uppercut
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domenica 20 gennaio 2013
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deludente, anche la fotografia
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Fare un film "alla Tarantino" è la cosa più difficile del mondo. Anche per lo stesso Tarantino. Si tratta di dare misura alla dismisura. Vedi un po' te... Django unchained è il film meno riuscito di Tarantino e lo si era immaginato ancora prima che lo girasse e ne abbiamo avuto conferma appena visto il trailer. Tutto troppo prevedibile (proprio dal regista delle più spiazzanti sorprese), tutto troppo tirato via (dopo un capolavoro di scrittura come Bastardi senza gloria). Bisogna essere onesti (dobbiamo convincercene anche noi fedeli pulpfictiani): Django unchained non è affatto un gran film, è un trenino negli studios delle serie tv western che riesce persino ad essere noioso.
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Fare un film "alla Tarantino" è la cosa più difficile del mondo. Anche per lo stesso Tarantino. Si tratta di dare misura alla dismisura. Vedi un po' te... Django unchained è il film meno riuscito di Tarantino e lo si era immaginato ancora prima che lo girasse e ne abbiamo avuto conferma appena visto il trailer. Tutto troppo prevedibile (proprio dal regista delle più spiazzanti sorprese), tutto troppo tirato via (dopo un capolavoro di scrittura come Bastardi senza gloria). Bisogna essere onesti (dobbiamo convincercene anche noi fedeli pulpfictiani): Django unchained non è affatto un gran film, è un trenino negli studios delle serie tv western che riesce persino ad essere noioso. Ma la peggiore delusione è stata la fotografia. Pur magnificata da ogni parte (e il fatto di essere in totale minoranza qualche pensiero me lo fa venire...), è più insopportabile della stessa presenza di Christoph Waltz che fa la caricatura di Christoph Waltz. L'effetto bianco spampanato, anche sulla fiamma delle candele, anche sul cielo, anche sui nasi, non ha proprio niente del mood anni sessanta. Sembra piuttosto un gioco di color correction reiterato con meccanica approssimazione. Dove va va... Così come la desaturazione dei colori: senza alcuna poesia, programmata di default. Sono l'unica a pensarla così? un direttore della fortografia come si deve mi può dire se sto delirando e merito la fustigazione (con i dovuti spari luminescenti)?
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giovamixer86
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sabato 19 gennaio 2013
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bel film. ma non è il miglior tarantino
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Premessa. Credo di essere in italia il fan più accanito di Tarantino. In camera mia ho poster dei suoi capolavori ovunque. Tutta la filmografia in dvd e blu-ray. Quindi se ho messo solamente 3 stelle non è per partito preso. Ma anzi, ritengo di essere il più obiettivo possibile.
Registicamente parlando questa pellicola non ha nessuna sbavatura. Inquadrature e zoomate che richiamano i vecchi classici di capolavori western all'italiana. Fotografia e scenari da levare il fiato e ottimi personaggi. Ma tutto questo a che prezzo?
Bhe, sicuramente se fosse stato il Tarantino di qualche anno fa, la risposta sarebbe stata: "a nessun prezzo ovviamente".
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Premessa. Credo di essere in italia il fan più accanito di Tarantino. In camera mia ho poster dei suoi capolavori ovunque. Tutta la filmografia in dvd e blu-ray. Quindi se ho messo solamente 3 stelle non è per partito preso. Ma anzi, ritengo di essere il più obiettivo possibile.
Registicamente parlando questa pellicola non ha nessuna sbavatura. Inquadrature e zoomate che richiamano i vecchi classici di capolavori western all'italiana. Fotografia e scenari da levare il fiato e ottimi personaggi. Ma tutto questo a che prezzo?
Bhe, sicuramente se fosse stato il Tarantino di qualche anno fa, la risposta sarebbe stata: "a nessun prezzo ovviamente". Ma in questa sua ultima perla (perchè comunque stiamo parlando di una perla), si nota una leggera discesa di quella stella dissacrante che rappresentava il Tarantino Style.
Sia ben chiaro, sbudellamenti, sangue e morti assolutamente "inverosimili" ci sono eccome. Tecnicamente non fa una piega anzi, probabilmente è ancora più maturo e sicuro nella macchina da presa di prima. Ma ho constatato che non esistono più quei dialoghi assurdi e coinvolgenti che ci abituavano i suoi capolavori. Dove mi ricordo che rimanevo con lo sguardo fisso e la bocca aperta a sentire quei dialoghi imbarazzanti che si possono fare tranquillamente nei bar tra amici, e mi sentivo totalmente coinvolto con curiosità.
