boffese
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martedì 22 gennaio 2013
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tarantino a candyland
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Django Unchained e' un omaggio passionale al cinema spaghetti western italiano degli anni passati , una miriade di citazioni filmografiche che vanno dal grandissimo Sergio Leone fino a Corbucci e Barboni.
E' bizzarro , ma e' proprio su questo punto che s'infrange il regista del Tennesse , perche' a forza di omaggiare , si dimentica a tratti dell'originalita' e dei colpi di genio che solitamente ci ha conquistati nei precedenti film .
Django e' una grande pellicola , ma è la meno "Tarantinata", forse per questo non la si puo' considerare un vero capolavoro come successe per Pulp Fiction e Bastardi senza gloria.
Qualcosa gli e' sfuggito di mano , forse a livello registico ci si aspettava di piu'.
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Django Unchained e' un omaggio passionale al cinema spaghetti western italiano degli anni passati , una miriade di citazioni filmografiche che vanno dal grandissimo Sergio Leone fino a Corbucci e Barboni.
E' bizzarro , ma e' proprio su questo punto che s'infrange il regista del Tennesse , perche' a forza di omaggiare , si dimentica a tratti dell'originalita' e dei colpi di genio che solitamente ci ha conquistati nei precedenti film .
Django e' una grande pellicola , ma è la meno "Tarantinata", forse per questo non la si puo' considerare un vero capolavoro come successe per Pulp Fiction e Bastardi senza gloria.
Qualcosa gli e' sfuggito di mano , forse a livello registico ci si aspettava di piu'. Ci sono ottime riprese , ma poco personali ,poco caratterizzate dalla mano del geniale regista.
Sulla sceneggiatura c'è poco da dire , e' uno script fantastico ,originale , grottesco e divertente. La scena dei cappucci del Ku Klux Klan vale da sola il prezzo del biglietto.
Il cast e' stellare e ogni personaggio calza a pennello il viso e le gesta degli attori.
Il Dottor King Schultz interpretato dal bravissimo Christoph Waltz e' un personaggio in stato di grazia .
Anche il resto del cast fa la sua parte alla grande, con un Di Caprio mai visto prima nei panni del cattivo latifondista Calvin Candie , Samuel L. Jackson che interpreta il malvagio Stephen, il capo della servitu' e Jamie Fox nella parte di Django , che nell'ultima parte del film e' maestoso e si riprende la scena che per buona parte del film e' nelle mani , nel viso e nella lingua del Dottor King Schultz.
Geniale la colonna sonora che varia dal maestro Ennio Morricone e Luis Bacalov ,a James Brown e Jhonny Cash, fino ad arrivare al rap di Rick Ross e Rza.
Le musiche sottolineano il carattere della pellicola che mischia tradizione ed innovazione.
Django Unchained rimane un grandissimo film , una rappresentazione drammatica della schiavitu' in salsa Tenessee spettacolare , originale e sorprendente.
Aspettando Killer Crow che dovrebbe essere la chiusura spettacolare della trilogia della vendetta storica ideata dal regista piu' influente del cinema degli ultimi venti anni .
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kevin de blasio
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lunedì 28 gennaio 2013
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django: competente intensità.
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Dal titolo del film, che rende omaggio al Django di Franco Nero del ’66, al cameo offerto allo stesso attore italiano, la nota passione di Tarantino per il cinema nostrano degli anni ‘60/’70 si manifesta palesemente ancora una volta.
Oltre ai collaudatissimi Samuel L. Jackson e Christoph Waltz, il regista statunitense nel dare vita al suo Django coinvolge nientemeno che Leonardo Di Caprio e Jamie Foxx. La qualità c’è e si vede. Di Caprio, sempre più espressivo e perfettamente a suo agio nel ruolo, interpreta magnificamente il giovane e ricco latifondista Calvin Candie. L’odio che il suo personaggio e quello del fidato Stephen (S. L. Jackson) deve provocare nello spettatore è percettibile già nei primi sguardi che il regista regala dei due.
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Dal titolo del film, che rende omaggio al Django di Franco Nero del ’66, al cameo offerto allo stesso attore italiano, la nota passione di Tarantino per il cinema nostrano degli anni ‘60/’70 si manifesta palesemente ancora una volta.
