belskin88
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domenica 20 gennaio 2013
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tarantino fa centro...ancora!
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"Senza gli spaghetti western non esisterebbe una buona parte del cinema italiano. E Hollywood non sarebbe la stessa cosa." Quentin Tarantino.
Appena appaiono i titoli di testa già si intuisce che il film che ci si appresta a vedere è un grande omaggio al western all'italiana, particolarmente caro, e si vede, a Tarantino. Django Unchained inizia con una chicca per appassionati del genere, ovvero tra le note di Luis Bacalov colonna sonora di Django di Sergio Corbucci e si conclude con una traccia decisamente più popolare come "Lo chiamavano Trinità" di Franco Micalizzi.
Il punto di partenza del film è proprio quel Django del '66 diretto da Sergio Corbucci, Tarantino infatti ne adotta la colonna sonora e recluta nel suo cast l'allora protagonista Franco Neri dandogli tuttavia una piccola parte.
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"Senza gli spaghetti western non esisterebbe una buona parte del cinema italiano. E Hollywood non sarebbe la stessa cosa." Quentin Tarantino.
Appena appaiono i titoli di testa già si intuisce che il film che ci si appresta a vedere è un grande omaggio al western all'italiana, particolarmente caro, e si vede, a Tarantino. Django Unchained inizia con una chicca per appassionati del genere, ovvero tra le note di Luis Bacalov colonna sonora di Django di Sergio Corbucci e si conclude con una traccia decisamente più popolare come "Lo chiamavano Trinità" di Franco Micalizzi.
Il punto di partenza del film è proprio quel Django del '66 diretto da Sergio Corbucci, Tarantino infatti ne adotta la colonna sonora e recluta nel suo cast l'allora protagonista Franco Neri dandogli tuttavia una piccola parte.
Django Unchained non è chiaramente un western classico, è un mix tra spaghetti western e lo splatter alla Tarantino. Il risultato è una modernizzazione del genere, più cruento, spettacolare e decisamente entusiasmante.
Alcuni dei protagonisti in ordine di preferenza:
Christoph Waltz: Un esagerato Dr. Schultz. In "Bastardi senza gloria" interpretava uno spietato ufficiale delle S.S. ora invece un cacciatore di taglie
dotato di una pungente ironia testimoniata dall'ultima frase che pronuncia prima di morire e prima di uccidere Calvin Candie (Di Caprio) ".. non ho potuto resistere"
Leonardo Di Caprio: E' nato per interpretare il cattivo senza pietà è un ruolo che gli cade a pennello, perfetto come la sua giacca da Mr. Candie.
Jamie Foxx: Oltre a possedere un fisico da vero duro è oggettivamente "scatenato" ciò che combina a Candieland è esagerato e in pieno stile Tarantino.E' il vero cavaliere romantico che si batte per la sua libertà e per quella della sua amata
Kerry Washington: La sua è una bellezza particolare frutto dello sfruttamento, della paura, della sofferenza per la precarietà della sua condizione ma anche dell'amore spassionato che la lega a Django Freeman.
Samuel L. Jackson: Gli anni passano anche per lui.. Anni fa in Pulp Fiction era Jules e questo bastava, ora è un "vecchietto", se cosi si può dire, di tutto rispetto.
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andrea giostra
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domenica 3 febbraio 2013
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tarantino esplosivo! geniale!
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Kerry Washington è la germanica Brynhildr - in inglese Broomhilda - la valchiria condannata da Odino a vivere una vita di donna mortale imprigionata in un castello dietro un muro di scudi sulla cima del monte Hindarfjall, dove dorme all’interno di un cerchio di fiamme vigilato da un potente drago, aspettando che Siegfried, uomo valoroso e senza paura, la salvi per farla sua sposa.
Jamie Foxx è Django, ma è anche Siegfried, che scala la montagna perché senza paura, e uccide il drago perché senza paura, e salva Brynhildr perché se lo merita.
Christoph Waltz è il cacciatore di taglie di origine tedesca che commercia in cadaveri, permettendo che quella che definisce una pagliacciata, la schiavitù, gli sia di aiuto per la sua professione: commerciare in cadaveri, che come la schiavitù è un commercio.
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Kerry Washington è la germanica Brynhildr - in inglese Broomhilda - la valchiria condannata da Odino a vivere una vita di donna mortale imprigionata in un castello dietro un muro di scudi sulla cima del monte Hindarfjall, dove dorme all’interno di un cerchio di fiamme vigilato da un potente drago, aspettando che Siegfried, uomo valoroso e senza paura, la salvi per farla sua sposa.