E purtroppo non sfornerà mai più personaggi come Vincent Vega, Robbie Ordell, Mr Wolf o Mr White.
La cosa che mi ha comunque sorpreso di questo film è stata la bella storia d'amore tra Django e la sua amata (mai una storia d'amore così profonda nei suoi film), e questo mi è piaciuto. Ho adorato anche i personaggi di Candie e Stevens (davvero schifosi, mai visto cattivi così schifosi con Tarantino) e di Mr Waltzh. Citazioni impeccabili a grandissimi film di genere per dimostrare ancora una volta la sua infinita cultura cinematografica.
Per questo il mio voto finale non può che essere assolutamente positivo. Rendiamoci però conto che, se come dice lui, intenderà smettere al numero di 10 film, bhe questa pellicola va proprio verso una minuscola, piccolissima, impercettibile direzione discendente.
Consigliato.
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pbshelley
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giovedì 24 gennaio 2013
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non il miglior tarantino
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Gli ingredienti del cinema di Tarantino non sono cambiati nel corso degli anni: straordinaria fluidità narrativa, dialoghi sferzanti e surreali, violenza abbondante e divertita, cinefilia quasi maniacale; peculiarità che non lo hanno abbandonato nemmeno allorquando ha manifestato un interesse crescente verso tematiche serie (nazismo, schiavitù nera). Sgombriamo il campo dai pregiudizi: non guardo con l'occhio dello storico, che certamente disapproverebbe il suo modo, impreciso e anacronistico, di raccontare la storia. “Django unchained” non è un film storico sulla condizione degli schiavi neri negli USA del 1858: molte, troppe cose non sarebbero chiare, a cominciare dal ruolo di Foxx e dalla sua conscientia sui come eroe dell'antischiavismo.
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Gli ingredienti del cinema di Tarantino non sono cambiati nel corso degli anni: straordinaria fluidità narrativa, dialoghi sferzanti e surreali, violenza abbondante e divertita, cinefilia quasi maniacale; peculiarità che non lo hanno abbandonato nemmeno allorquando ha manifestato un interesse crescente verso tematiche serie (nazismo, schiavitù nera). Sgombriamo il campo dai pregiudizi: non guardo con l'occhio dello storico, che certamente disapproverebbe il suo modo, impreciso e anacronistico, di raccontare la storia. “Django unchained” non è un film storico sulla condizione degli schiavi neri negli USA del 1858: molte, troppe cose non sarebbero chiare, a cominciare dal ruolo di Foxx e dalla sua conscientia sui come eroe dell'antischiavismo. Ignoro anche le critiche (risibili) di Spike Lee nonché, più in generale, chi nega che sia lecito trattare in maniera faceta un soggetto serio.
Partire dagli stessi presupposti del cinema di Tarantino può essere più fruttuoso, tenendo presente che, nel suo cinema, la libertà d'invenzione regna sempre sovrana sulla logica e sulla morale: “Django unchained” è soprattutto un omaggio a una certa idea di cinema, nonché ad alcuni dei generi preferiti dal regista (qui spicca lo spaghetti-western, ma anche l'azione stile-Hong Kong); eppure, chi conosce Tarantino non può negare che manchi qualcosa. Manca l'abituale corrosività dei dialoghi, che si limitano ad essere poco credibili, senza per questo farsi memorabili (eccezione la bellissima scena coi membri del KKK); vari personaggi sono tirati via in maniera frettolosa (il cattivo di DiCaprio è abbastanza stereotipato, e avrebbe meritato un'attenzione più profonda, come anche i personaggi di Jackson e Washington), mentre altri sono costruiti persino troppo artificiosamente: è il caso del dr. Schultz (Waltz), la cui totale irrealtà (commistione di aspetti aulici e brutali), unita alla bravura e simpatia dell'attore austriaco, mirano a consegnarlo direttamente all'universo mitico; manca anche la classica fluidità narrativa, priva di cali di tensione, dei tempi di “Pulp fiction”: è questo il film più lungo di Tarantino, e non si manca di avvertirlo, per esempio durante la lunga permanenza a casa DiCaprio, una sorta di prolungata “quiete prima della tempesta”, in cui succede poco, a parte l'arricchirsi delle citazioni cinefile e delle inesattezze storiche.
