fabrizio friuli
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domenica 22 agosto 2021
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il grande western tarantiniano
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Lo schiavo di colore Django viene trovato e condotto alla salvezza da un cacciatore di taglie tedesco Dr. Schultz , con un passato da dentista, col tempo , Django diventa il suo " protetto " ed entrambi partono per un lungo viaggio, eliminando dei bersagli ricercati e l'obiettivo dominante consiste nel raggiungere la piantagione del crudele Calvin Candie , che detiene la moglie di Django. Nonostante il suo mentore sua stato ucciso , Django il libero salva la moglie e spazza via gli ultimi nemici rimasti , facendo esplodere l'oggetto abitazione del defunto Calvin Candie , con all'interno l'infido Steve , un servitore nero che funge da mentore per il nemico principale.
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Lo schiavo di colore Django viene trovato e condotto alla salvezza da un cacciatore di taglie tedesco Dr. Schultz , con un passato da dentista, col tempo , Django diventa il suo " protetto " ed entrambi partono per un lungo viaggio, eliminando dei bersagli ricercati e l'obiettivo dominante consiste nel raggiungere la piantagione del crudele Calvin Candie , che detiene la moglie di Django. Nonostante il suo mentore sua stato ucciso , Django il libero salva la moglie e spazza via gli ultimi nemici rimasti , facendo esplodere l'oggetto abitazione del defunto Calvin Candie , con all'interno l'infido Steve , un servitore nero che funge da mentore per il nemico principale.
Django Unchained è un omaggio allo spaghetti Western intitolato Django ( 1966 ) del regista Sergio Corbucci , e in una scena l' attore italiano Franco Nero prende parte ad un cameo nel corso dei 165 minuti che compongono l'intero lungometraggio dove viene rappresentata in maniera egregia l'America del Sud ( non l' America Meridionale ) consumata dal morbo del razzismo, ed oltre alle varie scene invase dalle sparatorie e dal sangue , sono presenti due scene di particolare rilevanza: la prima è la scena in cui uno schiavo di colore viene dilaniato ferocemente da un branco di cani , mentre i biechi bianchi osservano la scena , e il Dottor Schultz gira lo sguardo per non assistere a quella barbaria, ed ora è obbligatorio soffermarsi sulla seconda scena più importante del film, ovvero la scena madre : Quando Calvin Candie ( dopo aver scoperto l'inganno imbroglio grazie al fidato Steve ) obbliga i due protagonisti a rimanere seduti sul tavolo egli distrugge un bicchiere con la mano , e durante la " trattativa " egli procede con il discorso con la mano imbrattata di sangue, e tocca il viso della consorte di Django e minaccia di ucciderla davanti ai loro occhi se loro non la comprano offrendogli dodicimila dollari, in quella scena l' attore Leonardo di Caprio ha colpito un bicchiere tagliandosi realmente la mano , e nonostante l'incidente l' attore ha continuato ad indossare la maschera dell' antagonista dimostrando di essere un attore fenomenale che avrebbe dovuto aggiudicarsi l' Oscar per l' interpretazione, tuttavia , il premio lo ha vinto l' attore austriaco Christoph Waltz ( il dottor Schultz ) " rubandolo " all' attore emblematico del film . Tuttavia, ogni attore scelto dal geniale regista Quentin Tarantino ha saputo dimostrare il proprio talento, anche Jamie Foxx , l' attore che interpreta il protagonista Django . Oltre alle due scene citate , è possibile notare una lieve spruzzata di umorismo nella pellicola ( quando preparano la scorreria e quando Django si confronta con altri nemici ) , per esempio , quando incontra Steve per la prima volta, Django lo chiama Palla di Neve . Inoltre, sia la sceneggiatura che la regia garantiscono al western tarantiniano di essere il suo miglior film , probabilmente, esso riesce a superare uno dei suoi primi lungometraggi , ovvero Pulp Fiction ( 1994 ) ,ed anche le musiche che possono essere udite hanno dato un contributo non indifferente, come la colonna sonora del film Lo chiamavano Trinità, usata nella parte conclusiva del film , quando Django esce dalla tenuta dopo aver gambizzato Steve facendolo morire nell ' esplosione ( e lui dice a Django di essere un impertinente figlio di... boom , e la tenuta esplode ) .