Jamie Foxx è Django, ma è anche Siegfried, che scala la montagna perché senza paura, e uccide il drago perché senza paura, e salva Brynhildr perché se lo merita.
Christoph Waltz è il cacciatore di taglie di origine tedesca che commercia in cadaveri, permettendo che quella che definisce una pagliacciata, la schiavitù, gli sia di aiuto per la sua professione: commerciare in cadaveri, che come la schiavitù è un commercio.
Ma la schiavitù conduce l’uomo bianco Leonardo Di Caprio, ricco e potente possidente del Sud, all’arrogante prepotenza, alla cinica violenza, al divertente sadismo, alla spietata crudeltà, alla sanguinaria ferocia sul nero e schiavo che, alla vigilia della guerra di secessione americana del 1861, non è un uomo: è merce e forza lavoro per fare soldi. Come fa soldi Waltz che uccide uomini bianchi e vende i loro corpi per denaro. Come fa soldi Di Caprio che uccide la dignità di uomini neri per diletto e per denaro. Ma un tedesco non può tollerare che si uccida cinicamente per diletto il corpo e la dignità di uomini, neri o bianchi. Il tedesco Waltz è obbligato ad aiutare Foxx a liberare la sua amata Brynhildr. Il tedesco Waltz, sfidato con perseverante arroganza dall’altezzoso Di Caprio che con ingiustificata ferocia lascia sbranare da cani rabbiosi più che nelle membra, nell’anima e nella speranza l’indifeso D'Artagnan mandingo, scatena senz’esitare la sua vendetta germanica, al prezzo della sua stessa vita, con un colpo svelto e dritto al cuore contro lo “shoah nero” magnificamente personificato in Di Caprio la cui caduta inattesa fa levare l’attento e fin’allora silenzioso spettatore cinematografico in un inaspettato, spontaneo e fragoroso applauso.
Ma è adesso che Jamie Foxx, catturato dal pusillanime traditore delle sue origini Samuel L. Jackson, dovrà subire torture, violenze, soprusi, nel corpo e nel cuore innamorato, per scatenare poi impietoso, la catartica vendetta tarantiniana che acchiappa nell’entusiasmo cinefilo lo spettatore che ha amato, per identica ragione, l’italico Sergio Leone. Ed è tutto un’esplosione metaforica ed esagerata, dal negriero Tarantino, al terribile Di Caprio, al vigliacco Samuel L. Jackson, fantastici e superbi nella loro recita.
A Brynhildr e Siegfried non resta che guardarsi negli occhi liberi e scambiarsi le ultime affettuose battute:
- Ciao piccola peste.
- Ciao grandissima peste.
- Sai come ti chiameranno?
- La pistola più veloce del sud!
- Andiamocene.
(recensione di Andrea Giostra – andreagiostra@libero.it)
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writer58
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domenica 20 gennaio 2013
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le iene di candyland
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Sono uscito dalla sala pensando che Tarantino ha fondato un linguaggio cinematografico peculiare. Come i film di Fellini o Kubrick (per citare due geni della cinematografia) possiedono un "marchio DOC" che li rendono immediatamente identificabili, così le opere di Tarantino riescono a cavalcare i diversi generi e ad amalgamarli mediante uno sguardo d'autore che li travalica e li assembla in sintesi originali.
I dialoghi costruiti con un crescendo di tensione e che spesso sfociano in una violenza ritualizzata,l'ironia "noir", la vendetta,i duelli, le sfide, la rivisitazione del pulp, la scansione per capitoli,i corpi dilaniati che sprizzano sangue, ma soprattutto una narrazione serrata e impeccabile, ne costituiscono gli aspetti essenziali.
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Sono uscito dalla sala pensando che Tarantino ha fondato un linguaggio cinematografico peculiare. Come i film di Fellini o Kubrick (per citare due geni della cinematografia) possiedono un "marchio DOC" che li rendono immediatamente identificabili, così le opere di Tarantino riescono a cavalcare i diversi generi e ad amalgamarli mediante uno sguardo d'autore che li travalica e li assembla in sintesi originali.