Oltre ai collaudatissimi Samuel L. Jackson e Christoph Waltz, il regista statunitense nel dare vita al suo Django coinvolge nientemeno che Leonardo Di Caprio e Jamie Foxx. La qualità c’è e si vede. Di Caprio, sempre più espressivo e perfettamente a suo agio nel ruolo, interpreta magnificamente il giovane e ricco latifondista Calvin Candie. L’odio che il suo personaggio e quello del fidato Stephen (S. L. Jackson) deve provocare nello spettatore è percettibile già nei primi sguardi che il regista regala dei due.
A Christoph Waltz invece il compito di insegnare a Django (J. Foxx) l’arte di uccidere. Da buon austriaco, l’attore veste alla meglio i panni del tedesco cacciatore di taglie dottor Schultz. Quanto alla storia e ai contenuti, Django Unchained parla di razzismo e di schiavitù e lo fa alla Tarantino: sparatorie e morti a gogò, sangue che schizza dappertutto, violenza senza grossi limiti.
Sorvolando sulla quantità di sangue che Tarantino “spreca” in ogni film, è indubbio che, come capita di notare anche in altri lavori del regista, sin dai primi minuti di visione si viene avvolti da una competente intensità. Ab initio Django trasporta lo spettatore nel consueto saggio mix tarantiniano fatto di scelte estetiche azzeccate, dialoghi sempre interessanti, bella fotografia, ottimo utilizzo della colonna sonora. Collocate il tutto a metà Ottocento, nel sud latifondista e schiavista degli Stati Uniti, Mississippi, aggiungete un pizzico di mitologia nordica e avrete l’ultima opera di Tarantino.
Non so a voi ma a me, vedere, seppur al cinema, un tedesco nell’800 sacrificare la propria vita, pur di non stringere la mano ad uno schiavista accanito, è piaciuto.
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lordjoker
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mercoledì 30 gennaio 2013
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tarantino fa ancora centro!!
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Chi si aspettava che Django Unchained fosse un remake di Django si è sbagliato di grosso , in comune con il film "Django" di Corbucci con protagonista Franco Nero c'è solo il nome del protagonista e il western . Già Proprio il western ,Tarantino amante di questo genere e dei nostri spaghetti western si cimenta per la prima volta nel suo genere preferito giostrandolo a modo suo in modo straordinario . Il film racconta la storia dello schiavo Django liberato dal Dottore Tedesco King Shultz ,un cacciatore di taglie, lo schiavo vuole liberare la moglie Broomhilda che è tenuta prigioniera a Candyland ,piantagione comandata dal perfido Calvin Candie.
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Chi si aspettava che Django Unchained fosse un remake di Django si è sbagliato di grosso , in comune con il film "Django" di Corbucci con protagonista Franco Nero c'è solo il nome del protagonista e il western . Già Proprio il western ,Tarantino amante di questo genere e dei nostri spaghetti western si cimenta per la prima volta nel suo genere preferito giostrandolo a modo suo in modo straordinario . Il film racconta la storia dello schiavo Django liberato dal Dottore Tedesco King Shultz ,un cacciatore di taglie, lo schiavo vuole liberare la moglie Broomhilda che è tenuta prigioniera a Candyland ,piantagione comandata dal perfido Calvin Candie.Dopo aver accennato alla trama passiamo alla regia di Tarantino che è assolutamente magistrale ,sceneggiatura a dir poco favolosa ,una scenografia superba e degli effetti sonori a dir poco strepitosi curati dal leggendario Premio Oscar Ennio Morricone.Tarantino crea il suo solito film pieno di omaggi (su tutti gli omaggi a Stanley Kubrick) stavolta molto più vicino al suo Bastardi Senza Gloria che ai dialoghi irresistibili di Pulp Fiction ,infatti Django è dominato da un gran Montaggio Sonoro e da meno dialoghi rispetto a Pulp Fiction ,Tarantino in Django fa emergere come tema centrale il Razzismo (affrontato nella parte più delicata della storia americana) utilizzando la solita violenza Tarantiniana stavolta nel tentativo di rappresentare la schiavitù dei neri di quell'epoca. Infine Affrontiamo il cast , con Jamie Foxx nei panni di Django che interpreta molto bene i panni del protagonista con un'ottima espressione , King Shultz interpretato magistralmente da Christopher Waltz (interpretazione che gli è valsa la seconda nomination all'Oscar), un maestoso Leonardo DiCaprio(purtroppo ancora una volta snobbato dall'Academy) che interpreta in modo perfetto il perfido Calvin Candie e un immenso Samuel L.Jackson che addirittura nel finale è il migliore del cast entrando perfettamente nei panni del cattivo Stephen (capo della servitù di Calvin Candie).Film dalla durata lunga (dura quasi 3 ore) ma che non viene sentita per niente vista la grande azione ,in sostanza FILM DA VEDERE ASSOLUTAMENTE .