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gabriele.vertullo
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sabato 19 gennaio 2013
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un tarantino che si ripete e si diverte
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Sebbene sarebbe stato logico aspettarsi distese sconfinate di piantagioni e moltitudini di schiavi sudanti e sanguinanti, ebbene questo non è e non vuole essere Django Unchained; come non lo fu Inglourious Basterds nell’Europa antisemita. Ma se il precedente film del regista Quentin Tarantino fu spietatamente vincente nell’ambiziosa e provocatoria riscrittura artistica di una delle più scabrose pagine della nostra storia, piegata e modellata secondo la violenta estetica tarantiniana e la sua peculiare visione cinematografica, in Django la lente si restringe drasticamente, perché questa è sostanzialmente una storia privata, sforzatamente parlando una storia d’amore, ma costruita e scandita secondo i medesimi schemi e stilemi del precedente film, così che non sarà difficile ravvisare scene speculari, con l’unica eccezione che qui la sostanza non è sufficientemente in grado di reggere la narrazione, e là dove avevamo l’efferato confronto tra ebrei e nazisti, ora caratteri decisamente più bifolchi e grossolani, a tratti macchiette anchilosate.
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Sebbene sarebbe stato logico aspettarsi distese sconfinate di piantagioni e moltitudini di schiavi sudanti e sanguinanti, ebbene questo non è e non vuole essere Django Unchained; come non lo fu Inglourious Basterds nell’Europa antisemita. Ma se il precedente film del regista Quentin Tarantino fu spietatamente vincente nell’ambiziosa e provocatoria riscrittura artistica di una delle più scabrose pagine della nostra storia, piegata e modellata secondo la violenta estetica tarantiniana e la sua peculiare visione cinematografica, in Django la lente si restringe drasticamente, perché questa è sostanzialmente una storia privata, sforzatamente parlando una storia d’amore, ma costruita e scandita secondo i medesimi schemi e stilemi del precedente film, così che non sarà difficile ravvisare scene speculari, con l’unica eccezione che qui la sostanza non è sufficientemente in grado di reggere la narrazione, e là dove avevamo l’efferato confronto tra ebrei e nazisti, ora caratteri decisamente più bifolchi e grossolani, a tratti macchiette anchilosate.
Django (Jamie Foxx) è un vacillante e inesperto schiavo nero che viene emancipato dal giuridicamente corretto Dr. King Schultz (Christoph Waltz), cacciatore di taglie tedesco. Quella che avrebbe dovuto essere una tempestiva collaborazione si trasformerà ben presto in un solido sodalizio e un percorso di dirozzamento per il giovane Django. Con l’entrata in scena di Calvin Candie (Leonardo DiCaprio), il sadico negriero di marca aristocratica, il film volta decisamente pagina, si percepisce una decisa spaccatura con la prima parte: i personaggi di Django e Schultz subiscono un rovesciamento di ruoli nella condotta e negli atteggiamenti, e il soverchiante personaggio di Leonardo DiCaprio ripara alle molte deficienze della vicenda.
Il film si sostiene soprattutto sulla dialettica e la caratterizzazione d’eloquio dei personaggi “dotti”, in una sorta di sfida di creanza ed arte retorica. Al linguaggio pedante e cancelleresco del tedesco Schultz, si oppone la facondia sdottoreggiante e pretenziosamente letteraria di Calvin, così che risultano maggiormente agguerriti e avvincenti gli scontri a tavolino rispetto alle prevedibili e logorate sferzate e sparatorie.
Tra dinamiche meccaniche e inquadrature divertite Tarantino confonde e si confonde con risorse inspiegabilmente e ingiustificatamente contaminate e stridenti: si spazia da Morricone alla rap-music, da immagini western-retro alle sfarzosissime tappezzerie di casa DiCaprio;in un complesso di soluzioni rabberciate.
Per i cinefili più irriducibili non resta che fantasticare proiettando lo scontro tra Jamie Foxx (Ray) e Leonardo DiCaprio (The Aviator) all’ormai lontano Oscar 2004 quando inaspettatamente DiCaprio incominciò la sua sfortunata serie d’insuccessi, e se da un lato Django cavalca con gli occhialini da sole in stile aviatore, dall’altro non ci resta che ammiccare all’ennesima straordinaria interpretazione di Christoph Waltz, l’unico in gara quest’anno per una statuetta.
