E' forse un'insicurezza di fondo che fa mettere le mani avanti e proclamare un non necessario "non comprendere Tarantino significa non comprendere la cinematografia moderna"?
Si può dire, senza passare per incompetenti o per prevenuti, che Django non è affatto un capolavoro? Oddio, io un po' prevenuto lo sono, e rivendico il diritto di esserlo: ormai la poetica di Tarantino è nota, e questo film non fa altro che confermarla in pieno. Da questo punto di vista il regista fa un favore tanto ai suoi fan quanto ai suoi detrattori: non sorprende.
Insomma, l'immaginario di Tarantino continua ad essere pre-adolescenziale: buoni e cattivi che si menano, violenza sublimata e quasi astratta, effetti splatter, bidimensionalità fumettistica della storia (personaggi stilizzati, trama semplificata, convergenza quasi meccanica sull'orgia di violenza finale, anch'essa stilizzata). Che questo sia lo stile di Tarantino mi pare evidentissimo: avrei io qualche dubbio sulla competenza cinematografica di chi non se ne accorgesse.
Attenzione, non si tratta in sé di un giudizio negativo. Ma che le storie di Tarantino siano oggettivamente superficiali è difficile da smentire: lo sono i personaggi, di cui non intravvediamo mai i pensieri, le eventuali contraddizioni, la profondità psicologica. Lo è il contesto storico, reinventato con una libertà che affascina, ma che ha davvero qualcosa della fantasia onnipotente dell’infanzia: il principio di realtà è sospeso, ogni pretesa di credibilità è sacrificata sull’altare del piacere di plasmare la storia.
Il risultato è un piacevolissimo fumettone in cui tutto va come deve andare (un qualche sussulto nella trama poteva esserci dopo che il gioco dei due eroi viene smascherato, invece niente: tutto scivola meccanicamente ed inesorabilmente nel Gran Massacro Finale). Tutto ok, ma i capolavori sono altri. Sì, c'è un innegabile talento fotografico (bellissime le luci e i colori), ma ciò non toglie, anzi a volte esaspera la sensazione di vedere un infinito videoclip musicale dove la storia non è che un mero pretesto.
A voler essere cattivelli, poi, cosa c’è di più gratificante che ritagliarsi il ruolo del Grande Vendicatore di due delle più grandi vergogne della storia occidentale? Bastardi senza gloria e Django sono la stessa identica favola per bambini; la prima reinventa un finale al nazismo, l’altra un’improbabile vendetta nera contro lo schiavismo (ma con un bianco buono con cui identificarsi, badate bene). Come fa il pubblico a non essere con te quando fai crepare tutto lo stato maggiore nazista in un incendio? Come fa a ad essere contro di te quando, fin dal primo fotogramma, tutto invoca una tremenda vendetta contro gli spietati schiavisti? Diciamo che per godersi fino in fondo queste storie bisogna, come dire, stare al gioco.
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