai gridare "Peggio per lei, avrei voluto mostrarle l'Oscar che ho qui in valigia!". Tu fai finta di niente, giragli le spalle, mettiti le cuffie e magari rispondigli: "Anch'io sono l'Italia orrenda id oggi."
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tyler
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lunedì 3 marzo 2014
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noioso e decisamente sopravvalutato !
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Meriterebbe due stelle, ma gliene do' solo una per fare media con i voti DECISAMENTE ESAGERATI dati dagli altri utenti...
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ginnyvitti
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lunedì 3 marzo 2014
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la mediocre bellezza
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"La grande bellezza" titolo pretenzioso dal sapore filosofico che lascia sperare si tratti di una grande pellicola ed invece si apre ai nostri occhi una Roma fredda , indifferente e vacua che si consuma tra terrazze,feste esagerate ed inutili riflessioni in salotti elitari dove Jep Gambardella si guadagna il posto di guida indiscussa.
Jep, sovrano di questa mondanità sfarzesca, è l'autore di un unico romanzo considerato un capolavoro generazionale ed ormai da decadi cerca di scrivere quella che dovrebbe essere la sua più grande opera ovvero "la grande bellezza" , bellezza che ricerca in tutte le cose, ma che non riuscirà a scovare.
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"La grande bellezza" titolo pretenzioso dal sapore filosofico che lascia sperare si tratti di una grande pellicola ed invece si apre ai nostri occhi una Roma fredda , indifferente e vacua che si consuma tra terrazze,feste esagerate ed inutili riflessioni in salotti elitari dove Jep Gambardella si guadagna il posto di guida indiscussa.
Jep, sovrano di questa mondanità sfarzesca, è l'autore di un unico romanzo considerato un capolavoro generazionale ed ormai da decadi cerca di scrivere quella che dovrebbe essere la sua più grande opera ovvero "la grande bellezza" , bellezza che ricerca in tutte le cose, ma che non riuscirà a scovare.
A fare da cornice ad un encomiabile Toni Servillo c'è una Roma fittizia che si spenge lentamente tra un'emulazione in perfetto stie naif del grande cinema "Federichiano" e personaggi grotteschi che inscenano la loro parte pur di essere vivi o almeno fingerlo.
"Il pubblico si chiederà, ma Jep cosa starà dicendo?"
Assolutamente nullla, solo un'insieme di massime filosofiche ad effetto che servono a colpire un pubblico vacuo, finto e pseudo colto.
Il mio più sentito applauso va a Toni Servillo, vero paladino del cinema italiano, costretto nelle pagine della Roma più artificiosa che abbia mai visto.
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kondor17
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lunedì 3 marzo 2014
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oscar ad honorem a maradona
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Così ha detto il regista sul palco degli award. 40 milioni di debito con l erario, il gesto del l'ombrello... solo per citare le ultime... no comment.
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gepy7
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domenica 2 marzo 2014
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sopravvalutato
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Sofisticato, lunghissimo, mai convincente ma solo superficiale, anni luce lontano da Fellini, al massimo sembra la rappresentazione della borghesia in stile Antonion di 'Identificazione di una donna'. Solo virtuoso, pessima la sceneggiatura, pessimi i dialoghi, inutile Verdone, prolisso fino allo sfinimento. Però ha il merito di sputtanare la borghesia radical chic della sinistra del PD, quella dei salotti, quella che da sempre se ne sbatte del prossimo, in modo sincero e cafonale, la Roma cafona degli intellettuali di sinistra ai quali, infatti, il film non è piaciuto. Una sinistra borghese chiusa nei palazzi e arroccata tra feste inutili come è diventata inutile la sinistra piddina esalatata in tutti gli altri, pallosissimi film di altri registi.
