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Nei cinema circola ancora questo curioso dittico su Roma con "Sacro GRA" e "La grande bellezza". Due buoni film (soprattutto il primo), imperfetti (soprattutto il secondo) e solo apparentemente lontani. Il documentario vincitore del Leone d'oro racconta i marginali del raccordo anulare, le anonime periferie della capitale e gli accattoni del terzo millennio mentre il film italiano candidato agli Oscar si sofferma sulla mondanita' effimera del centro di Roma. Paradossalmente, la loro distanza e' il loro principale punto di contatto. Raccontare i primi (o presunti tali) e gli ultimi, in un certo senso, e' proprio la stessa cosa e dimostra in modo esemplare quanto il nostro cinema sia ormai strutturalmente distante dalla realta' e incapace di raccontare senza stereotipi la societa' vera, la classe media, il 90% delle persone. E' un cinema prigioniero dei soliti virtuosismi snob da terrazza romana e di un approccio solidaristico peloso, politicamente corretto e prevedibile. Comunque, caro Paolo Sorrentino, l'idea era buona ma tu non sei Fellini esattamente come Gianfranco Rosi non e' De Sica e neppure Pasolini.
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