I dialoghi costruiti con un crescendo di tensione e che spesso sfociano in una violenza ritualizzata,l'ironia "noir", la vendetta,i duelli, le sfide, la rivisitazione del pulp, la scansione per capitoli,i corpi dilaniati che sprizzano sangue, ma soprattutto una narrazione serrata e impeccabile, ne costituiscono gli aspetti essenziali. Anche in "Django Unchained", l'autore propone il suo approccio nel confronto con il genere western, a partire dalla storia di uno schiavo che viene liberato da un cacciatore di taglie (interpretato da un magnifico Waltz),è coinvolto nella cattura di criminali ricercati e si mette alla ricerca di sua moglie, venduta a un possidente (un eccellente De Caprio) ossessionato dai combattimenti all'ultimo sangue tra "mandingos".
I film western si prestano ottimamente alla ritualizzazione delle sequenze e dei nodi narrativi: i primi piani dei volti dei protagonisti, la magnificenza degli esterni, le sparatorie, l'estetica dell' "uno contro tutti", la sfida prometeica dello schiavo nei confronti dei padroni, l'epopea di una terra sterminata dove è possibile, in virtù del talento individuale, cambiare rapidamente il proprio status.
Un intero universo di opportunità per i registi, soprattutto per coloro che, come Tarantino, rivisitano i generi e li trasformano negli scenari della propria proposta narrativa.
Qualcuno ha scritto che, nella sua essenza, "Django Unchained" è una storia d'amore: ritengo questa affermazione insieme vera e falsa: così come "kill Bill" non è solo la storia di una vendetta, ma un saggio lucidissimo sull'estetica Tarantiniana, anche nella sua ultima opera la ricongiunzione di Django con sua moglie è solo uno dei fili narrativi, quasi un'esca per incatenare l'attenzione dello spettatore al modulo proposto.
Un modulo che, senza cadere nella stereotipia e nel manierismo, rivela la sua efficacia nell'interazione tra i personaggi, gli ambienti, le storie e i ritmi e che conferma Tarantino come uno dei maggiori autori del cinema contemporaneo.
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bhafh
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lunedì 7 gennaio 2013
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il nuovo capolavoro di tarantino, puro cinema
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Django Unchained è il secondo capolavoro di Quentin Tarantino. Non ammettere l'elevatezza artistica di questo capolovaro Glam/Pop significa avere pregiudizi, significa strumentare il primo capolavoro del regista, Pulp Fiction , significa far pagare all'ex videotecaro di LA lo scotto della fama e della antipatia. Si tratta di 165 minuti di puro cinema, e non deve essere più corto di nemmeno un minuto. Un film divertente, agonizzante, sorprendente, dai dialoghi "tarantinamente" abbaglianti.
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Django Unchained è il secondo capolavoro di Quentin Tarantino. Non ammettere l'elevatezza artistica di questo capolovaro Glam/Pop significa avere pregiudizi, significa strumentare il primo capolavoro del regista, Pulp Fiction , significa far pagare all'ex videotecaro di LA lo scotto della fama e della antipatia. Si tratta di 165 minuti di puro cinema, e non deve essere più corto di nemmeno un minuto. Un film divertente, agonizzante, sorprendente, dai dialoghi "tarantinamente" abbaglianti. Il regista riesce a farti assaporare ogni scena e riesce a sviluppare una tale sintonia con i suoi attori che questi portano sul grande schermo ,egregiamente, il suo mondo fatto di sbalzi tra reale e irreale , farsa e tragedia. Tarantino con questo film, proprio come aveva fatto con Bastardi Senza Gloria, dimostra la sua capacità di sperimentazione, proietta e riscrive la storia. Se Le Iene è stato il grande film che ha anticipato il capolavoro Pulp Fiction, Bastardi Senza Gloria è stato il grande film che ha anticipato il capolavoro Django Unchained.
Come sempre ,Tarantino, sceglie un genere per diluire il suo film d'autore. Il genere è il western (inteso come miscela del western americano e dello spaghetti western italiano) , che fa da sfondo all'illuminante e tragico contesto della schiavitù dei neri d'america di 150 anni fa. Il sempre ottimo Waltz interpreta un cacciatore di taglie che si servirà del carismatico schiavo Jamie Foxx per i suoi interessi, ma con la promessa di ricambare il favore di quest'ultimo aiutandolo a liberare la moglie dalle feroci mani del diabolico Leonardo di Caprio (a mio parere il migliore della pellicola). Al cast si uniscono i crudeli Don Johnson e Samuel Leeroy Jackson , oltre che la bella da salvare, Kerry Washington.
La violenza è fuori misura, epica, enorme, sanguinosa ma non inquietante, non disumanizzante. Come sempre Tarantino ridicolizza la violenza,e con lei, ovviamente, i violenti.
