Signore e signori, ecco a voi un capolavoro! In un’epoca in cui questo termine è troppo usato, soprattutto a sproposito, finalmente siamo di fronte ad un’opera che non può essere definita in altro modo.
Ma forse limitare l’immensa bellezza di questo film a se stesso, ad un solo “prodotto cinematografico”, sarebbe fargli un torto. Perché Django Unchained non è soltanto un film straordinario, è l’essenza stessa del cinema tutto, il moderno e l’antico, l’alto e il basso, il cinema d’autore e il cinema di cassetta, quello di impegno e quello d’azione, il drammatico e il comico, il bello e il brutto… Django Unchained è “Il Cinema”, e Il Cinema è Quentin Tarantino, perché Django Unchained è Tarantino al 100%.
Non c’è regista vivente che sappia realizzare anche solo una pallida idea di quello che lui crea, con apparente semplicità, ad un livello così alto che lascia sbalorditi. In questo film non c’è componente di quell’opera, artigianale e tecnologica insieme, che chiamiamo “film”, che non sia ai massimi livelli di espressione conosciuti (e sconosciuti finora).
Si parte dalla sceneggiatura “blindata” ed esplosiva (e mai aggettivo fu più adeguato, nello specifico), senza mai una caduta di ritmo o di tono. Si prosegue con la regia che definire “magistrale” è francamente riduttivo, in quanto si dovrebbe aggiungere come minimo anche “impeccabile, geniale, visionaria, poetica, epica, esagerata, inconfondibile, debordante, ecc. ecc.”.
Poi si passa agli attori, che sono talmente efficaci e così perfettamente calati nei personaggi, che quasi ci si dimentica che sono tra i massimi idoli contemporanei di Hollywood, quelle star di prima grandezza che sprigionano prepotentemente la loro arte solo con i grandi registi, figuriamoci con “il più grande”: quando si odia il cattivo del film si odia proprio Calvin Candie, e non Leonardo Di Caprio, mai così tanto bravo fino ad ora; quando si tifa per il protagonista buono, si tifa per Django Freeman e non per Jamie Foxx; così come si ammira il dott. Shultz, socio buono di Django, e non (il tedesco cattivo, rivelazione di “Inglourious Basterds”) Christoph Waltz; o come quando si disprezza l’altro cattivo “negro”, impersonato da un irriconoscibile e inarrivabile Samuel L. Jackson.
Questo film è talmente pieno di idee, stimoli, trovate ad effetto, scene cult, momenti splatter (o pulp), battute e situazioni ironiche, citazioni e invenzioni cinematografiche, virtuosismi registici, spunti di riflessione, sberleffi al cinema e al potere e quant’altro, che non sarebbe sufficiente un libro intero per commentarlo adeguatamente.
Ci sentiamo ancora di menzionare soltanto gli innumerevoli richiami a quell’epopea di Django e degli “Spaghetti Western” italiani che stanno alla base dell’ispirazione principale di Tarantino, vero cultore e appassionato del genere, dei quali il film è un quasi religioso omaggio e consacrazione. Richiami che trovano il momento più eclatante nel cameo di Franco Nero, proprio il Django più famoso e mitico della sopraccitata serie.
Anche la colonna sonora, all’altezza del valore dell’opera, conferma la spudorata passione italiana del regista, che si completa inequivocabilmente e autorevolmente con il tema di Ennio Morricone eseguito da Elisa (in italiano!).
5 stelle sono sinceramente poche per riassumere in un voto il giudizio su Django Unchained, ma dopo averlo visto, forse un grosso difetto effettivamente c’è: adesso, per rivedere qualcosa di simile, bisognerà aspettare almeno qualche anno (il prossimo film di Sua Maestà, Quentin Tarantino).
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pbshelley
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giovedì 24 gennaio 2013
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"l'essenza stessa del cinema tutto"?
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Siamo qui per discutere di cinema in maniera costruttiva. "Non c'è regista vivente che sappia realizzare anche solo una pallida idea di quello che lui crea": ecco, questo non è un buon inizio, visto che il tuo approccio sfiora l'idolatria, mentre dovresti cercare di mantenerti lucido nella tua analisi. Vi è un certo numero di registi viventi che si sono distinti per capacità creative, talento e profondità analitiche: Tarantino si è sempre distinto per i primi due aspetti, ma mai per il terzo, ciò che fa di lui un regista ragguardevole, ma non necessariamente uno dei più grandi, e necessariamente non uno dei più completi. Non starò qui a farti l'elenco degli ALTRI registi di valore che la contemporaneità ci offre.
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Siamo qui per discutere di cinema in maniera costruttiva. "Non c'è regista vivente che sappia realizzare anche solo una pallida idea di quello che lui crea": ecco, questo non è un buon inizio, visto che il tuo approccio sfiora l'idolatria, mentre dovresti cercare di mantenerti lucido nella tua analisi. Vi è un certo numero di registi viventi che si sono distinti per capacità creative, talento e profondità analitiche: Tarantino si è sempre distinto per i primi due aspetti, ma mai per il terzo, ciò che fa di lui un regista ragguardevole, ma non necessariamente uno dei più grandi, e necessariamente non uno dei più completi. Non starò qui a farti l'elenco degli ALTRI registi di valore che la contemporaneità ci offre. Circa l'abuso del termine "capolavoro", l'utilizzo che ne fai è proprio una conferma di quell'abuso: questo film non è un capolavoro, nessun critico di rilievo lo ha definito tale, né c'è il rischio che passi alla storia come "capolavoro": l'unico film di Tarantino che in molti hanno reputato un capolavoro è "Pulp fiction", vetta mai più raggiunta nel suo cinema (alcuni, secondo me non del tutto a torto, gli accostano "Inglorious basterds").
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(di boyracer)
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