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Amici, allenatori, amanti, padroni: i registi che amano le donne

Non solo Wasilewski, ora al cinema con Le donne e il desiderio, ma anche Almodovar, Besson, Tarantino, Von Trier. Ecco come i women's directors interpretano il rapporto con le loro muse.
di Ilaria Ravarino

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Julia Kijowska - Bilancia. Interpreta Agata nel film di Tomasz Wasilewski Le donne e il desiderio.
venerdì 28 aprile 2017 - Focus

Le gomme da masticare impacchettate, insieme agli altri doni, sotto all'albero di Natale. Una pubblicità del Bounty, passata su un canale tedesco, che promette atolli, cocco, palmeti sfrangiati dal vento. Un papà lontano, che fa capolino saltuariamente da un vhs nel televisore. Polonia fine anni '80, il comunismo è caduto, il piccolo Tomasz ha quasi dieci anni. E il suo mondo, da quando il papà se ne è andato a New York per lavorare, è dominato dalle donne: sua sorella grande, le amiche di lei e sua mamma - il papà le comprerà una macchina rossa, così le ha promesso prima di andarsene - alle prese con un mondo tutto nuovo, inesplorato, pieno di promesse di libertà. Un mondo da costruire da capo. Un mondo ancora spaventosamente vuoto. Ed è precisamente quel mondo, visto attraverso gli occhi di tre donne, che Tomasz Wasilewski racconterà 25 anni dopo, diventato regista, nel sottilmente autobiografico Le donne e il desiderio.

"La caduta del comunismo, e gli anni successivi, li ho vissuti introiettando la prospettiva di mia madre e mia sorella. All'improvviso, dopo essere state per così tanto tempo senza libertà, si erano ritrovate in un mondo aperto. E si sono sentite perse. Da una parte avevano voglia di cogliere le nuove opportunità, dall'altra ne avevano paura, non sapevano come. Quando allevi un animale in gabbia non puoi aspettarti che esca se gli apri la porta: per lui ormai quella gabbia è diventata casa".
Ilaria Ravarino

Con il suo terzo lavoro dietro alla macchina da presa, dopo aver raccontato l'universo femminile anche nel potente In the Bedroom, Wasilewski a 36 anni entra così di diritto nella riserva particolare dei cosiddetti women's directors, i registi che amano le donne. Artisti che scelgono il punto di vista femminile per raccontare il mondo, operando spesso un transfert con attrici che non di rado diventano muse, sorelle, confidenti, in qualche caso amanti. Registi accomunati, spesso, da un'infanzia dominata da una figura materna carismatica, forte, capace di sostituire o sovrapporsi alla metà paterna.


LE DONNE E IL DESIDERIO: SCOPRI IL FILM
In foto una scena de Le donne e il desiderio.
In foto una scena de Le donne e il desiderio.
In foto una scena de Le donne e il desiderio.
Almodovar, l'amico

È il caso di Pedro Almodovar, alfiere e capostipite dei registi che amano le donne: "Sento di poter raccontare storie più ricche e avvincenti attraverso i personaggi femminili. Credo sia anche una questione culturale. In Spagna le donne sono più estroverse, esplicite, dirette, capaci di non prendersi sul serio. Gli uomini sono da sempre relegati, a livello culturale, in tre ruoli: il macho, il latin lover, l'uomo di casa. Vanno bene per raccontare storie di epica, magari, ma non per raccontare ciò che interessa a me: la vita ordinaria, di ogni giorno".

Cresciuto nella città rurale di Almagro, due sorelle più grandi e un fratello, famiglia di agricoltori, Almodovar non ha mai nascosto l'importanza che la madre, Francisca Caballero, ha avuto nella sua formazione: "Molti dei miei personaggi sono ispirati a lei. Lei aveva la capacità di piegare la realtà ai suoi desideri, fondamentalmente per risolvere problemi. Campo nel quale, come tutte le donne della mia famiglia, eccelleva. Le donne, io credo, sono straordinarie attrici naturali".
Ilaria Ravarino

Tra le sue muse ci sono donne forti come Carmen Maura (Volver, Donne sull'orlo di una crisi di nervi, La legge del desiderio, Matador, L'indiscreto fascino del peccato, Pepi, Luci, Bome le altre ragazze del mucchio) e donne dotate di una sensualità prorompente come Penelope Cruz (Gli amanti passeggeri, Gli abbracci spezzati, Tutto su mia madre, Carne Tremula). Prima che attrici, amiche: "Sono stata fortunata, ho potuto conoscere la mamma di Pedro e questo incontro è stato la chiave che mi ha permesso di capire perché lui sia così affascinato dalle donne e come faccia a capirle così bene - ha detto Cruz -. Il suo mondo da bambino è stato quello di Volver".


In foto Pedro Almodovar.
In foto Penelope Cruz.
In foto Carmen Maura.
Besson, l'amante

Diverso, ma altrettanto forte, il rapporto instaurato dal francese Luc Besson con le donne dei suoi film. Che spesso, come nel caso di Milla Jovovich (con lui in Giovanna d'Arco e ne Il quinto elemento) e Anne Parillaud (Nikita), sono sue compagne nella vita. Anche per Besson un'infanzia interrotta da una separazione, quella dei genitori, che divorziano e si risposano quando il bambino ha dieci anni. Luc resta con la madre: "Mi sentivo come il brutto souvenir di un viaggio che non aveva funzionato. Pensavo che tutto sarebbe stato perfetto, se non fossi mai esistito. Credo che sia stata la necessità di reagire a questo pensiero che mi ha portato sulla strada del cinema".