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84peppe
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martedì 5 febbraio 2013
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tarantino "unchained" ancora una volta!
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Tarantino fa centro ancora una volta. Il suo western alterna perfettamente momenti lenti con dialoghi assolutamete originali a scene di pura azione condite dall'immancabile "pulp" che a tratti rasenta lo splatter. Il film è un continuo rimando a film di genere: dagli spaghetti western all'immenso Leone, per finire con Trinità (fantastica la collocazione finale della colonna sonora) di "terencehilliana" memoria. Tarantino continua con i suoi omaggi ai film e ai registi che lo hanno affascinato da sempre e questa sua fantastica ricerca del tempo perduto accompagna anche chi segue il suo cinema.
Waltz da Oscar e Jamie Foxx assolutamente perfetto e freddo al punto giusto nelle vesti da vendicatore "nero" (anche come paggetto azzurro).
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Tarantino fa centro ancora una volta. Il suo western alterna perfettamente momenti lenti con dialoghi assolutamete originali a scene di pura azione condite dall'immancabile "pulp" che a tratti rasenta lo splatter. Il film è un continuo rimando a film di genere: dagli spaghetti western all'immenso Leone, per finire con Trinità (fantastica la collocazione finale della colonna sonora) di "terencehilliana" memoria. Tarantino continua con i suoi omaggi ai film e ai registi che lo hanno affascinato da sempre e questa sua fantastica ricerca del tempo perduto accompagna anche chi segue il suo cinema.
Waltz da Oscar e Jamie Foxx assolutamente perfetto e freddo al punto giusto nelle vesti da vendicatore "nero" (anche come paggetto azzurro). Voto assolutamente da 8
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shanks
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venerdì 15 febbraio 2013
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re dell'entertainment !
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Legato ai suoi bastardi dal tema della vendetta, Django irrompe nella scena cinematografica esattamente come ci si aspettava: come un evento. Lo schiavo che diventa cacciatore di taglie e parte alla ricerca della vendetta su chi ha abusato di lui e di sua moglie, ancora alla mercè di negrieri e cinici proprietari terrieri. Come si può non legare una trama del genere al Re dell'entertainment, Quentin Tarantino?
Il regista americano la capacità (unico nel suo mondo) di riportare in vita pellicole del passato, attualizzandole nella storia e nella tecnica, facendole esplodere di suoni e colori in modo da creare attesa nello spettatore e difficilmente deluderlo. Non esiste nella settima arte un altro autore in grado di malleare a proprio piacimento una storia, arricchendola di citazioni, accelerando il ritmo qui, rendendo omaggio la; e scomodare il mito di Sigfrido in un genere cosi agli antipodi.
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Legato ai suoi bastardi dal tema della vendetta, Django irrompe nella scena cinematografica esattamente come ci si aspettava: come un evento. Lo schiavo che diventa cacciatore di taglie e parte alla ricerca della vendetta su chi ha abusato di lui e di sua moglie, ancora alla mercè di negrieri e cinici proprietari terrieri. Come si può non legare una trama del genere al Re dell'entertainment, Quentin Tarantino?