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(di antonio montefalcone)
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x men
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lunedì 21 gennaio 2013
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western da capolavoro
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Finalmente un bel film da assaporare minuto dopo minuto... non sono un'amante dei film di Tarantino, ma mi devo ricredere in pieno; la regia è favolosa...il film è molto crudo, reale, ti fa riflettere sulla misera condizione delle persone di colore prima della guerra civile e dell'emendamento di Lincoln per l'abolizione della schiavitù... bella la sceneggiatura... attori con la A maiuscola... mai noioso...
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johnguillemont
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sabato 26 gennaio 2013
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al prossimo appello,monsieur tarantino
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Non mi sento di dover mettere per iscritto le aspettative che covavo nel momento in cui ho saputo del nuovo progetto "django unchained" del maestro Tarantino,ma devo ammettere che queste siano state discretamente deluse.Non tanto per il film in sè,che alla fine dei 165 minuti risulta in qualche maniera scorrevole ed "entertaining" per dirla all'americana,ma per quello che mi aspettavo dal maestro, unanimamente riconosciuto, dello splatter,dal regista che,è inimitabile nel reinventare generi classici e dare a questi nuova linfa.
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Non mi sento di dover mettere per iscritto le aspettative che covavo nel momento in cui ho saputo del nuovo progetto "django unchained" del maestro Tarantino,ma devo ammettere che queste siano state discretamente deluse.Non tanto per il film in sè,che alla fine dei 165 minuti risulta in qualche maniera scorrevole ed "entertaining" per dirla all'americana,ma per quello che mi aspettavo dal maestro, unanimamente riconosciuto, dello splatter,dal regista che,è inimitabile nel reinventare generi classici e dare a questi nuova linfa.
E' inutile nascondere il mio disappunto per quanto realizzato da Tarantino,che anche questa volta opta per una tematica nella quale è riuscito a districarsi bene nell'ultimo(quello sì)capolavoro,la vendetta contro un nemico comunemente accettato,contro i quali la violenza non sembra solo giustificata,ma anche invocata e "divinamente" accettata.Ieri,contro il nazismo, questa politica artistica ha funzionato;questa volta(contro ibianchi),invece,la scelta risulta un po piu di comodo ed i risultati sembrano un po,deludenti.Se da una parte la violenza era centellinata(sempre tarantinamente) ed usata con pi§ "delicatezza" fino al momento risolutore nel finale,nel quale uno splatter-provvidenzialismo funge da deus ex machina,oggi la violenza,conseguenza di frustrazione e soprusi risulta grottesca e fine a se stessa.Se la violenza vuol esser un momento risolutore di un climax emotivo(o anche storico),è necessario che questa ascesa emotiva venga creata,che lo spettatore posso essere messo nella posizione di poter veramente godere di quello che accade sullo schermo.In caso contrario,quello che risulta è solo un incessante gorgoglio di sangue senza ne capo ne coda,senza umanità,e senza moralità.Ammesso,ma non concesso che questo possa essere lo scopo del regista,come alcuni ritengono,resta un interrogativo.Chi propende per questa tesi,sicuramente potra godere del film e di ogni scena presa anche singolarmente.
Ritengo che con questo film,Tarantino si sia lasciato prendere un po la mano,privilegiando la risoluzione a dispetto della dell'emozione,forzando dei personaggi,che,per quanto interessanti non riescono ad emergere dalla storia ne tanto meno a costruirla.Il piu grande errore,infatti, è proprio nell'inconsistenza della storia,all'interno della quale i personaggi non riescono a sprigionare la loro piu inafferrabile essenza:Candy risulta bloccato in una sorta di terra di mezzoche non lo definisce,quando invece dovrebbe essere il personaggio più emblematico del film;Waltz,nelle vesti del cacciatore di taglie King Schultz,risulta un personaggio un po piu piatto di quello che si si poteva aspettare(soprattutto se paragonato all'inarrivabile Cl. Landa).NIente da dire ,invece,su Jamie Fox,che nonostante non riesca nell'impresa di rientrare nel novero dei personaggi indimenticabili del cinema recente ,riesce ,comunque, a sfornare una buona interpretazione.