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Sofisticato, lunghissimo, mai convincente ma solo superficiale, anni luce lontano da Fellini, al massimo sembra la rappresentazione della borghesia in stile Antonion di 'Identificazione di una donna'. Solo virtuoso, pessima la sceneggiatura, pessimi i dialoghi, inutile Verdone, prolisso fino allo sfinimento. Però ha il merito di sputtanare la borghesia radical chic della sinistra del PD, quella dei salotti, quella che da sempre se ne sbatte del prossimo, in modo sincero e cafonale, la Roma cafona degli intellettuali di sinistra ai quali, infatti, il film non è piaciuto. Una sinistra borghese chiusa nei palazzi e arroccata tra feste inutili come è diventata inutile la sinistra piddina esalatata in tutti gli altri, pallosissimi film di altri registi. Inutili comunque i paragoni con Fellini.
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peer gynt
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sabato 1 marzo 2014
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sprazzi di bellezza in un mare di miseria
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Affresco di un'umanità squallida, oscillante fra snobismo infarcito di ipocrisia e indolente consapevolezza di un disastro sempre imminente ma che non ha mai la forza di annichilire tutto, il film, volutamente anti narrativo ("che questo romanzo abbia inizio" dice nell'ultimo minuto del film il protagonista-narratore Jep Gambardella), ostenta un lirismo spesso forzato che strutturalmente ha il compito di equilibrare la disgustosa volgarità delle macchiette grottesche che ci vengono mostrate. Tutto è falso e inutile in questi burattini vacui, tutto in loro è ridondante esibizione, malgrado la denuncia feroce e sconsolata di tutto cio' che proviene dalla voce narrante del filosofo che ci accompagna in questo inferno dantesco, Gambardella appunto (un ottimo Servillo), un arbiter elegantiarum di petroniana memoria.
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Affresco di un'umanità squallida, oscillante fra snobismo infarcito di ipocrisia e indolente consapevolezza di un disastro sempre imminente ma che non ha mai la forza di annichilire tutto, il film, volutamente anti narrativo ("che questo romanzo abbia inizio" dice nell'ultimo minuto del film il protagonista-narratore Jep Gambardella), ostenta un lirismo spesso forzato che strutturalmente ha il compito di equilibrare la disgustosa volgarità delle macchiette grottesche che ci vengono mostrate. Tutto è falso e inutile in questi burattini vacui, tutto in loro è ridondante esibizione, malgrado la denuncia feroce e sconsolata di tutto cio' che proviene dalla voce narrante del filosofo che ci accompagna in questo inferno dantesco, Gambardella appunto (un ottimo Servillo), un arbiter elegantiarum di petroniana memoria.
E allora, malgrado un'indubbia capacità registica (movimenti lenti e rotondi di una mdp carezzevole e riflessiva) e una scrittura spesso accattivante, perché il film non convince?
Per il vizio atavico italiano, il frammentismo autocompiaciuto che si scioglie in un descrittivismo fine a sé stesso che a tutti gli spettatori ha già fatto venire alla memoria il nome di Fellini (ma qui si rischia il fellinismo più che la citazione, si vedano gli animali in contesto straniante, giraffa e fenicotteri fra le rovine e il Colosseo). Sorrentino ha scritto quel romanzo sul nulla di cui si parla più volte nel film, come un progetto di Gustave Flaubert, e noi spettatori abbiamo passato due ore davanti ad un nulla surreal-grottesco, nutrendoci vampirescamente di una bellezza antica che solo nel passato abbiamo creato e che ora nel presente ci limitiamo a guardare rapiti.
Sarebbe forse ora di sforzarci a costruire una nuova, grande bellezza, invece di piangerci addosso su un grande passato che schiaccia noi e il nostro presente! Usciamo da questo decadentismo fin de siècle: siamo già nel nuovo millennio, è ora di voltar pagina.
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gerardo monizza
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venerdì 28 febbraio 2014
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una (grande) bellezza sciupata
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La grande bellezza di Paolo Sorrentino – Farfugliare - [5/10]
Un racconto confuso; tanti personaggi mescolati; un affresco coloratissimo, troppo. Un’occasione persa: questa è “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino (2013) racconto di un amore esagerato per una città (Roma) e per i suoi marziani. Perché di “non terrestri” si tratta ovvero di persone non nella realtà anche se lavorano e mangiano e bevono e si divertono… mai faticano, mai sudano.
Vagano nelle notti romane alla ricerca del nulla, incapaci di fermare la loro attenzione su qualcosa di concreto: lo squallore di certi angoli della città non li tocca; la bellezza di altri non li conquista.