Il regista americano la capacità (unico nel suo mondo) di riportare in vita pellicole del passato, attualizzandole nella storia e nella tecnica, facendole esplodere di suoni e colori in modo da creare attesa nello spettatore e difficilmente deluderlo. Non esiste nella settima arte un altro autore in grado di malleare a proprio piacimento una storia, arricchendola di citazioni, accelerando il ritmo qui, rendendo omaggio la; e scomodare il mito di Sigfrido in un genere cosi agli antipodi... beh scusate se è poco. Tarantino lavora su di un suo sogno, il western, ricreando ambientazioni sconfinate e personaggi ora crudeli ora grotteschi.
Si sa, quando al timone c'è un capitano saldo ed entusiasta tutta la squadra ne beneficia; provatelo a chiedere al gigantesco Waltz, in grado (chissa come mai) di usare tutto il suo enorme potenziale solo col regista di Knoxville, oppure "all'esordiente" di Caprio, perfettamente immerso nel mondo ludico e tarantiniano.
Chapeau Mr. Quentin, aspetteremo il suo ritorno in modo consono: come un evento.
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giorpost
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mercoledì 25 settembre 2013
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tecnicamente perfetto,ma sorprende meno del solito
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L’ ultima opera di Quentin Tarantino è un omaggio al quasi omonimo cult movie di Sergio Corbucci datato 1966, se non altro dal punto di vista del titolo e dell’ ambientazione (gli anni della schiavitù nel Sud degli USA). L’ idea nasce per riprendere il discorso spaghetti western bruscamente interrotto verso la fine degli anni ‘70, allorquando cominciarono a scarseggiare idee per ravvivare il genere, ma anche e forse soprattutto per trattare il dimenticato tema dello già citato schiavismo in vigore in quell’ era negli States. Ci prova il regista americano a farlo, con la sua solita verve e con tanti buoni propositi, ma vanno prese in considerazione tante sfaccettature per giudicare la sua settima opera (escluse partecipazioni, episodi di telefilm o collaborazioni non accreditate).
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L’ ultima opera di Quentin Tarantino è un omaggio al quasi omonimo cult movie di Sergio Corbucci datato 1966, se non altro dal punto di vista del titolo e dell’ ambientazione (gli anni della schiavitù nel Sud degli USA). L’ idea nasce per riprendere il discorso spaghetti western bruscamente interrotto verso la fine degli anni ‘70, allorquando cominciarono a scarseggiare idee per ravvivare il genere, ma anche e forse soprattutto per trattare il dimenticato tema dello già citato schiavismo in vigore in quell’ era negli States. Ci prova il regista americano a farlo, con la sua solita verve e con tanti buoni propositi, ma vanno prese in considerazione tante sfaccettature per giudicare la sua settima opera (escluse partecipazioni, episodi di telefilm o collaborazioni non accreditate).
Se vogliamo guardare il film da “tarantiniani” convinti, Django Unchained (USA, 2012) si colloca a metà della sua filmografia. Se lo guardiamo, invece, con gli occhi indiscreti di un semplice appassionato, allora assume i connotati di un lungometraggio tecnicamente perfetto e senza sbavature, godibilissimo ed a tratti divertente. Ma è questo il punto, ovvero quella dose di divertissement presente in un film assimilabile a commedia black, in certi passaggi addirittura comica o grottesca (per intenderci vedi i fratelli Coen). Stavolta sembra infatti che Quentin si sia divertito a girare, facendolo in modo spensierato, donando ai personaggi una caratterizzazione esclusiva e prestando (anche se meno del solito) attenzione ai dettagli, come gli enormi speroni sugli stivali di Billy Crash, ma anche con i suoi famigerati ed irripetibili dialoghi surreali.
