daf_ma
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domenica 17 febbraio 2013
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ottima sceneggiatura e meravigliosa colonna sonora
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Il cacciatore di taglie, King Schultz, è alla ricerca dei fratelli Brittle per consegnarli alle autorità e ricevere in cambio una grossa somma di denaro. Per riconoscerli ha bisogno dell’aiuto di uno schiavo nero, Django, che, comprato dai fratelli Speck, otterrà la libertà una volta portato a termine il lavoro. Schultz e Django continueranno a collaborare per un intero inverno al termine del quale, sulla base di un secondo accordo, cercheranno la moglie di Django, Broomhilda, venduta a qualche ricco negriero di cui ancora non si conosce l’identità. Gli attori, perfettamente calati nella parte dei cacciatori di taglie, si mettono, dunque, alla ricerca della giovane Broomhilda e scoprono che è stata venduta a Calvin Candie, interpretato magistralmente da Leonardo Di Caprio.
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Il cacciatore di taglie, King Schultz, è alla ricerca dei fratelli Brittle per consegnarli alle autorità e ricevere in cambio una grossa somma di denaro. Per riconoscerli ha bisogno dell’aiuto di uno schiavo nero, Django, che, comprato dai fratelli Speck, otterrà la libertà una volta portato a termine il lavoro. Schultz e Django continueranno a collaborare per un intero inverno al termine del quale, sulla base di un secondo accordo, cercheranno la moglie di Django, Broomhilda, venduta a qualche ricco negriero di cui ancora non si conosce l’identità. Gli attori, perfettamente calati nella parte dei cacciatori di taglie, si mettono, dunque, alla ricerca della giovane Broomhilda e scoprono che è stata venduta a Calvin Candie, interpretato magistralmente da Leonardo Di Caprio. Fingendosi negrieri, Schultz e Django conoscono Candie, trovano Broomhilda e provano a comprarla, adducendo come motivazione la volontà di Schultz di riceverne la compagnia. Sarà Stephen, il capo della servitù, interpretato dal bravissimo Samuel L. Jackson, ad accorgersi del complotto e a svelare a Candie la verità. Da questo momento in poi lo spettatore assisterà ad una vera e propria carneficina che costerà la vita a Schultz e ridurrà Django nuovamente alla schiavitù. Un film western che si spiega su un’ottima sceneggiatura e che fa uso di una meravigliosa colonna sonora, che contiene, tra gli altri, anche un brano cantato in italiano da Elisa. Un film sorprendente, che affronta la tematica del razzismo attraverso scene importanti e a volte piuttosto crude e che cattura l’attenzione per tutta la sua durata anche grazie alla formidabile interpretazione di Christoph Waltz, nei panni di Schultz, un uomo divertente e ironico, scaltro e giusto.
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conte kabir
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domenica 17 febbraio 2013
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tarantino è scivolato sulla storia.
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Film molto ricco e dinamico .Non stanca nonostante la durata di 167 minuti.
Tarantino però ha commesso due errori di scena .
Uno ha introdotto il busto di Nefertiti tra gli oggetti in casa di Di Caprio
Il film è ambientato nel 1858 ,mentre il busto di Nefertiti fu scoperto nel 1912.
Due il protagonista Django ad un certo punto con gli abiti da pistolero indossa
un paio di occhiali da sole tipo Rayban .
Da uno che cura i dettagli come gli schizzi ,ovvero secchiate, di sangue e teste saltate
non me lo sarei aspettato
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marmo
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sabato 16 febbraio 2013
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mi piace come muori! giovane...
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Il nero Django vestito da paggetto blue guarda col canocchiale verso i campi di cotone e riconosce Ellis Brittle, uno dei negrieri che lo seviziavano nella piantagione Carrucan... Un attimo dopo, con uno splendido flash back accompagnato da un'altrettanto stupenda canzone ("Freedom" di Anthony Hamilton & Elayna Boynton), si vedono Django e sua moglie Broomhilda fuggire per campi e sterpaglie inseguiti dai negrieri della piantagione e dai loro cani. Django implora Big John Brittle di non frustare sua moglie e di rifarsela solo con lui per il tentativo di fuga. "Mi piace come implori giovane!" gli risponde quest'ultimo mentre il fratello rovina la schiena dell'amata di Django a forza di scudisciate.