Quiete prima della tempesta che ci consegna un finale in cui esplode la violenza, la cui esibizione (nemmeno eccessiva) si ripete in maniera quasi stanca e autoreferenziale, più stile “Kill Bill” che “Pulp fiction”; si moltiplicano all'inverosimile i colpi di scena, ma non l'inventiva di Tarantino. Rimane il divertissment post-moderno di una ossessiva, continua citazione cinefila; i fan si divertiranno a trovarne a centinaia, da Leone a Scorsese, da Corbucci a Kubrick, allo stesso Tarantino: ma è un gioco fine a se stesso, non funzionale alla narrazione (diversamente da “Inglorious basterds”), e invece quasi sostitutivo della stessa (si veda la danza del cavallo nell'ultima scena); ed è un peccato, perché spreca un cast davvero eccezionale e ben assortito, nonché l'alta qualità del lavorìo tecnico (stupendo l'impasto delle musiche: come renderne conto in due righe?). Resta la sensazione di un film che vorrebbe puntare tutto sulla forza creativa, ma se ne rivela carente; cinema che si nutre di solo cinema: divertimento comunque superiore alla media, ma Tarantino ha fatto di meglio e (confidiamo) tornerà a farlo.
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luk.colombo
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lunedì 28 gennaio 2013
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recensori o tifosi?
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E' forse un'insicurezza di fondo che fa mettere le mani avanti e proclamare un non necessario "non comprendere Tarantino significa non comprendere la cinematografia moderna"?
Si può dire, senza passare per incompetenti o per prevenuti, che Django non è affatto un capolavoro? Oddio, io un po' prevenuto lo sono, e rivendico il diritto di esserlo: ormai la poetica di Tarantino è nota, e questo film non fa altro che confermarla in pieno. Da questo punto di vista il regista fa un favore tanto ai suoi fan quanto ai suoi detrattori: non sorprende.
Insomma, l'immaginario di Tarantino continua ad essere pre-adolescenziale: buoni e cattivi che si menano, violenza sublimata e quasi astratta, effetti splatter, bidimensionalità fumettistica della storia (personaggi stilizzati, trama semplificata, convergenza quasi meccanica sull'orgia di violenza finale, anch'essa stilizzata).
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E' forse un'insicurezza di fondo che fa mettere le mani avanti e proclamare un non necessario "non comprendere Tarantino significa non comprendere la cinematografia moderna"?
Si può dire, senza passare per incompetenti o per prevenuti, che Django non è affatto un capolavoro? Oddio, io un po' prevenuto lo sono, e rivendico il diritto di esserlo: ormai la poetica di Tarantino è nota, e questo film non fa altro che confermarla in pieno. Da questo punto di vista il regista fa un favore tanto ai suoi fan quanto ai suoi detrattori: non sorprende.
Insomma, l'immaginario di Tarantino continua ad essere pre-adolescenziale: buoni e cattivi che si menano, violenza sublimata e quasi astratta, effetti splatter, bidimensionalità fumettistica della storia (personaggi stilizzati, trama semplificata, convergenza quasi meccanica sull'orgia di violenza finale, anch'essa stilizzata). Che questo sia lo stile di Tarantino mi pare evidentissimo: avrei io qualche dubbio sulla competenza cinematografica di chi non se ne accorgesse.
Attenzione, non si tratta in sé di un giudizio negativo. Ma che le storie di Tarantino siano oggettivamente superficiali è difficile da smentire: lo sono i personaggi, di cui non intravvediamo mai i pensieri, le eventuali contraddizioni, la profondità psicologica. Lo è il contesto storico, reinventato con una libertà che affascina, ma che ha davvero qualcosa della fantasia onnipotente dell’infanzia: il principio di realtà è sospeso, ogni pretesa di credibilità è sacrificata sull’altare del piacere di plasmare la storia.
Il risultato è un piacevolissimo fumettone in cui tutto va come deve andare (un qualche sussulto nella trama poteva esserci dopo che il gioco dei due eroi viene smascherato, invece niente: tutto scivola meccanicamente ed inesorabilmente nel Gran Massacro Finale). Tutto ok, ma i capolavori sono altri. Sì, c'è un innegabile talento fotografico (bellissime le luci e i colori), ma ciò non toglie, anzi a volte esaspera la sensazione di vedere un infinito videoclip musicale dove la storia non è che un mero pretesto.
