alice:)
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lunedì 21 gennaio 2013
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tarantino è sempre tarantino!
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E come sempre ci regala un scorcio di cinema allo stato puro e allo stesso tempo una dichiarazione d'amore alla stessa arte cinematografica! un film ricco, pieno, mai noioso nelle sue quasi tre ore di durata: ogni scena é curata nei minimi particolari, i dialoghi brillanti e sempre originali, attori in stato di grazia, personaggi indimenticabili e trovate ai limiti della genialità. Scene epiche, e sempre originali, regia come sempre impeccabile. Ogni scena ha un senso, uno scopo, il film non potrebbe essere di un minuto più breve. Tutto il film è pervaso dal quel velo di ironia che lo rende divertente, sarcastico, e che ci ricorda che il regista vuole semplicemente raccontare una storia, e lo vuole fare attraverso il cinema senza pretendere di essere realistico più di quanto il cinema non consenta.
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E come sempre ci regala un scorcio di cinema allo stato puro e allo stesso tempo una dichiarazione d'amore alla stessa arte cinematografica! un film ricco, pieno, mai noioso nelle sue quasi tre ore di durata: ogni scena é curata nei minimi particolari, i dialoghi brillanti e sempre originali, attori in stato di grazia, personaggi indimenticabili e trovate ai limiti della genialità. Scene epiche, e sempre originali, regia come sempre impeccabile. Ogni scena ha un senso, uno scopo, il film non potrebbe essere di un minuto più breve. Tutto il film è pervaso dal quel velo di ironia che lo rende divertente, sarcastico, e che ci ricorda che il regista vuole semplicemente raccontare una storia, e lo vuole fare attraverso il cinema senza pretendere di essere realistico più di quanto il cinema non consenta. tutto questo a testimonianza della genialità di un regista che in tutti i suoi film (pochi, ma tutti buoni) ci regala una straordinaria espressione della sua creatività e del suo amore per il cinema (anche in questo Django , citazioni ogni due minuti). Trama scorrevole, storia avvincente e senza dubbio interessante nella sua denuncia di una delle pagine più crudeli della storia americana. Per non parlare della splendida colonna sonora, originale come per tutti i film di tarantino, che dalla musica classica passa per il rap, il blues, e lo voce di Elisa accompagnata dalle note di Morricone. Questa è la recensione di una che ama il cinema e in particolare il cinema di tarantino, con il suo sarcasmo e i suoi litri di sangue. Capisco che questo non è un film per tutti: non è per chi non ha l'ironia nelle vene, non è per chi trova la violenza dei suoi film inutile e fastidiosa, non è per chi non trova il massimo piacere nell'assistere al cinema vero e spettacolare, ovvero puro intrattenimento e pura arte come questo film ci dimostra.
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giuliacanova
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lunedì 21 gennaio 2013
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imperdibile!
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Che altro si può dire di Tarantino che già non si sia detto! Un talento indiscusso nel dirigere i suoi film e gli attori., capace di cavalcare le sue storie seppur forti e dal ritmo serrato con un contrappeso di leggerezza. Uno stile il suo tra i più originali e riconoscibili nel panorama cinematografico ma che contempla tutti gli elementi classici, quelli che incollano lo spettatore allo schermo per tutta la durata del film. La sua genialità è nel giocare con gli stilemi cinematografici senza rinunciare però ai temi e ai caratteri umani che sviscerano i sentimenti primordiali, il tutto con quella immancabile ironia che riesce a stemperare anche le scene più violente.
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Che altro si può dire di Tarantino che già non si sia detto! Un talento indiscusso nel dirigere i suoi film e gli attori., capace di cavalcare le sue storie seppur forti e dal ritmo serrato con un contrappeso di leggerezza. Uno stile il suo tra i più originali e riconoscibili nel panorama cinematografico ma che contempla tutti gli elementi classici, quelli che incollano lo spettatore allo schermo per tutta la durata del film. La sua genialità è nel giocare con gli stilemi cinematografici senza rinunciare però ai temi e ai caratteri umani che sviscerano i sentimenti primordiali, il tutto con quella immancabile ironia che riesce a stemperare anche le scene più violente. "Django" e'un film godibilissimo dal primo all'ultimo minuto, bellissima fotografia, colonna sonora super, e tra le tante scene quella degli incappucciati davvero esilarante! Un peccato perderselo.
