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"Django Unchained" è un ottimo film: scorre benissimo, è girato altrettanto bene, gli attori sono diretti magistralmente. E' un errore, a mio avviso, utilizzare il "citazionismo" come chiave di lettura dei film del regista e anche di questo suo ultimo, sebbene abbia letto molte recensioni che puntano proprio su questo aspetto. E' vero, invece, che Tarantino attinge all'intera storia del cinema e in particolare ai suoi generi preferiti, ma poi "centrifuga" il materiale per far uscire qualcosa che, al di là di episodi puntuali in cui la citazione è "scoperta", è nel complesso nuovo e niente affatto "derivato". Accade per lui quello che accade con Stravinski per la musica: si preleva dalle fonti più disparate, per poi fondere il tutto, come in una sorta di alchimia, in qualcosa che trascende le fonti stesse.
Detto questo, credo che il film un limite ce l'abbia, e consiste nella sceneggiatura e in particolare nella drammaturgia, ovvero nella storia che si racconta. Già il nucleo narrativo del film non mi sorprende, incentrato com'è su un problema di amore familiare (lo sposo deve ritrovare la sposa) che, almeno su di me, non fa presa più di tanto. In generale, poi, quello che manca è la complessità dell'intreccio narrativo, quell'incontrarsi intersecandosi di piani diversi del racconto, che fa la grandezza di Pulp Fiction o di Bastardi senza gloria. Proprio per la mancanza di complessità narrativa, i colpi di scena, nel film, hanno una portata ridotta, ci sono ma non ribaltano mai la storia, non ne mutano l'orientamento, ed essa, infatti, corre dritta come un treno verso l'esito che, troppo prevedibilmente, tutti immaginiamo fin dall'inizio: il suo "e vissero felici e contenti".
Da questo punto di vista il film è simile a "Kill Bill", anch'esso incentrato su un problema di amore familiare (la figlia persa e poi a sorpresa ritrovata) e di vendetta dell'"eroe" contro il "cattivo", e anch'esso molto lineare nel suo procedere all'esito positivo del finale. Ma ne "Le iene", in "Pulp Fiction", in "Jackie Brown" e in "Bastardi senza gloria" Tarantino ha saputo fare di più: ha sviluppato nuclei narrativi più intriganti, e ha articolato il racconto in modo più eccentrico e più complesso.
Personalmente, quindi, colloco questo film all'altezza di un Kill Bill (entrambi gli episodi), ma al di sotto di quelli che ritengo i suoi capolavori, citati sopra. E se vogliamo fare un paragone con un classico dello spaghetti western, il genere ovviamente di riferimento per il film, dobbiamo arrenderci all'evidenza che proprio "Il Buono, il brutto e il cattivo" di Leone, citato spesso da Tarantino (è sua opinione, fra l'altro, che il finale del film di Leone sia la più bella scena della storia del cinema), oltre ad essere visivamente altrettanto bello di "Django Unchained", è però narrativamente più interessante, più articolato, più spiazzante.
Forse, in sintesi, è proprio questo che manca al film: incanta, ma non "spiazza".
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