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Christian BaleDall'Impero del Sole a quello della NotteNome: Christian Charles Philip Bale47 anni, 30 Gennaio 1974 (Acquario), Haverfordwest (Gran Bretagna) |
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![]() "Chiunque può essere un eroe, anche un uomo che ha fatto qualcosa di così semplice e rassicurante come mettere un cappotto sulle spalle di un ragazzo giovane, per fargli sapere che il mondo non era finito."
dal film Il cavaliere oscuro - Il ritorno (2012)
Christian Bale Bruce Wayne
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Se proprio bisogna ricordarselo, i più se lo rammentano dentro una doccia solare, con un fisico ruvido, e talmente muscoloso quasi da non sembrare vero. Una star che notoriamente è silenziosa, che se proprio deve dire qualcosa (anche alla stampa) lo fa solo e unicamente tramite i suoi film e i personaggi che interpreta, riuscendo a trasportare lo spettatore in amare e crude storie. Si è rimasti tutti in un attonito e composto silenzio quando ha indossato per la prima volta la maschera del leggendario Batman, ancora di più quando si è misurato con un uomo senza sonno, forse uno dei più complessi ritratti psicologici che un attore possa mai aspirare a interpretare. Non chiedete il suo nome a chi siede accanto a voi durante la proiezione di un suo film al cinema. È un'infamia non conoscerlo! Particolarmente attivo nella sua patria (che non è l'America, come pensano molti, ma il Regno Unito), di natura diffidente, ha fatto della paranoia il proprio marchio di fabbrica. Da bambino, ha mostrato a tutti noi gli orrori della Seconda Guerra Mondiale, da adulto, quelli di una società che urla alla perfezione, ma alla quale manca qualche rotella. Già, da bambino, perché Christian Bale ha avuto un bell'inizio nel mondo del cinema, davvero cool!
Le origini
Figlio di un pilota civile e uomo d'affari e di una ballerina circense (i due poi divorziarono e nel 2000 il padre sposa la scrittrice femminista Gloria Steinem), fratello dell'attrice Louise Bale, Christian Bale muove i primi passi nella recitazione con le rappresentazioni scolastiche e, a soli 10 anni, già appare in parecchi spot pubblicitari (Pac-Man), debuttando come un vero e proprio attore nella commedia "The Nerd", portata in scena nel West End, accanto a Rowan Atkinson. Passa la sua infanzia viaggiando in diversi paesi, arrivando a vivere in Portogallo e negli Stati Uniti, anche se la loro residenza ufficiale sarà Bournemounth, dove frequenterà la Bournemouth School e comincerà a forgiare il suo corpo con il rugby, ma anche con il balletto.
Ambiziosissimo, nel 1986, recita accanto a Amy Irving, Olivia De Havilland, Omar Sharif e Rex Harrison nel film tv Anastasia - The Mystery of Anna (1986) di Marvin J. Chomsky, poi è audizionato fra 4000 ragazzi per il ruolo di James Graham nel nuovo film di Steven Spielberg L'impero del sole (1987). Bale batte tutti, così riesce ad avere il suo primo ruolo da protagonista in un film, proponendosi come un ottimo bambino prodigio. Ma il padre, che gestisce la sua carriera, ha in mente grandi cose per il figlio e, in barba a molte delle proposte hollywoodiane, lo manda a studiare alla Drama School, sperando che venga ammesso presto alla Royal Academy of Dramatic Art o alla London Academy of Music and Dramatic Art e, perché no, alla Central School of Speech and Drama. Secondo il parere del padre, c'è bisogno di una solida base per intraprendere il mestiere di attore. Clamorosamente, Bale rifiuta, vuole continuare a lavorare e convince suo padre a indirizzarlo, fino alla maggiore età, verso i film migliori per lui.
I primi ruoli (ottenuti e mancati)
Così, nel 1989, lo ritroviamo in Enrico V di Kenneth Branagh, poi nel 1992, nel film di Kenny Ortega Gli strilloni. La sua carriera, come disgraziatamente accade molto spesso per certe altre, si perde negli abissi dei piccoli e marginali ruoli: un gentiluomo americano in Piccole donne (1994) di Gillian Armstrong, la voce di Thomas in Pocahontas (1995) della Disney e il ruolo di Mr. Rosier in Ritratto di signora (1996) di Jane Campion. Tutti film d'autore, certo, ma manca il ruolo che deve dare una sferzata alla sua carriera. In caso contrario, precipiterà nel limbo.
