matteo manganelli
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martedì 16 settembre 2014
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sopravvalutatissimo
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Scorsese e Di Caprio ancora una volta insieme per un film che si è presentato come l'ennesimo immorale capolavoro del regista di "Quei bravi ragazzi".
Ma anche no.
Mi sento costretto ad andare contro corrente, perchè di tutti i meriti che sono stati accostati a questa pellicola io non ne ho notati neanche la metà della metà.
E' vero che quando Scorsese gira quelle scene in slow motion o quando fa parlare i suoi personaggi direttamente con la macchina da presa il Cinema risplende come non mai.
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Scorsese e Di Caprio ancora una volta insieme per un film che si è presentato come l'ennesimo immorale capolavoro del regista di "Quei bravi ragazzi".
Ma anche no.
Mi sento costretto ad andare contro corrente, perchè di tutti i meriti che sono stati accostati a questa pellicola io non ne ho notati neanche la metà della metà.
E' vero che quando Scorsese gira quelle scene in slow motion o quando fa parlare i suoi personaggi direttamente con la macchina da presa il Cinema risplende come non mai. Ma basta davvero solo quella meravigliosa sequenza in cui Jordan torna a casa strafatto per salvare un film?
Scorsese dimentica di aggiungere quel retrogusto amaro al suo protagonista, che oscilla sempre tra il clown che fa il suo spettacolino, il Ray Liotta opportunista di "Quei bravi ragazzi" e il Toro Scatenato da solo contro il mondo, senza mai definire un'identità precisa.
Un film che non riesce mai ad essere veramente quadrato, dunque.
La sceneggiatura, seppur brillante in alcuni dialoghi favolosi, è buttata lì e cerca sempre più di colpire con l'immagine trasgressiva piuttosto che comunicare un qualcosa allo spettatore.
In sintesi, "The wolf of Wall Street" ha i suoi punti alti quando, a tratti, Scorsese si ricorda di essere un maestro e i suoi punti bassi quando lo stesso regista dimostra di essere diventato un po' il clone di sé stesso e cerca di fare un film sopra le righe a tutti costi; inutilmente.
Di Caprio è più interessante del suo personaggio e Hill è bravissimo come non lo era mai stato.
Mediocre nel complesso, ma riesce comunque ad intrattenere per tre ore e questo non è poco.
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irishman
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lunedì 14 luglio 2014
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americanata
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Film, amaro, greve, scene banali e esagerazioni senza fine. Inoltre pornografia a non finire, indice di quanto poco abbia da dire. Pessimo.
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the bracch
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domenica 6 luglio 2014
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the wolf of wall street, un ottimo film
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Il film racconta l'ascesa del giovane borker Jordan Belfort. Dopo il suo licenziamento, dovuto al famoso "lunedì nero" delle borse, Belfort, inizia una nuova vita ad un call center, che si occupa della vendita di azioni quotate pochissimo. In breve il suo successo diventerà conosciuto da tutti gli americani, tanto da guadagnarsi la copertina sulla famigerata rivista " Forbes". tra divorzi, liti furiose, strisce di cociana, milioni di dollari, feste all'insegna dell'eccesso, il borker arriva all'apice. Grande l'interpretazione di Leonardo di Caprio, e chi, se non lui, poteva rivestire i panni del nevrotico, lussurioso protagnista.
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Il film racconta l'ascesa del giovane borker Jordan Belfort. Dopo il suo licenziamento, dovuto al famoso "lunedì nero" delle borse, Belfort, inizia una nuova vita ad un call center, che si occupa della vendita di azioni quotate pochissimo. In breve il suo successo diventerà conosciuto da tutti gli americani, tanto da guadagnarsi la copertina sulla famigerata rivista " Forbes". tra divorzi, liti furiose, strisce di cociana, milioni di dollari, feste all'insegna dell'eccesso, il borker arriva all'apice. Grande l'interpretazione di Leonardo di Caprio, e chi, se non lui, poteva rivestire i panni del nevrotico, lussurioso protagnista. nel cast figurano anche Johan Hill, Margot Robbie, Jean Dujardin. Diretto da Martin scorsese, è scorrevole e non ci si annoia mai, nonostante la lunga durata, che supera le due ore. Lo scenario è quello della New York degli anni novanta, un'ottima cartolina rappresentata dalla "grande mela".
Da vedere assolutamente.
