Django Unchained |
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Un film di Quentin Tarantino.
Con Jamie Foxx, Christoph Waltz, Leonardo DiCaprio, Samuel L. Jackson, Kerry Washington.
continua»
Titolo originale Django Unchained.
Western,
durata 165 min.
- USA 2013.
- Warner Bros Italia
uscita giovedì 17 gennaio 2013.
MYMONETRO
Django Unchained
valutazione media:
3,66
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Un liberto, un cacciatore di taglie, un signorottodi Great StevenFeedback: 70023 | altri commenti e recensioni di Great Steven |
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mercoledì 11 febbraio 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
DJANGO UNCHAINED (USA, 2013) diretto da QUENTIN TARANTINO. Interpretato da JAMIE FOXX, CHRISTOPH WALTZ, LEONARDO DICAPRIO, KERRY WASHINGTON, SAMUEL L. JACKSON, JAMES REMAR, BRUCE DERN, FRANCO NERO, DON JOHNSON
Nel 1858 il dentista Tedesco King Schultz, diventato cacciatore di taglie, libera dalla servitù lo schiavo nero Django, e ne fa il suo compagno di avventure e punizioni. Una volta che il rapporto di lavoro fra i due uomini è saldamente stabilito, Django rivela che sua moglie Broomhilda è costretta a lavorare come serva nella piantagione di un ricco e malvagio proprietario terriero, il cui domestico principale è un subdolo nero zoppo. Django e Schultz entreranno dunque nella proprietà privata del signorotto, assistendo alle sevizie che questo bieco individuo infligge ai suoi sottoposti, e mantengono inizialmente un atteggiamento di studiata complicità per poi far esplodere la rivolta contro il nemico comune. Schultz ci rimetterà la vita dopo aver ucciso il magnate, ma Django riuscirà a liberare la consorte portando avanti in solitaria una battaglia costante e alla fine vittoriosa. Si è scritto di questo film che è una rivisitazione americana dello spaghetti-western italiota, ma in realtà va in tutt’altra direzione, almeno per due ragioni: la storia è ambientata tre anni prima dello scoppio della Guerra di Secessione e il protagonista, come accade raramente nel genere western, è di carnagione scura. È il più lungo film di Tarantino come durata (165 minuti che però scorrono gradevolmente e senza appesantire lo spettatore) ma anche il più politicamente impegnato nella denuncia del razzismo di stampo bianco che nel protagonista si affianca al desiderio di vendetta, finalizzato al riscatto della sua famiglia da una condizione estremamente opprimente e umiliante. C’è anche uno sberleffo evidente e spassosissimo di un classico del cinema statunitense muto degli anni 1910, ossia Nascita di una nazione di David Wark Griffith, e si tratta della presa in giro del Ku Klux Klan: capeggiati da D. Johnson, i cavalieri di una banda schiavista indossano scomodi cappucci che durante la cavalcatura impediscono di vedere bene, e subito dopo ci rimettono le penne. L’azione parte dal Texas e si protrae poi nel Mississippi, e in questi stati viene più spesso adoperato il fucile Remington che i revolver Colt. Ricco di citazioni prese in prestito specialmente dai capostipiti del genere e dai classici immortali di questa scuola cinematografica così complessa da raffigurare in immagini audiovisive: particolarmente emblematica è la scena finale, in cui viene suonato il tema principale di Lo chiamavano Trinità… di Enzo Barboni Clucher. Il colto ed elegante Waltz conquista il suo secondo Oscar grazie all’interpretazione del flemmatico e imperterrito dentista/ammazzasette, e c’è da dire che Tarantino, dirigendolo anche nel film (Bastardi senza gloria) che gli fece guadagnare il primo premio alla cerimonia degli Academy Awards, abbia fatto la sua fortuna, a stringere un sodalizio artistico con lui. Il coraggioso e imperturbabile Foxx si contrappone a un DiCaprio che la spunta con maestria mirabolante in un inconsueto ruolo di cattivo che fa della sua intelligenza lo strumento maggiore di sfruttamento delle risorse umane che può convogliare attorno a sé come un magnete di potenza irresistibile. Infine il calvo Jackson dagli occhi acquosi incarna con piglio beffardo e malignità sogghignante il vecchio governante appoggiato a un bastone che rappresenta molto più che una semplice spalla di DiCaprio: il suo macabro umorismo e la sua recitazione infinitesimale la fanno da padroni nel dominare la scena. Idealmente scomponibile in due parti, la prima più avventurosa e dedita all’azione mozzafiato e calibrata con una telecamera attivissima oltre che scrupolosa, e la seconda più concentrata sull’analisi psicologica dei personaggi. Tarantino ci mette abitualmente del suo, e si ritaglia come suo solito un piccolo ruolo che fa la sua comparsa nel secondo tempo, e nella veste ormai navigata e consumata di regista riesce ancora a stupire sfoderando discorsi profondi, trovate originali, violenza buttata in faccia agli spettatori con crudezza inattaccabile e, non ultimo, un monito lontano ma perfettamente udibile di speranza per coloro che combattono contro le ingiustizie con l’obiettivo di condurre una vita il più possibile estranea alle spoliazioni e alle sofferenze.
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