Django Unchained |
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Un film di Quentin Tarantino.
Con Jamie Foxx, Christoph Waltz, Leonardo DiCaprio, Samuel L. Jackson, Kerry Washington.
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Titolo originale Django Unchained.
Western,
durata 165 min.
- USA 2013.
- Warner Bros Italia
uscita giovedì 17 gennaio 2013.
MYMONETRO
Django Unchained ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Evasione che rasserena
di Germano F.Feedback: 1250 | altri commenti e recensioni di Germano F. |
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giovedì 14 marzo 2013 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Tarantino è un regista di grande intelligenza; le sue sceneggiature son sempre ritmate e ottimamente calibrate; l'impianto scenografico è ben studiato e di grande impatto visivo; la fotografia sempre intensa e robusta; i rimandi cinematografici sono molteplici e divertenti. Questo suo ultimo lavoro non è da meno : il film è piacevole e scorre che è una meraviglia. Le sensazioni sono positive e le due ore e mezza di visione sono rilassanti, catartiche quasi. Gli attori sono tutti bravissimi, inutile ormai sottolinearlo. Certo bisogna evidenziare il lavoro di un Di Caprio in gran forma e di un Samuel L. Jackson che lascia il segno. Tutti comunque aiutati da una sceneggiatura veloce, dinamica, che lascia spazio ad ogni implicita caratterizzazione anche del più remoto personaggio secondario ( anche se forse bisognava dare più spessore al personaggio di Kerry Washington ). Come al solito l'atmosfera dei film di Tarantino viene stemperata da un senso dell'umorismo mai volgare o fuori luogo, mai offensivo o inutile. Anzi è elemento essenziale del racconto, vitale per far respirare una sceneggiatura che altrimenti rischierebbe di prendersi troppo sul serio. I richiami a opere passate sono molteplici soprattutto western italiani anni 60/70, ma anche forti richiami alla mitologia nordica e, ovviamente, il sangue e il suono della carne che rimanda a tutta una cinematografia giapponese fatta di samurai e yakuza ( vedi Kitano ). Le critiche rivolte al film di non aver dato il giusto peso drammatico e una più netta denuncia al tema della schiavitù sono, da un certo punto di vista, motivate. Il tema è trattato un po' superficialmente, quasi con un punto di vista fumettistico, per immagini. Più in generale ogni qualvolta ci si trova a riflettere sui film di Tarantino, dopo una prima entusiastica visione, con il passare dei giorni si ha una strana sensazione di vuoto, la percezione di un'opera che non scava in profondità, un po' infantile. Si ha l'idea che l'entusiasmo iniziale sia dettato più dal ritmo e dalla sagacia delle sue sceneggiature, piuttosto che da un approfondimento pragmatico delle ambientazioni storico-culturali dettate dalla creazione del soggetto. Molteplici potenzialità sprecate sull'altare dell'intrattenimento e della voglia di stupire. Forse Tarantino ha paura di diventare veramente adulto, di crescere. E in questo degnamente ci rappresenta. Come lui si ha paura di capire che il mondo dipinto nei suoi film è plastica fittizia che conduce ad un'evasione ( anche storica ) che è rasserenante. Il suo cinema è un'evasione dai malesseri della vita, da una realtà sempre più misera, da un mondo che, nelle nostre più segrete insicurezze, ci terrorizza enormemente. Un'evasione che, a volte, è anche un po' una caduta culturale. E tutto questo, forse, non è proprio quello che dovremmo aspettarci da un cineasta dal così grande talento.
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