Unico appiglio per questi attori sta nel lavoro di regia che tarantino,pur sottotono,riesce sempre a garantire scena per scena.Ed a questo proposito ricorderei una frase di un famoso regista che disse:"Potrei fare di ogni scena un capolavoro,ma se lo facessi non sarei un buon regista".Ed è questo l'errore:voler esasperare ogni scena a scapito della totalità del film che in fin dei conti risulta,un polpettone,privo di tocco artistico;un "bricolage" di cinema d'autore che questa volta non pare essere giustificato dal buon uso che il regista fa delle "scene rubate".
Non credo tanto che il film sia brutto ed insignificante di per sè,anzi le reputo 2 ore e mezzo di sano divertimento,è solo che,da tarantino,mi aspetto qualcosa di più.
In trepidante attesa del prossimo (capo)lavoro.
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filmtalker 98
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sabato 26 gennaio 2013
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tarantino si reinventa nel western
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è un buon film, direi 8. Non è particolarmente brillante, intrigante o particolare come Tarantino si era fatto conoscere, specialmente con "Pulp fiction", il classico capolavoro come il celebre "Magnolia" di p.t. Anderson, ma Tarantino, come p.t. Anderson, sta cambiando stile cinematografico:
- un tipo di cinema più classico
- tematiche più dure (come il razzismo, la violenza, la morte, la crudeltà)
-senza contare che... è un western
Ancora più distante (a livello di tematiche affrontate) di "Bastardi senza gloria" rispetto agli anni novanta, "Django unchained" appare, a mio parere come un film più duro e crudo, non tanto per la quantità di violenza che è molta, ma piuttosto per la sua anima, le figure di Candie , di Steven (Samuel l.
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è un buon film, direi 8. Non è particolarmente brillante, intrigante o particolare come Tarantino si era fatto conoscere, specialmente con "Pulp fiction", il classico capolavoro come il celebre "Magnolia" di p.t. Anderson, ma Tarantino, come p.t. Anderson, sta cambiando stile cinematografico:
- un tipo di cinema più classico
- tematiche più dure (come il razzismo, la violenza, la morte, la crudeltà)
-senza contare che... è un western
Ancora più distante (a livello di tematiche affrontate) di "Bastardi senza gloria" rispetto agli anni novanta, "Django unchained" appare, a mio parere come un film più duro e crudo, non tanto per la quantità di violenza che è molta, ma piuttosto per la sua anima, le figure di Candie , di Steven (Samuel l. jackson) sono figure che non suscitano affatto simpatia come poteva essere Marsellus in pulp fiction, sono personaggi spietati, senz'anima, per niente simpatici o con qualche cosa di affascinante o positivo. Stile più classico e meno "Tarantiniano" è uno splendido omaggio al western, un'opera più seria e di certo molto simile a bastardi senza gloria, ma appunto meno tarantiniana. Riguardo al punto secondo, cioè le tematiche dure, non posso non pensare al fatto che Tarantino avrebbe potuto sviluppare altre tematiche (come il rapporto tra Candie e la sorella ,la frustrazione della stessa x es. e mi stupisce che non l'abbia fatto e penso che sarebbbe stato bello).
CHI non LO ha ANCORA visto E' meglio CHE
non LEGGA oltre ...
