È stato Clint Eastwood a ispirare ai Gorillaz il loro singolo più famoso: "Clint Eastwood" (per l'appunto). Perché hanno scelto lui? Perché questo attore californiano è un imperdibile e leggendario mito di Hollywood, ma ancora di più perché è un regista che ha saputo rubare, dietro la macchina cinema, le emozioni della quotidianità interrotta dal destino e/o dalla violenza di altri uomini, diffondendola e poi amplificandola in qualcosa che va aldilà della stessa scena di un film. Una delle icone del macho dello star system, occhi di ghiaccio e lineamenti che sembrano scolpiti nella pietra, considerato una vera e propria leggenda vivente, Clint Eastwood è un uomo della polvere, ovverosia uno di quegli individui che hanno incarnato il prototipo di quei personaggi che si scontrano con l'aridità del mondo circostante, pur non rinunciando alla propria sensibilità.
Sangue freddo nelle vene
Nato nel 1930 a San Francisco, figlio di un operaio in una fabbrica di acciaio e di una casalinga, Eastwood ha studiato scienze economiche al Los Angeles College, poi si è arruolato come soldato nella United States Army. Non alieno alle avventure, durante un volo da Seattle alla base di Fort Ord, mentre esplodeva invece la guerra di Corea (anni Cinquanta), il portellone del bombardiere dentro il quale viaggiava si spalancò all'improvviso, con il rischio di risucchiarlo fuori. Clint Eastwood, senza perdere la calma nonostante la situazione da panico, trancia un pezzo di cavo dell'interfono e lo trasforma in un piccolo lazzo, con il quale aggancia la maniglia e riesce faticosamente a richiudere la porta, anche se nel frattempo l'aereo perde quota e precipita in mare... Ma il non-ancora-attore non muore, esce dall'aereo vivo per miracolo e raggiunge a nuoto il faro di Port Reyes, coperto dalla nebbia. Più che convito che la carriera militare non fa al caso suo, si impegna in svariati lavori prima di intraprendere quello di attore: da boscaiolo in una segheria a guardiano notturno, da bagnino a conducente di camion e poi impiegato amministrativo, pianista e addirittura trombettista jazz.
Il primo Cowboy
Incoraggiato da due suoi compagni d'armi, gli attori David Janssen e Martin Milner, a fare un provino per la Universal, nel 1954, firma da subito un contratto da 75 dollari a settimana per 40 settimane. Comincia così a lavorare in b-movie horror come La vendetta del mostro di Jack Arnold e Tarantola, anche se, nel frattempo, si aggiudica in modo del tutto casuale (era stato notato da un dirigente mentre era andato a trovare un suo amico negli studi della CBS) la parte del cowboy Rowdy Yates protagonista del telefilm Rawhide (1958-59).
Vera icona
Due sono i registi che consacreranno il suo volto spigoloso e aspro alla gloria: l'italiano Sergio Leone che ne farà suo idolo nel genere degli spaghetti-western e l'americano Don Siegel che immortalerà la sua smorfia da duro. Per il primo, Eastwood indosserà sempre lo stesso poncho senza mai lavarlo in ben tre pellicole: Per un pugno di dollari, Per qualche dollaro in più e Il buono, il brutto, il cattivo. Mentre per il secondo, avrà lo sguardo tagliente e le labbra sottili dei cowboy metropolitani de: L'uomo dalla cravatta di cuoio, La notte brava del soldato Jonathan, Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo! - poi seguito da una lunga fila di sequel anche diretti dallo stesso Eastwood - e Fuga da Alcatraz.
Esordi alla regia
Nel 1966 doveva essere Two-Faces nella serie tv Batman con Adam West, ma lo show fu cancellato e il fisico asciutto e scattante di Eastwood vennero utilizzati in war-movies come Dove osano le aquile e I guerrieri di Brian G. Hutton, il western Impiccalo più alto e il quasi musical La ballata della città senza nome di Joshua Logan. Con i guadagni, fonda la sua casa di produzione, la Malpaso Productions che gli permetterà di realizzare uno dei suoi più grandi sogni, quello di diventare produttore e regista.
Inizia nel 1971 dirigendo il documentario breve The Beguiled: The Storyteller, poi si lancia nel suo primo film a soggetto, il thriller Brivido nella notte che però non ha un grande successo. La recitazione di Eastwood, così come il suo modo di dirigere un film, è essenziale, istintivo, difficilmente calcolato, tanto da essere lungamente criticato anche per gli altri film a venire e da lui diretti (Lo straniero senza nome, Assassinio sull'Eiger, Il texano dagli occhi di ghiaccio, Bronco Billy e Firefox volpe di fuoco).