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giampaolo di iorio
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sabato 2 febbraio 2013
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“la pistola più veloce del sud”
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1858, Texas. Il cacciatore di taglie King Schultz(Waltz), libera Django(Foxx) dal suo padrone affinchè questi lo porti dai fratelli Brittle, sulla quale pende una taglia. In seguito ad un patto, Django farà coppia con Schultz come cacciatore di taglie e quest'ultimo lo aiuterà poi a ritrovare sua moglie Broomhilda(Washington). Dopo aver passato l'inverno a uccidere e a incassare grosse taglie Django e Schultz scoprono che Brhoomhilda è nella tenuta di Candyland, di proprietà del cattivissimo Calvin Candie(Di Caprio). A quel punto non resta che andare a Candyland e trovare Broomhilda, ma non sarà facile in quanto Candie e Stephen(Jackson), il suo schiavo più fedele, non glielo permetteranno.
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1858, Texas. Il cacciatore di taglie King Schultz(Waltz), libera Django(Foxx) dal suo padrone affinchè questi lo porti dai fratelli Brittle, sulla quale pende una taglia. In seguito ad un patto, Django farà coppia con Schultz come cacciatore di taglie e quest'ultimo lo aiuterà poi a ritrovare sua moglie Broomhilda(Washington). Dopo aver passato l'inverno a uccidere e a incassare grosse taglie Django e Schultz scoprono che Brhoomhilda è nella tenuta di Candyland, di proprietà del cattivissimo Calvin Candie(Di Caprio). A quel punto non resta che andare a Candyland e trovare Broomhilda, ma non sarà facile in quanto Candie e Stephen(Jackson), il suo schiavo più fedele, non glielo permetteranno.
Tarantino è sempre stato un'ammiratore dello spaghetti-western, e in particolare dei tre sergio: Corbucci, Leone e Sollima. Non a caso "Django Unchained" è un omaggio al "Django" di Corbucci del 1966. Gli elementi che caratterizzano da sempre i film di Tarantino ci sono tutti, a partire dallo splatter, forse in questa pellicola più che nelle precedenti. Oltre allo splatter ci sono molte sequenze che rimandano al western classico e come in tutti i suoi film, la scelta della colonna sonora è azzeccatissima, con artisti come Morricone, Bacalov, James Brown e 2Pac. "Django Unchained" è il film più lungo di Tarantino, ben 165 minuti, che risultano però godibili in quanto la sceneggiatura regge bene e l'ultima mezz'ora del film è puro spettacolo. Tuttavia, al contrario dei capolavori precedenti(Kill Bill, Bastardi senza gloria), l'interprete femminile(Washington) ha una certa rilevanza solo all'interno della trama ma nel film si vede molto poco.
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zummone
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mercoledì 29 maggio 2013
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il solito folle tarantino
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Chi pensava che Quentin Tarantino, l'enfant prodige del cinema dei primi anni '90 e ora quotato maestro di un genere tutto suo, avesse esagerato con "Bastardi senza gloria", dovrà ricredersi.La sua ultima pellicola, "Django unchained", è ispirata alla lontana e liberamente rivisitata dallo spaghetti-western "Django" di Sergio Corbucci, del 1966, protagonista Franco Nero (che qui appare in una breve e simpatica scena, dialogando con il protagonista).
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Chi pensava che Quentin Tarantino, l'enfant prodige del cinema dei primi anni '90 e ora quotato maestro di un genere tutto suo, avesse esagerato con "Bastardi senza gloria", dovrà ricredersi.La sua ultima pellicola, "Django unchained", è ispirata alla lontana e liberamente rivisitata dallo spaghetti-western "Django" di Sergio Corbucci, del 1966, protagonista Franco Nero (che qui appare in una breve e simpatica scena, dialogando con il protagonista). Ed è fuori da ogni regola. Ma se il protagonista del film italiano era un misterioso cowboy che trascinava una mitragliatrice, dentro una cassa da morto, il Django qui è uno schiavo nero e liberato (J. Foxx), dall'eccentrico e simpaticissimo dott. Schultz (C. Waltz), ex dentista e ora cacciatore di taglie in giro per gli Stati Uniti, pre guerra di Secessione. Insieme formeranno una strana coppia, a caccia di criminali da uccidere per incassare la ricompensa sulla loro morte. Django, però, vuole ritrovare l'amata moglie, schiava nella tenuta di Candyland, proprietà di Mr. Calvin Candie (un luciferino Leonardo Di Caprio). Sulla strada dei due protagonisti, si verserà una lunga scia di sangue, lungo un paesaggio freddo e spesso nevoso (fotografia stupenda del veterano R. Richardson).