Ma... THIS IS A WESTERN, più alla sam packinpah che alla john wayne, con la figura vittoriosa di Django che è il Bruce Willis della situazione e la sua dama . Riguardo al personaggio di Django appunto, è il personaggio puro, umano e di certo il più sano di tutti, che si vendica , tuttavia la mia interpretazione è che tarantino non desideri mettere al centro la vendetta spietata, o forse semplicemente lo fa con meno stile rispetto all'intrigante kill bill. Bravo Christoph Waltz a cui è impossibile non affezzionarsi, anche lui elemento integro e più umano di quanto pensassi(pensavo che con tutte quelle uccisioni avesse anche lui qualcosa di Malsano, bastardo, ma invece rimane un integro "charachter" dei western, che da la sua vita per una pura resa dei conti, nuda e cruda). Anche samuel jackson, che è il personaggio più triste:umile, sottomesso, ossessionato dal padrone, ma in fondo è difficile scaricare tutto su uno schiavo ottantenne, specialmente alla fine vedendo la sua reazione. semplicemente ha perso la sua identità nera, e per quanto lo si veda cattivo e vendicativo dei neri, è molto fragile e bianchizzato. quindi lo stile di tarantino si nota meno, cambia , se si vedeva appena in bast. senza gloria (con hugo stiglitz o l'orso ebreo). Elementi di novità le musiche rap, stile rinnovato e più classico. che dire : 8 su 10, mentre a pulp fiction 9.5 (è passato alla storia, impossibile non dargli un voto simile) e bast. senza gloria 7 e mezzo-8. A livello di intrattenimento e regia dico solo questo: 3 ore e non mi sono annoiato... Le battute non sono geniali (lontano anni luce da Pulp Fiction), ma ha una notevole forza visiva ed emotiva, e posso dire una cosa: non lo si può definire un finale RISOLUTIVO o SODDISFACENTE, una tregua, un po' di pace per lo schiavo e la sua bella .
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andrea lade
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domenica 10 febbraio 2013
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voto: 8
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Django Unchained è un ottimo film, e rientra a pieno titolo nella categoria dei “filmoni” che in ogni stagione fanno notizia e vengono visti da un pubblico di cinefili e non. L’ultimo di Tarantino ha fatto discutere sia per la bellezza che è quasi universalmente riconosciuta, che per una contestata superficialità nello sviluppo della storia, in particolare nella descrizione della schiavitù.
Ma perché Django ha funzionato così tanto, perché questo successo così globale? Recensioni, pubblico , botteghino, critici più o meno ufficiali, sono tutti abbastanza concordi nel descrivere il film con ottimi giudizi.
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Django Unchained è un ottimo film, e rientra a pieno titolo nella categoria dei “filmoni” che in ogni stagione fanno notizia e vengono visti da un pubblico di cinefili e non. L’ultimo di Tarantino ha fatto discutere sia per la bellezza che è quasi universalmente riconosciuta, che per una contestata superficialità nello sviluppo della storia, in particolare nella descrizione della schiavitù.
Ma perché Django ha funzionato così tanto, perché questo successo così globale? Recensioni, pubblico , botteghino, critici più o meno ufficiali, sono tutti abbastanza concordi nel descrivere il film con ottimi giudizi.
Tutto inizia dai titoli di testa, che da soli costituiscono per me uno dei momenti più interessanti del film: le immagini ci trasportano in un paesaggio da Montagne rocciose; sembra di stare in Colorado o in Texas (anche se il film è stato girato in California ). Impreziosito da un tema iniziale di Luis Bacalov , il film si apre con gli stessi caratteri tipografici del Django datato 1965 di Corbucci e ambientazioni alla Sergio Leone; gli omaggi al cinema nostrano sono evidenti in tutti i passaggi principali e troviamo riferimenti nella mimica espressiva degli attori, nelle zoomate immediate “all’italiana” ( osservate l’introduzione del perfido Candie interpretato da Di Caprio), nella canzone di Elisa, nell’apparizione di Franco Nero senza contare le scene qua e là che ricordano vecchie interpretazioni di Giuliano Gemma. Ogni cultore dell’italo-western sarà sicuramente soddisfatto, anche perché il film è stato girato con la tecnica della lente anamorfica che comprime le immagini in larghezza, così come da tradizione: il risultato è evidente sin dalla prima mezz’ora e devo ammettere che alcuni momenti sono tecnicamente perfetti, come l'arrivo dei due protagonisti nella tenuta di Candieland, o il già citato incipit.
La storia in sé, non ci giro intorno, è di una semplicità disarmante, tuttavia il Django tarantiniano ha il pregio di non essere mai noioso pur durando quasi 3 ore: la storia non certo colpisce per il suo sviluppo narrativo, e anzi il finale a lieto fine può disturbare anche i fan più accaniti, però funziona perché Tarantino non dà tregua al pubblico con una sceneggiatura avvincente e velocissima; il regista comunica con la cinepresa come il bambinone che appare nella vita reale, sviluppa il tema della vendetta in modo forse ingenuo, ma sicuramente efficace, senza troppi sofismi.