Jamie Foxx fa il suo lavoro con regolarità e senza troppi fronzoli, Samuel L. Jackson offre una delle sue performance migliori (piazzando il personaggio di Stephen subito dietro il mitico Jules di Pulp Fiction), ma val la pena soffermarsi sui 2 attori che hanno dominato la scena, DiCaprio e Waltz. Il biondo italoamericano fa gli straordinari, entra efficacemente nel ruolo di un folle latifondista (proprietario di Candyland, immensa fortuna ereditata dal padre) che tratta gli schiavi con modalità a dir poco aberranti, seviziandoli, costringendoli ad uccidersi a vicenda e, quando non riescono nell’ intento, lasciandoli in pasto ai cani. Leo si cala nei panni di Calvin Candie in modo totalitario, bravo a sollecitare i palati fini con modi eleganti alternati a momenti di pazzia assoluta tipici di un cinico e sanguinario figlio di papà in salsa ottocentesca. Dal mio punto di vista questo ruolo sarebbe altresì calzato perfettamente al compianto Heath Ledger o magari ad un attore esperto ed attempato alla Jack Nicholson, ma DiCaprio recita comunque bene ed è abbastanza sciolto, fatta eccezione per quelle movenze degli arti superiori che richiamano ancora una volta ad un’ ispirazione vagamente “deniriana”, ma su quest’ aspetto qualcuno dovrebbe dirgli di desistere. Discorso a parte, ovviamente, merita l’ austriaco Cristoph Waltz, il quale non è più un outsider che deve conquistarsi pubblico, ma una certezza, un talento puro e raffinato che regala anche stavolta una maschera davvero irresistibile. Certo, a voler essere pignoli c’è da sottolineare che il suo personaggio in Django Unchained sembra un ‘estensione, a livello recitativo, del leggendario Colonnello Landa del precedente Bastardi senza gloria, operando una sorta di fusione con il Dr Schultz, essendoci alcuni tratti in comune come il tipico accento teutonico, i modi gentili e la spietatezza di fondo che rendono la prova straordinariamente efficace ed intellettualmente attraente anche in questo caso. E’ presente nel film, inoltre, un discreto numero di caratteristi che a vario titolo offrono prestazioni buone, compreso lo stesso (ingrassato) Tarantino che ritorna ad auto riprendersi come non accadeva dal ’94.
Film dunque godereccio e stilisticamente inattaccabile ma troppo lungo, troppo splatter in alcune sequenze (non compatibili con lo spaghetti western), sprovvisto di sequenze leggendarie e privo di sorprese: tutti gli eventi che si susseguono sono, in effetti, prevedibili. Il film nella seconda parte inizia ad avvitarsi su se stesso, volgendo verso un finale caratterizzato da un mix tra il pulp e la commedia che non sorprende e manca di quel tocco di magia che aveva contraddistinto tutti i film (chi più, chi meno) del geniaccio di Knoxville.
In ogni caso, un 7 e mezzo è d’ obbligo in quanto i 165 minuti scorrono serenamente, donandoci stile e la solita ottima fotografia del grande Robert Richardson, col quale Tarantino ha ormai stretto un forte sodalizio.
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dandy
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giovedì 8 maggio 2014
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aufidersen......
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Dopo "Bastardi senza gloria" Tarantino mette in luce uno degli aspetti più biechi e vergognosi della Storia americana:la tratta degli schiavi.Ma quello che dovrebbe essere il leit motiv del film ossia l'omaggio allo spaghetti wetsern si rivela molto meno sostanzioso del previsto.Qualche citazione qua e la(nelle inquadrature;nella colonna sonora["Django"Luis Bacalov,"Lo chiamavano Trinità"diFranco Micalizzi]),omaggi a film come "Il mercenario","I giorni dell'ira","Il buono,il brutto,il cattivo","Per qualche dollaro in più","Giù la testa" e un cammeo francamente superficiale di Franco Nero nel ruolo di Amerigo Vessepi.