Provinato per il ruolo di Jack Dawson in Titanic (1997), viene escluso (e la scelta ricade così su Leonardo DiCaprio), perché James Cameron non voleva due attori inglesi come protagonisti (gli bastava Kate Winslet). Cerca di sporcare la sua immagine con Velvet Goldmine (1998) di Todd Haynes, ma non è abbastanza. Ha bisogno di qualcos'altro.
Ruoli più commerciali, il matrimonio e la paternità
Nel contempo, dopo aver girato Sogno di una notte di mezza estate (1999), conosce durante un party, l'assistente di Winona Ryder, Sibi Blazic, e la sposa nel 2000, diventando padre di una bellissima bambina. La nascita di sua figlia corrisponde alla sua ufficiale rinascita cinematografica, la regista Mary Harron, scarta Leonardo DiCaprio (questione di karma?) per Christian Bale che diventerà protagonista dello scandaloso thriller American Psycho (2000).
Passa a film più commerciali come Shaft (2000) di John Singleton e il pessimo Il mandolino del capitano Corelli (2001) di John Madden, si getta poi nella fantascienza con Equilibrium (2002) e Il regno del fuoco (2002), rifiutando però il ruolo di Patrick Bateman ne Le regole dell'attrazione (2002) e, forse sempre per questione di karma, verrà scartato per la parte di Will Turner nella trilogia dei Pirati dei Caraibi.
Batman e gli autori: Nolan e Malick
Non demorde, nel 2004, dimagrisce enormemente per il film L'uomo senza sonno (2004), molti gridarono a una sua candidatura all'Oscar, ma non venne preso sul serio. Presta la sua voce al Mago Howl del cartone animato giapponese Il castello errante di Howl (2004) e poi riacquista chili e muscoli per Batman Begins (2005) di Christopher Nolan, dove interpreterà un Bruce Wayne alle origini della sua vita di eroe. Il risultato sarà così soddisfacente che Nolan lo rivorrà anche per The Prestige (2006), per Il cavaliere oscuro (2008) e per Il cavaliere oscuro - Il ritorno (2012), ultimo capitolo della trilogia dedicata all'Uomo pipistrello.
Ora che la sua carriera è all'apice, viene chiamato a interpretare la parte di John Connor nel quarto capitolo del blockbuster Terminator Salvation (2008) e nella pellicola d'azione Nemico Pubblico - Public Enemies (2009) del maestro Michael Mann, al fianco di Johnny Depp.
Votato all'indipendenza, recita per Werner Herzog in Rescue Dawn (2006) e per Terrence Malick in The New World (2006), ritrovando il mito di Pocahontas, nonché nel drammatico Harsh Times di David Ayer, dove interpreta un veterano della guerra del Golfo.
Il 2010 per lui è soprattutto The Fighter di David O. Russel, che gli frutta l'Oscar ed il Golden Globe 2011 come miglior attore non protagonista. Dopo Il cavaliere oscuro - Il ritorno (2012) è protagonista di Out of the Furnace di Scott Cooper e dei nuovi progetti di Terrence Malick (Lawless e Knight of Cups) e torna a lavorare per David O. Russell in American Hustle - L'apparenza inganna, che ancora una volta gli offre un ruolo da Oscar, per il quale ottiene la nomination come miglior attore protagonista. Reciterà poi per Ridley Scott nell'epico Exodus - Dei e Re (dove veste i panni di Mosé) e per Adam McKay nel film La grande scommessa.
Una pagina nella storia del cinema
Non resta immoto di fronte all'obiettivo, i suoi personaggi possono anche assistere al peggio senza intervenite, ma lui no. Dentro di lui, si muovono mille increspature, mille vite a cui ha dato una possibilità di emergere, anche solo con uno sguardo. È fantastico vederlo arrabbiato o deluso. Sa cosa vuole lui e sa cosa vuole lo spettatore e per un attore è importante. Sfiorirà col tempo, si gonfierà o magari scolorirà sotto gli anni che passano, ma di sicuro ha lasciato un piccolo segno nel cinema. Non è un idolo, non è uno di quegli attori ingombranti che sono il punto di riferimento per qualsiasi altro attore. Eppure la sua recitazione è così angosciante che anche quando increspa la bocca, in un primo piano che mette in luce il suo ghigno suadente e mefistofelico, fa rabbrividire.