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the thin red line
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lunedì 30 giugno 2014
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lo scorsese tarantiniano che non ti aspetti
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Devo ammetterlo, non avevo grandi aspettative per questo film a causa dell'argomento trattato, secondo me sviscerato anche troppo negli ultimi anni, ma mi sono davvero dovuto ricredere. Scorsese, all'ennesima collaborazione con Di Caprio (Eccellente come di consueto), racconta wall street da un punto di vista grottesco e informale (quasi volgare ma senza ridicolizzarlo). L'ascesa e la caduta dell'aspirante broker Jordan Belfort nell'olimpo di wall street è una descrizione mirata dell'incapacità dell'uomo di sapersi accontentare, la voglia di potere e soldi è inferiore solo all'ego enorme del suo protagonista in questo "lunghissimometraggio" (tre ore di film).
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Devo ammetterlo, non avevo grandi aspettative per questo film a causa dell'argomento trattato, secondo me sviscerato anche troppo negli ultimi anni, ma mi sono davvero dovuto ricredere. Scorsese, all'ennesima collaborazione con Di Caprio (Eccellente come di consueto), racconta wall street da un punto di vista grottesco e informale (quasi volgare ma senza ridicolizzarlo). L'ascesa e la caduta dell'aspirante broker Jordan Belfort nell'olimpo di wall street è una descrizione mirata dell'incapacità dell'uomo di sapersi accontentare, la voglia di potere e soldi è inferiore solo all'ego enorme del suo protagonista in questo "lunghissimometraggio" (tre ore di film). Scorsese racconta la storia in mondo inconsueto affidandosi ad attori collaudati giovani e bravissimi ad entrare nella parte degli psicopatici semi-tossici e alcolizzati broker; i lunghi dialoghi intrisi di parolacce e imprecazioni approfondiscono spesso argomenti banali: qui il tratto tarantiniano del film esce senza nascondersi intrattenendo e sconvolgendo lo spettatore che ammutolisce davanti a cotanta competenza tecnica alternata a sconcertante follia allucinata della squadra di broker creata dal protagonista. C'è poco spazio per la drammaturgia in questa pellicola che da risalto invece allo sfarzo e alla goduria che i soldi la droga e il sesso possono offrire alla gente comune abituata a tirare a campare. Un cast eccelso che ci intrattiene per tre ore senza farci sbadigliare grazie anche alla struttura tarantiniana del film. La conseguente e ovvia caduta del protagonista è resa più leggera da quell'essere considerato comunque leggenda dopo aver pagato il proprio dazio in carcere. Leonardo Di caprio dimostra ancora una volta di essere considerato l'attore più sottovalutato della storia del cinema (ancora senza oscar!!!) Jonah Hill (già premiato) è dentro la parte come sempre e sa divertire e commuovere. Altro centro per Scorsese.
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maggie69
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lunedì 9 giugno 2014
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privo di contenuti...
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Oltre ad essere una ode alla cocaina e alle pasticche, di caprio è bravo ma lo sarei anch'io a fare uno sempre pippato... il film è privo di messaggi sani... anche tra amici si fottono... un delirio di onnipotenza che non vale assolutamente la pena di vedere. Non ci sono buoni, solo "cattivi"...l'ho trovato deprimente e inutile...
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dave san
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venerdì 6 giugno 2014
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corrosivo ed esilarante
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Tempo fa avevo letto un’analisi acuta sulle istituzioni in senso politico. Si conveniva sul fatto che la società attuale è relativizzata. Che i valori odierni non riescono più a essere pienamente intransigenti su certi mali. Sempre più difficile localizzare un lucifero di turno, senza dover fare i conti con una miriade di possibili attenuanti. The Wolf ritrae un personaggio controverso, in termini simili. Un auto-ritratto di villan con piglio narrativo e intrigante. Ispirato appunto all’omonima autobiografia di Jordan Belfort. Si ironizza, si romanza e si descrive una caricatura spassosa su un imprenditore senza scrupoli, ma vulcanico.
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Tempo fa avevo letto un’analisi acuta sulle istituzioni in senso politico. Si conveniva sul fatto che la società attuale è relativizzata. Che i valori odierni non riescono più a essere pienamente intransigenti su certi mali. Sempre più difficile localizzare un lucifero di turno, senza dover fare i conti con una miriade di possibili attenuanti. The Wolf ritrae un personaggio controverso, in termini simili. Un auto-ritratto di villan con piglio narrativo e intrigante. Ispirato appunto all’omonima autobiografia di Jordan Belfort. Si ironizza, si romanza e si descrive una caricatura spassosa su un imprenditore senza scrupoli, ma vulcanico. Probabile che non tutti i cineasti sarebbero in grado di filmare una personalità discutibile, così “Scorsesemente”. Con impronta esperta, il regista trasforma le perversioni e il cinismo del nostro in un congegno ilare e frenetico. Una pellicola che sembra elaborarsi come per certi personaggi Simpsoniani, biasimevoli, trasformati in caricature da scompisciarsi. Resta impresso l’incontro scontro tra i due poli, a bordo del panfilo di Belfort-DiCaprio. Non mancano ingenti quantità di situazioni grottesche e non propriamente vestali. Presumibilmente, la pellicola e/o lo stesso libro, potrebbero essere un monito. Oppure un sagace affresco liberale. Il soggetto, nel bene e nel male, ne esce come indomabile furbastro.