Una cosa è certa: non comprendere Tarantino significa non comprendere la cinematografia moderna. 165 minuti di puro cinema, GODETEVILI TUTTI!
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ilenia d'amico
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giovedì 23 maggio 2013
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django unchained: quando l'amore spezza le catene.
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Da uno degli indiscussi geni del cinema nasce il capolavoro western “Django,
unchained” che va ben oltre la sua storia intrinseca toccando temi delicati e scottanti. Quentin
Tarantino dopo “Bastardi senza gloria” (2009) torna a stupire come è suo
solito. Sono passati anni dal celebre “Kill Bill”(2003) ma l’impatto
della regia di Tarantino non si è affievolita. A quest’ultimo film del 2013
vanno infatti due premi oscar uno per la migliore scenografia e uno per il
migliore attore non protagonista (christoph waltz).
La storia è ambientata in una non ben specificata zona del Texas; una fila di
schiavi si trascina insieme alle loro catene in un'atmosfera oscura, di lì a
poco farà irruzione un cacciatore di taglie (C.
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Da uno degli indiscussi geni del cinema nasce il capolavoro western “Django,
unchained” che va ben oltre la sua storia intrinseca toccando temi delicati e scottanti. Quentin
Tarantino dopo “Bastardi senza gloria” (2009) torna a stupire come è suo
solito. Sono passati anni dal celebre “Kill Bill”(2003) ma l’impatto
della regia di Tarantino non si è affievolita. A quest’ultimo film del 2013
vanno infatti due premi oscar uno per la migliore scenografia e uno per il
migliore attore non protagonista (christoph waltz).
La storia è ambientata in una non ben specificata zona del Texas; una fila di
schiavi si trascina insieme alle loro catene in un'atmosfera oscura, di lì a
poco farà irruzione un cacciatore di taglie (C.Waltz) che promette libertà ad
uno schiavo in cambio di aiuto nel suo lavoro. Questi i primi di 165 minuti che
passano veloci tra sangue e colpi di spari (in pieno stile Quentin). Lo schiavo
in questione è Django (Jamie Foxx) che oltre alla propria libertà vede molto di
più in gioco: la libertà di sua moglie (Kerry Washington). Una libertà mai ottenuta e
forse neanche mai sperata. Farlo non sarà facile sebbene al suo fianco ha un
professionista del settore dal quale ha appreso le metodologie più precise ed
efficaci per far spirare spietati criminali. Ad allontanarlo dal suo obiettivo
c’è un formidabile Leonardo Di Caprio che indossa le vesti di Calvin Candie il
famigerato proprietario di Candyland che, aiutato dal suo fedele amico e servitore nero
(Samuel L. Jackson), scoprirà il vero intento di Mr. Django uomo ormai libero. È
bene ricordare che non ci sono ostacoli per chi, nella vita, si muove in nome
dell’amore e della libertà. Un'ovazione va fatta alla colonna sonora di questo
colossal nella quale non potevano mancare brani di Ennio Morricone da tutti
conosciuto per la sua grande affinità con gli “spaghetti western”; a
sorprendere è anche il brano “Ancora qui”, cantato da Elisa, che riesce ad
emozionare con delicatezza e ad edulcorare un film duro ed intenso. Alla fine
di questi 165 minuti nel cuore e nello spirito degli spettatori rimarrà la
voglia di riscatto e l’energia per adempiere a tale obiettivo.
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federick supertramp
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mercoledì 23 gennaio 2013
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la storia secondo quentin.
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Dopo la geniale pellicola "Bastardi senza Gloria" il maestro di Knoxville torna a colpire con un film spaghetti western. Questo, infatti, potrebbe essere il secondo capitolo di una trilogia che percorre binari di avvenimenti storici. Se è vero che il precedente film di Tarantino per molti ha raggiunto la perfezione, non ci si sarebbe aspettati che il nuovo Django potesse fare altrettanto. Invece, ancora una volta, il regista ci ha stupiti con una prova davvero importante quasi paragonabile a quella antecedente. "Djamgo Unchained" però è strutturato davvero bene: sceneggiatura eccellente, fotografia magnifica, colonna sonora immensa e un interpretazione grandiosa di Leonardo Di Caprio, Jamie Foxx e un immenso Christoph Waltz (ancora una volta da Oscar).