Il riscatto sociale in Pulp Fiction, o l’evoluzione di questo sentimento in un rancore covato per tutta una vita che darà lo spunto per la realizzazione di Bastardi Senza Gloria, qui in realtà ha una radice molto più semplice perché Django è testimone di un sentimento storico che tutti conosciamo e che non ha bisogno di interpretazioni. Django non è un personaggio in evoluzione e la sua motivazione è sempre una, non conosce contaminazioni ideologiche. Complice di questo temperamento prevedibile è l’interpretazione monoespressiva di Jamie Fox volutamente sotto le righe. L’attore è stato criticato per la sua prova un po’ granitica, ma mi sento di poter asserire con tutta sicurezza che tale performance è stata frutto di una ricerca per caratterizzare una personalità marcata da uno schiavismo duramente subito. Gli altri attori invece sono tutti indiscutibilmente in forma, anche se Di Caprio mi è sembrato, come spesso accade, troppo istrionico. Di Caprio, che sicuramente non è tra i miei attori preferiti certo non è famoso per la sua sobrietà delle sue performances e qui appare veramente un po’ esagerato. Una menzione a parte per Samuel L. Jackson, il capo della servitù, il “negriero negro”, la spia convertita che ci fornisce un ulteriore elemento per comprendere la schiavitù di quel periodo.
Ma la firma del regista sono le immagini più crude, quelle splatter che fanno della violenza la grammatica di base dei suoi film. Le scene sono mostrate in chiave totalmente realistica: frustate a sangue perché delle uova sono cadute a terra, frustate mortali per vendicarsi di un negriero, la fornace per chi tenta di scappare, il combattimento all’ultimo “occhio” fra i mandingo, o ancora peggio uno schiavo che viene sbranato da feroci cani perché non serve a nulla sotto gli occhi ancor più feroci di un eclettico Di Caprio.
Non voglio svelare altri particolari, perchè questo è un film che va visto al cinema e non studiato sulle centianaia di recensioni che girano su internet. Non è però il capolavoro tanto atteso perché l’opera d’arte ha una fattura originale, ha un tratto memorabile e in “Django senza catene” è evidente un assemblaggio di elementi già visti. Artigiano questa volta, ma non geniale. I fan di Tarantino ameranno la sua firma inconfondibile , mentre i suoi detrattori lo considereranno un fumettone splatter. E per tutti gli altri? Beh, sarete voi a dircelo; sono sicuro che vi piacerà, anche se dopo qualche giorno non vi rimarrà nulla e molto probabilmente sarà dimenticato con il tempo.
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(di superkilobaid)
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ultimoboyscout
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domenica 17 febbraio 2013
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il primo negro a cavallo!
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Il film più atteso, con buona pace dell'Academy, non un remake ne un sequel del leggendario western di Sergio Corbucci. Sceneggiatura vorticosa in cui Tarantino mette un assurdo cacciatore di taglie, schiavisti, "nigga" in fuga e servitori diabolici, il film è tutto nel viaggio a cavallo alla ricerca di Broomhilda (che di cognome fa Von Shaft, come Shaft personaggio amatissimo dal regista) moglie di Django venduta ad un'asta di schiavi. Strada facendo, Django, viene ripulito, prende gusto al suo nuovo lavoro di bounty hunter e finalmente giunge da Calvin Candie, l'uomo che ha comprato sua moglie e che ama farsi chiamare Monsieur Candie anche se non parla francese.