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peer gynt
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martedì 3 giugno 2014
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l'eccesso che annoia
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Esasperazione isterico-nevrotica del mito americano del self-made man, il film di Scorsese mostra, adottando il punto di vista del protagonista, un insieme di animali da giungla fatti di soli istinti compulsivi e del tutto privi di razionalità: fare soldi, fare sesso, drogarsi sono attività per nulla diversificate, perché tutto è e dev'essere sballo, perdita del controllo, vita urlata nell'ottundimento di qualsiasi facoltà razionale. Il nero protagonista di questa storia non vive di perfide strategie, di sottili macchinazioni, di crudele spirito di vendetta. Vive solo di sballo, continuo, privo di qualsiasi finalità, autoreferenziale. Si è detto che Scorsese non giudica.
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Esasperazione isterico-nevrotica del mito americano del self-made man, il film di Scorsese mostra, adottando il punto di vista del protagonista, un insieme di animali da giungla fatti di soli istinti compulsivi e del tutto privi di razionalità: fare soldi, fare sesso, drogarsi sono attività per nulla diversificate, perché tutto è e dev'essere sballo, perdita del controllo, vita urlata nell'ottundimento di qualsiasi facoltà razionale. Il nero protagonista di questa storia non vive di perfide strategie, di sottili macchinazioni, di crudele spirito di vendetta. Vive solo di sballo, continuo, privo di qualsiasi finalità, autoreferenziale. Si è detto che Scorsese non giudica. Non è del tutto vero. Il giudizio sul personaggio è assolutamente impietoso. Icona della dipendenza, Jordan Belfort è un drogato di successo e di denaro. Sa che arriverà all'autodistruzione, ma continua anche quando potrebbe fermarsi. È un'umanità penosa e pericolosa quella che ci mostra Scorsese, che lascia che il protagonista ci investa con il suo fiume di parole, perché è il modo migliore per mostrarne la demenziale subumanita'. A questo punto risulta naturale, alla fine di un simile racconto, chiedersi perché dovremmo dedicare tre ore a seguire le vicende di questo animale autodistruttivo. Tecnicamente ineccepibile, con recitazione e sceneggiatura sicuramente ottime, il film alla lunga annoia. Forse perché manca qualche personaggio normale che si contrapponga a questi onanisti del successo, forse proprio perché un film così potrebbe andare avanti in eterno, sempre uguale a se stesso, sempre parossistico, sempre eccessivo: ma di un eccesso quotidiano, mi si passi l'ossimoro, che alla fine sembra quasi la normalità. La normalità di un genere umano che punta a cancellarsi dalla faccia della terra. E se questa fetta di genere umano riuscisse ad autodistruggersi, chi resta vivrebbe meglio!
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boston sire
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domenica 1 giugno 2014
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il mio oscar
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Non esiste una definizione unica e soprattutto univoca di "bel film". Decidere il film più bello dell'anno è molto soggettivo e spesso una vera e propria “mission impossible” anche per esperti cinefili. Io definisco The Wolf of Wall Street il film migliore dell'anno, e a differenza dell'Accademy che non da una ragione chiara a supporto delle sue scelte, io elenco due banalissimi motivi che mi portano a questa conclusione.
Prima di tutto la soddisfazione del pubblico, che non si registra attraverso commenti ricercati dei più abili paganti, ma semplicemente dal fatto che le persone che lo hanno visto e vogliono rivederlo. Questa è la misurazione principe per il successo di un film. La prima domanda da fare agli spettatori usciti dal cinema dovrebbe essere: lo rivedrai?
In secondo luogo la qualità di interpreti, della regia, della sceneggiatura, dei costumi e dei dialoghi, che è decisamente ben al disopra della media.
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Non esiste una definizione unica e soprattutto univoca di "bel film". Decidere il film più bello dell'anno è molto soggettivo e spesso una vera e propria “mission impossible” anche per esperti cinefili. Io definisco The Wolf of Wall Street il film migliore dell'anno, e a differenza dell'Accademy che non da una ragione chiara a supporto delle sue scelte, io elenco due banalissimi motivi che mi portano a questa conclusione.