A voler essere cattivelli, poi, cosa c’è di più gratificante che ritagliarsi il ruolo del Grande Vendicatore di due delle più grandi vergogne della storia occidentale? Bastardi senza gloria e Django sono la stessa identica favola per bambini; la prima reinventa un finale al nazismo, l’altra un’improbabile vendetta nera contro lo schiavismo (ma con un bianco buono con cui identificarsi, badate bene). Come fa il pubblico a non essere con te quando fai crepare tutto lo stato maggiore nazista in un incendio? Come fa a ad essere contro di te quando, fin dal primo fotogramma, tutto invoca una tremenda vendetta contro gli spietati schiavisti? Diciamo che per godersi fino in fondo queste storie bisogna, come dire, stare al gioco.
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jaylee
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domenica 3 febbraio 2013
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tarantino alla conquista del west
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Continua l’opera di Quentin Tarantino di recupero quasi esegetico dei B-movies anni 60-70, e stavolta (dopo l’hard boiled de Le Iene e Pulp Fiction, il kung fu di Kill Bill, gli stunt movies di A Prova di Morte, e i polpettoni di guerra in Bastardi Senza Gloria) è il turno degli Spaghetti Western, con una iniezione di “blaxploitation” (ovvero l’utilizzo di attori neri con commistione di elementi legati al razzismo, l’integrazione, ecc… il cui capostipite fu Shaft – anch’esso recuperato qualche anno fa).
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Continua l’opera di Quentin Tarantino di recupero quasi esegetico dei B-movies anni 60-70, e stavolta (dopo l’hard boiled de Le Iene e Pulp Fiction, il kung fu di Kill Bill, gli stunt movies di A Prova di Morte, e i polpettoni di guerra in Bastardi Senza Gloria) è il turno degli Spaghetti Western, con una iniezione di “blaxploitation” (ovvero l’utilizzo di attori neri con commistione di elementi legati al razzismo, l’integrazione, ecc… il cui capostipite fu Shaft – anch’esso recuperato qualche anno fa).
1858. Django (Jamie Foxx) è uno schiavo nero, liberato da King Schulz (Christoph Waltz), ex dentista ed ora Cacciatore di Taglie, che finirà col diventarne il Socio d’Affari… perché, per parafrasare lo stesso Django, non c’è cosa migliore che uccidere bianchi cattivi ed essere pure pagati per farlo. In realtà, Django, oltre a rivelare un talento insospettabile come Bounty Killer, ha un obiettivo: liberare la moglie Broomhilda (Kerri Washington) dallo schiavista Calvin Candie (Leonardo di Caprio). Il Dottor Schulz, non solo suo socio ma infine anche suo amico, deciderà di supportarlo nell’impresa.
Le atmosfere degli Spaghetti Western (non tanto Sergio Leone, quanto più i suoi emuli Sergio Corbucci, EB Clucher, ecc.) vengono colte perfettamente da Tarantino, sia nelle location, sia nell'inserimento di dettagli come i titoli di testa e di coda, e anche nella scelta dei colori di fotografia che ne recuperano la saturazione iper-realistica. Tutto tarantiniano è invece il gusto del “gore” in alcune scene esplicite di uccisioni con vere e proprie esplosioni di sangue, o del farsesco, come in alcuni casi il rinculo degli uccisi, che vengono letteralmente spostati nell’aria dal colpo di pistola. La colonna sonora ugualmente recupera le sonorità del periodo, con pezzi che ricordano il Morricone della Trilogia Del Dollaro che si alternano con altri contemporanei (peraltro Elisa canta un brano di Morricone, ideale congiungimento tra i due mondi), per un effetto complessivo di ottimo fattura.
Un altro punto di forza è indubbiamente negli interpreti: stratosferico in particolare Christoph Waltz, antieroe per eccellenza e anche stavolta, dopo il supercattivo nazista di Bastardi Senza Gloria ed il supercinico in Carnage, fornisce una prestazione tridimensionale e memorabile come quella di Doc Schulz: drammatico, elegante spietato, ironico, ma non privo di moralità. Da sottolineare anche la performance di Samuel L. Jackson, nei panni del “negriero” al servizio di Candie, ancora più crudele ed a modo suo ancora più razzista del suo padrone, che fa parte della sua famiglia come un cane al suo servizio, fedele e contento di stare al suo posto; ed ovviamente di Leonardo Di Caprio, per la prima volta nei panni del cattivo, e con ottimi risultati.