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Dopo "Bastardi senza gloria" Tarantino mette in luce uno degli aspetti più biechi e vergognosi della Storia americana:la tratta degli schiavi.Ma quello che dovrebbe essere il leit motiv del film ossia l'omaggio allo spaghetti wetsern si rivela molto meno sostanzioso del previsto.Qualche citazione qua e la(nelle inquadrature;nella colonna sonora["Django"Luis Bacalov,"Lo chiamavano Trinità"diFranco Micalizzi]),omaggi a film come "Il mercenario","I giorni dell'ira","Il buono,il brutto,il cattivo","Per qualche dollaro in più","Giù la testa" e un cammeo francamente superficiale di Franco Nero nel ruolo di Amerigo Vessepi.L'obbiettivo secondo il regista era di parlare di un mondo dove i parametri di riferimento si sono perduti,il razzismo non è proprio solo dei bianchi e bisogna adattarsi per sopravvivere,e dove i duelli sono verbali,oltre che a pistolettate.Intento centrato,se non fosse che non è certo una novità nè nel cinema wetsern nè in quello restante odierno,e che l'unica reazione degna di nota è stata la solita protesta di Spike Lee per l'abuso del termine "nigger".Rispetto a "Bastardi senza gloria" i dialoghi sono più riusciti e la violenza è sanguinosa al punto giusto.Il nutrito cast se la spassa ed è spassoso(i battibecchi tra l'impertinente Jackson e DiCaprio sono degni del Tarantino vecchio stile).Divertente la scena dei cattivi incappucciati che si lamentano per la pessima fattura dei cappucci.Brevi apparizioni di Jonas Hill,Bruce Dern,Don Stroud,Robert Carradine,Ted Neely,Michael Parks e Tom Savini.Tarantino in questo caso interpreta un personaggio vero e proprio:Frank,uno dei cowboy che Django riesce a ingannare nel finale.Finale che fa pensare più al cinema hongkonghese che western.Tra le citazioni generiche,"Arancia meccanica"e "Il colore viola".Tra quelle di film di genere non italiani,"Sentieri selvaggi".Tornando alla colonna sonora,Ennio Morricone ha composto per l'occasione il pezzo "Ancora qui" e Elisa l'ha cantata.Grande successo sia negli USA che da noi,tutto sommato a ragione.Due Oscar(uno di nuovo a Christoph Waltz e uno alla sceneggiatura dello stesso Tarantino).Piccola curiosità:sembra che DiCaprio si sia tagliato realmente la mano nella scena in cui rivela ai due protagonisti di averli smascherati,ma abbia deciso di conitnuare a recitare.Una sorta di involontaria citazione del backstage della scena all'inizio di "Apocalypse Now!",si potrebbe dire...
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hudson1
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venerdì 26 settembre 2014
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paura e tensione
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Tarantino riesce a rendere omaggio degnamente ad un genere cinematografico a lui tanto caro. Dell'originale Django di Sergio Corbucci conserva solo la musica di Luis Bacalov oltre alla presenza di Franco Nero in un accattivante cameo. Purtroppo alcune citazioni risultano goffe ed inserite in modo poco sensato (ex. Django che toglie la sella prima di cavalcare). Ma questo elemento insieme agli errori storici passa fortunatamente in secondo piano rispetto alla bellezza del film. Il regista americano crea una forma alternativa di western, adattando il genere al proprio stile. Le esplosioni di sangue e le uccisioni violente concigliano bene con i temi presenti, con la rabbiosità e durezza dello schiavo liberato.
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Tarantino riesce a rendere omaggio degnamente ad un genere cinematografico a lui tanto caro. Dell'originale Django di Sergio Corbucci conserva solo la musica di Luis Bacalov oltre alla presenza di Franco Nero in un accattivante cameo. Purtroppo alcune citazioni risultano goffe ed inserite in modo poco sensato (ex. Django che toglie la sella prima di cavalcare). Ma questo elemento insieme agli errori storici passa fortunatamente in secondo piano rispetto alla bellezza del film. Il regista americano crea una forma alternativa di western, adattando il genere al proprio stile. Le esplosioni di sangue e le uccisioni violente concigliano bene con i temi presenti, con la rabbiosità e durezza dello schiavo liberato. Ma il tema ricorrente è quello della paura e dell' "inermità" nella quale diversi personaggi vengono a trovarsi; lo stare di fronte ad un soggetto particolarmente spaventoso e crudele che si trova in una tale situazione di forza da rendere il suo interlocutore intimorito e appunto inerme: come uno schiavo di fronte al padrone armato. Pensiamo alla scena di Old man Carrucan... o alla sfuriata di Calvin Candie dove si raggiunge una tensione forse superioire quella della scena iniziale di "Bastardi senza gloria" in cui Landa interroga il fattore. A cominciare dal protagonista, i personaggi sono tutti credibili e ben congegnati. Gli interpreti sono ottimi: spicca il pluripremiato Waltz, anche se avrei visto una bella contesa con DiCaprio che non ha avuto neanche la nomination nonstante sia stata una delle sue migliori intepretazioni: la scena del teschio è un raro pezzo di bravura, frutto di una miscela di preparazione e improvvisazione. Fantastico anche Samuel L Jackson che intepreta una versione maligna, ruffiana ed estremizzata di quello che i seguaci di Malcolm X definirebbero uno "Zio Tom". Fa da contorno una bella colonna sonora dove figurano peraltro, pezzi di Ennio Morricone; azzeccatissime anche "I've got a name" di Jim Croce nella sequenza in montagna ed il trascinarsi delle catene degli schiavi accompagnato da Johnny Cash. Un gran pezzo di cinema, consiglio di vederlo in lingua originale.