Prima di tutto la soddisfazione del pubblico, che non si registra attraverso commenti ricercati dei più abili paganti, ma semplicemente dal fatto che le persone che lo hanno visto e vogliono rivederlo. Questa è la misurazione principe per il successo di un film. La prima domanda da fare agli spettatori usciti dal cinema dovrebbe essere: lo rivedrai?
In secondo luogo la qualità di interpreti, della regia, della sceneggiatura, dei costumi e dei dialoghi, che è decisamente ben al disopra della media. Mettere una storia vera sullo schermo è sempre difficile e si rischia di rendere la trama banale o, peggio ancora, di non riuscire a passare il messaggio della storia al pubblico.
The Wolf of Wall Street non delude nemmeno su questo ultimo punto, ponendo una domanda che permette di uscire dalla sala con una riflessione interessante: meglio bruciare la candela dai due lati e pagarne il prezzo, oppure meglio la gratificazione di un fuoco tenue ma sicuro che durerà a lungo? Questa fatidica domanda arriva nel finale quando, aggiungendo una scena del tutto inutile per la trama, Scorsese scocca una freccia che arriva al cuore dell’attento spettatore. Quando inquadra l'agente dell'FBI Patrick Denham intento a tornare a casa in metrò dopo la condanna di The Wolf, Martin Scorsese sembra proprio interrogarci sussurrandoci : siete sicuri che ha ragione lui?
L’espressione dell’agente è forse la risposta del regista, anche se rimane una domanda soggettiva con una risposta soggettiva, proprio come la definizione di miglior film dell’anno. Definizione che alla fine spetta a ognuno di noi, a prescindere dalle blasonate statuette.
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birbo
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martedì 27 maggio 2014
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da non credere
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La domanda che mi sono fatto piu volte vedendo questo film è : ma il regista è Tinto Brass ? sesso continuo ovunque e comunque, droghe nudità e parole oscene a cascata.... da cineteca degna dei film degli anni 70-80 di Alvaro Vitali e Lino Banfi la disquisizione tra Di Caprio e il padre del protagonista sullee 'diverse tipologie di parti intime femminili....da non credere.... Film ripetitivo e noioso,caricaturale, volgare e sconcio. Incredibile per me il successo e i giudizi positivi del film.
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flavio micarelli
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giovedì 22 maggio 2014
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la fame del "lupo"
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Nella sua nuova pellicola il visionario regista di New York, cerca di smascherare il mondo di Wall Street mostrando l'eccessivo stile di vita condotto dagli agenti di borsa durante gli anni '80 e '90,(uomini che il Scorsese considera precursori dell'attuale crisi economica) tutto questo messo in risalto da una maniacale attenzione per la fotografia e da un'esasperante sequenza di scene di sesso,droga e degenerazione.
La storia si focalizza su Jordan Belfort, giovane ambizioso che si trasferisce a New York a 23 anni, con l'intento di diventare un capitalista all'interno del sistema finanziario.
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Nella sua nuova pellicola il visionario regista di New York, cerca di smascherare il mondo di Wall Street mostrando l'eccessivo stile di vita condotto dagli agenti di borsa durante gli anni '80 e '90,(uomini che il Scorsese considera precursori dell'attuale crisi economica) tutto questo messo in risalto da una maniacale attenzione per la fotografia e da un'esasperante sequenza di scene di sesso,droga e degenerazione.
La storia si focalizza su Jordan Belfort, giovane ambizioso che si trasferisce a New York a 23 anni, con l'intento di diventare un capitalista all'interno del sistema finanziario.Essendo munito di un singolare senso per gli affari, riesce rapidamente ad ottenere la licenza di broker, in seguito fonda una società,(la Stratton Oakmont) che in pochi anni gli permette di diventare uno degli uomini più ricchi ed influenti di Wall Street.
Nel ruolo di Jordan Belfort troviamo un DiCaprio in stato di grazia, che ci regala un'interpretazione straordinaria,confermandosi(se mai ce ne fosse il bisogno) attore di spessore,per merito anche della collaborazione con il suo amico-regista Scorsese, che sceglie per lui il ruolo di quest'eccentrico uomo d'affari facendolo entrare perfettamente nel personaggio e candidandolo giustamente ad un oscar che forse,più di tutti,avrebbe meritato.
Personalmente ho apprezzato molto il film e lo considero un semi-capolavoro. Nonostante la sua durata (3ore) non risulta mai noioso, forse rischia di cadere nella banalità a causa delle eccessive scene di delirio, ma si distingue anche per la particolare scelta di mostrare tanta eccessività,cercando di far respirare allo spettatore l'esagerata vita di Belfort.
La pellicola è dinamica e piena di sequenze ad effetto, dirette in modo magistrale e contornate da un'essenza cruda e grottesca.
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