Una strada inevitabilmente, ossessivamente costellata da personaggi femminili, donne la cui bellezza è esaltata da una certa ferocia caratteriale, psicologica, emotiva. Eroine in lotta per la sopravvivenza, agguerrite come il sicario di Nikita, determinate come la Mathilda di Léon, estreme come Giovanna d'Arco. Dotate di un intuito quasi magico, come la Adèle de L'enigma del Faraone, o di una forza soprannaturale (The Lady).
Ilaria Ravarino

"Cosa rende un'attrice perfetta per me? L'interesse. Al primo incontro, voglio sentire che le importa. Voglio sentirmi fare domande, sulla storia e sul personaggio. Cerco attrici che vogliano esser coinvolte, partecipare, non gente interessata solo alla propria carriera. Se quando cominciamo a parlare sento che c'è quel tipo di gancio, è fatta".


In foto Luc Besson.
In foto Milla Jovovich.
In foto Anne Parillaud.
Tarantino, l'allenatore

Connie McHugh, infermiera, suo figlio Quentin se l'è gestito da sola. Almeno per i primi due anni di vita del bambino: pannolini, pianti notturni, ha fatto tutto in autonomia. Aveva 16 anni. Poi, dimenticato il musicista italoamericano che l'aveva abbandonata incinta, si è risposata (un paio di volte), lasciando che il figlio coltivasse - anche lui, in perfetta autonomia - la sua passione: il cinema. Viene da pensare che questo background abbia in qualche modo pesato sul trattamento schizofrenico che Tarantino ha riservato alle donne nei suoi film. Perché se è vero che il geniale regista di Knoxville ne ha fatto protagoniste indimenticabili (Jackie Brown, la Mia Wallace di Pulp Fiction, la sposa di Kill Bill) è anche vero che le ha brutalizzate, sgozzate, strangolate, sepolte vive, mandate in overdose, frustate, trattate come pochi altri hanno osato fare (Death Proof, The Hateful Eight).

Per qualcuno, semplicemente, Tarantino è un misogino che nel suo primo film, Le Iene, non ha sentito il bisogno di avere un solo personaggio femminile. Per altri invece Tarantino è un femminista, di quelli estremi: se parità deve essere, che lo sia in tutto. Anche nella violenza. Specialmente se nel film i personaggi femminili superano per numero quelli maschili - succede in Kill Bill e in Death Proof - la mattanza diventa scandalosamente feroce, con colpi bassi assestati senza gap di genere.
Ilaria Ravarino

Le donne nei film di Tarantino sono letali, lo sono anche quando non hanno un arma in mano (Shosanna Dreyfus e Bridget von Hammersmark in Bastardi senza gloria), quando non possono difendersi (la Daisy Domergue di The Hateful Eight), lo sono, soprattutto, quando hanno il volto della sua musa: Uma Thurman. "Tra Uma e me è scattato qualcosa ai tempi di Pulp Fiction - ha detto, in una lunghissima intervista sul tema della "musa" a Rolling Stone - Una connessione, qualcosa. Von Sternberg aveva Marlene Dietrich, Hitchcock Ingrid Bergman, André Téchiné Catherine Deneuve. Spero che un giorno parlino così di noi due. È un legame di cui sono orgoglioso, speciale. Ma non mi piace definirlo, dargli un nome. È una cosa che c'è e basta, non sono sicuro di volerla davvero capire".


In foto Quentin Tarantino.
In foto Uma Thurman.
In foto Diane Kruger.
Von Trier, il padrone

E poi c'è lui. Il regista che ama le donne perché, con estrema probabilità, odia tutto il resto. E le ama di una passione ambigua, compromessa con la violenza, le ama perché violente, ne ama la forza distruttiva che esplode o implode all'improvviso. Anche senza senso. Alla tipica eroina di Lars Von Trier possono capitare cose piuttosto tremende. Tipo essere violentate letteralmente a morte (Emily Watson ne Le onde del destino), farsi incatenare e stuprare dagli abitanti di un villaggio (Nicole Kidman in Dogville), mutilare i genitali propri e altrui (Charlotte Gainsbourg in Antichrist), perdere la vista e finire impiccate (Björk, Dancer in the dark).

Cresciuto da una famiglia dai costumi molto liberali (in punto di morte la madre rivelerà al piccolo Lars la vera identità del padre, selezionato tra vari pretendenti per trasmettere al figlio "geni artistici" in via ereditaria), Trier avrebbe ammesso in numerose interviste di aver dovuto provvedere a se stesso fin da piccolo, sviluppando una sorta di autodisciplina ossessiva - presto sfociata nella paranoia. "Tutti i personaggi che scrivo sono costruiti a partire dalla mia personalità. E io credo di essere, al 60%, una donna. Le donne sono migliori degli uomini, più comprensive".
Ilaria Ravarino

Le attrici per lui stravedono, infuocate di un amore quasi masochistico: "Dopo aver visto Le onde del destino, invece di uscire a cena mi sono chiusa in stanza - ha detto di lui Nicole Kidman - Ho passato la sera sul letto, in posizione fetale, a piangere. È stato in quel momento che ho capito che avrei voluto lavorare con lui". La sua musa, e non potrebbe essere altrimenti, ha il volto spigoloso e il carattere sfuggente di Charlotte Gainsbourg: "È come se sapesse tutto di me. Mi legge come un libro aperto. L'unica cosa che gli interessa è la verità di quello che mi vede fare su un set. Spesso non gli piace, e me lo dice".


In foto Lars Von Trier.
In foto Nicole Kidman.
In foto Charlotte Gainsbourg.

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