norman bates
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sabato 8 marzo 2025
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marchetta sorrentino.se lui e'' da oscar io son dio
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Film melenso che sfrutta la magnificenza di Roma. Bastava Piero Angela per fare meglio.
Si ha soldi e un grande Servillo per non sfigurare, ma e' un film che annoia.
Sto filmetto qui 9 oscar, poi mi rivedo Monicelli, De Sica, Pasolini o Leone e penso che ormai il Cinema italiano e sepolto.
Questo film non vale nemmeno Mediterrano o il postino ( premiati solamente come miglior film stranieri).
Probabilmente ci sono giochi politici sotto.
Forse gli avrei assegnato un telegatto
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pedro
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mercoledì 8 gennaio 2025
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non vederlo? guadagnate 2:20 ore del vostro tempo
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Sono un plebeo. Certe cose, o certi film, restano fuori dalla mia portata.
Dev’essere per questo che ho impiegato 11 anni per vedere questo fino alla fine. Iniziata la visione dopo la sua uscita, solo nel 2025 riesco finalmente a completare l’opera fino ai lunghi titoli di coda.
Il risultato? Una delle ciofeche più grottesche mai viste. A pieno titolo “la grande ciofeca”. Senza dubbio abbiamo rifilato ai “gringos” l’ennesima frescaccia...pochi anni dopo ci penserà anche Cuarón a completare l’opera guardacaso con “Roma” (mi viene il sospetto che il titolo non sia casuale e il Cuarón abbia di proposito fatto enfasi sul suo barrio del “distrito federal” per far fessi i nordamericani.
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Sono un plebeo. Certe cose, o certi film, restano fuori dalla mia portata.
Dev’essere per questo che ho impiegato 11 anni per vedere questo fino alla fine. Iniziata la visione dopo la sua uscita, solo nel 2025 riesco finalmente a completare l’opera fino ai lunghi titoli di coda.
Il risultato? Una delle ciofeche più grottesche mai viste. A pieno titolo “la grande ciofeca”. Senza dubbio abbiamo rifilato ai “gringos” l’ennesima frescaccia...pochi anni dopo ci penserà anche Cuarón a completare l’opera guardacaso con “Roma” (mi viene il sospetto che il titolo non sia casuale e il Cuarón abbia di proposito fatto enfasi sul suo barrio del “distrito federal” per far fessi i nordamericani...i poveri devono aver qualche complesso se cadono così sovente nella trappola di sapienti ed eruditi come Sorrentino e Cuarón).
Dicevo, da umile e povero plebeo, uso classificare i film anche su parametri di mio personale piacere. I film che rivedrei godono del titolo di “grandi bellezze”. Quelli che vedo una volta e addio...ordinaria amministrazione. Ma quelli che fatico a vedere o vedo per stoica insistenza, sorretta spesso dal “devo sforzarmi, certamente qualcosa non comprendo...”, sono i “grandi cessi” che diventano monumentali se fanno anche man bassa di premi. In questo la pellicola velata qui citata è effettivamente “la più grande ciofeca” della storia del cinema recente.
Dai plebei come me nessun premio a Sorrentino, ai suoi pessimi attori, a cominciare da Ferilli, e tutto quell’avanspettacolo che è arrivato a mettere le giraffe tra i ruderi romani e i fenicotteri in una terrazza a fianco al Colosseo. Che avreanno decriptato da questa “marana” di quadretti scollegati i sapientoni, i dott. Balanzone dei premi Oscar e David di Donatello (questi ultimi, è pur vero, contando solo come il due di spade con la briscola a bastoni)??
É inutile scrivere oltre. Assicuro, garantisco, se volete attesto, che non perdete nulla, assolutamente nulla, se non vedete questo film. Ma guadagnerete certamente qualcosa: 2 ore e 20 del vostro tempo impegnate molto meglio...anche semplicemente dormendo.
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fulvio wetzl
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martedì 5 novembre 2024
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parthenope, 11 anni prima
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Il film è bello e importante, figurativamente strepitoso. ambiziosissimo e presuntuoso, con un flusso di immagini ammaliante e stordente. Ma l'oggetto della sua indagine non è Roma, ma i grandi film su Roma, e il titolo è una parafrasi de La dolce vita, dove a "dolce" che è un sentimento, si sostituisce "grande" che è una quantificazione, come dire passare da qualità a quantità, e a "vita" si sostituisce "bellezza", cioè dalla sostanza intima e profonda, alla superficie estetica, dall'essere all'apparire.
