American Sniper |
||||||||||||||
Un film di Clint Eastwood.
Con Bradley Cooper, Sienna Miller, Jake McDorman, Luke Grimes.
continua»
Azione,
Ratings: Kids+16,
durata 134 min.
- USA 2015.
- Warner Bros Italia
uscita giovedì 1 gennaio 2015.
MYMONETRO
American Sniper
valutazione media:
3,84
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
|
||||||||||||||
|
||||||||||||||
|
|
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||
American sniperdi catcarloFeedback: 13499 | altri commenti e recensioni di catcarlo |
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||
mercoledì 4 febbraio 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
In guerra, il cecchino è il combattente più odiato: un sentimento diffuso fra i soldati di ogni latitudine e credo che considerano la sua figura – pressappoco – come quella di un vigliacco che si nasconde e colpisce a tradimento. Pur conoscendone le idee politiche, ci si chiede perciò quali motivazioni abbiano portato lo zio Clint a buttarsi in un ginepraio ideologico simile dove – semplificando un po’ – il cecchino a stelle e strisce del titolo non è un figlio di buona donna (e, anche se lo fosse, sarebbe sempre il ‘nostro’ figlio di buona donna) mentre quello nemico, incarnato dal siriano ex campione olimpico Mustafà (Sammy Sheik), si attaglia perfettamente alla descrizione del ruolo. E’ una delle ambiguità più evidenti di un film che non è certo tutto teso a glorificare l’interventismo statunitense, ma che a volte sembra alla ricerca di un impossibile equilibrio dando un colpo al cerchio e uno alla botte: da una parte c’è un nemico brutto, sporco e cattivo (oltre che spersonalizzato) a confronto dei ‘nostri ragazzi’ sempre pieni di etica guerriera se non di buone maniere, dall’altro si delinea l’idea sottesa che si tratti comunque di una guerra inutile e sbagliata che lascia pesanti segni sulla psiche una volta ritornati a casa - oltre che sui poveri iracheni, ma loro non contano. Una considerazione, quella riguardo alla guerra, che fa capolino solo a tratti nella sceneggiatura che Jason Hall ha tratto dalle memorie di Chris Kyle, il Navy Seal che è stato il più letale fra i cecchini della guerra in Iraq con uno sproposito di uccisioni certificate, oltre duecento: un texano dagli occhi di ghiaccio allevato da un padre solito a suddividere l’umanità fra leoni e pecore (Ben Reed in una scena terribile) e che imbraccia il fucile dopo l’attentato alle Torri Gemelle per andare ad ammazzare gente che con il 9/11 non c’entra nulla. Un uomo tutto d’un pezzo nel senso deteriore dell’espressione, dal fisico massiccio (Bradley Cooper per interpretarlo ha dovuto metter su venti chili di muscoli perdendo però più di qualcosa in espressività) e dalla feroce convinzione di essere sempre nel giusto, tanto da sostenere che i suoi centri sono stati tutti motivati, di solito come azione di copertura a truppe in azione sul terreno. Salvo poi fare colossali stupidaggini che costano non poche vite, compreso il momento clou della sfida a lunga distanza, due chilometri, con Mustafà (una licenza poetica, tra l’altro): il colpo che decide quella che è una trasposizione di un duello western – la scelta di seguire la pallottola in volo è una delle poche scelte di regia infelici – finisce per segnalare la posizione dell’intero reparto al nemico e uscire dalla trappola non sarà indolore. Ciò che il protagonista pensa della guerra è definito dall’incontro con il frattello Jeff (Keir O’Donnell) che sta tornando a casa e usa parole dure su quello che ha passato: Chris gli appioppa uno sguardo senza espressione – in fondo, Jeff è una pecora – per poi voltare le spalle e dirigersi verso il suo quarto turno al fronte. Turni che lasciano pesanti segni anche durante i ritorni a casa, tra figli quasi dimenticati e moglie (Sienna Miller) più di una volta dubbiosa (ma poi sempre pronta a tornare all’ovile): la sindrome post-traumatica fa capolino qua e là, ma l’essere considerato né più né meno che un eroe aiuta a sopportarla. La morte di Kyle per mano di un reduce che stava cercando di aiutare è una sorta di nemesi che dimostra che, a volte, la realtà sa essere più significativa della fantasia: in ogni caso, le scene del funerale fissano ancora una volta un altro aspetto che il resto della narrazione ha comunque già più che abbozzato e cioè che, nel grande paese di provincia che sta tra le sponde dei due oceani, è radicatissima la mentalità manichea, con cui Kyle è cresciuto e secondo la quale ha sempre vissuto, in cui gli Stati Uniti sono il centro attorno a cui gira il resto del mondo e stanno per definizione dalla parte giusta. Le sottolineature e le contraddizioni fanno sì che la pellicola non sia quel monolite di propaganda che alcuni hanno voluto vedere, ma da qui ad affermare che si tratti di ‘un film contro la guerra’ (Eastwood dixit) ce ne passa: però è indiscutibile che qualche dubbio riesca a seminarlo evitando anche di far ‘scatenare l’inferno’ da parte di Kyle senior, come promesso in caso di mancanza di rispetto nei confronti della memoria del figlio. Dal punto di vista del racconto in se stesso, invece, c’è ben poco da dire, perché, a quasi ottantacinque anni, Clint dirige ancora con l’energia di un giovanotto, tenendo alto il ritmo nelle scene di combattimento altrimenti a rischio di ripetitività e poi cambiando decisamente registro nei momenti più intimi o toccanti, così che le oltre due ore di durata quasi non si avvertono: se l’Eastwood migliore sta di certo altrove, qui l’esperienza e i trucchi del mestiere gli consentono di portare comunque a casa il risultato di un buon filmone in fondo senza sbavature (almeno dal punto di vista cinematografico).
[+] lascia un commento a catcarlo »
|
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||
|
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Ultimi commenti e recensioni di catcarlo:
|
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||