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Il nero Django vestito da paggetto blue guarda col canocchiale verso i campi di cotone e riconosce Ellis Brittle, uno dei negrieri che lo seviziavano nella piantagione Carrucan... Un attimo dopo, con uno splendido flash back accompagnato da un'altrettanto stupenda canzone ("Freedom" di Anthony Hamilton & Elayna Boynton), si vedono Django e sua moglie Broomhilda fuggire per campi e sterpaglie inseguiti dai negrieri della piantagione e dai loro cani. Django implora Big John Brittle di non frustare sua moglie e di rifarsela solo con lui per il tentativo di fuga. "Mi piace come implori giovane!" gli risponde quest'ultimo mentre il fratello rovina la schiena dell'amata di Django a forza di scudisciate.
Finito il flashi back è Django a rivolgere le parole "Mi piaci come muori! Giovane" a Big John, subito dopo avergli sparato in pieno petto e prima che questo caschi a terra come un sacco di patate...
Vi ho descritto questa scena perché nel momento che l'ho vista sono entrato nel film e per le successive due ore vi sono rimasto dentro. Non che la prima mezz'ora di film sia malaccio anche se è più dedicata al divertimento che ad altro ed è dominata dal personaggio del dottor King Schultz (Christoph Waltz), un cacciatore di taglie forbito, dalla simpatia contagiante. Dal momento descritto in poi il film invece diventa denso, almeno questo è la mia considerazione. Una severa condanna, vendetta, della schiavitù intesa come schiavitù dei neri ma anche come violenza dell'uomo sull'uomo.
Le attenzioni che Tarantino usa per trattare il tema sono tante:
La più importante delle quali, a mio avviso, sta nel fatto che il film è incentrato anche sull'amicizia tra Django (nero) e Schultz (bianco) e che questo è di origine tedesca (si pensi al precedente "Bastardi senza gloria" nel quale proprio i nazisti tedeschi erano stati colpiti dalla vendetta di Tarantino).
Le altre che cito sono:
L'ambientazione di alcune scene in piantagioni storiche dell'america,
le assurde tesi para-scientifiche con cui all'epoca si giustificava la supremazia etnica dei bianchi sui neri espresse da Calvin Candie, proprietario terriero e schiavista interpretato da Dicaprio,
Il tragico e drammatico personaggio di Stephen, interpretato da S. L. Jackson, che è il capo negro di casa Candie, negro aguzzino di neri.
La stupidità dei membri di un clan razzista che ricorda il ku klux klan.
Anche nel proseguio, comunque, il film resta, come tutti i film di Tarantino, divertentissimo, ironico e ricco di citazioni.
In sintesi, penso, che in questo film, il messaggio morale di Tarantino, sempre iperbolico nell'esprimersi, arrivi in maniera molto più esplicita allo spettatore rispetto al passato e poichè questo messaggio è veicolato con intelligenza, ironia e sorriso, nonostante i fiumi di sangue che scorrono durante le 3 ora di proiezione, ritengo che sia un gran bel film.
Anzi ritengo che sia impeccabile.
Uno dei più bei film degli ultimi 10 anni.
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de lorean
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venerdì 15 febbraio 2013
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un b movie di lusso
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Premetto che non sono mai stato un fan di Tarantino.
Questo film è una parodia degli spaghetti western. Il cast di star non si discute, ma il film è una delusione.
Tutto è assurdo in pieno stile tarantiniano, a partire dal protagonista nero, che in un western è quanto meno insolito, ma forse ha voluto far vedere i tempi che cambiano anche ad Hollywood. Anche negli western.
Il primo tempo scorre lento e noioso, dialoghi banali, al limite del demenziale a volte, come nella scena dei cappucci coi fori per gli occhi.