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Il film è bello e importante, figurativamente strepitoso. ambiziosissimo e presuntuoso, con un flusso di immagini ammaliante e stordente. Ma l'oggetto della sua indagine non è Roma, ma i grandi film su Roma, e il titolo è una parafrasi de La dolce vita, dove a "dolce" che è un sentimento, si sostituisce "grande" che è una quantificazione, come dire passare da qualità a quantità, e a "vita" si sostituisce "bellezza", cioè dalla sostanza intima e profonda, alla superficie estetica, dall'essere all'apparire. E tutto è, detto in premessa citando O'Neill, è falso, rappresentazione non reale, per cui in questo vero bagno termale "romano" che è la visione del film, con calidaria (Ferilli), tepidaria (Verdone), frigidaria (Gambardella e il suo salotto delle cere) ti immergi come un senatore o come in un flusso di coscienza proustiano (non yoiciano), che non devi mai fare l'errore di interrompere, perché poi alla ripresa tutto ti suonerà falso. Ieri sera ho rivisto il film per la seconda volta e dannatamente la proiezione è stata di nuovo interrotta per l'intervallo. Alla ripresa tutto suonava falso e stridente, declamatorio, onanistico e disordinatamente accumulatorio. Parlo della sequenza del funerale, quella con la pittrice bambina, il fotografo di se stesso ogni giorno sin da bambino, la giraffa a Caracalla, la santa e il cardinale culinario... Ma la colpa è della proiezione, "non si interrompe un emozione" citando Veltroni. I debiti, che in realtà sono veri e propri omaggi, calchi come quelli di Gus Van Sant nel remake di Psycho, sono innumerevoli. Di Fellini s'è detto (stessi movimenti di macchina, stesse suorine saltellanti, stesso mostro marino annunciato (ma Sabrina non farà in tempo a vederlo - geniale la sua morte fuori dallo schermo, se ne è andata come ha vissuto, in silenzio, ma un personaggio meraviglioso il suo che è il principale motivo che mi ha portato a rivedere il film, e stupendo "E' stato bello non fare l'amore con te- è stato bello volesse bbene") spiaggiato come nel finale de La dolce vita. Stesso primo piano finale sul candore di un' adolescente (Valeria Ciangottini- indimenticabile ma dimenticata). Stessa Saraghina-Serena Grandi. Ma debiti anche di scrittura: la distruzione venefica della creatività "di partito" di Galatea Ranzi da parte di Jep, presa di peso da La terrazza di Scola, l'editrice nana-stilista spaziale presa addirittura da Gli Incredibili della Pixar (là era doppiata da Amanda Lear...). Tutto quello che è raccontato nel film è letterario, volutamente, non c'è niente di socio-antropologico - a cominciare dall'enorme insegna, vero Saturno ravvicinato posticcio al neon del Martini (product placement non del liquore ma direttamente degli anni sessanta) Roma di oggi non è così, il cafonal non ha questo stile questa patina letteraria che lo nobilita. O forse Roma e il "generone" nobiltà nera- commercianti di pezze è un'entità cristallizzata fuori dal tempo che viaggia inconsapevole come il gattopardismo, dai tempi di Satyricon, passando per la Venezia casanoviana ricostruita nella piscina di Cinecittà per arrivare all'oggi. La lezione profonda del film è che Roma può essere solo rappresentata non vissuta, come forse si poteva fare ai tempi di Fellini, Flaiano, Pinelli. Bravi Contarello, Sorrentino. Bravi e e coraggiosi. "Più bella e più splendente che pria" "bravo" "grazie"
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martedì 20 agosto 2024
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vergogna
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Un critico che descrive quasi come approssimativo un opera di codesta poetica e bellezza, ha una sola cosa da fare: trovarsi un mestiere che non sia quello del critico ma andare a lavorare la terra
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elly86
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sabato 20 luglio 2024
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sicuramente un film ben fatto
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Un film bello e di impatto.
Il protagonista, Jep Gambardella, è un giornalista molto annoiato e cinico. Trae giovamento dall'organizzare feste sulla sua terrazza con vista Colosseo che sembrano essere il diamante degli eventi mondani romani. La svolta nella trama avviene in concomitanza con una crisi personale di Jep, in cui inizia a mettere in discussione tutta la sua vita e si accorge di dover riabbracciare la fede . Dopo una serie di incontri, riflessioni, dialoghi con cardinali e sante, prende coscienza che l'unico momento in cui è stato veramente felice è stato al mare con una ragazza quaranta anni prima.
Una trama semplice che rivela che non tutto è oro quel che luccica .
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Un film bello e di impatto.
Il protagonista, Jep Gambardella, è un giornalista molto annoiato e cinico. Trae giovamento dall'organizzare feste sulla sua terrazza con vista Colosseo che sembrano essere il diamante degli eventi mondani romani. La svolta nella trama avviene in concomitanza con una crisi personale di Jep, in cui inizia a mettere in discussione tutta la sua vita e si accorge di dover riabbracciare la fede . Dopo una serie di incontri, riflessioni, dialoghi con cardinali e sante, prende coscienza che l'unico momento in cui è stato veramente felice è stato al mare con una ragazza quaranta anni prima.