Più vicino al fumetto o alla storia di un supereroe vendicativo, il Django in salsa tarantiniana è un concentrato di iper-violenza, anche piuttosto truculenta, un film dal ritmo sostenuto che tiene per più di 2 ore 40 minuti (anche se perde un po' di brio nella seconda parte e si dilata troppo alla fine). Tarantino ormai è alla parodia del cinema, al melting pot dei generi (le musiche affidate a Bacalov e Morricone, ricalcano melodie tanto famigliari all'orecchio degli spettatori), al frullato di citazioni (Kubrick, "Taxi Driver" e tanti omaggi a Sergio Leone) e di echi nostalgici (alcune scene ricordano, in chiave pulp e grottesca, capolavori del cinema western come "Gli spietati" e "Il mucchio selvaggio"), con molta ironia e grande senso dell'intrattenimento. Memorabile la sequenza iniziale, in cui Schultz contratta l'acquisto dello schiavo Django; si fanno ricordare anche il dialogo non-sense degli incappucciati e poco scaltri razzisti, capitanati da Big Daddy (Don Johnson), la scena nel saloon prima di uccidere lo sceriffo, il finale esplosivo, sulle note del tema musicale de "Lo chiamavano Trinità".
Bravi gli interpreti, va menzionato almeno ancora S. L. Jackson, perfido uomo di colore al servizio di Mr. Candie. Su tutti, l'irresistibile performance di Waltz, di nuovo nei panni di un personaggio incredibile, di nuovo premiato con l'Oscar, per un film di Tarantino.
Si è fatto un gran dire, anche e soprattutto negativamente parlando, sulla rappresentazione dello schiavismo, che il film dipinge. Non entriamo nemmeno nel merito. Tarantino è puro intrattenimento oramai. Non chiedetegli una lezione di storia, nè pretendete che si prenda sul serio. Non sarebbe più lui.
Preferiamo tenercelo stretto, nella sua follia tutta particolare, così com'è.
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giacomouguccioni
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giovedì 15 gennaio 2015
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capolavoro di gay-movie
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Il mito degli eroi si nutre della propria stessa rinnovata narrazione, e come ogni narrazione si alimenta di una nuova sempiterna attualità: cavalcando il paesaggio già Fordiano di sempiterni bisogni e pensieri, in equilibrio sulla sottilissima lama che scinde da una parte amore, dall'altra parte morte, corre lo scatenato negro come sospinto da un destino divino di vendetta, come se fosse la trasposizione terrena di una faida olimpica, come fosse la sua storia eterna, senza un prima, senza un dopo, come fosse l'unico a dover decidere della propria lbertà, a dover recidere le proprie catene.
Film capolavoro, Django Unchained si impone come mastodontica opera mitologica della tradizione occidentale, e così va letto nella costruzione del plot, nella caratterizzazione universale e sempiterna dei personaggi, nell'abile ricorso alle citazioni frequenti, nella teleologia di una vendetta infinita, nell'espiazione di una colpa che viene sempre prima del colpevole, e sempre gli passerà oltre.
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Il mito degli eroi si nutre della propria stessa rinnovata narrazione, e come ogni narrazione si alimenta di una nuova sempiterna attualità: cavalcando il paesaggio già Fordiano di sempiterni bisogni e pensieri, in equilibrio sulla sottilissima lama che scinde da una parte amore, dall'altra parte morte, corre lo scatenato negro come sospinto da un destino divino di vendetta, come se fosse la trasposizione terrena di una faida olimpica, come fosse la sua storia eterna, senza un prima, senza un dopo, come fosse l'unico a dover decidere della propria lbertà, a dover recidere le proprie catene.