Purtroppo nonostante tutte le premesse, Django Unchained è però un film imperfetto: divertente, teso in alcuni momenti (la scena della negoziazione col trio Waltz-DiCaprio-Jackson è una perla assoluta; così come la crudele scena dello schiavo che viene sbranato dai cani) e molto accurato; tuttavia, è anche piuttosto disorganico nella sua struttura, a volta ripetitivo, e spesso prolisso (2h45 non sempre ben sfruttati). In più, Jamie Foxx e Kerry Washington sono un po’ degli anelli deboli, per espressività assolutamente bidimensionale ed escono fagocitati nel confronto con gli altri.
Complessivamente, Django Unchained non aggiunge molto a Bastardi Senza Gloria, che lo supera di gran lunga, soprattutto nei dialoghi, ma anche nella capacità di modernizzare il genere. Ad ogni modo non deluderà i Tarantiniani più ferventi; per gli altri, un buon intrattenimento scacciapensieri.(www.versionekowalski.it)
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deck78
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domenica 27 gennaio 2013
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django: banalità e sangue
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Ma diciamoci la verità. Dalla sala esci fischiettando il motivo de "Lo chiamavano trinità" e lo associ a quel gran film di E.B. Clucher perchè a dir la verità Django non ti lascia molto. Qualcuno lo vede pieno di riferimenti ed omaggi al cinema italiano a me sembrano solo dei patetici scopiazzamenti appiccicati fra loro alla rinfusa e conditi da eccessi di sangue finto. Se in Kill Bill avevamo gustato il sentimento di vendetta della sposa, se in Pulp Fiction eravamo stati deliziati dalle incalzanti vicende, se in Jackie Brown eravamo stati rapiti dai dialoghi dei personaggi, in Django veniamo annoiati dai dialoghi eccessivamente lunghi, dalla trama scontata, dalle battute scopiazzate, da alcune scene che appartengono non tanto ad un B movie, genere al quale Tarantino vuiole rendere omaggio, ma piuttosto ad un film parodistico o addirittura comico di serie C.
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Ma diciamoci la verità. Dalla sala esci fischiettando il motivo de "Lo chiamavano trinità" e lo associ a quel gran film di E.B. Clucher perchè a dir la verità Django non ti lascia molto. Qualcuno lo vede pieno di riferimenti ed omaggi al cinema italiano a me sembrano solo dei patetici scopiazzamenti appiccicati fra loro alla rinfusa e conditi da eccessi di sangue finto. Se in Kill Bill avevamo gustato il sentimento di vendetta della sposa, se in Pulp Fiction eravamo stati deliziati dalle incalzanti vicende, se in Jackie Brown eravamo stati rapiti dai dialoghi dei personaggi, in Django veniamo annoiati dai dialoghi eccessivamente lunghi, dalla trama scontata, dalle battute scopiazzate, da alcune scene che appartengono non tanto ad un B movie, genere al quale Tarantino vuiole rendere omaggio, ma piuttosto ad un film parodistico o addirittura comico di serie C. Deludente, noioso, scontato. appena sufficiente.
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giampaolo donini
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lunedì 28 gennaio 2013
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una tarantinata bolsa
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Tarantino è sempre Tarantino. Sì, insomma, Tarantino è una tautologia. È l’idea che Tarantino si è fatto di come dovrebbe essere un film di Tarantino. Un film, dico, non un trailer lungo 2 ore e 45, dove ti aspetti sempre che succeda qualcosa d’interessante, ma ti devi accontentare dei soliti scoppi di budella e sangue e di qualche trovata che manco John Waters. Perché Django è questo.
È insomma una lungagnata senza capo né coda, con battute bolsissime e telefonate («Vorrei incontrarti al chiaro di luna…», fa un cattivo a Django, che gli risponde «Mi vuoi tenere per mano?»… ah be’) e un ritmo da latte alle ginocchia.
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Tarantino è sempre Tarantino. Sì, insomma, Tarantino è una tautologia. È l’idea che Tarantino si è fatto di come dovrebbe essere un film di Tarantino. Un film, dico, non un trailer lungo 2 ore e 45, dove ti aspetti sempre che succeda qualcosa d’interessante, ma ti devi accontentare dei soliti scoppi di budella e sangue e di qualche trovata che manco John Waters. Perché Django è questo.