Una trama semplice che rivela che non tutto è oro quel che luccica . Sorrentino svela i misteri di una élite che da fuori sembra perfetta e inavvicinabile ma che in realtà svela tutte le sue mostruosità. I personaggi sono decadenti e soprattutto ipocriti che rendono la trama banale come la loro vita. Ciò che ci tiene incollati allo schermo sono le bellissime riprese e l'eccezionale regia che rendono il film un bel film, sicuramente indimenticabile. Gli attori sono molto bravi ed ho apprezzato Sabrina Ferilli che ha dato vita all'unico personaggio umano del film .
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amelia andreoli
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venerdì 9 febbraio 2024
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sparuti, incostanti sprazzi di bellezza.
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Ho usato una frase del copione che mi sembra racchiuda l'essenza: ci sono momenti che toccano il cuore: la bellezza iniziale con una fotografia luminosa e questi monumenti che fanno parte della grandezza che fu, la visita alla culla della nobile squattrinata, la sguaiata effimera allegria del ballo che mette in mostra un vuoto abissale e lui SERVILLO . Grande comunque. non un capolavoro ma un film che denuncia e mette a nudo la pochezza di certi personaggi.
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giovedì 26 ottobre 2023
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un buon film per alcuni
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Come ogni cosa nella vita, ci sarà chi piace e chi no, ma non è una questione di gusti quando si tratta di premi come gli Oscar. Tuttavia, è sempre positivo ottenere un riconoscimento che faccia brillare il nome del Paese.
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luc besson
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lunedì 14 novembre 2022
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cercare un senso quando, un senso non ce l'ha.
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Un film senza una trama , senza una storia, senza senso logico. Un'insieme di scene montate a caso. L'unica cosa apprezzabile è la musica e la bellezza paesaggista di Roma. Bella la fotografia.
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giomo891
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giovedì 22 settembre 2022
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la grande bellezza non è la dolce vita giomo891
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La Grande belllezza di Sorrentino ha vinto un Oscar per me, immeritato. Forse è stato vinto per avere, agli occhi dei componenti americani dell'Academy, riportato un ricordo o, se volete una somiglianza col grande cinema di Fellini.
Un cinema, quello italiano, che nell’epoca di Fellini sentiva l’esigenza di rappresentare un mondo che si stava evolvendo, un mondo fatto di piaceri e vizi, di arte e cultura, ma anche (e troppo spesso) di contraddizioni e sprechi. E il quadro netto e, in un certo senso, apatico di quella realtà lo ha dipinto Fellini stesso incorniciando un’epoca con il suo La dolce vita.
Ma anche a distanza di cinquant’anni (53 per la precisione) Paolo Sorrentino si ritrova in un’Italia che è infinitamente cambiata, ma che allo stesso tempo è perfettamente immutabile, "tutto cambia e nulla cambia" (Il Gattopardo).
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La Grande belllezza di Sorrentino ha vinto un Oscar per me, immeritato. Forse è stato vinto per avere, agli occhi dei componenti americani dell'Academy, riportato un ricordo o, se volete una somiglianza col grande cinema di Fellini.
Un cinema, quello italiano, che nell’epoca di Fellini sentiva l’esigenza di rappresentare un mondo che si stava evolvendo, un mondo fatto di piaceri e vizi, di arte e cultura, ma anche (e troppo spesso) di contraddizioni e sprechi. E il quadro netto e, in un certo senso, apatico di quella realtà lo ha dipinto Fellini stesso incorniciando un’epoca con il suo La dolce vita.
Ma anche a distanza di cinquant’anni (53 per la precisione) Paolo Sorrentino si ritrova in un’Italia che è infinitamente cambiata, ma che allo stesso tempo è perfettamente immutabile, "tutto cambia e nulla cambia" (Il Gattopardo). Da quest’audace spunto si dipana così La grande bellezza, così simile a La dolce vita, ma al contempo così indipendente e rappresentativa di un’altra epoca per la storia d’Italia -se possibile, quanto ai costumi degli italiani ancora più superficiale e decadente.
Il personaggio di Jep Gambardella, però è molto più cinico (forse anche per l'età) del protagonista de La dolce vita (un Mastroianni anche lui giornalista che vive dentro e, nello stesso tempo, fuori dagli eccessi a cui assiste e partecipa), che non trova a differenza di Jep, la forza e la determinazione di uscire da quel falso Paradiso della Grande Bellezza.
Servirlo salva questo film anti-narrativo come nel precedente di Sorrentino This must be the place salvato dell'interpretazione di Sean Penn, ma, per il resto, sembra il lamento finale della "città eterna".
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