Film capolavoro, Django Unchained si impone come mastodontica opera mitologica della tradizione occidentale, e così va letto nella costruzione del plot, nella caratterizzazione universale e sempiterna dei personaggi, nell'abile ricorso alle citazioni frequenti, nella teleologia di una vendetta infinita, nell'espiazione di una colpa che viene sempre prima del colpevole, e sempre gli passerà oltre. E' un film denso e pregno e viscoso, che lascia un sentimento di gioia umana, all'uscita dalla sala. Ha la stessa consistenza di un grumo di sangue che appallottola un rivolo di sabbia e polvere. E' ruvido, ma profuma, scorre velocemente, è didascalico, ma sorprendente.
Ultima considerazione. Tarantino è scaltro come solo un genio della sua sensibilità può permettersi, nel consegnare un mirabile gay-movie allo spettatore finalmente pronto alla libera sfrenata eccitazione, così vera da caricarsi di timidezza pubblica, se così poco si è detto delle cavalcate invernali dei due cacciatori di taglie, o degli sguardi d'intesa prima delle avventure con le loro pistole. Per confronto, si noti il taglio, le luci, la scelta dell'obiettivo, la posa, la distanza, le mosse, i gesti, e quant'altro del bacio che Django dona a Broomhilda, o di tutte le scene in cui i due entrano in contatto o si scambiano uno sguardo: sembrano per tutto il film fratello e sorella. Eppure lui e solo lui, l'eroe, mantiene la propria intatta testosteronica fierezza. Nulla di sorprendente, infatti, se consideriamo che sempre il mito si permea della sensibilità del momento e della vicenda contingenti, nel veicolare messaggi di universale necessità umana, in un tempo senza tempo, ma profondamente radicato nella storia.
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lordjoker
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sabato 19 gennaio 2013
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liberate le catene
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Chi si aspettava che Django Unchained fosse un remake di Django si è sbagliato di grosso , in comune con il film "Django" di Corbucci con protagonista Franco Nero c'è solo il nome del protagonista e il western . Già Proprio il western ,Tarantino amante di questo genere e dei nostri spaghetti western si cimenta per la prima volta nel suo genere preferito giostrandolo a modo suo in modo straordinario . Il film racconta la storia dello schiavo Django liberato dal Dottore Tedesco King Shultz ,un cacciatore di taglie, lo schiavo vuole liberare la moglie Broomhilda che è tenuta prigioniera a Candyland ,piantagione comandata dal perfido Calvin Candie.Dopo aver accennato alla trama passiamo alla regia di Tarantino che è assolutamente magistrale ,sceneggiatura a dir poco favolosa ,una scenografia superba e degli effetti sonori a dir poco strepitosi curati dal leggendario Premio Oscar Ennio Morricone.
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Chi si aspettava che Django Unchained fosse un remake di Django si è sbagliato di grosso , in comune con il film "Django" di Corbucci con protagonista Franco Nero c'è solo il nome del protagonista e il western . Già Proprio il western ,Tarantino amante di questo genere e dei nostri spaghetti western si cimenta per la prima volta nel suo genere preferito giostrandolo a modo suo in modo straordinario . Il film racconta la storia dello schiavo Django liberato dal Dottore Tedesco King Shultz ,un cacciatore di taglie, lo schiavo vuole liberare la moglie Broomhilda che è tenuta prigioniera a Candyland ,piantagione comandata dal perfido Calvin Candie.Dopo aver accennato alla trama passiamo alla regia di Tarantino che è assolutamente magistrale ,sceneggiatura a dir poco favolosa ,una scenografia superba e degli effetti sonori a dir poco strepitosi curati dal leggendario Premio Oscar Ennio Morricone.Tarantino crea il suo solito film pieno di omaggi (su tutti gli omaggi a Stanley Kubrick) stavolta molto più vicino al suo Bastardi Senza Gloria che ai dialoghi irresistibili di Pulp Fiction ,infatti Django è dominato da un gran Montaggio Sonoro e da meno dialoghi rispetto a Pulp Fiction ,Tarantino in Django fa emergere come tema centrale il Razzismo (affrontato nella parte più delicata della storia americana) utilizzando la solita violenza Tarantiniana, stavolta nel tentativo di rappresentare la schiavitù dei neri di quell'epoca. Infine Affrontiamo il cast , con Jamie Foxx nei panni di Django che interpreta molto bene i panni del protagonista con un'ottima espressione , King Shultz interpretato magistralmente da Christopher Waltz (interpretazione che gli è valso il secondo Golden Globe e la seconda nomination all'Oscar), un maestoso Leonardo DiCaprio(purtroppo ancora una volta snobbato dall'Academy) che interpreta in modo perfetto il perfido Calvin Candie , un immenso Samuel L.Jackson che addirittura nel finale è il migliore del cast entrando perfettamente nei panni del cattivo Stephen (capo della servitù di Calvin Candie),infine una buona prova di Kerry Washington che interpreta Broomhilda (la moglie di Django) anche se nettamente inferiore alle prove degli altri. Film dalla durata lunga (dura quasi 3 ore) ma che non viene sentita per niente vista la grande azione ,in sostanza FILM DA VEDERE ASSOLUTAMENTE .