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La grande bellezza di Paolo Sorrentino – Farfugliare - [5/10]
Un racconto confuso; tanti personaggi mescolati; un affresco coloratissimo, troppo. Un’occasione persa: questa è “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino (2013) racconto di un amore esagerato per una città (Roma) e per i suoi marziani. Perché di “non terrestri” si tratta ovvero di persone non nella realtà anche se lavorano e mangiano e bevono e si divertono… mai faticano, mai sudano.
Vagano nelle notti romane alla ricerca del nulla, incapaci di fermare la loro attenzione su qualcosa di concreto: lo squallore di certi angoli della città non li tocca; la bellezza di altri non li conquista. I loro gesti sono pesanti come le loro parole inutili. Chiacchierano all’infinito e – alla fine – non dicono nulla.
Jep Gambardella di tutti è il peggiore. È il modello negativo per tutto l’ambiente di intellettuali, artisti, giornalisti, narratori, cinematografari, teatranti che popolano le feste notturne e che si trascinano da un luogo all’altro della città eternamente e sfacciatamente usata come set delle loro faccende.
Toni Servillo è Jep. Oramai più bravo persino di se stesso e si mostra superiore a tutti, ma irrita. Non il personaggio infastidisce; è proprio l’attore che esagera rischiando spesso di trasformarsi nell’eccellente imitatore dei suoi personaggi chiave. Oramai è una presenza costante del cinema italiano fino a diventarne la “maschera”. Peccato.
Più moderati e persino più efficaci gli altri del contorno che non son pochi: Carlo Verdone (Romano, scrittore fallito), Sabrina Ferilli (Ramona, amore redento), i due nobili Colonna Franco Graziosi e Sonia Gessner; Roberto Herlitzka il folle Cardinale Bellucci esperto in gastronomia, ma ignorantissimo in cose della fede… Giovanna Vignola è Dadina, la direttrice della rivista che fa del suo nanismo (vero) l’unica interpretazione coinvolgente, forse. Il resto è maniera romana.
Jep lavora (non molto) per Dadina che sopporta le pigrizie del suo inviato e lo sollecita, lo comprende e lo coccola. Jep ha poca voglia di concretizzare. Scrittore senza voglie, né ispirazione è autore di un libro solo, pubblicato da lustri e di cui ancora si parla come di un caso. Dopo di quello il nulla. La grande bellezza che lo circonda non penetra nel suo corpo e sfugge ai suoi pensieri.
Mentre non succede niente e tutti, Jep in testa, si sciolgono nella noia, Roma risplende di bellezze sue proprie, ripresa da ogni angolatura. Cromaticamente eccessiva, patinata all’estremo non perde ovviamente il suo fascino perverso: popolare e snob, clericale e laica, cialtrona e intelligente, coinvolgente, puttana.
L’immagine di Roma è affidata a Luca Bigazzi (super premiato direttore della fotografia, autore di una cinquantina di film anche notevoli) che sa raccontare abilmente muovendo la macchina da presa, leggermente, sfiorando le cose, le strade, le acque.
Paolo Sorrentino ha scritto il soggetto, la sceneggiatura (con Umberto Contarello) e firma la regia: la sesta della sua fortunata carriera (“L'uomo in più”, 2001; “Le conseguenze dell'amore”, 2004; “L'amico di famiglia”, 2006; “Il Divo”, 2008; “This Must Be the Place”, e diversi documentari). Ne “La grande bellezza” non convince. Nonostante i premi nazionali e internazionali e dunque il riconoscimento della critica (soprattutto estera) in Italia è stato giudicato severamente.
Il film non convince soprattutto per l’assenza di un disegno chiaro. Sembra un grande affresco: personaggi della mondanità (brutta e cattiva) dentro una città straordinariamente bella che fa da sfondo. Gli uni, in primo piano, senza anima e senza colore; la città sullo sfondo bellissima e sfacciata. L’insieme produce un contrasto fastidioso dove il racconto è sostituito dall’agiografia urbana. Una Roma noiosa.
Il film “La grande bellezza” è candidato all’Oscar 2014.
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