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Il film più atteso, con buona pace dell'Academy, non un remake ne un sequel del leggendario western di Sergio Corbucci. Sceneggiatura vorticosa in cui Tarantino mette un assurdo cacciatore di taglie, schiavisti, "nigga" in fuga e servitori diabolici, il film è tutto nel viaggio a cavallo alla ricerca di Broomhilda (che di cognome fa Von Shaft, come Shaft personaggio amatissimo dal regista) moglie di Django venduta ad un'asta di schiavi. Strada facendo, Django, viene ripulito, prende gusto al suo nuovo lavoro di bounty hunter e finalmente giunge da Calvin Candie, l'uomo che ha comprato sua moglie e che ama farsi chiamare Monsieur Candie anche se non parla francese. Gli spaghetti western sono la grande passione di Tarantino e finalmente dopo 20 anni di carriera e 7 film (più un quarto di "Four rooms" e una partecipazione alla regia di "Sin City") il regista ci mette mano tra una marea di citazioni, Corbucci e Leone e un cast sontuoso per una rilettura del genere in chiave pulp, divertentissima, sanguinaria, sopra le righe, ovviamente "unchained"! Il regista di Knoxville è uno dei pochi che fa vendere il film più degli attori, ha una percentuale sugli incassi ed è l'unico che rende mainstream generi e sottogeneri di nicchia se non B-movie del tutto. Vista l'ambientazione lo si può definire come un southern, un delirio che alterna in maniera furiosa violenza e ironia, un paradossale blaxploitation movie contro razzismo e schiavismo. Tanti camei e irresistibili siparietti che culminano col fulminante scambio di battute tra nero e Foxx, i due Django più famosi e riusciti, è una storia folle di vendetta e schiavitù che oltre a omaggi e sublimi citazioni cinefile ci regala un magnifico DiCaprio, mai così cattivo, mai così da Oscar. Lo stile è quello eccessivo di Tarantino, divertente e grottesco al tempo stesso, racconta a modo suo, in maniera diretta e senza fronzoli ne peli sulla lingua un argomento off limits del cinema americano, è un mix ineccepibile di toni e generi, con un piccolo sbilanciamento degli equilibri tra i personaggi, un vero trionfo sotto ogni punto di vista, un distillato di Quentin Tarantino con monologhi acrobatici che è una gran festa. Protagonisti assoluti Waltz e la sua sottile ironia, DiCaprio che ruba la scena e ci porta nelle viscere del razzismo e ultima la violenza che deflagra grafica e catartica. Quentin fa centro inglobando incredibili idiozie che alimentano la vendetta e grazie a personaggi caricaturali sottolinea l'assurdità del razzismo. Solo il suo talento smisurato avrebbe potuto fondere schiavismo, spaghetti western ed epico romanticismo: perchè Django, con la d che è muta, è una cosa seria!
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rita branca
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domenica 5 gennaio 2014
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la vergona della razza bianca
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Django Unchained, film (2012) di Quentin Tarantino con Jamie Foxx, Leonardo DiCaprio, Christoph Waltz, Samuel L.Jackson, Kerry Washington
Ancora una volta il bravo Quentin Tarantino utilizza una miscellanea di generi e temi per produrre un film che non lascia indifferenti, anzi coinvolge lo spettatore bianco al punto da insinuargli profondo disgusto verso la propria razza per la violenza che ha attuato nei confronti dei neri sul suolo americano. Questo è il vero tema del film: il vergognoso sfruttamento dei neri, trattati non solo come bestie da soma nelle piantagioni di cotone e come personale addetto ai lavori domestici nelle lussuose abitazioni degli schiavisti, ma anche come bestie da combattimento e oggetti di piacere da eliminare arbitrariamente secondo l’umore del momento e senza il minimo scrupolo.
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Django Unchained, film (2012) di Quentin Tarantino con Jamie Foxx, Leonardo DiCaprio, Christoph Waltz, Samuel L.Jackson, Kerry Washington
Ancora una volta il bravo Quentin Tarantino utilizza una miscellanea di generi e temi per produrre un film che non lascia indifferenti, anzi coinvolge lo spettatore bianco al punto da insinuargli profondo disgusto verso la propria razza per la violenza che ha attuato nei confronti dei neri sul suolo americano. Questo è il vero tema del film: il vergognoso sfruttamento dei neri, trattati non solo come bestie da soma nelle piantagioni di cotone e come personale addetto ai lavori domestici nelle lussuose abitazioni degli schiavisti, ma anche come bestie da combattimento e oggetti di piacere da eliminare arbitrariamente secondo l’umore del momento e senza il minimo scrupolo. In ambientazione da film western si innesta un sorprendente personaggio tedesco, il dott. Schultz, che pur a caccia redditizia di taglie di malviventi, svolge il ruolo del buono, che compra e dona lo status di uomo libero allo schiavo nero Django, in cambio di preziose informazioni su banditi da catturare. Si crea un reciproco utile sodalizio fra i due, che con azioni coordinate riescono a raggiungere i personali obiettivi: il tedesco quello di incrementare le sue sostanze e Django quello di ritrovare l’amata moglie da cui era stato crudelmente separato.