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alfredo patania
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domenica 20 gennaio 2013
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un classico
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Se i sedicenti cinefili e tarantinofili fossero davvero dei cinefili e dei tarantinofili non saremmo costretti ad assistere all'orrendo spettacolo delle recensioni in cui, pur apprezzando il film, ne denunciano comunque la mancanza di "un non so che", quando non ne compiangono infantilmente la perdita del "Tarantino style", dei suoi "dialoghi assurdi", del suo inconfondibile tocco, eccetera. Infatti del Tarantino Style, a questo film, non manca assolutamente niente. I cinefili aprano le orecchie: si tratta semplicemente di un classico. Un classico firmato Tarantino. Che il nostro abbia abbandonato le strade della provocazione registica e drammaturgica - su tutti Pulp Fiction - e si sia avventurato nella terra della narrazione classica - tre atti, un eroe, una trama - non significa che non ci sia il suo marchio.
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Se i sedicenti cinefili e tarantinofili fossero davvero dei cinefili e dei tarantinofili non saremmo costretti ad assistere all'orrendo spettacolo delle recensioni in cui, pur apprezzando il film, ne denunciano comunque la mancanza di "un non so che", quando non ne compiangono infantilmente la perdita del "Tarantino style", dei suoi "dialoghi assurdi", del suo inconfondibile tocco, eccetera. Infatti del Tarantino Style, a questo film, non manca assolutamente niente. I cinefili aprano le orecchie: si tratta semplicemente di un classico. Un classico firmato Tarantino. Che il nostro abbia abbandonato le strade della provocazione registica e drammaturgica - su tutti Pulp Fiction - e si sia avventurato nella terra della narrazione classica - tre atti, un eroe, una trama - non significa che non ci sia il suo marchio. Certo, è una narrazione che conosciamo meglio e in un certo senso siamo capaci di prevedere. Una narrazione che ci dice: non voglio provocare, soltanto raccontare. Una scelta del genere da parte di un artista intensamente provocatorio, una volta, sarebbe stata accolta dalla critica come "la maturità" del suddetto, la sua creatività adulta. Oggi, dove ci piace badare di più agli schizzi di sangue che alle storie e al loro significato, viene letta come una perdita. Una perdita di che? Tarantino ci mette da anni di fronte a storie di emancipazione e di liberazione. Dal gangster Jules e dal pugile Butch, che fuggono dai loro mondi violenti per rincorrere sè stessi, a una Black Mamba che lotta per diventare donna e madre, a una banda di americani che libera il mondo da Hitler, a questo meraviglioso e intenso Django, eroe classico che lotta per la libertà. Inutile stare a parlare dei dialoghi, che sono la cosa che di Tarantino salta sempre all'occhio superficiale, abbagliato da ciò che è messo lì per abbagliare, stupito dal sangue, spiazzato dai colpi di scena, divertito dalla colonna sonora. Questo è un film adulto, che parla di cose adulte, rivolto a gente adulta, cui non frega niente del Tarantino style, che lascerei tranquillamente ai tredicenni che cercano intrattenimento.