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Dopo la geniale pellicola "Bastardi senza Gloria" il maestro di Knoxville torna a colpire con un film spaghetti western. Questo, infatti, potrebbe essere il secondo capitolo di una trilogia che percorre binari di avvenimenti storici. Se è vero che il precedente film di Tarantino per molti ha raggiunto la perfezione, non ci si sarebbe aspettati che il nuovo Django potesse fare altrettanto. Invece, ancora una volta, il regista ci ha stupiti con una prova davvero importante quasi paragonabile a quella antecedente. "Djamgo Unchained" però è strutturato davvero bene: sceneggiatura eccellente, fotografia magnifica, colonna sonora immensa e un interpretazione grandiosa di Leonardo Di Caprio, Jamie Foxx e un immenso Christoph Waltz (ancora una volta da Oscar). Chi è un amante del genere tarantiniano non può perdersi quest'ultima opera, aspettando che Quentin, ci soroprenda ancora una volta, con la chiusura di questa grandiosa trilogia storica.
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boyracer
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giovedì 24 gennaio 2013
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sua maestà "il cinema".
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Signore e signori, ecco a voi un capolavoro! In un’epoca in cui questo termine è troppo usato, soprattutto a sproposito, finalmente siamo di fronte ad un’opera che non può essere definita in altro modo.
Ma forse limitare l’immensa bellezza di questo film a se stesso, ad un solo “prodotto cinematografico”, sarebbe fargli un torto. Perché Django Unchained non è soltanto un film straordinario, è l’essenza stessa del cinema tutto, il moderno e l’antico, l’alto e il basso, il cinema d’autore e il cinema di cassetta, quello di impegno e quello d’azione, il drammatico e il comico, il bello e il brutto… Django Unchained è “Il Cinema”, e Il Cinema è Quentin Tarantino, perché Django Unchained è Tarantino al 100%.
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Signore e signori, ecco a voi un capolavoro! In un’epoca in cui questo termine è troppo usato, soprattutto a sproposito, finalmente siamo di fronte ad un’opera che non può essere definita in altro modo.
Ma forse limitare l’immensa bellezza di questo film a se stesso, ad un solo “prodotto cinematografico”, sarebbe fargli un torto. Perché Django Unchained non è soltanto un film straordinario, è l’essenza stessa del cinema tutto, il moderno e l’antico, l’alto e il basso, il cinema d’autore e il cinema di cassetta, quello di impegno e quello d’azione, il drammatico e il comico, il bello e il brutto… Django Unchained è “Il Cinema”, e Il Cinema è Quentin Tarantino, perché Django Unchained è Tarantino al 100%.
Non c’è regista vivente che sappia realizzare anche solo una pallida idea di quello che lui crea, con apparente semplicità, ad un livello così alto che lascia sbalorditi. In questo film non c’è componente di quell’opera, artigianale e tecnologica insieme, che chiamiamo “film”, che non sia ai massimi livelli di espressione conosciuti (e sconosciuti finora).
Si parte dalla sceneggiatura “blindata” ed esplosiva (e mai aggettivo fu più adeguato, nello specifico), senza mai una caduta di ritmo o di tono. Si prosegue con la regia che definire “magistrale” è francamente riduttivo, in quanto si dovrebbe aggiungere come minimo anche “impeccabile, geniale, visionaria, poetica, epica, esagerata, inconfondibile, debordante, ecc. ecc.”.
Poi si passa agli attori, che sono talmente efficaci e così perfettamente calati nei personaggi, che quasi ci si dimentica che sono tra i massimi idoli contemporanei di Hollywood, quelle star di prima grandezza che sprigionano prepotentemente la loro arte solo con i grandi registi, figuriamoci con “il più grande”: quando si odia il cattivo del film si odia proprio Calvin Candie, e non Leonardo Di Caprio, mai così tanto bravo fino ad ora; quando si tifa per il protagonista buono, si tifa per Django Freeman e non per Jamie Foxx; così come si ammira il dott. Shultz, socio buono di Django, e non (il tedesco cattivo, rivelazione di “Inglourious Basterds”) Christoph Waltz; o come quando si disprezza l’altro cattivo “negro”, impersonato da un irriconoscibile e inarrivabile Samuel L. Jackson.
Questo film è talmente pieno di idee, stimoli, trovate ad effetto, scene cult, momenti splatter (o pulp), battute e situazioni ironiche, citazioni e invenzioni cinematografiche, virtuosismi registici, spunti di riflessione, sberleffi al cinema e al potere e quant’altro, che non sarebbe sufficiente un libro intero per commentarlo adeguatamente.
