Per celebrarla il marito ha scomodato la figura della dantesca Beatrice. E in fin dei conti, Nicoletta Braschi, moglie del regista e attore Roberto Benigni, per lui incarna proprio questo. Un'immacolata donna angelo che gli permette di innalzarsi verso le più splendenti delle arti, arricchendosi di eccellenti virtù e nobilitando il suo animo. Ma Nicoletta Braschi non è solo questo. Attrice lei stessa, è anche produttrice delle fatiche cinematografiche del marito. Messa in ridicolo dalle vignette di Stefano Disegni, che sulla rivista cinematografica CIAK la tratteggia con il muso di un setter (per le scarse qualità recitative), e dall'attrice Paola Minaccioni, che ne ha costruito un'esilarante imitazione con la quale deride il suo modo di recitare, strozzato da una voce monocorde e particolarmente ripetitiva nell'esclamazione «Dunque Medoro», la Braschi ha però lo spirito del cinema dentro la sua pelle, incurante delle conseguenze e dei pregiudizi che la coraggiosa scelta di lavorare soprattutto per e nelle pellicole del marito, le comporta.
Dopo aver frequentato il Liceo Classico nella sua città natale, si trasferisce a Roma dove si diploma all'Accademia di Arte Drammatica Silvio d'Amico.
Cinematograficamente debutta diretta e accanto a Roberto Benigni in Tu mi turbi (1982), classico esordio di un comico televisivo (una pellicola dove si raccolgono tutti i suoi sketch). All'interno del film, oltre a dividere le scene con l'algida Olimpia Carlisi, con la generosa Serena Grandi e con la teatrale Mariangela D'Abbraccio, si innamora (corrisposta) del regista che la imporrà in ogni sua pellicola: da Il piccolo diavolo (1988) nella parte di una diavolessa, a Johnny Stecchino (1991) nel ruolo della pupa del gangster.
Nel dicembre del 1991 diventa ufficialmente la signora Benigni, sposando il regista nella chiesetta di un convento della clarisse. I due collaboreranno ne Il mostro (1994), canzonatura delle speculazioni mediatiche e anche giudiziarie dei "mostri da prima pagina", ma soprattutto nel capolavoro di Benigni La vita è bella (1998). Incantevole nel ruolo della maestrina Dora, corteggiata in modi stravaganti dal cameriere ebreo Guido Orefice, e che poi sceglierà di essere reclusa assieme al marito e al figlio in un campo di sterminio, la Braschi darà il meglio di sé. Poi, fondatrice della casa di produzione Melampo, produrrà e reciterà in Pinocchio (2002), nel ruolo della Fata Turchina, e ne La tigre e la neve (2005).
Oltre che da Benigni, la Braschi è stata diretta anche dall'amico di famiglia Giuseppe Bertolucci in Segreti segreti (1984), senza dimenticare il grande Marco Ferreri, che l'ha collocata accanto a Michel Piccoli e Michele Placido in Come sono buoni i bianchi (1988). Jim Jarmusch che già aveva precedentemente lavorato con il marito, la dirigerà invece in Daunbailò (1986) e Mystery Train (1989).
Scelta da Bernardo Bertolucci in un piccolo ruolo ne Il tè nel deserto (1990), viene diretta ancora una volta dall'altro Bertolucci (Giuseppe) ne La domenica specialmente(1991). Assieme al marito sul set americano de Il figlio della Pantera Rosa (1993) di Blake Edwards, affiancherà nientemeno che Marcello Mastroianni nel drammatico Sostiene Pereira (1995), senza contare la sua partecipazione a Pasolini - Un delitto italiano (1995) di Marco Tullio Giordana.
Premiata con il David di Donatello come miglior attrice non protagonista per il ruolo dell'insegnante di Edoardo Gabbriellini nella commedia di Paolo Virzì Ovosodo (1997), scelta come membro della Giuria al Festival di Berlino nel 2002, l'anno seguente recita in stato di grazia in Mi piace lavorare - Mobbing di Francesca Comencini. Unica attrice di rilievo nella pellicola, nel ruolo di un'inconsapevole contabile che è messa psicologicamente alla porta dalla grande azienda per la quale lavora, la Braschi viene nominata al Nastro d'Argento come miglior attrice. Questa è la Braschi che ci piace, quella che mostra le sfumature di un personaggio, le sue nevrosi, come di sé stessa nelle poche e sfuggevoli interviste che concede: «Sono un tipo che si abbandona del tutto al regista, mi lascio sempre dirigere, non solo da Roberto. Divento uno strumento in mano al regista, perché penso che un film sia sempre suo, prima di tutto».