È insomma una lungagnata senza capo né coda, con battute bolsissime e telefonate («Vorrei incontrarti al chiaro di luna…», fa un cattivo a Django, che gli risponde «Mi vuoi tenere per mano?»… ah be’) e un ritmo da latte alle ginocchia.
E in quest’analcolico biondo annacquato naufragano anche interpreti eccellenti come il solito strepitoso Christoph Waltz, intrappolato in un personaggio assurdo, la cui presenza posticcia non trova una ragion d’essere nemmeno in un’interpretazione eccellente.
Insomma, dopo la magnifica idea di riscrivere la storia con Bastardi senza gloria, un gioco controfattuale in una fantasmagoria di scene, dialoghi e battute memorabili, eccoci all’autoreferenzialità senza freni, senza nemmeno il morso di un montaggio impeccabile (Sally Menke, montatrice di Pulp Fiction e, appunto, Bastardi senza gloria, è morta tragicamente nel 2010).
Ma Tarantino, da vecchio volpone, conta sui fan accaniti, pronti a dare un senso a posteriori a qualunque bizzarria, anche a quelle più loffie. Tanto gli basta, ma il suo genio ci ha abituato a ben altro.
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alexaruta95
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lunedì 21 gennaio 2013
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django unchained : la rinascita del western
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L'omaggio di Tarantino allo Spaghetti Western diventerà una pietra miliare per il genere stesso.
Dopo quasi un ventennio di cinematografia, Quentin Tarantino ha deciso di rimodellare uno dei suoi generi preferiti donandogli una nuova identità,più moderna e decisamente più "pulp".
La pellicola e' ambientata due anni prima dello scoppio della Guerra Civile negli U.S.A.,caricando il film di alti contenuti morali e simbolici,e di una profondità di linguaggio ancora più spiccata di quella raggiunta con "Bastardi senza Gloria",che evidenzia la crescita di Tarantino come regista e scrittore.
La trama si dirama su una storia semplice,ma non banale,ed e' ricca di colpi di scena;il protagonista del film si chiama Django,uno schiavo nero che incontra per sua fortuna un cacciatore di taglie di origine tedesca (Dr.
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L'omaggio di Tarantino allo Spaghetti Western diventerà una pietra miliare per il genere stesso.
Dopo quasi un ventennio di cinematografia, Quentin Tarantino ha deciso di rimodellare uno dei suoi generi preferiti donandogli una nuova identità,più moderna e decisamente più "pulp".
La pellicola e' ambientata due anni prima dello scoppio della Guerra Civile negli U.S.A.,caricando il film di alti contenuti morali e simbolici,e di una profondità di linguaggio ancora più spiccata di quella raggiunta con "Bastardi senza Gloria",che evidenzia la crescita di Tarantino come regista e scrittore.
La trama si dirama su una storia semplice,ma non banale,ed e' ricca di colpi di scena;il protagonista del film si chiama Django,uno schiavo nero che incontra per sua fortuna un cacciatore di taglie di origine tedesca (Dr.Schultz),che lo libera dalle catene e aiuterà il buon Django a ritrovare la moglie,Broohmilda,tenuta prigioniera a Candy Land. La presenza dell'uomo tedesco permette allo spettatore di cogliere la differente mentalità tra europei e americani nel XIX sec.,evidenziando come il progresso e la tolleranza culturale non fossero ancora contemplate nelle piantagioni del Mississippi,dove la schiavitù era ancora legalizzata.
Oltre al cast d'eccezione e ad una regia "maniacale",si aggiunge anche l'ottima scelta della colonna sonora,che come sempre si avvale della collaborazione di Ennio Morricone,sinonimo di garanzia.
Il film tiene incollati davanti allo schermo e sebbene il film duri quasi 3 ore,non annoia mai grazie anche ai famosi dialoghi tarantiniani.
L'unico difetto di Django Unchained e' che non ne ha.
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purplerain
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lunedì 13 maggio 2013
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tarantino è il cinema!!