Tarantino non risparmia critiche neanche nei confronti dei neri collaborazionisti.
Belle le figure dei due eroi con cui si simpatizza, pur non condividendone totalmente il cinismo a volte eccessivo ed i metodi con cui attuano i loro piani. Bravissimi gli attori, appassionante l’intreccio, splendida la fotografia, graffiante nella crudezza delle riprese.
Rita Branca
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emanuele2120
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lunedì 8 dicembre 2014
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il maestro quentin tarantino
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Capolavoro del Maestro del Cinema Quentin Tarantino!
Magistrali le interpretazioni di Leonardo DiCaprio (nei panni di Calvin Candie), Samuel Jackson (nei panni di Stephen), Jamie Foxx (che riveste il ruolo del protagonista,Django) e dell'Austriaco Christoph Waltz (nei panni del Dr. Schultz).
Scena più impressionante che afferma la grandezza del cast per questo film:
i protagonisti cenano nella villa di Calvin Candie, a un certo punto della cena,DiCaprio sbatte la mano sul tavolo e, nella foga, rompe un bicchiere di vetro. Durante la scena Leonardo sbatte la sua mano e alcuni cocci si inseriscono nelle sue carni senza che lui esca mai dal personaggio.
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Capolavoro del Maestro del Cinema Quentin Tarantino!
Magistrali le interpretazioni di Leonardo DiCaprio (nei panni di Calvin Candie), Samuel Jackson (nei panni di Stephen), Jamie Foxx (che riveste il ruolo del protagonista,Django) e dell'Austriaco Christoph Waltz (nei panni del Dr. Schultz).
Scena più impressionante che afferma la grandezza del cast per questo film:
i protagonisti cenano nella villa di Calvin Candie, a un certo punto della cena,DiCaprio sbatte la mano sul tavolo e, nella foga, rompe un bicchiere di vetro. Durante la scena Leonardo sbatte la sua mano e alcuni cocci si inseriscono nelle sue carni senza che lui esca mai dal personaggio. Quelle ferite necessiteranno poi di alcuni punti di sutura per curarsi opportunamente. Al termine della scena la crew ebbe una standing ovation nei suoi confronti; non solo per il suo sangue freddo ma perché pagine e pagine di dialoghi furono rese in maniera eccellente nonostante l’infortunio.
"Django,la D è muta"
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epidemic
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venerdì 18 gennaio 2013
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peccato che non ci sia la bara...però ok
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Assolutamente godibile. Il mix di spaghetti-western e splatter sanguinolento non delude. I rimandi all'originale ci sono (il tema sulla razza, la ricerca della moglie, i titoli iniziali, la figura antagonista, ogni tanto anche si intravede una sciarpa rossa) anche se viene confezionata un'altra storia. Waltz superbo, Di Caprio pure, forse un pò meno Foxx. Sceneggiatura ad hoc (c'è pure spazio per Sigfrido), 2h40 e non sentirli...scorrono in orizzontale progredendo mano a mano. colonna sonora a tratti forse azzardata (lontana dai fasti delle sue prime pellicole) ma con un finale che farà sorridere tutti. Che dire...manca la bara che faceva del film di Corbucci un segno distintivo.
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Assolutamente godibile. Il mix di spaghetti-western e splatter sanguinolento non delude. I rimandi all'originale ci sono (il tema sulla razza, la ricerca della moglie, i titoli iniziali, la figura antagonista, ogni tanto anche si intravede una sciarpa rossa) anche se viene confezionata un'altra storia. Waltz superbo, Di Caprio pure, forse un pò meno Foxx. Sceneggiatura ad hoc (c'è pure spazio per Sigfrido), 2h40 e non sentirli...scorrono in orizzontale progredendo mano a mano. colonna sonora a tratti forse azzardata (lontana dai fasti delle sue prime pellicole) ma con un finale che farà sorridere tutti. Che dire...manca la bara che faceva del film di Corbucci un segno distintivo...ma poco importa...il film merita...
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