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antonius block
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domenica 20 gennaio 2013
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la sfida più grande
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Ci si chiedeva se Tarantino sarebbe riuscito a rendere moderno il genere ormai impolverato e obsoleto del western. Era la sua sfida più grande: riuscire a stupire, ancora, quando ormai non aveva che da perdere, e soprattutto con il genere cinematografico che amava di più, lo spaghetti-western. Beh ce l'ha fatta. E la pressione che sentiva nella realizzazione di questo film, che lo metteva a confronto con tutti i suoi idoli del passato, la si sente. La si sente quando si scioglie nel finale. Mi sembra di poterlo immaginare, Tarantino, quando alla fine del film avrà pensato "ce l'ho fatta" e ha attaccato con la colonna sonora di " lo chiamavano trinità".
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Ci si chiedeva se Tarantino sarebbe riuscito a rendere moderno il genere ormai impolverato e obsoleto del western. Era la sua sfida più grande: riuscire a stupire, ancora, quando ormai non aveva che da perdere, e soprattutto con il genere cinematografico che amava di più, lo spaghetti-western. Beh ce l'ha fatta. E la pressione che sentiva nella realizzazione di questo film, che lo metteva a confronto con tutti i suoi idoli del passato, la si sente. La si sente quando si scioglie nel finale. Mi sembra di poterlo immaginare, Tarantino, quando alla fine del film avrà pensato "ce l'ho fatta" e ha attaccato con la colonna sonora di " lo chiamavano trinità". Si sente che quella canzone è liberatoria, non solo un omaggio al cinema! Continua quindi con questo film la sua evoluzione, con una pellicola molto legata allo stile di Bastardi senza gloria, ma arricchita rispetto a questa. Perchè osa, con una colonna sonora mai così varia nei generi (da Beethoven al rap) ma perfetta. Perchè gioca, quando compare come cameo nel finale e decide di uscire di scena, non come un qualsiasi personaggio, ma esplodendo con la dinamite. Perchè colpisce, quando riesce addirittura a creare un dubbio storico, "Alexandre Dumas era nero?". Beh, se in futuro le persone crederanno a questo, non sarà colpa sua, lui si stava solo divertendo, lui stava solo provocando, lui stava solo facendo cinema!
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lauro123
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domenica 20 gennaio 2013
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la "d" è muta
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La stagione cinematografica italiana non poteva iniziare meglio, quando si parla di Tarantino, almeno io, parto molto prevenuto perché so già in cuor mio che andrò a vedere un film entrerà negli annali come uno tra i migliori film degli ultimi anni... e devo dire.. che Tarantino.. questa volta.. ha superato le mie aspettative facendo un film che prende un genere morto e sepolto come lo western o anche gli spaghetti western e lo ricrea come solo Tarantino sa fare, lo si vede già con i primi 2 minuti dove troviamo dei titoli di testa che ti riporta con il pensiero e l'anima a quella trilogia del dollaro.
parliamo un attimo della trama un po insolita per il genere perché che io ricordi non ho mai visto un film dove uno schiavo diventa cacciatore di taglie per liberare l'amata.
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La stagione cinematografica italiana non poteva iniziare meglio, quando si parla di Tarantino, almeno io, parto molto prevenuto perché so già in cuor mio che andrò a vedere un film entrerà negli annali come uno tra i migliori film degli ultimi anni... e devo dire.. che Tarantino.. questa volta.. ha superato le mie aspettative facendo un film che prende un genere morto e sepolto come lo western o anche gli spaghetti western e lo ricrea come solo Tarantino sa fare, lo si vede già con i primi 2 minuti dove troviamo dei titoli di testa che ti riporta con il pensiero e l'anima a quella trilogia del dollaro.
parliamo un attimo della trama un po insolita per il genere perché che io ricordi non ho mai visto un film dove uno schiavo diventa cacciatore di taglie per liberare l'amata.. ultimamente se si accende la tv e si sente parlare di questo film possiamo sentire "film razzista" be io credo che chi dice così via della locandina non ha visto altro del film perché qui troviamo un django che fa di tutto salvare la moglie schiava a candy land, dove troviamo un leonardo dicaprio che veste magistralmente la veste del negriero, possiamo vedere tutta la cattiveria e la convinzione di essere nel giusto mentre il buon messier candy (dicaprio) maltratta i neri. Si fa notare anche samuel jackson che dopo aver interpretato nick fiury in avengers torna un po' alle origini tornando a lavorare per tarantino, ricordiamoci che le loro strade si erano incontrate gia per film come jacky brown e il magnifico pulp fiction, jackson torna e torna in grande stile interpretando il "capo nero" di candy land, interpretando un personaggio subdolo e cattivo come poco.