Rocco e i suoi fratelli
Ispirato alla vita privata e sportiva di Micky Ward, pugile americano di origine irlandese, The Fighter ripropone nel quadrato e sullo schermo il paradigma passione e resurrezione, recuperando alla memoria un pugno di grandi film sulla boxe. Micky Ward e il suo fratellastro Dicky Eklund, interpretati credibilmente da Mark Wahlberg e Christian Bale, proseguono idealmente le storie violente, problematiche e resistenti dei Rocco e i Rocky, cenerentole che hanno affollato la boxe cinematografica trovando la favola dell’integrazione americana o il sacrificio per l’onore. Il film di David O. Russell non rinnova certo il genere e limita a ricalcare l’intreccio narrativo del pugile di modeste condizioni sociali sprofondato nella periferia, dove conduce una vita squallida e sogna l’occasione della sua vita, il colorato protagonismo degli avversari, la sottovalutazione del bravo ragazzo, la fidanzata che capisce tutto e diventa ideale rifugio del campione, l’allenatore che capisce più della fidanzata, crede nelle buone qualità del suo pugile e custodisce la soluzione per la vittoria. Nondimeno, a fronte di consumati espedienti retorici e di nutriti stereotipi, The Fighter trova due attori combattenti che picchiano duro e incassano come si deve, fagocitando da campioni il film, infilandosi i guantoni, acquistando il gesto tecnico, respirando il pathos della sfida e il senso tutto della boxe. Se Robert De Niro era ingrassato secondo leggenda di trenta chili per diventare il “toro del Bronx” nel bianco e nero di Martin Scorsese, Christian Bale ne perde almeno quindici per interpretare il fratello fatto di crack e sconfitta di Wahlberg. Il suo Dicky, prossimo al Simone viscontiano di Renato Salvatori, è un ‘povero cristo’ che la vita ha picchiato duro e che fatica a rialzarsi. Il riscatto per Dicky sarà dolce ma indiretto perché realizzato sul ring dal fratello, campione dei pesi leggeri nell’America degli anni zero. Dicky è un loser irriducibile ed esibizionista, il perdente antipatico a tutti e per cui nessuno ha mai scritto il lieto fine.
Micky e suo fratello
La storia di Micky è al contrario a lieto fine e diretta come i sui diretti. Fratello minore e buono di Dicky, non ha mai commesso un furto ne è mai stato una notte in riformatorio. Micky è un pugile di potenza e aggressività che si fa notare senza clamore da un manager tassinaro dall’occhio lungo. Diversamente dal fratello, Micky incanala la carica di violenza e la indirizza verso un esito costruttivo, al progressivo aumento delle dimensioni del suo nome sui cartelloni e suoi titoli dei giornali. Al bostoniano Mark Wahlberg, nato nel quartiere irlandese di Dorchester, bagnato dal Mystic River e battuto dalla letteratura di Dennis Lehane, spetta il ruolo del “bravo ragazzo”. Lui che ha una fisicità da “dritto” che ha resistito ad un’adolescenza di eccessi e violenza, lui che ha un corpo-luogo di fascino infernale, sprofondato nella piaga delle proprie personali ambiguità, proprio a lui David O. Russell affida il destino di Micky, pugile professionista, vessato dalla madre e da troppe sorelle. Se il film del regista newyorkese fallisce l’occasione di indagine sociologica, la presenza dell’attore di origine irlandese come il suo (reale) protagonista garantisce alla sua performance grande autenticità. Ex bad-boy condannato al carcere e alla disfatta, Wahlberg ha neutralizzato il ribelle e impiegato il successo come affermazione d’identità. La sua abilità grezza e poco educata, gli errori e le debolezze in cui è incappato nel corso della vita ne fanno l’interprete ideale di combattente positivo, mettendo a tacere per il momento chi lo vuole troppo spesso armato ragazzaccio in action. Il talento naturale, tutto istinto e spontaneità, di Wahlberg, atleticamente proporzionato e bello, fa il magnifico paio con quello irrequieto e strafottente di Bale, trattenuto a stento tra sei corde. L’arroganza disperata del suo Dicky tornito dallo sfinimento si accorda con la solidità pacificata di Micky, producendo sul ring una coppia inedita e memorabile, capace, questa sì, di scardinare una tradizione di pugili ‘disincarnati’.