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gepy7
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sabato 18 ottobre 2014
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il western secondo quentin
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Tarantino dimostra di essere a suo agio nel western, ancor di più rispetto ai due Kill Bill (che non mi piacquero) e agli ultimi lavori. Se infatti, trattando i generi del kung fu e del bellico, il regista americano amalgamava ma con un inventiva a volte un po stanca (soprattutto nel KB volume I) e fine a se stessa, staccandosi dal modello originario (il Django di Corbucci) reinventa il west in una maniera personale più fine di quella di un Leone e dei suoi emuli americani, facendo letteralmente scomparire il modello originario, del quale alla fine prende solo il tema. Mixato e aggiornato allegramente, dalle musiche di Morricone al rock moderno, passando per Verdi (unica nota stonata: il brano di Elisa), Tarantino racconta l'epopea di Django in stile Ulisse mettendosi dietro la macchina da presa più come un Sam Peckhinpah che non un Leone, evidenziando il suo stile personalissimo fatto di esplosioni, ralenty, battute memorabii ma mai scontate, citazioni classiche, inquadrature fisse, campi lunghi ecc.
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Tarantino dimostra di essere a suo agio nel western, ancor di più rispetto ai due Kill Bill (che non mi piacquero) e agli ultimi lavori. Se infatti, trattando i generi del kung fu e del bellico, il regista americano amalgamava ma con un inventiva a volte un po stanca (soprattutto nel KB volume I) e fine a se stessa, staccandosi dal modello originario (il Django di Corbucci) reinventa il west in una maniera personale più fine di quella di un Leone e dei suoi emuli americani, facendo letteralmente scomparire il modello originario, del quale alla fine prende solo il tema. Mixato e aggiornato allegramente, dalle musiche di Morricone al rock moderno, passando per Verdi (unica nota stonata: il brano di Elisa), Tarantino racconta l'epopea di Django in stile Ulisse mettendosi dietro la macchina da presa più come un Sam Peckhinpah che non un Leone, evidenziando il suo stile personalissimo fatto di esplosioni, ralenty, battute memorabii ma mai scontate, citazioni classiche, inquadrature fisse, campi lunghi ecc...., secondo una logica autoironica che non disedegna comunque la critica sociale. Nella figura di Samuel Jackson, con molta ironia, il regista forse vuol dirci che il razzismo non è un fenomeno limitato alla sola pelle o rango sociale bensì un virus che si propaga generando vendetta senza alcune limite definito. Oscar meritato alla scenggiatura (memorabile il dialogo degli incappucciati del Ku Klux Klan), e al non protagonista. Magari il finale alla Trinità stempera molto la tensione sudata della sequenza, del duello in villa Di Caprio, ma Tarantino regala così un doveroso omaggio ad un cinema western italiano dove la violenza delle sparatorie si coniuga allegramente in una visione divertita e colorata del West .
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danko188
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sabato 12 marzo 2016
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tributo tarantiniano ai vecchi spaghetti-western
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Se avessi dovuto immaginare un film western di Tarantino, sarebbe stato senza ombra di dubbio Django Unchained.
Il western secondo Tarantino, il tributo di un autore appassionato, indicibilmente ispirato dagli ormai datati spaghetti-western di casa nostra, qui spudoratamente copiati o che dir si voglia, rubati.