Ci sentiamo ancora di menzionare soltanto gli innumerevoli richiami a quell’epopea di Django e degli “Spaghetti Western” italiani che stanno alla base dell’ispirazione principale di Tarantino, vero cultore e appassionato del genere, dei quali il film è un quasi religioso omaggio e consacrazione. Richiami che trovano il momento più eclatante nel cameo di Franco Nero, proprio il Django più famoso e mitico della sopraccitata serie.
Anche la colonna sonora, all’altezza del valore dell’opera, conferma la spudorata passione italiana del regista, che si completa inequivocabilmente e autorevolmente con il tema di Ennio Morricone eseguito da Elisa (in italiano!).
5 stelle sono sinceramente poche per riassumere in un voto il giudizio su Django Unchained, ma dopo averlo visto, forse un grosso difetto effettivamente c’è: adesso, per rivedere qualcosa di simile, bisognerà aspettare almeno qualche anno (il prossimo film di Sua Maestà, Quentin Tarantino).
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[+] "l'essenza stessa del cinema tutto"?
(di pbshelley)
[ - ] "l'essenza stessa del cinema tutto"?
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donni romani
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sabato 19 gennaio 2013
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tarantino western, cinema puro!
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Rilettura, omaggio, rielaborazione colta e divertita, parodia travolgente e critica sociale, Tarantino nel suo personalissimo western porta tutto il suo bagaglio culturale, tutto il suo genio creativo, tutto il divertimento di chi ama fare e guardare cinema allo stato puro e tutto il desiderio di dare vita - ridare vita - ad un genere che non è solo western, che non è solo epico, non è solo di denuncia, non è solo d'avventura, non è solo romantico e non è solo buddy buddy.
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Rilettura, omaggio, rielaborazione colta e divertita, parodia travolgente e critica sociale, Tarantino nel suo personalissimo western porta tutto il suo bagaglio culturale, tutto il suo genio creativo, tutto il divertimento di chi ama fare e guardare cinema allo stato puro e tutto il desiderio di dare vita - ridare vita - ad un genere che non è solo western, che non è solo epico, non è solo di denuncia, non è solo d'avventura, non è solo romantico e non è solo buddy buddy. Perchè Tarantino non è solo regista, è anche grandissimo sceneggiatore (e infatti puntualmente è arrivato il Golden Globe per la sceneggiatura) e quindi porta i suoi dilatatissimi dialoghi in un contesto palesemente d'azione, ed è anche un cultore del passato, e quindi porta quel gusto old style di titoli rosso fuoco Anni 70, di musiche evocative a dir poco, di sguardi di ghiaccio e pistole di fuoco che nelle sue mani diventano materia nuova plasmata dalla sua arte. La scena si apre su una fila di schiavi condotti in catene nella notte. Da lontano arriva un uomo su un carretto sormontato da un dente, tale dottor King Schultz (un perfetto e carismatico Christoph Waltz appena premiato con il Golden Globe per questo ruolo), pesante accento tedesco (se potete godetevi il film in originale perchè i tanti accenti sono una chicca in più) e aria pacata e signorile, che non esita a far fuoco con una freddezza ed una precisione impressionante però, pur di liberare uno schiavo che può aiutarlo a catturare tre banditi. Perchè il mite dottore in realtà è un cacciatore di taglie spietato e meticoloso, e il nero Django è l'unico che conosce il volto dei fratelli Brittle., su cui pende una sstanziosa taglia. E così comincia un sodalizio umano e professionale fra i due, tanto più che Schultz promette a Django di aiutarlo a ritrovare la moglie Broomhilda, schiava in qualche piantagione del Sud. Col passare dei mesi Django apprende a sparare, a filosofeggiare, a vestire come un damerino del Settecento e più di tutto ad uccidere chi lo merita. Quando i due finalmente troveranno Broomhilda a Candyland, la tenuta di cui è proprietario Calvin Candie (un a dir poco strepitoso, diabolico e psicopatico Leo di Caprio) ci sarà una lunghissima, sanguinosissima e appassionatissima resa dei conti. Cinema allo stato puro quello di Tarantino, cinema d'evasione, perchè le battute sono tanto glaciali quanto fulminanti, cinema d'impegno, perchè la condizione degli schiavi è sottolineata con serietà e senso morale, cinema pulp come ci si aspetta dal re del pulp, con litri di sangue, pallottole che attraversano almeno tre corpi e lo stesso Tarantino - in una celebrativa partecipazione - che fa scintille grazie alla dinamite, ma soprattutto cinema di sostanza, con i dialoghi tarantiniani, con i personaggi tarantiniani - lo schiavo Stephen su tutti, ambiguo, sospettoso, maestoso nello sguardo torvo di Samuel L. Jackson - e la capacità di far sembrare 165 minuti un battito di ciglia, perchè il film vola talmente alto e talmente libero e talmente elegante che si desidera accompagnare Django ancora per un po' sul suo cammino di uomo cosciente di sè e del suo potere, libero e fiero, ma ancora capace di un gesto d'affetto per il suo amico Schultz in sottofinale. Immenso Tarantino che sfracella corpi, ci delizia con dialoghi degni di Beckett, ci ricorda l'orrore della schiavitù con poche crude scene spesso lasciate fuori campo come lo sbranamento da parte dei cani di uno schiavo fuggiasco, ma che sa con due o tre pennellate schive parlare d'amore e di amicizia come pochi altri.