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Gran bel film questo Django, carico di azione e significato. Argomento non facile da trattare quello del razzismo, troppo facile cadere nella retorica quando si trattano simili argomentazioni, ma il grande Tarantino riesce a dare significato a tutto ciò affidandosi ad un cast di attori di primissimo livello e ad una sceneggiatura convincente in tutto e per tutto. Non lascia niente al caso, infatti, il regista, ma si preoccupa di presentarci i personaggi dando ad ognuno il giusto peso e la giusta importanza, in alcuni casi anche troppa, concedendo a Waltz tanto spazio che con la sua bravura l'attore oscura il lavoro di un Foxx forse non proprio tagliato per la parte!! Belle le scene dei combattimenti con il sangue che sembra scorrere a fiumi in perfetto stile "Kill Bill" e sparatorie enfatizzate a creare quello che poi sarà una sorta di duello finale!! Come detto perfetto Waltz, poco sfruttata la partecipazione femminile, ma il regista sembra più preoccuparsi di tutto il resto aggiungendo solo una sorta di "ciliegina" con la storia d'amor4e di Django alla ricerca della moglie.
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Gran bel film questo Django, carico di azione e significato. Argomento non facile da trattare quello del razzismo, troppo facile cadere nella retorica quando si trattano simili argomentazioni, ma il grande Tarantino riesce a dare significato a tutto ciò affidandosi ad un cast di attori di primissimo livello e ad una sceneggiatura convincente in tutto e per tutto. Non lascia niente al caso, infatti, il regista, ma si preoccupa di presentarci i personaggi dando ad ognuno il giusto peso e la giusta importanza, in alcuni casi anche troppa, concedendo a Waltz tanto spazio che con la sua bravura l'attore oscura il lavoro di un Foxx forse non proprio tagliato per la parte!! Belle le scene dei combattimenti con il sangue che sembra scorrere a fiumi in perfetto stile "Kill Bill" e sparatorie enfatizzate a creare quello che poi sarà una sorta di duello finale!! Come detto perfetto Waltz, poco sfruttata la partecipazione femminile, ma il regista sembra più preoccuparsi di tutto il resto aggiungendo solo una sorta di "ciliegina" con la storia d'amor4e di Django alla ricerca della moglie. Citazione a parte per Samuel Lee jackson, ottimo nella parte del vecchio cattivo ma soprattutto per Di Caprio, che appare al meglio della forma e totalmente ben calato nella parte dell'uomo d'affari dallo spirito tutt'altro che bonario. Davvero superlativo!!
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conte orlok
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martedì 22 gennaio 2013
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entusiasmi eccessivi?
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Non capisco tutte queste recensioni entusiaste per Django. Film nella media, buono ma decisamente inferiore al altri film di Tarantino, a partire dall'ultimo "Bastardi senza gloria". Ho trovato particolarmente noiosa tutta la prima parte, troppo lenta e verbosa, allunga il brodo a quasi tre ore (potevano essere benissimo due e nessuno avrebbe obiettato nulla). Cast da rivedere, ma per fortuna ad un insipido Jamie Foxx risponde un Di Caprio superbo, la sua interpretazione risolleva, almeno temporaneamente, le sorti del film. Finale (senza fare spoiler) moscio! Non so se è più colpa di Foxx (e della sua faccia da mummia imbalsamata) o di Tarantino, ma raramente ho visto una sparatoria tanto brutta.
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Non capisco tutte queste recensioni entusiaste per Django. Film nella media, buono ma decisamente inferiore al altri film di Tarantino, a partire dall'ultimo "Bastardi senza gloria". Ho trovato particolarmente noiosa tutta la prima parte, troppo lenta e verbosa, allunga il brodo a quasi tre ore (potevano essere benissimo due e nessuno avrebbe obiettato nulla). Cast da rivedere, ma per fortuna ad un insipido Jamie Foxx risponde un Di Caprio superbo, la sua interpretazione risolleva, almeno temporaneamente, le sorti del film. Finale (senza fare spoiler) moscio! Non so se è più colpa di Foxx (e della sua faccia da mummia imbalsamata) o di Tarantino, ma raramente ho visto una sparatoria tanto brutta. Inguardabile per chiunque abbia mai visto un film di John Woo.
Alti e bassi quindi per una versione western di Kill Bill (nel finale sembrano entrare in scena gli 88 folli di O-Ren Ishii, con le pistole al posto delle catane) dove però manca Bill! Nessuno scontro finale, nessun primo piano sugli occhi dei pistoleri prima di estrarre le pistole, con la tensione che raggiunge l'apice mezz'ora prima della fine del film. Insomma non me ne voglia Tarantino, ma i film di Sergio Leone erano un altra cosa.
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