Il secondo tempo è meno noioso, c'è più azione, ma nulla di più.
Scene di sparatorie con valanghe di sangue in stile splatter come piace a Quentin.
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Premetto che non sono mai stato un fan di Tarantino.
Questo film è una parodia degli spaghetti western. Il cast di star non si discute, ma il film è una delusione.
Tutto è assurdo in pieno stile tarantiniano, a partire dal protagonista nero, che in un western è quanto meno insolito, ma forse ha voluto far vedere i tempi che cambiano anche ad Hollywood. Anche negli western.
Il primo tempo scorre lento e noioso, dialoghi banali, al limite del demenziale a volte, come nella scena dei cappucci coi fori per gli occhi.
Il secondo tempo è meno noioso, c'è più azione, ma nulla di più.
Scene di sparatorie con valanghe di sangue in stile splatter come piace a Quentin.
Manca il talento, quello vero, quello di Sergio Leone, e nei dialoghi ironici manca l'ironia, quella vera, quella di Trinità!
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shanks
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venerdì 15 febbraio 2013
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re dell'entertainment !
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Legato ai suoi bastardi dal tema della vendetta, Django irrompe nella scena cinematografica esattamente come ci si aspettava: come un evento. Lo schiavo che diventa cacciatore di taglie e parte alla ricerca della vendetta su chi ha abusato di lui e di sua moglie, ancora alla mercè di negrieri e cinici proprietari terrieri. Come si può non legare una trama del genere al Re dell'entertainment, Quentin Tarantino?
Il regista americano la capacità (unico nel suo mondo) di riportare in vita pellicole del passato, attualizzandole nella storia e nella tecnica, facendole esplodere di suoni e colori in modo da creare attesa nello spettatore e difficilmente deluderlo. Non esiste nella settima arte un altro autore in grado di malleare a proprio piacimento una storia, arricchendola di citazioni, accelerando il ritmo qui, rendendo omaggio la; e scomodare il mito di Sigfrido in un genere cosi agli antipodi.
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Legato ai suoi bastardi dal tema della vendetta, Django irrompe nella scena cinematografica esattamente come ci si aspettava: come un evento. Lo schiavo che diventa cacciatore di taglie e parte alla ricerca della vendetta su chi ha abusato di lui e di sua moglie, ancora alla mercè di negrieri e cinici proprietari terrieri. Come si può non legare una trama del genere al Re dell'entertainment, Quentin Tarantino?
Il regista americano la capacità (unico nel suo mondo) di riportare in vita pellicole del passato, attualizzandole nella storia e nella tecnica, facendole esplodere di suoni e colori in modo da creare attesa nello spettatore e difficilmente deluderlo. Non esiste nella settima arte un altro autore in grado di malleare a proprio piacimento una storia, arricchendola di citazioni, accelerando il ritmo qui, rendendo omaggio la; e scomodare il mito di Sigfrido in un genere cosi agli antipodi... beh scusate se è poco. Tarantino lavora su di un suo sogno, il western, ricreando ambientazioni sconfinate e personaggi ora crudeli ora grotteschi.
Si sa, quando al timone c'è un capitano saldo ed entusiasta tutta la squadra ne beneficia; provatelo a chiedere al gigantesco Waltz, in grado (chissa come mai) di usare tutto il suo enorme potenziale solo col regista di Knoxville, oppure "all'esordiente" di Caprio, perfettamente immerso nel mondo ludico e tarantiniano.
Chapeau Mr. Quentin, aspetteremo il suo ritorno in modo consono: come un evento.
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paride86
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giovedì 14 febbraio 2013
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molto bello
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Tarantino non si smentisce e confeziona un film ben recitato e dai personaggi ben scritti, diretto con maestria e attenzione ai classici trash degli anni '70.
La storia verte tutta sul razzismo e, nonostante la durata, non annoia mai.
Non un capolavoro, ma sicuramente un film d'eccezione.
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Tarantino non si smentisce e confeziona un film ben recitato e dai personaggi ben scritti, diretto con maestria e attenzione ai classici trash degli anni '70.