Le citazioni si sono sprecate: a cominciare dalle musiche entrate nell’ immaginario collettivo dei più giovani come il sottoscritto, dalle inquadrature sempre ai limiti del minimalismo quasi maniacale, la cura del dettaglio alla Leone in tutto e per tutto, ai dialoghi. In un’ orgia di regalini ai più nostalgici del vecchio western Tarantino ci ha messo del suo e lo ha fatto con stile: ricorrente il tema della vendetta, consumata in un finale violento tra sparatorie alla Peckinpah, così come è ricorrente il montaggio frammentato, tipico del cinema postmoderno, tra flashback e flashforward, violenza esplicita, da bagno di sangue, fino alle lunghe ed estasianti chiacchierate a tavolino in cui emergono le sfumature dei personaggi nati dalla sua mente.
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Se avessi dovuto immaginare un film western di Tarantino, sarebbe stato senza ombra di dubbio Django Unchained.
Il western secondo Tarantino, il tributo di un autore appassionato, indicibilmente ispirato dagli ormai datati spaghetti-western di casa nostra, qui spudoratamente copiati o che dir si voglia, rubati.
Le citazioni si sono sprecate: a cominciare dalle musiche entrate nell’ immaginario collettivo dei più giovani come il sottoscritto, dalle inquadrature sempre ai limiti del minimalismo quasi maniacale, la cura del dettaglio alla Leone in tutto e per tutto, ai dialoghi. In un’ orgia di regalini ai più nostalgici del vecchio western Tarantino ci ha messo del suo e lo ha fatto con stile: ricorrente il tema della vendetta, consumata in un finale violento tra sparatorie alla Peckinpah, così come è ricorrente il montaggio frammentato, tipico del cinema postmoderno, tra flashback e flashforward, violenza esplicita, da bagno di sangue, fino alle lunghe ed estasianti chiacchierate a tavolino in cui emergono le sfumature dei personaggi nati dalla sua mente.
Inquadrature di uso ricercato, movimenti di macchina di virtuosistica precisione, geniale la scena in cui la testa di Jamie Foxx mentre è a cavallo a Doughtrey, viene fatta rientrare in un cappio, così come quella in cui quest’ ultimo convince con astuzia a farsi liberare dai tre uomini (uno dei quali è Quentin) e la cinepresa gli ruota attorno di 360 gradi. Semplice ma efficace il piano sequenza su DiCaprio, prima della sbranamento ai danni del mandingo D’ Artagnan e meno semplici ma altrettanto efficaci le inquadrature espressionistiche che indugiano sulle ombre dei sette che di sera rincasano dal funerale di Calvin.
Irresistibile il siparietto che si prende gioco del goffo Ku Klux Clan capitanato da Don Johnson e Jonah Hill, memorabile quello a Candieland sia per scrittura che a livello registico, con sequenze scolastiche in interni scenografici favolosi.
Attori in stato di grazia. L’ austriaco Christoph Waltz si conferma essere uno dei migliori attori viventi, Leo Di Caprio ci regala un cattivo dai modi eleganti, irreprensibile e schizzato, fenomenale anche per aver continuato a recitare dopo il taglio alla mano. Samuel L Jackson è stato il migliore a mio modestissimo avviso, bravo e un po’ in ombra il vendicatore romantico Foxx. Kerry Washington diversa da ogni altra presenza femminile tarantiniana: meno cazzuta, più dolce ed espressiva.
Strabiliante la capacità di Tarantino di inserire trame da lui architettate in scenari storici reali. Dopo aver cambiato la storia in Bastardi Senza Gloria ci ha proposto un western pre-Guerra Civile in piena schiavitù. Come nel suo precendente film, in cui erano messi contro tedeschi nazisti e tedeschi buoni (i Bastardi) in Django si vedono uomini di colore talmente servili e sottomessi (Samuel L. Jackson) opporsi a neri liberi (Foxx). Intessante tradizione e messa in scena della lotta tra bene e vale in ottica tarantiniana.
Colonna sonora che rimanda i classici più disparati, dal Django di Corbucci (Bacalov) a Gli Avvoltoi hanno fame di Don Siegel e Lo chiamavano Trinità di Barboni (Morricone).
Spazio anche per il vero Django, l’ orgoglio italiano Franco Nero.
Due ore e mezzo che per quanto avvincenti vorresti non finissero mai.
Voto 8.5
Danko188
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