Arriviamo al personaggio che più ho amato ovvero il dr. shultz interpretato da qui da un incredibile christoph walz, questo "dottore" cacciatore di taglie aiuterà in tutti i modi il buon django a salvare sua moglie, waltz qui interpreta qui un personaggio agli antipodi rispetto al colonnello landa che odiava il diverso qui invece lo aiuta, un interpretazione che a mio avviso potrebbe portarlo al secondo oscar.
Concludendo, posso dire che questo film mi é piaciuto ben più di quanto mi aspettassi e non posso che consigliarlo.
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hidalgo
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lunedì 21 gennaio 2013
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il west, django e tarantino
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Chiariamolo subito: Django Unchained non è un capolavoro. Sostenere il contrario significa non rendere giustizia al genio di Tarantino. Altrimenti bisognerebbe mettere questo film sullo stesso piano di di pellicole memorabili come Kill Bill, Pulp Fiction e Bastardi senza gloria. Personalmente non mi sembra il caso. L'ultima fatica di Quentin è indubbiamente un buonissimo prodotto, divertente e piacevole da seguire nonostante l'eccessiva durata e qualche "colpo sparato a salve." Tarantino denuncia a suo modo l'ignobile periodo della schiavitù americana, trovando nel granitico Foxx il giustiziere simbolo di libertà e ribellione.
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Chiariamolo subito: Django Unchained non è un capolavoro. Sostenere il contrario significa non rendere giustizia al genio di Tarantino. Altrimenti bisognerebbe mettere questo film sullo stesso piano di di pellicole memorabili come Kill Bill, Pulp Fiction e Bastardi senza gloria. Personalmente non mi sembra il caso. L'ultima fatica di Quentin è indubbiamente un buonissimo prodotto, divertente e piacevole da seguire nonostante l'eccessiva durata e qualche "colpo sparato a salve." Tarantino denuncia a suo modo l'ignobile periodo della schiavitù americana, trovando nel granitico Foxx il giustiziere simbolo di libertà e ribellione. Significativa a tal proposito è la scritta che scorre enorme sullo schermo - MISSISSIPI - quando Django e il dottor Schultz ( uno straordinario Christoph Walz in odore di Oscar ) giungono nello stato più razzista d'america, dove neri in catene incontrano la figura di un uomo a cavallo dal loro stesso colore di pelle ma da loro diverso perchè libero. Il western si dimostra un genere difficile da tarantinizzare. Il genio del regista del Tennessee si (intra)vede nei dialoghi brillanti e nelle inquadrature ricercate, nella sua capacità di tirare fuori il meglio da tutti gli attori e nel montaggio impeccabile del film. Quello che manca, a mio avviso, è il sapore di memorabile che Django Unchained non ha, la sensazione di assistere a un'opera d'arte mancata, a un "falso" di pregevolissima fattura. Tarantino è lontano dai suoi classici standard e dal suo classico modo di proporre cinema, tanto che a tratti sembra che ci sia qualcun altro dietro la macchina da presa. Forse, ripeto, il western è un genere impermeabile a certe "modifiche" estrose e non lo si può stravolgere più di tanto, cosa che in effetti Tarantino non fa. Per scelta o per necessità, non lo sappiamo. La sceneggiatura è priva di punti deboli ma anche di trovate particolarmente esaltanti o particolari. Questa non vuole essere una critica e non lo è, perchè come ho già detto lo screenplay non presenta difetti; mancano però quelle genialate tipiche, vedi la svastica incisa nella fronte in Bastardi senza gloria, o L'Orso Ebreo o Brad Pitt che parla "italiano" sempre nel medesimo film. Django Unchained va visto perchè è un bel film, ma non è il solito Tarantino. Questa volta la sua opera non da consigliare "ai soli fan" ma a tutti, e non so se sia un bene o un male.
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