La storia verte tutta sul razzismo e, nonostante la durata, non annoia mai.
Non un capolavoro, ma sicuramente un film d'eccezione.
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catcarlo
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martedì 12 febbraio 2013
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django unchained
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‘C’è un negro a cavallo!’. Il nuovo film di Tarantino è come una grande meringa farcita di ottima crema, guarnita di canditi e ricoperta di cioccolato: il pasticciere è sempre bravissimo, il dolce è una leccornia, ma forse l’accumulo di ingredienti è eccessivo. Il tanto agognato (da parte sua) omaggio congiunto al western all’italiana e alla blaxploitation – che pure comprese pellicole ambientate sulla frontiera - dimostra ancora una volta che il regista è sempre il primo della classe dei cinefili bulimici: le citazioni si sprecano, evidenti o dissimulate tra immagini, battute e colonna sonora (oltre al tema del film ispiratore, a firma Luis Bacalov, sono ripresi vari motivi provenienti dall’epoca ‘spaghetti’) già a partire dai bellissimi, essenziali titoli di testa e per non parlare dell’inevitabile presenza di Franco Nero – il Django di Corbucci che, ovvio, sa che la ‘d’ iniziale è muta.
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‘C’è un negro a cavallo!’. Il nuovo film di Tarantino è come una grande meringa farcita di ottima crema, guarnita di canditi e ricoperta di cioccolato: il pasticciere è sempre bravissimo, il dolce è una leccornia, ma forse l’accumulo di ingredienti è eccessivo. Il tanto agognato (da parte sua) omaggio congiunto al western all’italiana e alla blaxploitation – che pure comprese pellicole ambientate sulla frontiera - dimostra ancora una volta che il regista è sempre il primo della classe dei cinefili bulimici: le citazioni si sprecano, evidenti o dissimulate tra immagini, battute e colonna sonora (oltre al tema del film ispiratore, a firma Luis Bacalov, sono ripresi vari motivi provenienti dall’epoca ‘spaghetti’) già a partire dai bellissimi, essenziali titoli di testa e per non parlare dell’inevitabile presenza di Franco Nero – il Django di Corbucci che, ovvio, sa che la ‘d’ iniziale è muta.. La bravura di Tarantino si vede però soprattutto nella capacità di gestire l’ipercalorica ricetta: le quasi tre ore di durata volano via senza tentennamenti, grazie a un ritmo inesausto che nasce dalla combinazione di una scrittura serratissima (le battute memorabili si sprecano), da una capacità magistrale nella costruzione dell’inquadratura e dalla scelta come al solito azzeccata del commento musicale. I temi consueti della casa in salsa diversa? Forse, ma, in ogni caso, il divertimento di alto livello è assicurato, anche perché ritornano pure le consistenti dosi di humour sovente nero: la scena della posse proto-Klan, assemblata da Big Daddy, che litiga con i cappucci vale da sola il prezzo del biglietto. Inoltre, a ben guardare, i film sono due al prezzo di uno. Nel primo, il dottor Schultz (Waltz) libera Django (Foxx) e ne fa il suo assistente nella discutibile – e discussa da Django stesso - professione del cacciatore di taglie: è il western vero e proprio, fatto di paesini fangosi e splendide immagini di cavalcate fra le montagne innevate (‘Sfida nell’alta sierra?’ di Peckinpah?). Quando, per sdebitarsi, il dottore decide di aiutare il suo socio nella ricerca della moglie, la storia vira verso il fiammeggiante melodramma sudista ambientato in un Mississippi (Stato confinante con il Tennessee da cui il regista proviene) razzista oltre ogni immaginazione. Ad incarnarlo provvede lo spregevole (e incestuoso) Calvin Candle interpretato da un DiCaprio praticamente perfetto, anche se sulle prime pieno di dubbi nell’accettare un personaggio tanto odioso: è lui il padrone della sposa dell’eroe, che risponde al fantasmagorico nome di Broomhilda von Shaft (Wagner e Isaac Hayes in un colpo solo) e a cui regala le proprie delicate fattezze Kerry Washington, incantevole tra tanti omaccioni. Il vecchio servitore Stephen – poteva mancare Samuel L. Jackson? – fa saltare i piani e inizia la carneficina, inaugurata da Schultz, a cui viene