Temporanea eclissi e rinascita autoriale
Negli anni a venire si distinguerà enormemente come attore nelle mani di John Sturges e soprattutto in quelle di Michael Cimino che nel 1974 lo affiancherà a Jeff Bridges in Una calibro 20 per lo specialista. Poi, in eterna competizione con Burt Reynold per chi dei due dovesse avere il ruolo più maschio nel cinema americano, finisce per lavorare con il suo rivale in Per piacere... non salvarmi più la vita di Richard Benjamin. Intraprenderà anche la carriera politica diventando sindaco della città di Carmel-by-the-Sea, in California, ma disgraziatamente, con l'arrivo degli anni Novanta, si fa sempre più vicina l'eclissi della sua fama. Per salvarsi, Eastwood prende la decisione di non essere diretto più da alcun regista, fuorché se stesso (eccezion fatta per Wolfgang Petersen in Nel centro del mirino). Sono gli anni dell'accorato ritratto jazz di Bird con Forest Whitaker - pellicola che gli farà vincere il Golden Globe come miglior regista -, quelli de La recluta con l'astro nascente Martin Sheen, e soprattutto del magnifico e sorprendente Cacciatore bianco, cuore nero, biografia del regista John Huston.
Consacrazione di un regista imperituro
I primi a scoprire e ad apprezzare la sua filmografia come regista sono gli europei che lo consacrano ufficialmente come uno dei più formidabili registi americani. L'America ha così un brusco sobbalzo e, dopo averlo criticato fino a disintegrarlo, passa a tesserne le lodi. Palpitante e commovente nelle inquadrature, spicca sempre qualcosa di spiritualmente denso nei suoi lungometraggi anche grazie alle sceneggiature perfette e alla particolare importanza data alla musica che accompagna le immagini riprese sempre nitidamente. Gli spietati è il suo capolavoro. Un western che gli fa guadagnare l'Oscar come miglior regia e film e la nomination come miglior attore protagonista.
Un successo che lo riporta a confermare la scelta di essere un narratore. Dirige Kevin Costner e Laura Dern in Un mondo perfetto, Meryl Streep nel romantico I ponti di Madison County, e poi tanti altri grandissimi attori in Mezzanotte nel giardino del bene e del male, Fino a prova contraria, Debito di sangue e Space Cowboys. Presidente della Giuria del Festival di Cannes nel 1994, Premio alla Carriera riservatogli dall'Academy nel 1995, nonché César alla Carriera nel 1998, Clint Eastwood si afferma come un Autore con la A maiuscola. Padre di otto figli (molti dei quali attori), sposato per ben due volte, fra l'altro con relazioni e convivenze alle spalle di molte compagne di set, appassionato di golf e proprietario di un ranch, nonostante uno dei riconoscimenti più ambiti (il Leone d'Oro alla Carriera al Festival di Venezia nel 2000), continua a lavorare imperterrito nel cinema e sforna alcuni dei suoi film più belli e autentici: Mystic River che gli farà piovere una valanga di nomination Oscar e una serie di premi internazionali sulla testa, ma soprattutto uno dei suoi film più belli Million Dollar Baby. Storia di un allenatore disilluso di boxe che porta sul ring una cameriera in cerca di riscatto e che gli frutterà ben 4 Oscar, fra cui film e regia. Cercherà di replicare con i film bellici Flags of Our Fathers (2007) e Lettere da Iwo Jima (2007), che raccontano la battaglia di Iwo Jima dal punto di vista americano e da quello giapponese, riuscendo però a ottenere solo le nominations come miglior film e miglior regia per il secondo.
L'anno successivo ci regala lo strepitoso Gran Torino, film in cui prende forma Walt Kovalski, il misantropo e razzista reduce di guerra. Nel 2010 realizza Invictus, film biografico su Nelson Mandela, e nel 2011 torna a dirigere Matt Damon in Hereafter, thriller soprannaturale incentrato sulle storie di tre persone che hanno conosciuto in qualche modo la morte. L'anno successivo è alla regia del drammatico J. Edgar, interpretato da un Leonardo Di Caprio all'altezza della complessità del ruolo. Dirigerà poi Bradley Cooper in American Sniper (2015) e l'anno dopo Tom Hanks nei panni del pilota eroe Chesley Sullenberger in Sully (2016). Nel 2017 è la volta di Ore 15:17 - Attacco al treno, racconto dell'attentato terroristico sventato nel 2015 su un treno diretto a Parigi da tre americani, che nel film interpretano loro stessi.
Dopo Richard Jewell (2019), torna a dirigere - oltre che interpretare e produrre - con Cry Macho (2021), tratto dall'omonimo libro e dalla storia reale di N. Richard Nash.
Produttore, attore e regista, Clint Eastwood dimostra l'innata capacità di catturare l'attimo fuggente, quasi senza far capacitare lo spettatore del fatto che è pur sempre un'inquadratura quella che si sta guardando. I film di Eastwood hanno l'abilità di essere così veri da rendere il cinema un allungamento del nostro mondo, dei nostri occhi, dei nostri pensieri. Non è nella pellicola che si registrano suoni ed immagini, ma è nel nostro cuore. Non si tirano fuori i dialoghi di un film, ma le nostre viscere che fuoriescono dopo uno sparo dell'uomo della polvere.
Ci si sente in imbarazzo, guardando Il corriere - The Mule di Clint Eastwood. In imbarazzo per tutto il tempo che spesso sprechiamo a parlare di altri film evidentemente impreparati a sostenere lunghe riflessioni o attente valutazioni, e ad elogiare cineasti che meritano la metà della metà dell'importanza che dovremmo dare a uno dei più grandi autori della storia del cinema. Rimediamo subito. Il corriere - The Mule mette a contatto due elementi apparentemente contraddittori dei racconti per immagini: la libertà espressiva e la vulnerabilità