Ha avuto inizio nella Parigi di Inception l'83sima notte degli Oscar, con un montaggio a effetti speciali che ha visto gli ospiti della serata Anne Hathaway e James Franco entrare e uscire dalle scene madri dei film nominati. Subito dopo Tom Hanks ha aperto la premiazione annunciando i vincitori nelle categorie art direction e fotografia (andati rispettivamente ad Alice in Wonderland e Inception), ma il primo momento emozionante è stato quando Melissa Leo, introdotta da un Kirk Douglas in vena di scherzi, è salita sul palco a ritirare il premio come miglior attrice non protagonista per The Fighter.Così, per il secondo anno consecutivo, ha vinto un'interprete femminile che ha portato sul grande schermo la figura di una madre padrona. Quanto all'attore non protagonista, finalmente Christian Bale è riuscito a ottenere la sua prima candidatura all'Oscar per The Fighter e a impugnare la prestigiosa statuetta d'oro. A svecchiare ulteriormente l'edizione numero ottantatré della notte degli Oscar è stata la vittoria di Trent Reznor (e Atticus Ross) per la miglior colonna sonora originale realizzata per The Social Network. “Tutto questo sta accadendo realmente”., Ha iniziato così il discorso di ringraziamento il leader dei Nine Inch Nails che per l'occasione ha indossato il suo abito migliore. D'altronde, secondo l'Internazionale, l'oroscopo di Trent diceva: “Le prossime settimane saranno un ottimo momento per essere più audace nell’esprimere la tua bellezza e fare in modo che le persone a cui tieni la vedano in tutto il suo splendore”. Invece Randy Newman si è portato a casa il premio per la miglior canzone originale, “We Belong Together,” scritta per Toy Story 3.
Nomi, cose, città, attrici e attori
Danimarca batte Messico 1 a 0 nel momento in cui Susanne Bier viene chiamata a ritirare il premio come miglior film straniero per In un mondo migliore. Sebbene facessimo il tifo per Biutiful di Alejandro González Iñárritu, siamo felici e fieri del fatto che abbia vinto una donna. E se l'anno scorso una donna vinceva per la prima volta l'Oscar come miglior regista, è sempre lei, la stessa Kathryn Bigelow, a premiare Tom Hooper nella categoria miglior regia per la direzione di Il discorso del re. Poco dopo, è Jeff Bridges ad annunciare le cinque candidate come migliori attrici, e a premiare la visibilmente imbarazzata e commossa Natalie Portman, magnifica ballerina dalla doppia personalità in Il cigno nero, per la quale facevamo tutti il tifo. La signora in rosso Sandra Bullock ha invece avuto l'onore di presentare i candidati nella categoria miglior attore protagonista che ha visto premiare Colin Firth, il reale balbuziente di Il discorso del re. Infine, a chiudere una notte leggera, divertente ed emozionante è stato il re di Hollywood Steven Spielberg, chiamato a tenere banco per annunciare il miglior film dell'anno: Il discorso del re. Forse l'unica scelta vecchia di un premio che a ottantatré anni è sempre più giovane.
È uno degli attori più quotati della sua generazione. La carriera di Christian Bale è iniziata da enfant prodige quando stupì il mondo nei panni del 13enne Jim Graham nell'adattamento cinematografico del romanzo parzialmente autobiografico di J.G. Ballard L'Impero del Sole: quel bambino spaurito e abbandonato spezzò il cuore al mondo. Dopo qualche anno di oblio, ritroviamo Bale nei panni dello psicopatico serial killer più spietato della storia della letteratura, quel Patrick Bateman che ha reso ricco lo scrittore Bret Easton Ellis e regalato agli annali American Psycho. La qualità interpretativa di Bale è così intensa da imporgli scelte di confine, personaggi che si muovono lungo un crinale oscuro, tra perdizione e salvazione.
Così, la maschera – in tutti i sensi – che più ha caratterizzato fino ad oggi la carriera di Bale è quella di Batman, l'uomo pipistrello. Con Il cavaliere oscuro ritrova il regista che meglio di altri ha saputo sfruttarlo al meglio ed intuirne le doti: è il terzo incontro con Christopher Nolan dopo Batman begins e The Prestige.
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