riservata una delle più belle morti cinematografiche degli ultimi tempi. Da lì in avanti, il sangue zampilla e la dinamite scoppia, così che sono in pochissimi a uscirne vivi mentre Django ritrova la sua Hildi in una scena sovraccarica di pathos a cui contribuisce la lirica tromba di accompagnamento. Alla fine, esausto ma sazio, mi trovo a fare i conti pensando che, a parte la Gatling, non manca proprio nulla, ma non è però possibile tralasciare una nota su di un doppiaggio che dà l’impressione che ci sia qualcosa di troppo ‘lost in translation’. Passi che l’accento tedesco del personaggio di Waltz sia quasi inudibile (magari è così anche in originale), passi per il solito vocione da duro di Insegno affibbiato a Foxx, , ma dà fastidio che nei titoli di coda compaia un’assistente all’accento (sudista, of course) per DiCaprio che, invece, parla un italiano piano e lineare.
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[+] incestuoso?
(di marylene)
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(di marylene)
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piris
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martedì 12 febbraio 2013
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la schiavitù secondo tarantino
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E' strano vedere questo film il giorno dopo di Lincoln di Spielberg, è come se fossero speculari l'uno all'altro. Nelle loro diversità di approccio e di sguardo. I personaggi e le situazioni di Django sono dense, divertenti, filosofiche e atroci, il solito, grande Tarantino.
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lorelai7g
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lunedì 11 febbraio 2013
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ottavo capolavoro
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La passione più volta dichiarata per i film western del regista si evince tutta in questo film e non solo nella perfezione che Tarantino raggiunge come in tutti i suoi capolavori, ma sopratutto per l'amore che riesce a trasmettere con la visione del film ,la fotografia eccellente, la cura dei particolare x la sceneggiatura e la potenza dei dialoghi meno "PUL" ma più adatti all'epoca in cui si ambienta, affermano il talento di Tarantino di non essere mai scontato, non segue prototipi ne forzatura ma solo genialità che gli appartiene in quanto unico in tutti i generi in cui lui si cimenta, la recitazione di Samuel L.Jackson e L.Di Caprio è magistrale dagli sguardi all espressioni che riescono a bucare l'anima senza proferire parola, anche la figura della protagonista femminile Kerry Washington che non richiama le consuete donne tarantiniane afferma che non ha bisogno il regista di fare esprimere in modo esagerato i suoi attori per lasciare il segno, poichè scrive sui personaggi una tale e forte espressione che anche se in ruoli marginali lasciano il segno e scaldano il film.
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La passione più volta dichiarata per i film western del regista si evince tutta in questo film e non solo nella perfezione che Tarantino raggiunge come in tutti i suoi capolavori, ma sopratutto per l'amore che riesce a trasmettere con la visione del film ,la fotografia eccellente, la cura dei particolare x la sceneggiatura e la potenza dei dialoghi meno "PUL" ma più adatti all'epoca in cui si ambienta, affermano il talento di Tarantino di non essere mai scontato, non segue prototipi ne forzatura ma solo genialità che gli appartiene in quanto unico in tutti i generi in cui lui si cimenta, la recitazione di Samuel L.Jackson e L.Di Caprio è magistrale dagli sguardi all espressioni che riescono a bucare l'anima senza proferire parola, anche la figura della protagonista femminile Kerry Washington che non richiama le consuete donne tarantiniane afferma che non ha bisogno il regista di fare esprimere in modo esagerato i suoi attori per lasciare il segno, poichè scrive sui personaggi una tale e forte espressione che anche se in ruoli marginali lasciano il segno e scaldano il film.Il mio amore x questo straordinario regista trova conferma in ogni suo film.
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