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marv89
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mercoledì 9 gennaio 2013
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l'ultima fatica del genio del tennessee
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Natale 2012 esce nelle sale statunitensi Django unchained l'ultima fatica di Quentin Tarantino che decide dopo oltre ven'anni di carriera cinematografica di dedicarsi al western, genere a lui tanto caro tanto da trovarne riferimenti e rimandi in tutte le sue pellicole precedenti. Il quesito principale è: cos'è il western per Tarantino? Quentin vede oltre il genere inteso come ambientazione e tematiche focalizzando la sua attenzione sull'aspetto tecnico e innovativo che i geni dello spaghetti western hanno portato negli anni 60-70. Ecco parlare di western con Tarantino equivale a limitarsi al sottogenere spaghetti e ai suoi capostipiti Leone, Corbucci. Qual'è questa innovazione? Per comprenderla dobbiamo chiarire cos'era il western pre spaghetti: un genere "epico" molto spesso ripetitivo, caratterizzato principalmente dalla sfida uomo-indiano, un genere d'elite che ha visto cimentarsi autori del calibro di Ford e Hawks con risultati eccellenti, un genere dove il protagonista era un eroe o anti-eroe dalla faccia pulita, dove si caratterizzavano i personaggi con i soliti luoghi comuni.
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Natale 2012 esce nelle sale statunitensi Django unchained l'ultima fatica di Quentin Tarantino che decide dopo oltre ven'anni di carriera cinematografica di dedicarsi al western, genere a lui tanto caro tanto da trovarne riferimenti e rimandi in tutte le sue pellicole precedenti. Il quesito principale è: cos'è il western per Tarantino? Quentin vede oltre il genere inteso come ambientazione e tematiche focalizzando la sua attenzione sull'aspetto tecnico e innovativo che i geni dello spaghetti western hanno portato negli anni 60-70. Ecco parlare di western con Tarantino equivale a limitarsi al sottogenere spaghetti e ai suoi capostipiti Leone, Corbucci. Qual'è questa innovazione? Per comprenderla dobbiamo chiarire cos'era il western pre spaghetti: un genere "epico" molto spesso ripetitivo, caratterizzato principalmente dalla sfida uomo-indiano, un genere d'elite che ha visto cimentarsi autori del calibro di Ford e Hawks con risultati eccellenti, un genere dove il protagonista era un eroe o anti-eroe dalla faccia pulita, dove si caratterizzavano i personaggi con i soliti luoghi comuni. Lo spaghetti western spoglia il genere di questi contenuti, spoglia i personaggi di tutto, li sporca rendendoli il meno trasparenti possibile allo spettatore ci mostra un texas diverso, non per questo meno o piu realistico, fatto di sangue. A livello tecnico l'innovazione è da ricercare nell'uso del sonoro che è lui stesso a dare il ritmo alla pellicola o alle stesse successioni di inquadrature, innovazione che Tarantino ha fatto sua da sempre. In django però troviamo rimandi anche ai colossal hollywoodiani del passato come "via col vento" o "il gigante" essendone una sorte di "parodia" (passatemi il termine). Le citazioni e le influenze naturalmente non si limitano a questo, un film di Tarantino è un capolavoro di bricolage, un puzzle che ha come collante il genio di Quentin, un genio delle riprese un genio delle sequenze, un genio del dialogo, un genio della sceneggiatura. Invito tutti alla visione alla luce del clamore che il film ha suscitato oltre oceano e dell'attesa che sta suscitando in europa. (ps. il film devo ancora vederlo)
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osteriacinematografo
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martedì 29 gennaio 2013
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eccellente mix di contenuti e intrattenimento
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Una fila di schiavi avanza nella notte degli Stati Uniti del sud. Un calesse incrocia il cammino dei negrieri e del loro carico. Alla guida del mezzo c'è King Schultz,uno strambo dottore di origini tedesche dotato di un linguaggio forbito. L’uomo cerca uno schiavo con l’intenzione di acquistarlo.Il nome dello schiavo è Django.
La trattativa parte col piede sbagliato,e la quiete delle notte viene rotta dal frastuono delle armi da fuoco: il dottore rivela una natura insospettabile e nello spazio di un istante gli aguzzini sono a terra,esanimi,e gli schiavi liberi.
King Schultz è in realtà un cacciatore di taglie in cerca di tre fratelli di cui ignora i connotati fisici. Django li conosce per averne assaggiato la frusta,e aiuterà l’arguto tedesco nell’identificarli ed ucciderli.
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Una fila di schiavi avanza nella notte degli Stati Uniti del sud. Un calesse incrocia il cammino dei negrieri e del loro carico. Alla guida del mezzo c'è King Schultz,uno strambo dottore di origini tedesche dotato di un linguaggio forbito. L’uomo cerca uno schiavo con l’intenzione di acquistarlo.Il nome dello schiavo è Django.
La trattativa parte col piede sbagliato,e la quiete delle notte viene rotta dal frastuono delle armi da fuoco: il dottore rivela una natura insospettabile e nello spazio di un istante gli aguzzini sono a terra,esanimi,e gli schiavi liberi.
King Schultz è in realtà un cacciatore di taglie in cerca di tre fratelli di cui ignora i connotati fisici. Django li conosce per averne assaggiato la frusta,e aiuterà l’arguto tedesco nell’identificarli ed ucciderli. Django dimostra talento nella caccia all’uomo,tanto che il dottore gli propone di divenire soci per l’inverno;in cambio Schultz aiuterà Django nella ricerca della moglie Broomhilda,venduta chissà dove come schiava.
Corre l’anno 1858,e la storia americana avanza a grandi passi verso la guerra civile.
Il film è suddiviso in due capitoli: nel primo assistiamo al consolidarsi del sodalizio “on the road” assai inusuale fra Django e il tedesco.
Nel secondo,la scena si sposta a Candyland,un’immensa piantagione in cui gli schiavi sono sottoposti all’umore di Calvin Candie,il sadico proprietario che gode nel far scannare fra loro i mandinghi. Qui –dopo una sorta di rallentamento ideo-motorio della narrazione- avrà luogo la vendetta di Django.
La storia si sviluppa in modo lineare e non secondo i consueti canoni del regista del Knoxville,che tendono di norma ad alterare la consecutio temporum degli avvenimenti. La scelta di genere,a cavallo fra western e southern,si rivela perfetta fra le mani di Tarantino,che pone uno sguardo senza filtri sulle sorgenti del razzismo americano: l’autore incornicia la violenza con il consueto gusto estetico che esalta colori e particolari in modo unico.La scrittura di Tarantino è all’altezza delle aspettative: i dialoghi sono serratissimi e ben costruiti e si rivelano utili allo scopo di stemperare in modo creativo i drammi del razzismo e della schiavitù.
Il primo piano viene utilizzato per accentuare ed esaltare i personaggi e i momenti topici della vicenda e spesso la mera espressività fornisce il senso stesso della storia.
Django è una sorta di vendicatore universale,ma è anche un Sigfrido del sud,pronto a tutto per liberare l’amata Brunilde dalla prigione di fuoco.
La chiave della rivalsa di Django risiede nel concepimento stesso dell’idea di potersi affrancare dall’assoggettamento dei bianchi: Django è il simbolo della ribellione e della speranza,è un uomo che non teme nulla e non ha più bisogno di nascondersi.
Il senso di vendetta muove l’intera opera di Tarantino,e la mano di Django che tentenna e poi cede al grilletto è l’icona perfetta di una frenesia di rivalsa che sfoga tutta la sua furia dopo aver subìto ogni tipo di angheria.
L’ottima sceneggiatura,la dirompenza visiva delle immagini,i dialoghi fittissimi ed incalzanti,un cast di attori eccellenti,le numerose componenti ludiche,l’inclinazione del regista a collocare la storia nel cinema come una sorta di parodia rendono il film di Quentin Tarantino una perfetta miscela di contenuti e intrattenimento,un binomio a cui il cinema non dovrebbe mai rinunciare.
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